Oltremare

Marzo 2008

 Da questo breve incipit

“Fu di sera, già di buio; era ottobre. Il cielo era coperto. Il giorno avevamo vendemmiato e attraverso i filari vedevamo nel mare grigio avvicinarsi le vele d’una nave che batteva bandiera imperiale.” (Italo Calvino, Il visconte dimezzato. I Meridiani – Arnaldo Mondadori Editore)

nasce il breve racconto che segue.

Marco aveva dieci anni, quando quella sera vide la nave, e subito s’accese la fantasia.

Era sul ponte di comando a guidare quella ciurma indisciplinata, mentre il timoniere teneva la barra a dritta.

Si sgolava ed imprecava ad alta voce.

“Alzate la vela maestra! Mollate il fiocco! C’è troppo vento, virate a manca col vento contro!”

La voce roca e tagliente dava ordini secchi come schioppettate che arrivano diritti al cuore dei marinai.

Il vascello cavalcava agile l’onda bianca, pronta a scendere nell’incavo del mare e poi salire su quella successiva.

Marco era lì ritto come un fuso sulla plancia sferzato da vento e salsedine, pronto ad odorare il vento e dirigersi dove questo vola dritto.

La prua agile e sottile taglia il verde marino come la lama nel burro, mentre dietro una danza di salti e tuffi l’accompagna.

 

Ormai cinquantenne sogna il mare, mentre osserva corrucciato il brulicare di uomini indaffarati e spenti che si agitano nella vita cittadina.

E’ ora un cittadino, che ama l’aria, la salsedine e la nave senza essere ricambiato.

E’ marzo, ma il tempo per rifugiarsi nella vecchia casa in riva al mare tra filari di vite e noci dalle larghe chiome non è ancora arrivato.

Si strugge dalla malinconia e dal ricordo, perché non è potuto diventare un marinaio. I suoi vecchi non hanno voluto, doveva diventare Dottore, avere una bella casa in città, una moglie e dei figli belli come lui.

“Papà, “disse un giorno “anche all’Accademia divento Dottore”, ma il padre fu irremovibile. Doveva andare in città all’università per diventare Dottore.

Marco si rassegnò esternamente, ma dentro coltivava l’idea del mare, ma la coltivò solo, perché trovò Mara e la sposò.

Anche a Mara il mare non piaceva, diceva che incuteva paura e poi non sapeva nuotare.

Si rassegnò a malincuore a vivere fra cemento, auto, rumori e polvere in una casa che molti dicevano essere confortevole, ma che a lui stava stretta.

Marco per vedere il mare doveva andare da solo nella vecchia casa paterna, ormai spoglia e vuota dopo che i suoi vecchi uno alla volta in punta di piedi se ne sono andati nel piccolo cimitero in fondo alla strada.

Quella casa non la volle vendere mai, come le 15 pertiche di vigna ormai inselvatichitasi, ma sempre tenuta ordinata da Giuseppe, il vecchio fattore.

Si metteva là dove a dieci anni aveva visto la nave con la bandiera imperiale ad osservare il punto in cui l’orizzonte si confonde con l’acqua. Là il sole si inabissa colorando di rosso terra, acqua e cielo e lui stava lì a bocca aperta per aspirare il gusto del sale che arrivava da dietro le dune.

Ancora qualche settimana di supplizio a respirare cemento, poi da solo avrebbe preso quel viottolo polveroso che conduceva alla casa da ragazzo, senza luce e senza acqua.

Avrebbe riattivato il camino per cuocere e riscaldare l’ambiente e avrebbe scritto il suo amore per il mare alla luce della lampada ad olio dopo essere stato là dove i ricordi di quaranta anni fa lo conducevano per mano.

 

 

6 risposte a “Oltremare”

  1. vivere nel ricordo del “non fatto”, del “non detto”, del “non scelto” è un dolore continuo, soffuso, a volte latente ma sempre lì, pronto a soffocarti, a tagliarti il fiato, a toglierti la serenità di vivere.

    Bel racconto. Complimenti

  2. Mi sembra di sentire il profumo della salsedine. Bello questo racconto, caro Orso!
    C’è il gusto di un rimpianto per un sogno svanito. Marco non ha fatto che accontentare gli altri.
    Un abbraccio,
    Rosalba

  3. Luna
    Si, spesso viviamo nel “non” e la tristezza cala su di noi, sapendo che le “non” scelte saranno perdute per sempre.

    Francesca
    Si, c’è un velo di malinconia nel racconto per il rimpainto di “non” aver dato ascolto al proprio io.

    Rosalba
    Marco non ha avuto la forza di ribellarsi ed ha subito i voleri degli altri.
    Grazie per il bel commento.

  4. racconto molto bello e triste, che racconta cosa succede se non si combatte anche per i propri desideri, ma ci si sottomette a quelli altrui. si è condannati ad una vita di rimpianti.

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