La nuova casa (parte prima)

Tutto cominciò per caso. Era una fredda sera di Dicembre tra Natale e Capodanno, Paolo stanco per la lunga giornata si sedette al suo tavolo e ripensò agli ultimi tempi.
Ormai erano diversi mesi che la sera lo coglieva stanco e non sempre, anzi quasi mai, poteva sedersi al suo tavolo a pensare e rilassarsi con le sue occupazioni preferite.
Abitava ora in una bella casa, silenziosa e nuova, dopo essere tornato nella sua città. Stava pian piano riscoprendole sue radici, riallacciando i ricordi sfilacciati dal tempo.
Pensava e ricordava questi ultimi mesi, così intensi e snervanti. Dapprima la preparazione del trasloco delle sue cose e dei suoi ricordi. La vecchia casa era piena di scatoloni vuoti da riempire. Con metodicità si toglievano gli oggetti dai mobili, si incartavano e si riponevano negli scatoloni, avendo cura di numerarli ed indicare sull’esterno la loro provenienza: libri dalla libreria nera, piatti dal mobile nero, vestiti dall’armadio bianco.
Sembrava un rituale e di sera Paolo si toglieva la polvere dai vestiti e dalla bocca, secca e arida, stanco ed assonnato. Così andò avanti per diverse settimane e gli scatoloni sembravano sempre insufficienti a contenere tutto e crescevano di numero. “Dove li metterò nella nuova casa?”, pensava preso dallo sconforto, “Non c’è posto per tutto, dovrò eliminare molte cose e con loro anche i ricordi associati!”
Con molta tristezza Paolo caricava nella macchina tutto quello che non intendeva portare con sé e lo depositava nella discarica pubblica.
Quanti viaggi! Quanta fatica! Quanto dolore nel disfarsi dei ricordi! Quale gioia nel ritrovare il vecchio quaderno di poesie, scritte tanti anni prima, quando era ancora un ragazzo! E le vecchie tempere ancora belle e brillanti, che sembravano uscite dalle pennellate di ieri, tanto erano attuali e colorate!
Poi arrivò il gran giorno. La mattina di buon ora gli uomini del trasloco erano venuti a smontare i mobili, a imballare le ultime cose, a raccogliere la moltitudine di scatoloni, che erano lì silenziosi e malinconici durante l’attesa di essere trasportati nella nuova casa.
Il trasloco fu veloce e si consumò entro mezzogiorno. Paolo chiuse il portone di casa, prese la macchina e si diresse verso la nuova casa, dove avrebbe atteso il camion con i suoi ricordi. Arrivò velocemente senza aver consumato il pasto: non aveva fame.
La vecchia casa era ormai deserta. Era un edificio nel centro storico della città nella piazza più bella circondata da alberi maestosi e carichi di storia. Aveva soffitti alti. Quanto erano alti! Che sofferenza quando si doveva cambiare una lampadina, appendere una nuova luce! L’ingresso dava su una stanza enorme dal soffitto affrescato con decori invernali dai pavimenti a mosaico colorati con un bellissimo disegno centrale. Di fronte alla porta appariva un camino di marmo bianco. Sulla sinistra si accedeva ad un’altra stanza, anch’essa ampia e spaziosa come la precedente. Questa ultima aveva un’acustica particolare e l’avevamo chiamata “la stanza della musica”.
A Giuliana piaceva, anche se vi trovava mille difetti. Era buia (le piante da appartamento dopo poco morivano). La vista dava su case con intonaco ormai scolorito e un tantino fatiscente. La strada stretta mandava molti rumori soprattutto di sera. Eravamo assediati dalle installazioni dei condizionatori, che non erano rumorosi, ma sollevavano molta polvere. Poi i piccioni sporcavano i davanzali. A lei piaceva.
Aveva però il pregio di essere al centro della città: si scendeva e si era in centro a passeggiare fra piazze e portici. Non c’erano molti servizi, ma tutti quelle che servivano e comodi sotto casa.
Una volta l’anno, per il patrono della città, eravamo sommersi da mille rumori festanti, da mille odori, che si mescolavano tra loro in un guazzabuglio di sensazioni ora piacevoli ora sgradevoli. La gente si accalcava fra le bancarelle a comprare qualcosa di inutile, da accatastare insieme con quelli degli anni passati: era una tradizione e guai a non osservarla! Anche noi, sull’ora di mezzogiorno passavano in rassegna le bancarelle variopinte ed odorose, quando la calca umana era intenta a mangiare. Questo anno abbiamo comprato quattro cuscini rosso fuoco, da portare nella nuova casa. Paolo ha comprato un bonsai, sperando di portarlo nella nuova casa, ma non ha resistito fino al trasloco. Poi siamo andati per la visita nella Cattedrale a pregare il Santo Patrono e ricevere l’ultima benedizione.
In quella casa dagli alti soffitti affrescati non potevamo più restare: troppo costosa. Non era nostra e desideravamo acquistarne una dove trascorrere i restanti anni della nostra vita da lasciare in eredità alla figlia come nostro ricordo.

(Continua)

Cos’è il bacio?

Cos’è il bacio?

E’ il dolce sapore di te

che penetra dentro di me.

E’ la passione,

che brucia dentro di noi.

E’ l’amore che sboccia,

che cresce

come una pianta

nel verde prato del desiderio.

Sono istanti

brevi ed intensi,

che non vorremmo mai

che finissero.

La ricerca del bacio

Il bacio cosa è? Cosa rappresenta nella vita di tutti noi? E’ un mistero e nemmeno troppo, perché chi non ha baciato almeno una volta nella sua vita qualcuno? Nessuno e le statistiche dicono che tra quelli dati e quelli ricevuti siamo a quota ventimila (mi domando come hanno fatto a contarli? Sono andati a spanne oppure hanno fatto i guardoni? Boh! A saperlo!).

Chi non ricorda il primo bacio dato o ricevuto? Quando è stato, lo ricordate? Io ricordo l’emozione e il cuore che andava a mille (dicono che un bacio accresce il ritmo cardiaco fino a 150 battiti. Insomma non si può baciare in santa pace senza essere scrutati, misurati, esaminati?). Ricordo ancora il sapore dolce della saliva della ragazza, che eccitava i miei sensi, mentre nella penombra risuonavano le dolci note di “Diana” di Paul Anka.

Il bacio è un antico rito, che risalgono al 1500 a.C. tra le scritture vediche degli indù.

Il bacio è anche un segnale di amore tra i genitori e i figli oppure di appartenenza ad un clan.

Però soprattutto è il suggello di amore tra due persone.

Che tristezza sapere che il bacio è stato scrutato, esaminato, valutato, classificato e soppesato.

Sola

La poesia è di un poeta cinese, Won Han, vissuto nel 628 d.c. sotto la dinastia di T’Ang e trovata su un vecchissimo numero di EPOCA.

Intorno a me

limpido e silenzioso

è il vasto spazio.

La brezza tepente sfoglia

i fiori.

sull’orlo dello stagno.

E la terra

è arrossata

dai loro petali. 

Siedo e sogno

di te, mio amore

così lontano,

e, improvviso

una perla, una lacrima

mi cade sulla mano

suggellando la triste

anima amante

Fin dalla prima volta che l’ho letta l’ho trovata bellissima.

L'acqua

Chiare e dolci sono le acque,

che scendono spumeggianti

dai monti ammantati di neve,

dai monti ricporti d’abeti.

Fresche e ciarliere sono le acque,

che allegre fra i levigati sassi

scorrono e rumoreggiano

nelle odorose giornate d’Aprile.

La vita ricomincia attorno a loro:

cervi e cerbiatte si dissetano,

pecore euomini si rinfrescano,

piante e fiori si specchiano.

Le acque sono orgogliose

e per la gioia saltano e spumeggiano

e scendono ancor più veloci a valle,

raccontando al viandante,

che si ferma in riva d’esse,

mille storie fantastiche.

La ricerca della felicità

Sembra un paradosso, ma si può essere felicissimi, rinunciando a tutto.

La felicità si può misurare sulla base delle onde cerebrali che emettiamo, stilando delle graduatorie sul grado di soddisfazione raggiunto individualmente o a livello di nazione.

La felicità, secondo alcune teorie, sono la quantità di emozioni positive che riusciamo a percepire. Questo favorisce lo sviluppo del cervello, che è un organo in continua evoluzione, dove nella corteccia cerebrale di sinistra si concentrano le sensazioni positive, piacevoli e in quella di destra quelle negative, che generano depressione, ansia e paure.

Assumendo questo come base di partenza, si ritiene che i monaci buddisti, dediti per principio alla meditazione, siano in grado di sviluppare le sensazioni positive attraverso la contemplazione e le pratiche yoga.

A differenza di altre religioni che assicurano che l’assunzione in cielo dopo la morte è il premio promesso per quanto si è operato sulla terra, Buddha non promise ai suoi discepoli la salvezza in cielo, ma la fine delle sofferenze sulla terra, se fossero riusciti a controllare i loro desideri.

Poiché il buddismo più che una religione è una filosofia di vita, che insegna agli uomini come raggiungere la felicità attraverso la meditazione, la contemplazione e il controllo del proprio corpo, si ritiene che il monaco buddista sia in grado di raggiungerla più facilmente di altri, perché dedicano tutta la propria vita a cercare di controllare le emozioni.

Matthieu Ricard, un francese di buona famiglia ed un promettente ricercatore nel campo della genetica, nel 1972 conobbe il buddismo e la vocazione spirituale e abbandonò tutto per diventare monaco buddista. Da allora si dedicò intensamente agli studi monastici e passo molti mesi in ritiro, conoscendo nel 1989 il Dalai Lama, di cui divenne un influente consigliere e traduttore di francese.

Spinto dal Dalai Lama si è sottoposto a numerosi test per misurare il proprio grado di soddisfazione, che confrontato con altri volontari è risultato di gran lunga superiore, tanto che è stato definito “l’uomo più felice sulla terra”.

Secondo Ricard il problema della nostra infelicità sta nel fatto che i nostri sentimenti negativi verso gli altri sono spesso ingiustificati e li creiamo per nascondere le nostre frustrazioni. Pertanto se riusciamo a controllare questo impulso, possiamo raggiungere dapprima la serenità interiore, che secondo lui è un tesoro nascosto in ogni persona, e poi la felicità. E’ solo una questione di forza di volontà e di pratica, non servono beni materiali, né potere per raggiungere al termine del viaggio la serenità che porta la felicità.

A prima vista risulta incomprensibile che la popolazione filippina sia tra i popoli più soddisfatti nonostante la povertà in cui versa e i luoghi in cui abitano colpiti da molte catastrofi naturali. Sembra che il segreto stia nella visione positiva della vita, nella semplicità del vivere quotidiano lontano da stress e pressioni.

In conclusioni secondo Ricard chiunque, indipendentemente dalle disgrazie passate, può trovare la serenità e la felicità a patto che cambi la visione mentale, che spesso ci deprime con gli aspetti negativi dell’esistenza.

Con l’approssimarsi della morte, intellettuale o naturale, l’uomo tende a perdere di vitalità e a deprimersi, la morte va affrontata come un ciclo naturale della vita e non come un episodio triste della stessa.

Dunque possiamo curare le nostre depressioni allenando la mente a pensare in positivo, così come un atleta si prepara ad una gara attraverso i duri esercizi preparatori.

Seguono alcune frasi che descrivono il senso della felicità secondo diverse persone 

Citazioni celebri (o quasi) sulla felicità

Matthieu Ricard – monaco buddista

Vuoi forse vivere una vita nella quale la tua felicità dipende da altre persone?

Arthr Schopenhauer – filosofo

C’è un errore innato: credere che esistiamo per essere felici, la salute sta così al di sopra che è più felice un mendico sano che un re malato. 

Epicuro – filosofo greco

Di tutte le cose che la saggezza procura per ottenere un’esistenza felice, la più grande è l’amicizia. 

Oscar Wilde – scrittore

Felicità non è avere quel che si desidera, ma desiderare quello che si ha. Solo una cosa è peggio di non realizzare i propri sogni: realizzarli.

Romina e Albano – cantanti

Canzone “Felicità”

Felicità è un bicchiere di vino

con un panino.

E’ tenersi per mano

e andare lontano.

E’ abbassare la luce

per fare la pace…

Woody Allen – attore e regista

Se i soldi non fanno la felicità, figuriamoci la miseria. L’uomo più felice che conosco ha un accendino e una moglie ed entrambi funzionano. 

Will Smith – attore

Dal film “ La ricerca della felicità” di Gabriele Muccino

Non permettere a nessuno di dirti: quello che desideri è irragiungibile. Se hai un sogno devi difenderlo, se vuoi qualcosa prendila..

 

Maurizio Ferraris – docente di filosofia teoretica

La felicità è l’equilibrio tra il raggiungere ciò che si desidera e il continuare a desiderare qualcos’altro.

Sogno di poeta

Vorrei essere,
quel che non sono.
Vorrei essere,
chi nessuno immagina.
Vorrei essere,
chi solo io penso.
Questi però sono sogni di poeta

La lampada

Sul vecchio camino
c’è una lampada,
che accompagna la notte.
E’ una lampada
carica di anni, di ricordi e di polvere.
La sua fioca luce
rischiara debolmente la penombra.
La sua fiamma tremula
disperde per l’aria vagole ombre.
Torna il sole
e mesta si spegne.

Il lunatico

Nel corso della giornata si risveglia in te uno spirito indipendente e ribelle. Hai la tendenza a fare esattamente l’opposto di ciò che ti viene suggerito e a rifiutare qualsiasi cosa dicano gli altri, per il semplice fatto che sono loro a dirla. Per gli stessi motivi sei impaziente con le limitazioni, i doveri e le responsabilità. Hai un gran bisogno di essere libero e di fare qualcosa di molto diverso, forse persino di un po’ selvaggio. Hai un desiderio ardente di stimoli e puoi agire in modi che non prenderesti mai in considerazione con uno stato d’animo più tranquillo. Tutto ciò potrebbe andare bene oppure no, dipende da quanto sei conservatore e quanto insolito o esagerato nell’azione

IL cacciatore di bolle di sapone

Il cacciatore di bolle di sapone si appostava tutti i giorni sull’angolo opposto dove era collocato un grazioso orsetto che soffiava bolle di sapone.
Aspettava fiducioso che l’orsetto cominciasse la sua attività.
Le bolle di sapone iridescenti uscivano dalla bocca dell’orsetto e si sparpagliavano nell’aria sospinte da un leggero vento. Questo avveniva tutti i giorni belli o brutti che fossero.
I bambini ridenti le rincorrevano nella vana speranza di catturarne alcuni, ma le bolle di sapone con un puf! svanivano nel nulla.
Il cacciatore di bolle di sapone pazientemente le inseguiva e con infinita dolcezza le faceva atterrare sulla sua mano.