Un ritorno?

Dopo tanto tempo fa un certo effetto ritornare a casa senza trovarla più nello stesso ordine di prima.
E’ la stessa sensazione che si ha dopo un trasloco, quando non trovi più niente nell’ordine mentale di prima.
Pazienza! Con calma si rimetterà ordine sistemando tutto.

La telefonata

Matteo si era alzato di buon ora per raggiungere il rifugio Tuckett attraverso la ferrata delle Bocchette Alte, un percorso molto impegnativo e difficile con passaggi che richiedevano attenzione e preparazione fisica, mentre le cime del Brenta, che facevano corona intorno erano rosate dai raggi del sole che si levava. Si soffermò per osservare lo spettacolo e scattare qualche fotografia, anche se non era la prima volta che vedeva albeggiare in montagna. Però la visione era sempre affascinante come la prima volta.
Dopo i tentativi infruttuosi del giorno precedente era entrato in una zona d’ombra dove il telefono non aveva campo e poi non poteva distogliere l’attenzione dai severi passaggi con lunghe scale sospese nel vuoto, dai nevai infidi e fradici e dagli stretti sentieri ricavati sul fianco della montagna.
Ci sarebbe stato tempo ed un orario più propizio per chiamarla, quando avrebbe affrontato l’ultimo tratto sgombro di grandi pericoli e facile da percorrere.
Nonostante la severità del percorso ebbe modo di pensare al rapporto con Micaela, di osservare lo spettacolare panorama dell’Adamello e del lago di Molveno, di ragionare sulla sua vita e su quello che aspirava.
Si era fermato sul terrazzo nord sotto Cima Brenta a prendere un po’ di fiato dopo oltre cinque ore di camminata per sentieri ardui e pericolosi, perché le tossine della lunga tensione stavano aggredendo i polpacci e quindi doveva fare una sosta ristoratrice prima di affrontare la lunga discesa verso il rifugio. Non era certamente il posto ideale per meditare su di lei, ma il pensiero verso Micaela era stata una costante e discreta compagnia durante quelle lunghe ore solitarie in alta quota.
Trasse un lungo respiro e cominciò a mangiare con calma una barretta di cioccolata, mentre rifletteva sugli errori commessi nel rapporto con lei. Era stato troppo frettoloso nell’innamoramento, poiché aveva scambiato la disponibilità di lei per una passione travolgente ed eccitante; aveva sottovalutato la personalità complessa e determinata della ragazza, che come aveva detto più di una volta puntava diritta alla laurea nella primavera dell’anno successivo. Subito era stato travolto dalle proprie emozioni senza analizzarle in profondità. Aveva costruito intorno a lei una gabbia di possesso e di gelosia perché non sopportava l’idea che potesse essere di qualcun altro. Non aveva intuito che era stato il fascino del proprio carattere sfuggente e misterioso, che l’aveva colpita ed attratta. Non era stata la bellezza fisica la calamita che aveva attirato l’attenzione di Micaela, ma il modo garbato e delicato nel porgere le cose, la grande cultura e i molteplici interessi.
Però nemmeno lì con lo sguardo che spaziava libero, mentre un fastidioso ed insidioso vento, che minacciava il precario equilibrio sullo strapiombo, agitava i capelli e con essi anche i pensieri, era riuscito a focalizzare il problema nella sua vera essenza.
Il sole era alto nel cielo e almeno altre due ore di cammino lo attendevano. Scacciando pensieri ed immagini, Micaela e la passione che provava per lei, iniziò ad affrontare con cautela la discesa che l’avrebbe condotto tra circa un’ora alla parte terminale e facile del percorso. Ora non aveva tempo di pensare né di osservare il panorama, ma era attento a saggiare la roccia prima di spostare il proprio corpo verso il basso.
Micaela si mise seduta in una posizione comoda, perché sapeva già chi stava chiamando prima di leggere il nome sul display.
Respirò a lungo, lasciò passare qualche secondo contando fino a dieci prima di rispondere.
Doveva essere chiara. molto chiara senza lasciare zone di ombre o di dubbi se Matteo voleva riprendere il rapporto. Non poteva commettere ulteriori errori, perché ne aveva già collezionati troppi.
Ricordava bene le parole di Silvia a Cortina: “Concedigli una seconda chance” e dopo una breve pausa aveva aggiunto “Il litigio fra due innamorati ci sta sempre. Anzi è un toccasana perché permette di saggiare se i sentimenti che si provano sono sinceri”. Lei era rimasta in silenzio prima di dire: “Ci penserò al mio ritorno a Padova. Ora godiamoci Cortina”.
Lei ci aveva riflettuto a lungo, ma aveva preferito abbassare la saracinesca e si era immersa nella preparazione dell’esame fondamentale dimenticando Matteo, le parole di Silvia, i sentimenti e tante altre cose.
Ora era venuto il momento di parlare ed esprimere quello che sentiva sinceramente dentro di sé.
“Ciao, Matteo” rispose alla chiamata e dopo una breve pausa proseguì “Dove sei? Sento silenzio e il sibilo del vento”.
“Non voglio parafrasare Moccia, ma sto toccando il cielo sopra di me” disse con la voce rotta dall’affanno e dalla fatica “Acchiappo le nuvole con le mani ed ascolto la sinfonia del vento”.
Micaela rimase silenziosa perché non riusciva ad intuire dove fosse, mentre Matteo calmato il respiro aggiunse: “Non capisci? Sono nelle Dolomiti del Brenta e sto arrivando al rifugio dopo sette ore di salite e discese”.
La conversazione continuò tra interruzioni e tentativi di chiamate esattamente come lei voleva che andasse. Gli concesse una seconda possibilità dopo diverse schermaglie dialettiche, dandogli appuntamento al ritorno a Padova.
“Prosegui le tue vacanze tra sentieri e ferrate in completo relax. Mi farò viva al mio rientro a Padova” gli disse chiudendo la lunga e sofferta telefonata.
Ora era soddisfatta per essere riuscita a parlare con chiarezza dei loro rapporti e si distese nuovamente al sole, aspettando il rientro di Silvia.
(Capitolo 16)

Ferrate, relax e risate

Matteo era sulla ferrata delle Bocchette Centrali nel gruppo del Brenta, quando arrivò il messaggio di Micaela. Era impegnato in tratto difficile della ferrata che richiedeva attenzione e concentrazione per non finire più in basso ai piedi della Bocca Armi.
Il panorama era mozzafiato come gli strapiombi che costeggiavano cenge naturali o stretti passaggi ricavati nel costone roccioso della montagna; non era permessa la benché minima distrazione perché avrebbe potuto essere fatale. Quel trillo improvviso lo aveva fatto sobbalzare per una frazione di secondo, ma subito l’aveva dimenticato, mentre guardava innanzi a sé in una giornata limpida e tersa le cime frastagliate del Brenta.
Era stato molto indeciso se visitare i rifugi che stavano a cavallo tra Madonna di Campiglio e Molveno oppure percorrere la via classica delle Dolomiti che in dodici giorni partendo dal lago di Braies scendeva verso Belluno. Sarebbero stati dodici giorni impegnativi sia fisicamente, sia psicologicamente con molti passaggi difficili per persone esperte ed allenate. Però quest’anno non era riuscito a prepararsi adeguatamente a causa degli impegni di lavoro e distratto dal costante pensiero verso Micaela. Quindi aveva ripiegato sui rifugi del gruppo del Brenta con sentieri meno impegnativi ma ugualmente suggestivi.
Quell’incontro fortuito e stimolante nel supermercato all’Arcella aveva scompaginato i pensieri ed intaccato la fredda determinazione che lui usava per raggiungere gli obiettivi. Da sempre aveva amato la montagna aspra e silenziosa e non quella chiassosa e vacanziera che trovava deprimente e dispersiva. Lui era un introverso che trovava nelle camminate solitarie tra boschi e rocce il modo di esprimersi compiutamente. Il profumo della resina degli abeti o dei fiori alpini, il sibilare feroce del vento sulla pelle secca e screpolata, il passo cadenzato e misurato sui sentieri ghiaiosi erano per Matteo sensazioni appaganti e inebrianti che rinnovava ogni anno come un rito pagano.
Con profondo disgusto osservava file di turisti che con scarpe da ginnastica e macchine fotografiche si aggiravano chiassosi e maleducati per sentieri e boschi rompendo l’incanto fatato della montagna profanata. E cercava sempre vie poco battute da affrontare in solitario accompagnato dai suoi pensieri. Erano momenti magici per lui perché poteva dar sfogo alla immaginazione, alle riflessioni più intime. Questa passione non era condivisa da nessuno dei pochi amici o amiche che aveva e quindi da anni trascorreva le ferie estive da solo nei boschi e nei rifugi alpini, che raggiungeva dopo lunghe camminate con l’unica compagnia del vento e delle nuvole.
Quest’anno aveva sperato di trascorrere le vacanze agostane con Micaela passeggiando nei boschi e per sentieri facili e panoramici, ma l’approccio era stato un vero fallimento, che aveva lasciato in lui una profonda ferita che faticava a chiudersi.
Era partito ai primi di agosto per Madonna di Campiglio con il pensiero fisso rivolto alla ragazza, che non riusciva a dimenticare nonostante tutti gli sforzi. Aveva provato inutilmente a contattarla dopo quel sabato in Piazza delle Erbe, ma il telefono era inspiegabilmente spento o così sembrava. Preferiva il colloquio diretto all’invio di messaggini freddi ed impersonali, ma una voce femminile lo informava con monotonia che l’utente chiamato non era raggiungibile. Poi un giorno decise di affidare al messaggio il compito di richiamare su di sé l’attenzione di Micaela, che lo lesse mentre stava raggiungendo Cortina. Poi lasciò perdere concentrandosi sul lavoro e sull’organizzazione delle ferie di agosto, poiché non ricevette nessun segnale di ritorno.
Ora si faceva viva in modo inatteso ed in un momento delicato, ma a questo avrebbe pensato una volta raggiunto il rifugio Alimonti, perché doveva stare attento a dove e come posava i piedi se voleva tornare a Padova con le proprie gambe.
Micaela si svegliò presto la mattina successiva ed affacciandosi alla finestra poté ammirare lo spettacolo del sole che inondava di luce le argentee crete e i verdi vigneti di val d’Orcia.
La tensione accumulata il giorno precedente si era quasi dissolta durante la notte, ma ora era svanita completamente ammirando la vista spettacolare di dolci colline punteggiate di verde.
Era dispiaciuta perché si era intromessa nelle vacanze di Silvia, ma si era ripromessa di disturbarla il minimo possibile. L’agriturismo che la ospitava poteva soddisfare i bisogni di relax con la piscina e l’ampio prato adiacente, la possibilità di lunghe passeggiate attraverso i campi e le radure, il maneggio e un ottimo servizio per visitare Pienza, Siena, il borgo di Monticchiello, Montepulciano e ancora altri piccoli borghi sparsi nei dintorni.
Aveva sempre sognato di fare lunghe cavalcate immersa nella natura, assaporando gli odori e gli umori della campagna come spesso si vedeva nei film. Però non era mai stata in sella ad un cavallo che le incuteva il timore non troppo nascosto di non riuscire a governarlo.
Forse nei prossimi giorni vincendo la paura avrebbe provato l’ebbrezza di cavalcare e sentire l’aria frusciare sul viso, insinuarsi sotto la camicetta, accarezzarle la pelle.
Col fardello lieve di questi pensieri scese a fare colazione nell’ampio cortile attrezzato con sedie e tavoli di vimini, mentre Matteo sembrava un pallido ricordo.
Se avesse richiamato sapeva cosa dire. Non aveva avuto necessità di consultarsi con Silvia per conoscere la strada da percorrere, perché le risposte erano sgorgate durante il riposo notturno limpide e naturali come le sorgenti alpine di un torrente.
“Ma avrebbe richiamato?” si domando un po’ incredula, perché non ne era assolutamente certa.
“Buongiorno” disse a Silvia e a Gianni, che finita la colazione la stavano aspettando.
“E’ una giornata stupenda.” proseguì “e mi comporterò come una brava lucertola prendendo il sole ai bordi della piscina. Sono pallida come una malata e un po’ di colorito mi farà bene”.
“Pensavamo di fare un giro all’Amiata. Non vuoi unirti a noi?” chiese discreta Silvia ben sapendo che la risposta sarebbe stata negativa.
Alcune battute scherzose, qualche risata sancirono gli impegni reciproci prima che ognuno di loro affrontasse la giornata secondi gli obiettivi fissati.
Micaela era distesa sul prato al sole quando la voce di Elisa gli annunciò l’arrivo di una telefonata.
(Capitolo 15)

All'agriturismo

L’emozione era forte e scacciò tutti i pensieri, anche se provava un senso di colpa verso Silvia, che aveva sacrificata parte della vacanza ospitandola nell’appartamento accanto al loro.
Sapeva che avrebbe costituito un peso la sua presenza, perché faceva venire meno l’intimità tra la coppia, ma ora era lì e non poteva dissolversi come la nebbia al sole.
Gianni guidava attento, mentre Silvia parlava senza interruzione del posto, del panorama, di loro e della felicità di avere l’amica con loro.
Micaela era intimidita da tanto furore verbale innocuo, ma prorompente, mentre osservava attenta le sfumature del verde e le grandi ville padronali che si stagliavano in lontananza nel paesaggio, che era stupendo per le dolci colline ed i grandi vigneti; ed era un pezzo di Toscana che non conosceva affatto.
Alla sera dopo la frugale cena rustica si ritrovarono nel grande salone posto al piano terra intorno al camino in pietra a parlare di lei, di loro, della grande villa trecentesca che li ospitava.
Micaela non si rendeva ancora conto che poche ore prima era immersa nell’asfissiante calura padovana, mentre ora respirava la fresca fragranza delle colline senesi che odoravano di erba appena tagliata, mentre il grido monotono delle cicale scandiva il tempo.
“Per stasera parliamo solo di questo posto da favola” esordì. “Come avete fatto a scoprirlo?” chiese a Silvia e a Gianni.
La risata argentina della coppia risuonò nell’immensa stanza richiamando l’attenzione delle altre persone presenti. Micaela diventò rossa perché era stata la causa involontaria che aveva spezzato quell’atmosfera incantata.
Ripercorse mentalmente in quegli istanti l’emozione dell’arrivo. La villa era apparsa in tutto il suo fascino per le vecchie pietre annerite dal tempo, per il loggiato sottostante una piccola torretta accessibile da una scala esterna in marmo e pietra, per il cotto toscano un po’ consunto da tanti piedi, per il mobilio d’epoca.
Era rimasta a rimirare tutto prima di entrare in quella che sarebbe stata per dieci giorni la sua stanza. Stava nella loggia sotto la torretta; era una grande stanza, nella quale troneggiava un imponente letto in ferro battuto e un tavolo di noce come scrittoio, con due enormi finestre che guardavano Montalcino e le crete senesi. Un minuscolo salotto completava la suite con una poltrona in vimini ricoperta da cuscini.
Silvia e Gianni stavano proprio sopra di lei, La vista era mozzafiato a 360°. Un vecchio camino padronale stava al centro della stanza dalla quale si accedeva alla camera matrimoniale con soppalco. Il letto era a baldacchino con preziosi tessuti, che scendevano ai lati, di foggia rinascimentale. Un enorme armadio toscano di noce era addossato ad una parete. Il soppalco poteva ospitare altre due persone, ma per loro fungeva da salotto per leggere, ascoltare musica o guardare il televisore.
Tutta l’atmosfera era calda e rilassante dai toni soffusi ed appena sussurrati che avevano avvolta Micaela come un bozzolo di seta. La tensione interna accumulata nelle prime ore della giornata era svanita lasciando il posto ad una vaga indeterminatezza che lasciava trasparire dalle parole a fatica bisbigliate con un filo di voce.
Matteo non aveva più richiamato, forse infastidito dalla volubilità di lei, che prima aveva scritto un messaggio pieno di desiderio e poi si era negata ai suoi richiami.
“Bene” pensò Micaela “Bene, se ha smesso di cercarmi! Così ho tutto il tempo per studiare una strategia con Silvia”.
Però non ne voleva parlare perché desiderava decantare i pensieri per acquistare lucidità e razionalità. Inoltre doveva smaltire lo stress accumulato giorno dopo giorno con la preparazione degli esami, per l’inizio di quella attività che sarebbe stata il fulcro della tesi, per l’incauto messaggio spedito in un momento di debolezza o almeno così le sembrava.
La testa non era ancora sgombra perché continuava a pensare alle motivazioni che l’avevano indotta a cercare Matteo.
Un certo affanno affiorava qua e là durante la conversazione attraverso il tremolio della voce, le parole che faticavano a comporsi, i pensieri un po’ sconnessi che facevano sorridere Silvia e Gianni.
Lui non aveva ben compreso le ragioni dell’invito, dell’arrivo di Micaela che stava scompaginando tutti i progetti, ma stanotte con calma ne avrebbe parlato per chiarire tutto. Adesso ascoltava le chiacchiere delle due amiche intervenendo solo quando era richiesto un parere. Era senza dubbio una bella ragazza intelligente e sensibile, Micaela, ma la sua Silvia era molto meglio: sveglia, equilibrata, sicura di sé e dal carattere difficile ma stimolante. A lui piacevano le ragazze toste e volitive con le quale voleva avere un rapporto non conflittuale, ma franco ed aperto e Silvia lo era. Molte volte erano andati vicino alla rottura definitiva, ma erano sempre riusciti a ricucire gli strappi trovando nuovi impulsi per ricominciare.
Sembravano inesauribili, frizzanti e fresche come di prima mattina, ma ormai erano rimasti solo loro nel grande salone, perché tutti erano andati a dormire.
“Ragazze” disse soavemente Gianni “che ne dite di salire di sopra. Però prima procuratevi una brocca d’acqua, perché ormai avrete la gola secca”.
Risero sommessamente mentre il silenzio della notte prendeva il sopravvento.
(Capitolo 14)