La lite (versione uno)

Matteo stava riaccompagnando a casa Micaela dopo aver sostato a lungo in Prato della Valle in una fresca serata di fine settembre. Stranamente dopo una giornata calda la sera si presentava fresca ed arieggiata.
Il tempo che era stato bello per tutto il giorno stava volgendo al brutto come la conversazione tra i due giovani.
Fecero una prima sosta dopo aver oltrepassato la spaccatura nelle mure cittadine nelle vicinanze della pista di pattinaggio.
Micaela non sopportava più l’insistenza di Matteo, si sentiva oppressa e privata della propria capacità decisionale.
Voleva troncare quel rapporto diventato intollerabile per la gelosia di Matteo, per il morboso innamoramento fino a diventare una specie di incubo diurno e notturno.
“Matteo” esordì Micaela “stai diventando insopportabile. Non riesco a respirare liberamente senza sentire il tuo fiato su me, senza provare un vago senso di minaccia”.
Matteo la guardò incattivito e si spostò di lato appoggiandosi alla ringhiera che separava la pista dal pubblico.
“Io ti amo” replicò con voce tremolante per la rabbia “Ti amo, come mai ho amato nessun’altra. Non ti voglio perdere perché sei parte di me. Non comprendi i mei sentimenti?”
Micaela lo guardò e vide scattare il verde pedonale. S’affrettò a superare la strada per incamminarsi in Via Acquapendente verso casa.
Matteo come impazzito restò per un attimo fermo ed incredulo di essere lasciato lì come uno stoccafisso, poi si riscosse e si avviò a rincorrerla, ma il rosso aveva dato via libera alle auto impazienti di scattare e volare via.
Lei nel frattempo a passo svelto percorreva la via sotto le chiome dei grandi platani che contornavano la strada.
Suo malgrado dovette aspettare il prossimo verde utile prima di lanciarsi all’inseguimento di Micaela.
Come un forsennato la raggiunse e la strattonò per un braccio per fermare la corsa.
Lei si divincolò e gli urlò “Vattene! Non voglio più vederti!”, mentre tutti si giravano ad osservare il litigio tra i due giovani.
“No, “ replicò rabbioso “non me ne vado. Non mi puoi piantare così”.
L’alterco durò molti minuti, mentre dalle finestre alcune donne osservavano, commentavano e scuotevano la testa, finché Matteo furibondo e rosso per l’ira non decise di andarsene senza salutare.
Micaela riprese la corsa infilandosi in una via laterale e poi in un’altra, e un’altra ancora cercando di far perdere le sue tracce, finché non vide l’insegna “ALIMENTARI” sopra un negozio.
Prontamente entrò non prima di aver guardato a destra e a sinistra e dietro nel timore di scorgere la sagoma di Matteo.
Era il tipico negozio di alimentari anni sessanta senza vetrina e col banco disposto frontalmente all’ingresso alla cui sinistra c’era il posto per la cassiera, ora desolatamente vuoto.
Il bancone era in armonia col resto dell’ambiente. La parte bassa era in legno color mogano ormai consunto dagli anni, quasi all’altezza degli occhi stava la vetrina che mostrava disposti ordinatamente salumi, formaggi e piatti pronti. Il tutto sormontato da una mensola di vetro con pacchi pasta ed altro intervallati tra loro per consentire al cliente di vedere il proprietario ed Piero mentre li servivano. Le donne erano costrette a rovesciare il capo per vederli il viso in una posizione innaturale. Ai due lati estremi facevano bella mostra due affettatrici a volano Berkel B114 rosse, che erano sfuggite alla modernizzazione che le pretende tutte rigorosamente elettriche. Quasi centralmente stavano altri due pezzi di antiquariato alimentare due bilance Bizerba con fondo scala di 2 kg,
In bella mostra sul bancone penzolavano gli insaccati,mentre alle spalle disposti ordinatamente stavano scatolette e bottiglie che si specchiavano nello specchio con la pubblicità dei salumi Negroni.
Nel posto della cassiera troneggiava un vecchio registratore di cassa manuale ormai dismesso perché il regime fiscale imponeva quelli che erogavano lo scontrino fiscale ben mimetizzato alle spalle del proprietario.
Di fronte alla vecchia cassa stava la cella frigorifera con la porta dello stesso legno della parete con lucidi meccanismi cromati.
Accatastate ordinatamente lungo la parete libera stavano confezioni di acqua minerale gassata o naturale di marche diverse accanto ad una mini enoteca.
Delle vecchie lampade riadattate e riconvertite all’elettricità illuminavano l’interno senza sfarzo e luccicanti luci.
Non meno fuori moda era anche l’esterno con una banale insegna metallica, che sormontava l’ingresso. “ALIMENTARI” troneggiava in blu sul fondo bianco, mentre qualche traccia di ruggine affiorava qua e là come piccoli fiori spuntati dalla neve.
Posizionato in una delle vie laterali e meno trafficate del quartiere era sempre pieno di donne che pazientemente facevano la coda per essere servite da Piero.
Gli altri esercenti della Madonna Pellegrina guardavano con invidia Sgorzon con suo negozio antiquato ed anonimo ai loro occhi sempre affollato di clienti e dai pingui incassi. Loro si erano svenati per ristruttuare i loro esercizi, ma la cassa era sempre più vuota.
Il segreto stava in pochi ingredienti: il modo professionale ed accattivante del proprietario e di Piero, i prodotti di livello eccellente e spesso unici che erano in vendita e soprattutto Piero con la sua carica dirompente di umanità che sapeva cogliere e percepire tutte le sfumature delle clienti.
Non erano infrequenti i litigi tra le clienti pur di farsi servire da Piero, che aveva sempre la battuta pronta per smorzare le tensioni.
“Bone, tose” diceva sempre in dialetto che piaceva anche a quelle donne che faticavano a comprendere il veneto.
Lui si divertiva con loro che sgranavano gli occhi perché non comprendevano la parlata veneta di Piero.
“Volete la traduzione in tricolore?” e grandi risate accompagnavano questa battuta, mentre loro un po’ impacciate ma felici di stare al centro dell’attenzione generale annuivano soddisfatte.
Circolavano anche diverse dicerie sul conto di Piero fra le clienti. Un pettegolezzo che andava per la maggiore era che una di loro fosse stato colta dal marito, mentre era a letto con lui.
Mentre si rivestiva e per nulla intimorito lo aveva apostrofato male dicendo “Non vali niente a letto. Parola di tua moglie. Se tu sapessi fare il tuo mestiere, lei non sarebbe a letto con me”. Naturalmente tutte si interrogavano per scoprire chi era, ma tutte negavano di essere la donna incriminata.
La sera in cui Micaela entrò casualmente nel negozio di Piero e lo conobbe lei ascoltò l’ennesima versione ormai condita di ulteriori piccanti particolari su questa voce, accedendo la curiosità di lei sulle qualità amatorie di Piero.
(bozza di capitolo)

8 risposte a “La lite (versione uno)”

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