Amanda 19

Amanda finì in mezzo nel letto centrale ma non come aveva pensato Luca: non era accostato agli altri due ma ben separato. Così la notte filò liscia senza troppe battaglie e divenne presto tiepida: il clima si era raffreddato in fretta subito dopo il loro ingresso. La stanza era sufficientemente ampia e spaziosa con un minuscolo bagno poco adatto agli obesi, ma per loro fortuna erano snelli. Qualche contorsione, qualche bottarella negli spigoli con inevitabile livido sulle cosce ma alla fine era praticabile.
Alice era attratta irresistibilmente da Amanda e avrebbe fatto carte false per rimanere sola con lei.
“Uffa! Quell’antipatico di Luca è proprio un rompiscatole. Non poteva scegliere una tra Irene e Anke, lasciando tutta per me Amanda? Se prima di partire eravamo in minoranza, adesso siamo maggioranza! I maschietti hanno abbondanza per scegliere. Invece no! Lui ha puntato decisamente sulla più bella! Manco ha degnato d’uno sguardo le altre! Per lui non sono mai esistite. Fantasmi evanescenti. Solo per Amanda aveva gli occhi!” E mentre questi pensieri passavano tumultuosi nella mente, scivolò dolcemente nel sonno popolato da visioni e incubi che si alternavano freneticamente.
Luca invece si agitò più a lungo incredulo per tanta sfortuna. Almeno questo era la sua riflessione.
“Eppure ricordo bene l’immagine della tripla su internet. Tre letti singoli accostati! Questi stronzi d’inglesi, asessuati e gay, invece no! Li hanno separati! Di cosa avevano paura? Che si facesse sesso sotto lo sguardo vigile e severo di Baden Powell? Come se i boy scout fossero dei timorati di Dio! Non sai quante scopate si fanno con la scusa di badare ai lupetti! Poi mica sembrano letti normali questi1 Paiono più lettini per nani che per degli adulti, tanto sono piccoli! Su questi in due si sta al caldo e ben abbracciati, perché altrimenti si cade per terra” e un largo sorriso gli illuminò il viso.
“Bella sorpresa è stata Alice! Mica la facevo lesbica! Sai che sputtanata si beccherà al ritorno quando lo racconterò in giro che le piacciono le ragazze. Eppure ha avuto qualche ragazzo. Non troppi, ma qualcuno sì! Ora la vedo sbavare dietro la rossa! Certo che … dev’essere un bocconcino mica da ridire con quel fisico asciutto e ben fornito! Però io ci provo. Ci sono ancora sei giorni! Chi l’ha duro, la vince! Ah! Ah!”
Guardava il profilo di Amanda nella penombra, mentre cresceva la voglia di fare all’amore con lei. Un sospiro, un altro e poi si girò per non vederla, mentre lentamente prendeva forma un sogno erotico tutto accentrato su di lei.
Amanda osservò i due ragazzi che stavano ai suoi fianchi.
Un sorriso ironico quasi beffardo percorse il suo viso, perché immaginava la loro delusione nello scoprire che i tre letti erano ben separati da un comodino.
“Altro che letto triplo! Tre bei lettini separati! Che idea balzana sarebbe stata quella che fossero stati uniti. Quello che avrebbe occupato la posizione centrale sarebbe stato penalizzato e avrebbe dovuto scavalcare uno dei due per scendere! Però sarei stata curiosa di vedere come si sarebbero comportati! Alice mi fa tenerezza. Pare un pulcino appena uscito dal guscio. Luca .. Luca si da le arie del maschio vissuto, ma .. è .. Cosa è? Un ragazzino appena svezzato! Questa notte dormirò tranquilla come le prossime ..” e un largo sorriso comparve sul suo viso.
Un respiro profondo, un ultimo sguardo ai due ragazzi che dormivano sereni sognando chissà che cosa e poi chiuse gli occhi.
Una mattina fresca ma luminosa li accolse al loro risveglio. Il clima era completamente mutato. Come era stata uggiosa e piovosa la giornata precedente, così si prospettava limpido e soleggiato il nuovo giorno.
“Buona giornata!” augurò loro Amanda “Oggi sembra che il sole ci faccia compagnia. Dormito bene? Questo letto è per un bambino tanto è ridotto. Ho rischiato più volte di trovarmi distesa per terra”.
Alice borbottò qualcosa di non intellegibile. Forse un saluto, forse qualcosa d’altro, mentre emergeva dal piumone.
Luca si mise eretto e ricambio il buon giorno.
“Ma che ore sono?” chiese sbadigliando rumorosamente.
“E’ tardi. Sono poco più delle sette!” rispose calma Amanda.
“Le sette? Sei impazzita? E’ ancora profonda notte! Notte” e si rimise sotto il piumone.
Lei li osservò e tentò l’ultima carta.
“Se volete dormire, fatelo pure. Io mi alzo e poi faccio il secret tour di Londra. Ci vediamo stasera” e gettò in fondo al letto il duvet alzandosi.
Alice si risvegliò dal torpore e chiese cos’era questo giro segreto per Londra. Adesso era vigile e con la mente sgombra dai ricordi della notte.
“Vestiti e seguimi” replicò enigmatica Amanda dirigendosi a occupare per prima il bagno.
Luca rimase immobile, mentre freneticamente Alice sceglieva l’abbigliamento adatto.
“Cosa sarà mai questo giro segreto per Londra! E che cavolo di vestito mi devo mettere? Sapessi almeno dove andiamo, forse .. Al diavolo! Un paio di jeans comodi, scarpe da ginnastica .. tanto ho capito che si dovrà camminare, quindi è meglio avere nei piedi qualcosa di pratico. Un maglione .. ma quale? Quello azzurro o quello rosso? E  vada per il rosso .. o la rossa? Ah! Ah!”.
Fece una rapida doccia ed era pronta a seguirla ovunque la volesse condurre, inferno compreso.
Prima di uscire Amanda sfiorò con le labbra la fronte di Luca, che si svegliò di colpo come se una scarica elettrica l’avesse fulminato.
“Dove state andando senza di me?” gridò agitato e arrabbiato.
“Dormivi beatamente e .. Sul tavolo c’è il depliant del tour di stamattina. Se ti sbrighi puoi raggiungerci in Trafalgar Square al Cafè in the Crypt e fare colazione con noi. Altrimenti ci inseguirai per Londra! Ciao bello! La mattina è bella!” e infilata la porta con Alice sparì alla vista.
Luca con gli occhi impastati di sonno cominciò a smoccolare.
“E’ l’alba a quest’ora! Che fretta c’è? E poi la colazione qui è compresa nel prezzo della camera! Cavoli, che fretta! Però quel bacio avrebbe resuscitato anche un morto! Mi sembra di sentire ancora le labbra sulla mia pelle e ..” e rimase a sognare a occhi aperti.
“Cavoli, se non mi sbrigo riesco di passare la giornata di corsa a inseguire quelle due donne! Maledizione a loro e a tutte le loro manie!” e velocemente si preparò per uscire dalla stanza.
Lungo le scale incontrò Enrico.
“Ehi! Come è andata?” chiese fermando la corsa forsennata di Luca.
“Uhm! Ti dirò! Ho fretta. Devo inseguire quelle due … E tu?”
“Uno strazio! Meglio non parlarne! ..2
“Allora non parliamone! Ciao!” e giù di corsa per le scale.
“Ehi! Dove corri così di fretta?” e la voce di Enrico si perse nell’aria.

Amanda 18

Era una calda giornata di agosto e il bosco era riarso per la sete. Pietro camminava con calma tra gli alberi. Percepiva stanchezza, perché le gambe faticavano a proseguire. Si fermò a raccogliere delle fragoline selvatiche che spuntava nel rado sottobosco ai piedi dei larici. La spossatezza lo fece appoggiare al tronco, lasciandosi scivolare lentamente verso la base.
Aveva una manciata di frutti maturi ma sapeva che non sarebbero stati sufficienti a ridargli quello smalto che si era consumato con gli anni.
Pietro bevve un sorso d’acqua fresca dalla borraccia che aveva sempre con sé. Poche stille per inumidire le labbra. Poi ad uno ad uno quei minuscoli granelli rossi passarono dalla mano alla bocca. Una sensazione di dolce sollievo momentaneamente sollevò l’umore. Però la debolezza non accennava ad andarsene. Pareva che fosse un’appendice del suo corpo.
Forse era giunto il momento di compiere il gran balzo verso l’ignoto. Eppure non percepiva che questo fosse il tempo.
“Riposerò qui finché le forze non ritorneranno e poi farò ritorno alla baita. Sono vecchio. E sono solo. Elisa è sparita dalla mia vita oltre trent’anni fa. Amanda da più di cinque. E io sono qua senza nessuno a farmi compagnia”.
Altre fragoline finirono in gola mentre Pietro lucidamente faceva il consuntivo della sua vita.
“Non posso lamentarmi, perché tanto sarebbe inutile. Amanda mi ha dato molte soddisfazioni ma anche una grande delusione. Chissà dov’è! Di Elisa ho un ricordo dolcissimo, ma troppo breve è stata la nostra stagione. Ma la colpa è stata mia perché egoisticamente ho privilegiato il mio ego senza percepire le sue  necessità”.
Provò ad alzarsi ma le forze non glielo consentirono e tornò seduto appoggiato al tronco. Rimase lì inerte in attesa di recuperare quel minimo per essere in grado di alzarsi.
Il sole cominciava a declinare come le residue energie e non credeva di riuscire a raggiungere la baita prima di notte ma forse nemmeno il mattino successivo. Mentalmente si rassegnò a rimanere lì forse per sempre.
Era immerso in questi pensieri, quando un tocco leggero gli avvolse le spalle. Sollevò il capo e con gli occhi andò alla ricerca dell’origine delle sensazioni provate.
Un altro lieve abbraccio si sommò al primo mentre Pietro s’interrogava sul mistero.
“Chi sei? Non ti vedo?”
“Basta che tu lo voglia e io sarò visibile”.
“Lo vorrei ma non ti scorgo”.
“Pensami intensamente e nella mente le mie parole diventeranno realtà”.
Pietro si concentrò su quella voce che non conosceva ma che gli donava benessere e come per incanto gli apparve una figura minuta, quasi fragile.
“Chi sei? Ora ti vedo”
“Arianna”.
Lui dedicò tutte le sinapsi per associare quel viso a una persona conosciuta ma continuava a rimanere ignota quell’immagine.
“Appoggia la mano sul mio braccio e ti aiuterò a rimetterti in piedi”.
Lui, incerto e poco convinto sull’efficacia della manovra, senza molto entusiasmo posò la mano sul braccio esile che sporgeva vicino al viso.
“Non essere scettico. Sii convinto e vedrai che ci riuscirai”.
Con misurata lentezza assunse una posa eretta.
“Non ci avrei mai creduto! Però mi hai dato la forza mentale necessaria” dichiarò Pietro.
“Lo so. Ho letto quel pensiero di dubbio ma come vedi ti sei rialzato. Ora appoggiati alla mia spalla. Torniamo alla baita”.
Lui obbedì senza pensare ma nuovi pensieri cominciarono a frullare nella mente.
“Risparmia le energie. Ti serviranno per compiere il tragitto” replicò Arianna mentre affrontavano il sentiero di ritorno.
“Non dovresti avventurarti nel bosco da solo. Ormai sei troppo debole. Qui sei fra amici ma ombre moleste si aggirano in cerca di facili prede”.
“Quali pericoli incombono? Pensavo che ormai fossero estinti”.
“No, no! Ora che la tua forza si è indebolita, il bosco è più esposto. E qualche ombra si è già avventurato tra noi”.
Pietro cominciò a riflettere su queste ultime parole.
“Sono troppo vecchio per difendere il bosco. Non riesco nemmeno a proteggere me stesso. A chi dovrò passare il bastone del comando?”
Il tempo non sembrava trascorrere mai. La baita appariva lontana, sfumata nei ricordi. Le prime ombre della sera scendevano rapide tra i rami. Qualche brivido percorreva la schiena di Pietro.
“Non essere scettico o sfiduciato. La strada sarà breve. Tra poco saremmo alla baita”.
Una voce benevole lo spronò e gli diede la spinta necessaria per arrivare tra le mura amiche.
“Sei arrivato. Ricorda le mie parole. Il bosco è minacciato” e la figura minuta sparì.
Pietro rimase sulla soglia osservando le ombre nere che la sera proiettava intorno prima di entrare.
 
Aprì gli occhi e si trovò disteso sul letto. S’interrogò su quello che aveva vissuto.
“Era un sogno premonitore oppure una semplice fantasia di un vecchio?”
Si interrogò sul significato del sogno. Sembrava proiettato nel futuro, perché adesso era settembre, mentre la visione era avvenuta in agosto. Troppi passaggi non coincidevano temporalmente. Lui era vecchio, ma non nella misura nella quale si era visto. Poi la verità amara che non aveva più le forze per proteggere il bosco e gli abitanti. Dunque quell’essere misterioso, che lo aveva atterrito, era una semplice avanguardia di personaggi pericolosi per lui e per tutti quelli che vivevano lì. Doveva trovare il successore.
“Chi sarà mai? Dove cercarlo?” si interrogava col respiro sovrastato dall’ansia.
E ricade inerte sul cuscino.

Amanda 17

L’atterraggio non fu quel che si poteva definire morbido. L’aeroporto di Stansted era avvolto in una grigia foschia che gocciolava copiosamente e il bireattore faticò alquanto a inquadrare la pista, non senza generare panico tra i passeggeri. Però tutto finì bene col sollievo generale.
Come era norma per i voli low cost, lo sbarco avvenne senza l’aiuto di nessuno. Rigorosamente a piedi e ognuno col proprio bagaglio appresso. Peccato che il cielo già plumbeo per conto suo lasciava cadere una fastidiosa pioggia che non era propriamente indicata per il tragitto fino al terminal. Pioggia e vento freddo fecero rabbrividire Amanda, che fortunatamente aveva con sé un cache-coeur di lana leggero ed elegante, perché a fine settembre a Bolzano la mattina faceva già fresco e ci si doveva coprire con cura. E la partenza per Verona era avvenuta alle prime luci del giorno.
“Se non avessi avuto questo scaldacuore sarei morta dal freddo” pensava mentre cercava di guadagnare velocemente l’area degli arrivi. I pantaloni di lino bianchi erano ormai incollati ai polpacci, bagnati e infangati, mentre i capelli rossi aderivano al viso come tagliatelle scotte. Come benvenuto Londra non era stata certamente cortese.
Sbrigate le formalità di rito e trovato due stanze nell’hotel dei compagni di viaggio, le quattro amiche si precipitarono nel negozio di abbigliamento dell’aeroporto per acquistare qualcosa di più confortevole e caldo rispetto a quello usato per il volo. Poi con calma avrebbero provveduto per altri indumenti più adatti al clima della città.
Dopo un viaggio di 45 minuti sul Stansted Express arrivarono alla stazione di Liverpool Street.
Amanda era sempre contesa da Alice e Luca e questo la divertiva molto senza essere imbarazzata per le avance non più mascherate di entrambi. Era la prima volta che un uomo e una donna litigavano per conquistarla.
“Entrambi vorrebbero condividere la stanza con me. E se la condividiamo in tre? Così non scontento nessuno e forse sono più tranquilla. Chissà se accetteranno. In effetti io e Michi abbiamo prenotato una stanza tripla, anche perché non ce ne erano altre disponibili. Però credo che lei non abbia molte intenzioni di dividerla con me!” e una breve risata interruppe il flusso dei pensieri.
“Adesso li lascio litigare per un po’! Fanno quasi tenerezza! Mi ricordo quando avevo dodici anni  e ..” un nuovo sorriso illuminò il viso.
Mentre loro continuavano le schermaglie, osservò con occhio attento la situazione degli altri.
“Michi e Franzi ormai fanno coppia fissa con Paolo e Matteo. Quindi sono perse per la vacanza. Anke sta lottando con Irene per il possesso di Enrico. Ma pare che non ottenga il successo sperato. Farò il tifo per lei. Almeno ci farà compagnia.  Abbiamo cinque stanze e .. o una rimane vuota oppure .. Ma godiamoci il siparietto con questi due ragazzini ..”.
Erano sul tube che li stava portando a Gloucester Rd., quando Amanda uscì con la sua proposta cogliendo l’attimo propizio.
“Che ne dite di occupare la tripla che io e Michi abbiamo prenotato?”
Rimasero per un po’ basiti e senza parole. Non si aspettavano questa soluzione. Ognuno dei due fantasticava un rapporto uno a uno e non uno a due. L’idea prospettata da Amanda li aveva spiazzati ed era una sorpresa del tutto imprevista.
Alice fu la prima a riscuotersi dallo sconcerto e rispose con un bel sorriso.
“Io ci sto. Ma Michi dove andrà?”
Amanda rise e con lo sguardo indicò l’amica alle prese con Paolo.
“E prova a indovinare in quale stanza trascorrerà la notte. Il premio in palio è .. Non vale troppo scontata è la risposta”
Era sufficiente osservare il comportamento della coppia, che incurante degli sguardi severi degli altri passeggeri si strusciavano senza imbarazzi tra baci e abbracci più o meno audaci.
Luca era rimasto muto e confuso, ma poi pensò che passare la notte con due anziché con una forse era più eccitante.
“Irene è una piattola dalla quale c’è poco sugo da cavare, ma Amanda mi pare di tutt’altra stoffa. E poi ci vuole sempre una prima volta ..” pensò pregustando la nottata calda.
“Affare fatto!” replicò allungando le mani verso di loro per suggellare il patto. “Dalle foto del Meininger Hotel i tre letti sono accostati. Chi..”
“Corri troppo!” lo interruppe un Amanda sorridente. “Accontentati di dividere la stanza con due donne”.
Alice era una biondina dal corpo esile con un bel viso sul quale si aprivano due occhioni blu notte. Sembrava quasi un’adolescente con quei due seni minuscoli, appena segnati, anche se aveva quasi vent’anni.
Luca era più alto di Amanda di quasi una spanna, aveva la corporatura atletica e tratti aggraziati. Un tipo che piaceva decisamente alle ragazze. Di questo ne era consapevole, cercando di metterlo a frutto.
Amanda sorridente prese le mani di entrambi e le strinse con vigore a suggellare l’accordo.
“Hai detto che l’hotel lo conosci” disse rivolgendosi a Luca. “Com’è? La colazione è inclusa nel prezzo della camera? 40 sterline mi sembrano poche! Per caso non è una topaia?”
Luca arrossì leggermente prima di rispondere.
“No, non lo conosco. Ho visto una galleria di foto sul web. Sembra che qualche centinaio di persone l’abbiano giudicato più che buono, come c’è scritto nei commenti. Come 40 sterline? A me ne hanno chiesto il doppio! ..”
“Ma tu non ti chiami Amanda!” replicò ridendo la ragazza, che continuava a tenere dolcemente la mano di Alice.
“Sei forse una privilegiata?”
“E tu” rivolgendosi a Alice “quanto paghi la stanza prenotata?”
“Non saprei. Ha fatto tutto Irene”.
“La prossima fermata è la nostra”.
E così il terzetto si sistemò nella camera tripla.
La sera si preannunciava calda.

Amanda 16

Il viaggio durò poco più di un’ora e mezza tanto che le ragazze fecero appena in tempo a imparare i loro nomi.
Era un gruppo di quattro ragazzi e due ragazze che festeggiavano la maturità con un viaggio di una settimana a Londra. Naturalmente si fecero notare per la loro esuberanza latina sotto gli sguardi severi e seriosi degli altri passeggeri.
Amanda avrebbe preferito il caldo Messico ma alla fine non oppose molte recriminazioni al cambio di destinazione. Tutto sommato anche Londra era una meta sconosciuta e ne valeva la visita. Le amiche erano entusiaste di tornare a Londra, che conoscevano già. I nuovi compagni di viaggio, raccolti così casualmente, erano davvero simpatici anche se c’era una bella differenza di età. Lei si sentiva coi suoi ventisette anni una donna matura rispetto a loro, sbarbatelli di nemmeno vent’anni.
“Ormai sono una single incallita e irrecuperabile. E poi .. e poi .. desidero proprio cercare un amore? Non ho forse scelto ..” e la riflessione sfumava in una sorta di rimpianto per un’opzione finora perdente.
Durante il viaggio, mentre osservava Franzi e Michi civettare con Paolo e Matteo, un fugace pensiero la riportava a Belluno, a Pietro senza un motivo specifico.
“Cosa starà facendo? Mi avrà cercata oppure aspetta che ritorni?” e subito scacciò dalla mente queste considerazioni come se fossero concetti da ripudiare. E provò a concentrarsi sul presente.
Alice, una delle due ragazze, sedeva accanto a lei e le chiedeva dove vivesse e perché avessero cambiato destinazione e mille altri perché.
“Vivo e lavoro a Bolzano ..” cominciò Amanda.
“Una bellissima città immersa in una conca circondata dalle montagne. Ci sono passata l’estate scorsa e mi sarebbe piaciuto abitare lì” la interruppe quasi subito.
“In effetti è una bella città ricca di verde e di attrattive. D’estate i boschi appena sopra la città, la strada dei vini tra vigneti e castelli oppure la misteriosa val Sarentino. D’inverno c’è solo l’imbarazzo della scelta. E poi i masi, sempre ospitali dalla primavera all’autunno. Insomma si sta bene. Ma tu da dove vieni?”
Alice era di Brescia, anzi di Monte Isola sul lago di Iseo. E cominciò a parlare di questa isola posta nel centro del lago ricca di verde e vigneti.
Tra loro s’era instaurata subito un ottimo feeling. Ed erano talmente concentrate sui loro discorsi che parevano fossero all’interno di una bolla di vetro senza avvertire il casino che gli altri compagni stavano facendo. Viaggiavano low cost e avevano dovuto imbarcare il proprio bagaglio a mano. I sedili erano scomodi, ma non ci facevano caso.
“Il viaggio dura talmente poco che ..”. Era un veloce flash tra una chiacchiera e l’altra. “In compenso solo 10 sterline! Certo rispetto ai 1000 dollari del viaggio in Messico con Mexico Airlines è tutt’altra cosa. In Messico ci andrò visto che non ho chiesto il rimborso del biglietto tramutandolo in un ticket open da sfruttare entro sei mesi. Qualche giorno di ferie mi è rimasto e chissà ..”.
“Interessanti i vostri discorsi ..”. Una voce interruppe il flusso di pensieri di Amanda mentre spuntava tra loro la testa di Luca.
“Ciao! Stai origliando le nostre chiacchiere? Io sono Amanda e tu?”
“Luca”.
Lei lo osservò bene. Era un bel ragazzo, vestito con cura che ne valorizzava l’aspetto. Le era sembrato un tipo tranquillo quando aveva scrutinato il gruppetto di ragazzi per una possibile preda per questa vacanza.
“Ci sono sei ragazze per solo quattro maschi. Mi sa che sarà una bella lotta tra noi. Però non pare che ci siano coppie fisse. Quel biondino esile ed elegante è un tipo interessante”. Però si chiedeva quali motivi l’avessero stimolata nella scelta.
“Solo istinto oppure ..”. Aveva notato che anche lui lanciava messaggi con gli occhi senza prendere l’iniziativa. “Niente colpi di testa. Un po’ di pazienza nel valutare la situazione e gli eventi e poi ..zac!”.
Però adesso gli eventi erano precipitati e avevano mutato il quadro, perché era stato lui a promuovere l’azione di avvicinamento. Dunque era il momento di assumere il comando delle operazioni. Era lei che voleva guidare e non aveva nessuna intenzione di farsi guidare da chicchessia.
Alice per l’intrusione di Luca si muoveva nervosa sullo stretto sedile come se fosse seduta su un ramo di rose selvatiche, mentre le spine le mordevano le cosce. Era partita di malavoglia, perché quei quattro ragazzi non le garbavano per nulla. Però Irene aveva insistito a tenerle compagnia per non essere la sola ragazza del gruppo. Quello che non aveva previsto era che non immaginava di trovare altre quattro ragazze che si sarebbero aggiunte come sorpresa inaspettata e quanto mai gradita.
“Ho tirato un sospiro di sollievo quando le ho viste, scoprendo con gioia che si sarebbero unite a noi a Londra. E poi questa rossa mi ha attratto in maniera irresistibile. Conversare con Amanda è un piacere immenso. Spero di condividere albergo e stanza. Noi abbiamo già la stanza prenotata, ma le nuove arrivate no. Chissà se c’è posto anche per loro. Sarebbe magnifico..”.
Però adesso c’era quell’antipatico di Luca, affettato e azzimato come un piccolo milord, a rompere le uova nel paniere.
“Guarda quello stronzo come punta su Amanda! Lei è mia!” urlava dentro di lei.
Cercò di mantenere un self control invidiabile per mascherare il nervosismo. Le pareva che Amanda gradisse la presenza di Luca e questo l’infastidiva.
“Certe cose le percepisco immediatamente. E il clima di feeling tra noi si è interrotto bruscamente. Ma non demordo”.
Si inserì nei loro discorsi, replicò alle battute e cercò la mano di Amanda e la trovò. La strinse, sentendo un brivido percorrerle la schiena. “Sì, anche lei ..”.
Si erano inginocchiate sui sedili per meglio chiacchierare con Luca senza dovere fare delle torsioni innaturali del busto. Nella fila accanto Anke e Irene si contendevano le grazie di Enrico.
Un glin glon, che annunciava il prossimo atterraggio, le fece sobbalzare tanto erano impegnate nella conversazione.
Si sistemarono con le cinture allacciate. Dal finestrino un cielo plumbeo carico di pioggia si apprestava a dare loro il benvenuto.
Londra era sotto di loro e si preparava ad accoglierli.

Amanda 15

Pietro si trovò in una specie di limbo nero tra il reale e il sogno. Non riusciva a percepire dove fosse, né aveva la forza di comprendere la sua condizione.
La sua mente fluttuava in un mondo incorporeo come se fosse nel regno dei defunti.
Provò a svegliarsi, ma gli occhi rimanevano senza scampo chiusi al mondo esterno. La mente non accennava a passare dallo stato di torpore a quello della veglia vigile.
“Dove sono?” si domandò con i sensi impastati da sensazioni sgradevoli e sconosciute.
Tutto continuava a rimanere buio senza alcun cenno che potesse sbucare un po’ di chiarore a illuminare la scena.
Gli ultimi ricordi parevano sbiaditi, lontani nel tempo. Eppure gli sembravano piacevoli e dolorosi allo stesso tempo.
Nonostante gli sforzi, la sua condizione non mutava. Era sempre la medesima di qualche istante prima. Però qualcosa stava modificando il suo stato. Leggere percezioni differenti si insinuavano nella mente, mentre provava ad alzare le mani.
Una la muoveva liberamente, ma l’altra sembrava ancorata saldamente al corpo. Per quanto sforzi facesse, per quanti comandi impartisse all’arto, quella non aveva nessuna intenzione di ubbidire.
“Cosa mi impedisce di muovere la mano? Sembra inerte, né reattiva”.
Con lentezza riuscì ad aprire un occhio, poi l’altro. Però la sensazione di oscurità rimaneva.
“Dove sono?” si chiedeva con qualche affanno e leggermente sgomento.
Vagamente scorgeva i contorni degli oggetti che gli parevano familiari. La sponda del letto, l’armadio alla sua destra, il chiarore appena sfumato che penetrava da una finestra posta alle sue spalle.
Quella luminescenza gli sembrava molto pallida come se fosse notte e la luna brillasse nel cielo.
“E’ veramente notte oppure i miei sensi sono ingannati da altre fonti luminose?”.
Continuava nella sua esplorazione personale dei sensi. La vista vedeva gli oggetti,
“Sì, quello che mi circonda è familiare. Li riconosco”.
L’udito percepiva il profondo silenzio del bosco e il leggero ansimare dei suoi polmoni. L’olfatto non era attivo. Nessun odore particolare giungeva alle narici.
“Ma cosa avrei dovuto sentire? Il profumo del bosco? Gli effluvi della tisana? Cosa?” si interrogava con sensazioni contrastanti.
Solo una mano era sensibile agli oggetti, la sinistra pareva inerte.
“Ne ho forse perso l’uso? Cosa sono queste bende che l’avvolgono?”
Si sforzò di ricordare cosa era successo prima di entrare in quel regno oscuro che aveva posto nell’oblio la sua mente.
Ecco allora, come per incanto, i ricordi cominciarono ad affiorare dal pozzo nero nel quale li aveva confinati, dando un senso alla situazione nella quale si trovava.
Ancora una volta un pensiero sovrastò il resto.
“Se ero seduto sulla vecchia sedia a dondolo, prima di sprofondare nel buio, come ho fatto a ritrovarmi nel letto al piano di sopra?” si chiedeva con una punta di dubbio e molta angoscia che pervadeva il petto.
Sembrava che qualcuno si stesse prendendo cura di lui. Un’anima amica.
“Chi sei?” si chiese sgomento. Ricordava che aveva percepito solo le mani dalla dita affusolate e bianche come la neve.
“E quali magie sta operando su di me?”
Altri frammenti si aggiungevano a quelli di prima. Un nuovo mosaico si ricomponeva nella mente. I ricordi di Amanda, uscita dalla sua vita diversi anni prima, la vita solitaria, il bosco amico, il grande abete che custodiva un segreto e quel nemico misterioso.
“Chi era? Perché mi inseguiva? Perché non dovevo voltarmi?” Tante domande prive di risposta si affacciavano bussando imperiosamente.
“E poi Angelica. Un angelo protettore. Ma è stata veramente lei a salvarmi?”
Adesso gli occhi spaziavano nel buio alla ricerca di qualcosa che non poteva vedere. Si drizzò sul letto a fatica. La mano sinistra continuava a rimanere inerte come se fosse staccata dal braccio e pesava terribilmente. Con la destra cercò l’interruttore per illuminare la stanza. Sembrava che fosse stato ingoiato dall’oscurità. Poi alla fine la luce l’accecò. Strinse gli occhi per abituarli alla nuova luminosità e con lentezza sollevò le palpebre.
Si osservò e vide che si era spogliato.
“Cosa sono questi misteri? Cado lungo il sentiero che mi portava a casa e mi ritrovo in poltrona. Sono preda di una febbre da cavallo e scopro che qualcuno mi ha spogliato e messo a letto al piano superiore. Magie o fantasie mie?”
Cautamente provò a mettere un piede per terra, ma la testa cominciò a girare vorticosamente.
Pietro ondeggiava pericolosamente verso il pavimento, quando percepì delle mani femminili che lo adagiavano sul letto.
“Chi sei?” domandò stupito.
“Riposa. Alle domande c’è tempo” rispose una voce del tutto sconosciuta. Non era Angelica.
“No. Voglio sapere. Altrimenti brucio come un fiammifero”.
“Dunque brucia, ma la fiammata è breve. Dormi. Sei troppo debole per ascoltarmi”
E nuovamente sentì gli occhi chiudersi e la pace invadere la mente.
“Chi sono queste fate che si stanno prendendo cura di me?” fu l’ultimo pensiero.

Amanda 14

Era settembre quando Amanda si prese una vacanza con le sue amiche. Sette giorni di relax, lontano dal lavoro, lontano dal quotidiano composto di alzate mattutine, otto ore di lavoro con un breve pausa pranzo, i lavori di casa e la solita cena serale. Erano giornate in fotocopia a parte il week end speso in gite per l’Italia, con puntate verso la Svizzera e l’Europa. E sempre in compagnia di Michi, Franzi e Anke.
Erano un quartetto di amiche affiatate sempre pronte ad aiutarsi l’un l’altra. Se una puntava a un maschio, le altre erano pronte a sostenerla. Su un ragazzo ne adocchiava una, le altre si ritiravano in silenzio senza competere. I rari screzi, che c’erano come era inevitabile, venivano prontamente risolti chiarendo i motivi che li avevano determinati.
Poteva sembrare una situazione idilliaca, ma non sempre era così. C’erano momenti di tensione, spesso determinati da circostanze esterne, che erano vissuti con nervosismo. Una volta avevano deciso di passare il fine settimana a Monaco di Baviera a girare per il mercatino di Natale. Quando il venerdì alle 17 dovevano ritrovarsi al monumento della Vittoria per partire, Anke non si fece trovare, né telefonò per avvertire del ritardo. Amanda cominciò a dare segno di impazienza, perché lei non sopportava i ritardi e per di più non giustificati.
“Cosa facciamo?” chiese senza dissimulare il nervosismo che stava montando mentre faticava a controllarlo.
“Nulla. Aspettiamo” rispose serafica Franzi continuando a fumare la sigaretta.
“Come nulla?” replicò seccata.
“Si, aspettiamo a basta. Se non ti va, puoi andartene” disse con poco garbo Michi.
“Suvvia! C’è necessità di scaldarsi per un piccolo ritardo? Anke, avrà avuto problemi a districarsi dall’ufficio” replicò paciosa Franzi.
“Certo!” riprese Amanda che sprizzava tensione da tutti i pori.
“Certo, avrà avuto problemi imprevisti sul lavoro. Però una telefonata l’avrebbe potuto e dovuto fare”.
Michi la guardò irritata come se stesse dicendo delle idiozie.
“Sicuro che una telefonata avrebbe risolto tutto ma c’è sempre qualcosa che non funziona come vorremo. Non ricordi più che un mese fa ci hai fatto aspettare quasi un ora? Hai telefonato per caso?”
“No, non ho telefonato, ma come potevo ero in riunione col capo!”
“E Anke non potrebbe essere nella stessa situazione?” proseguì tesa Michi.
“Sicuramente no! Ieri mi ha detto che il capo era partito per la Maldive con la segretaria! Quindi niente riunione!”
Amanda era furibonda, mentre la tensione cresceva. Era tanto palpabile che pareva concreta come una tela. Mentre Franzi continuava a fumarsi tranquillamente la sigaretta come se fosse estranea al piccolo battibecco, Michi aveva lo sguardo cupo e iroso, perché poco incline ad accettare che l’ultima arrivata dovesse dettare il ritmo e le convezioni da rispettare.
Amanda cominciò a muoversi in circolo a braccia conserte, nervosa e irritata senza accennare la ricerca di un pizzico di pazienza.
“Mi dai ai nervi!” sbottò Michi. “Non puoi stare ferma?”
 “No” e si avviò a passo deciso verso la macchina posteggiata per recuperare la borsa da viaggio.
“Che fai?” chiese stupita Franzi.
“Me ne torno a casa!”
“Uh! quanto sei suscettibile, oggi. Dai, Amy, non è successo nulla! Stiamo aspettando Anke che ritarda!”
“Bene. Voi l’aspettate e io me ne vado a casa. Così tolgo il disturbo e Michi si cheta” e aperto il bagagliaio estrasse la sua borsa.
In un batter d’occhio si diresse a piedi verso la casa a Gries, sparendo dal loro campo visivo.
“Piccola stronza!” disse Michi con voce cattiva.
“Però anche tu ..”
“Ti ci metti anche tu a rompere i co ..”
“Non c’è bisogno di scaldarsi troppo!” l’interruppe Franzi e indicò con la mano la figura di Anke.
“Eccola che arriva! Di corsa e trafelata. Che facciamo con Amy? La recuperiamo a casa?”
Michi alzò le spalle e andò incontro all’amica.
“Non vedo Amy. Non è ancora arrivata?” chiese ansimando come un mantice.
“No, la piccola stronzetta non voleva aspettare e se ne è tornata a casa” replicò acida.
Dopo un’altra breve litigata, Anke chiamò Amanda al telefono per ricomporre il litigio e partire tutte insieme per Monaco.
Erano tutte single, anche se gli anni stavano passando inesorabilmente. Però questo sembrava non pesare più di tanto. Dicevano che erano sempre in tempo per prendere il primo che capita, ma il primo non passava mai ad ascoltare loro.
Dunque il venti settembre si recarono all’aeroporto di Verona per imbarcarsi verso il mondo esotico del Messico. Era il primo viaggio lungo che affrontavano verso una destinazione affascinate e lontana. Si sentivano come tante scolarette al primo giorno di scuola.
Al check in incrociarono un gruppo di chiassosi ragazzi. Sembravano più giovani di loro ma gli sguardi maliziosi s’incrociarono.
“Hai visto come ci guardano?” chiese sottovoce Amanda.
“Sei già in fregola ancora prima di partire?” replicò ridendo Michi.
“Beh! Quel moretto non è niente male!”
“E no! Quello è mio!” disse sghignazzando Anke.
“Non leggo Anke appuntato sul petto”.
“Questo lo dici tu! Lui sta puntando i suoi fari addosso da quando ci siamo visti. Quindi è mio!” replicò decisa.
E nuove risate seguirono ad altre battute.
“E se non prendono il nostro aereo?” domandò tra il serio e il faceto Franzi.
“E noi li seguiremo” disse compunta Amanda.
“E il viaggio in Messico lo mandiamo a puttane?” continuò Anke.
“E’ il bello dell’imprevisto” sbottò nuovamente Amanda.
E così finirono a Londra al seguito dei ragazzi.
Naturalmente al posto del caldo Messico trovarono una piovosa e fredda Londra, mentre il bagaglio era completamente fuori posto.
Ma ne valeva la pena. Maglioni e giacche pesanti si possono comprare, la felicità si deve afferrare al volo.
E quella era un’occasione da non perdere.

Amanda 13

Pietro si assopì sulla poltrona complice la tisana di Angelica. Il sonno era agitato e gli incubi si sommavano tra loro.
Non era più nella baita ma in una casa sconosciuta. Il posto gli sembrava di conoscerlo, ma non ne era sicuro.
C’era qualcosa di ripetitivo che gli metteva angoscia, ma non riusciva a collegare logicamente i pensieri.
Si muoveva e si agitava, ma la mente continuava a sfornare film sempre più cupi. Niente colori ma solo otto tonalità di grigio del tutto sfocato. Era un caleidoscopio di immagini che si inseguivano in maniera incessante.
“Amanda, dove sei?” ripeteva con voce lamentosa.
Come un eco in una valle sperduta della testa quel grido si ripercuoteva in maniera incessante.
Eppure vedeva delle figure femminili senza scorgere quella della figlia. Compariva sempre e solo quella donna che aveva visto molti anni prima accanto al letto della sua Amanda.
“Non cerco te!” soleva ripetere all’apparizione di quella figura.
“Cerco Amanda”.
“Perché forse non sono Amanda?” l’eco di ritorno gli percuoteva la mente.
Non era quella che cercava ma sempre l’altra appariva.
“Non sei Elisa?” le chiese alla ennesima visione dopo una sua richiesta.
“Perché dovrei essere Elisa? Chi sarebbe questa donna?” gli rispose con voce dura e alterata dall’ira.
“Tu fingi di essere Amanda, ma in realtà sei Elisa. Stessa voce, stesso viso, stesso comportamento” ribadì seccato Pietro.
E lui si trovava in una località che come il mostro di Frankestein era la composizione di molti posti.
La casa assomigliava stranamente alla quella di ringhiera di Milano.
“Esisterà ancora? Sono passati tanti anni..” ma il posto non era quello.
“Dove sono?” e si interrogava senza ottenere una risposta. Sembrava la calle di Venezia dove aveva giocato da bambino con l’antico squero che produceva ancora gondole.
“Ma quello squero sarà ormai solo un pallido ricordo. Morto Bepi, nessun’altro ne avrà proseguito l’attività!”
Però la sala era quella della casa di Belluno: ampia e confortevole sempre abitata solo da lui con la vista sulle Dolomiti.
E l’incubo proseguiva con lui che precipitava in un canalone oscuro inseguito da grida roche e di scherno. Un roteare rovinoso lo accompagnava verso l’abisso senza che lui potesse fermarlo. E finiva immancabilmente in una stanza buia e stretta senza finestre e dall’aria soffocante.
E l’incubo ricominciava con nuove immagini e le stesse persone senza che lui potesse variare l’epilogo.
Si svegliò madido di sudore che gli imperlava la fronte e con un forte dolore proveniente dalla mano sinistra.
Guardò intorno: tutto era familiare. Non era cambiato nulla a parte la luce del sole sostituita dal buio della sera.
Sentiva un forte peso sul braccio sinistro, che era tutto fasciato e steccato.
“Dove sono? Cosa ha fatto l’arto di sinistra?”
Pareva aver dimenticato il sibilo misterioso e inquietante, la caduta, l’aiuto di Angelica. Eppure erano passate solo poche ore. Era come se qualcuno avesse resettato la memoria, facendolo tornare fanciullo.
“Ma quello è il campo di San Trovaso!  La c’è la chiesa e lì Palazzo Nani Mocenigo! E quel giardino dove ho passato tanti giorni a giocare a nascondino con Giorgio, Maria Grazia, Loretta e … E il campo dinnanzi alla chiesa … quante partite interminabili di pallone a consumare scarpe e ginocchia! Sto ancora sognando o sono sveglio?”
La febbre era alta e lo faceva delirare.
Pietro era incapace di risvegliarsi definitivamente, mentre un fuoco ardente lo divorava.
Era sempre seduto sulla poltrona senza riuscire ad alzarsi per coricarsi nel letto.
La temperatura era salita mentre sudava copiosamente e ricominciava con i sogni popolati da fantasmi e certezze.
Inseguiva una donna dai capelli rossi.
“E’ Elisa o Amanda?” si interrogava dubbioso.
“Quale importanza ha se non conosco nemmeno i motivi per i quali la sto inseguendo?”
Eppure la curiosità era forte e ogni volta che era vicino pronto ad afferrarla, questa figura gli sgusciava dalle mani. Pareva un anguilla che scivolava viscida dalla mano inutilmente stretta intorno a quel corpo.
Aveva il fiatone e le forze erano ridotte a ben poca cosa. Si fermò sotto l’abete di fronte alla baita a rifiatare e riordinare le idee ma sprofondò di nuovo nel buio più assoluto.
Non vedeva nulla, gli altri sensi erano come evaporati lasciandolo senza sensazioni.
“Sto morendo” disse con un filo di voce.
“Solo e senza il conforto di un’anima amica” e il buio diventò totale.

Amanda 12

Amanda, telefonato all’agriturismo, si mise d’accordo per affittare una camera doppia con bagno per l’intero mese di maggio e di giugno. Finita la colazione, o meglio il pranzo vista l’ora, alla pasticciera Alverà, si avviò lentamente a piedi seguendo le indicazioni sulla mappa di Cortina senza sbagliare un incrocio.
Prima di entrare fece comparire al suo fianco il bagaglio che era rimasto in attesa di essere richiamato.
Fin dal primo impatto trovò la sistemazione di suo gradimento.
“Il mio intuito non mi ha tradito. Non so il perché, ma quelle scarne note e le due fotografie mi hanno dato l’idea giusta di un posto tranquillo e rilassante. E non mi sono sbagliata”.
Erano questi i suoi pensieri mentre chiacchierava con la proprietaria che stava registrando i dati di Amanda.
L’accompagnò a visitare la stanza, che trovò accogliente, spartana ma confortevole e che aveva la vista sul bosco.
Sistemata la sacca con gli oggetti personali, scese nel giardino a raccogliere gli ultimi scampoli di luce. Il prato era curato con delle macchie colorate che interrompevano il verde riposante dell’erba primaverile. Si sistemò su una panchina addossata alla parete, con in mano una bibita dissetante. Quello che aveva fatto nella giornata odierna era sufficiente.
“Un tetto per la notte c’è. Per la cena nessun problema: il ristorante dell’agriturismo sembra invitante dalla lista del menù serale. Devo solo riordinare le idee e organizzarmi per il futuro che non si presenta limpido e sereno ma nemmeno occultato da nubi temporalesche”.
Accantonato il presente dedicò le successive riflessioni alle future mosse.
“Devo cercarmi un lavoro ma senza fretta. Il conto in banca mi garantisce un bel po’ di respiro. Posso scegliere con calma. La sistemazione è ottimale. E poi la signora, una persona squisita e gentile, ha detto che non ci sono problemi per la camera in luglio e agosto. E’ sufficiente fermarla a metà giugno. Devo decidere solo se restare a Cortina o proseguire il cammino alla ricerca di … Di che cosa?”.
E il giorno sfumava nella sera come la prima giornata di Amanda riemersa nel regno degli umani.
Nei primi giorni di permanenza percorse un paio di volte al giorno la strada che portava a Cortina. Non le pesava perché era allenata ma doveva trovare una soluzione migliore, perché non era pensabile che potesse continuare in queste lunghe passeggiate. Non aveva la patente, né pensava di prenderla nel futuro prossimo. Una mountain bike sarebbe stata comoda, ma la salitella finale era impegnativa. Un cinquantino era emozionante da guidare, mentre sentiva l’aria sbattere in faccia, ma forse era troppo pericoloso specialmente in caso di pioggia.
“Una minicar! Ecco la soluzione!. Non serve la patente. In caso di pioggia sono al coperto. E’ facile da guidare”.
Detto e fatto. Risolto il problema spostamenti, rimaneva quello del lavoro. Un offerta come stagionale in qualche hotel era pensabile e plausibile, visto che aveva una figura invidiabile e appariscente. Però fare la donna vetrina non era quello che cercava.
“E poi finita la stagione estiva che faccio? Aspetto una chiamata per quella invernale? Oppure fare la receptionist non è quello che si dice mettere a frutto gli studi e poi .. Quanti stress dovrei sopportare con tutte le richieste maliziose che dovrei subire?”.
In conclusione della minilaurea a Cortina se ne sarebbe servita poco o nulla e poi non voleva infognarsi in un ufficio a timbrare un cartellino o passare il suo tempo a rispondere al telefono. Cercava qualcosa di più sostanzioso e seducente.
E così a luglio si trasferì a Bolzano trovando un’occupazione che le garantiva uno stipendio dignitoso e qualche soddisfazione. Non era facile scovare un alloggio confortevole e adeguato alle entrate economiche attuali. Si sistemò nella vecchia Gries: una casa con pochi appartamenti e uno splendido giardino condominiale. Non era grande ma graziosa e quasi nuova più che sufficiente per le sue necessità.
“Un colpo di fortuna! Lì, non è facile essere accolti, ma la presentazione giusta mi ha spalancato le porte”.
Si era aggregata a un gruppo di ragazze, che avevano più o meno la sua età. Le aveva conosciute casualmente una sera di un week end di fine luglio nel bar Kaiser Joseph nella centralissima Piazza Walther. Non c’era un tavolo libero e lei ne occupava uno da sola. Sorseggiava uno spritz e piluccava qualche oliva e stuzzichino stanca e annoiata. Intorno giovani chiassosi e leggermente alticci consumavano il rito dell’aperitivo: vino bianco e acqua o boccali di Weizenbier. Si domandava come potessero tutti i week end dell’anno ripetere monotonamente le medesime azioni: bere, ubriacarsi, fumarsi una canna e avere il giorno dopo un mal di testa feroce.
Era immersa in queste riflessioni, quando si senti salutare.
“Ciao! Sono Michi. Non potresti ospitarci al tuo tavolo?”
Amanda sollevò gli occhi e vide tre ragazze bionde che l’osservavano con la speranza di una risposta affermativa.
“Ma certamente!” rispose pronta.
“Amanda” e allungò una mano verso Michi.
“Franzi” aggiunse sorridente la ragazza dai capelli mossi.
“Anke” replicò l’ultima e si sedettero al tavolo.
Amanda le studiò un attimo. Le apparvero simpatiche fin da subito, mentre avvertiva subito un’intesa vincente. Il sesto senso non l’aveva mai ingannata.
“Mi volete fare compagnia con uno spritz?”
“E perché no!” rispose Franzi che sembrava la più spigliata.
Da quella sera nacque una solida amicizia e il terzetto acquistò la presenza fissa di Amanda.

Amanda 11

“Angelica?” rispose Pietro con la voce incrinata dalla curiosità e dal dolore, che non dava tregua.
“Percepisco la tua presenza ma non ti vedo. Ho forse perso il senso della vista? Sono cieco o sei invisibile?”.
Una leggera risata risuonò alla destra di Pietro come una simpatica derisione. Lui scosse il capo mentre con un coltello faceva saltare il bottone del polsino. La mano era ormai completamente blu notte e gonfia come un melone. Non la sentiva. Era come se fosse morta. Il dolore sovrastava tutto. In questo momento era tutto concentrato sul problema di come organizzarsi.
“Devo decidermi. Devo chiamare il soccorso alpino. Non posso resistere ancora così”.
Udiva il leggero sibilo di un respiro regolare, percepiva la presenza amica ma si stava dimenticando di Angelica, quando qualcuno afferrò la mano con delicatezza.
Una fitta molto dolorosa gli percorse l’avambraccio e raggiunse in un attimo il cervello che gli parve esplodere in mille frammenti.
Istintivamente l’aveva ritratta come se volesse cancellare quell’urlo sgradevole ai sensi.
“Non ti preoccupare! Rilassati e presto il dolore si smorzerà”.
“Chi sei?” le domandò ancora una volta Pietro con le lacrime che scendevano sul petto. Non sapeva chi era, né dove si trovasse esattamente, percepiva solo la sua mano.
“Angelica. Non ricordi?”
“Sì, che ricordo. Ho capito che sei Angelica. Ma chi sei in realtà? Una fata? Un fantasma? Un essere invisibile? Perché ti sento e non ti vedo?”
Un’altra risata allegra risuonò nella sua mente. Era un suono piacevole che era in grado di smorzare l’ansia e il dolore che lo pervadeva.
“Sono forse diventato cieco? Oppure sono morto e sono nel regno dei defunti? Eppure distinguo i contorni della stanza come se fossi fisicamente nella baita. Però non posso osservare la tua figura”.
“Non potrai vedermi finché sei così nervoso..” replicò una voce femminile dai toni gentili.
“Vorrei vedere te al mio posto! Credi che questo dolore sia un toccasana per il mio corpo? Ahi! Mi fai male! Cerca di essere più delicata..”.
“Rilassati e bevi questa tisana ..” e come per magia comparve sul tavolo una tazza fumante.
“E questa cosa sarebbe? E’ una tazza fatata? Non ne possiedo di uguali ..”
“Certamente!” Pareva quasi lo volesse canzonare.
Pietro osservava l’oggetto con curiosità e diffidenza perché era decorata in modo bizzarro con strani disegni.
“Perché dovrei bere quell’intruglio misterioso? Chi mi garantisce che non contiene sostanze dannose o del veleno?” ripeteva silenziosamente come un mantra per vincere la naturale apprensione.
“Non essere diffidente. Non è un intruglio misterioso, né ho messo del veleno dentro. E’ una tisana per alleggerire il dolore” riprese quella voce femminile alla quale lui non riusciva ad associare una figura.
“Mi legge i pensieri ..” stava pensando, quando Angelica gli confermò che lui era un libro aperto per lei. Qualsiasi pensiero che balenasse nella mente era istantaneamente captato dalla misteriosa figura femminile. Non aveva nessuna possibilità di barare. Però lui non poteva leggere nella mente dell’indecifrabile Angelica.
Pietro, rassegnato a subire questa invasione mentale, con la destra afferrò la tazza, si soffermò a osservare i disegni che assomigliavano a rune, la portò alle labbra e ne bevve un sorso senza nascondere una certa ritrosia.
Il liquido denso e scuro aveva un gradevole gusto di menta e di limone. Era caldo ma non bruciava stranamente in gola. Altri sorsi si aggiunsero al primo.
Un ardente benessere cominciò a salire dallo stomaco verso la testa, alleviando quella sensazione di dolore proveniente dalla mano.
Pietro iniziò a rilassarsi e un pallido sorriso comparve sulle labbra. Però la curiosità di conoscere qualcosa di più di questa Angelica, di come fosse riuscito a raggiungere la baita, chi era il misterioso assalitore che sibilava stava crescendo a dismisure parimenti come decresceva la sensazione di dolore della mano.
“Che simboli sono questi?” domandò interessato tanto il resto delle domande le conosceva già.
“Lo so che sei curioso di conoscere tutto ma ogni cosa a tempo debito. Ora concentriamoci su questa mano che è rotta. Sentirai del dolore mentre la tiro per rimetterla a posto ..” riprese Angelica, afferrando con decisione la mano infortunata di Pietro con le sue.
Vide delle dita affusolate e bianche che con delicatezza ma sicurezza la manipolavano. Si stagliavano nettamente sulla pelle bluastra ma non notava altro. Il dolore era intenso ma ovattato come se giungesse da lontano. Una calma rassegnazione si impadronì di Pietro che osservava in silenzio l’abile gioco delle dita.
“Vedi questo simbolo? Thurisaz ..”.
“E che sarebbe thu.. thusaz..?”
Una risata argentina e franca risuonò nelle sue orecchie.
“Ah! Ah! Thurisaz ho detto! Un colpo di fortuna è diestr l’uscio”.
La curiosità cresceva nello stesso modo che la sua mano assumeva una conformazione più abituale.
“Questo è Ur. La salute arriverà presto. Non temere. Raido è quest’altro ..” e indicò un altro segno.
“Un viaggio improvviso e piacevole ti attenderà presto. E quest’ultimo è Perdh, che ti annuncia che un segreto non sarà più tale. Le fate sono con te”.
Pietro incredulo osservava rapito sia la tazza che era ormai quasi vuota ma anche quelle mani bianche, quasi eteree che con abilità e destrezza manipolavano la sua. E la curiosità di conoscere quest’angelo tornava a crescere dentro di lui.
“Di chi sono quelle dita candide? Perché posso osservare solo le mani, mentre rimane invisibile il resto del corpo?”
Nuovamente una leggera risata risuonò nelle mente a ricordargli che i suoi pensieri non erano muti.
“Acc! Me ne scordo sempre!” esclamo infastidito.
“Ti dovrai abituare ..”.
“Perché forse hai deciso di vivere qui con me?” la interruppe acidamente.
“Te ne dispiace?”
“Beh! No, dipende..”
“Da cosa?”
Pietro fu preso in contropiede da questa domanda, perché non poteva schermare i suoi pensieri e non esprimere quello che non pensava.
“Dipenda da .. Accidenti! Non sono capace di mentire.. e poi .. non vale che tu possa leggere impunemente i miei pensieri!”
Nuovamente una risata allegra e argentina risuonò nella mente, mentre si distraeva senza pensare alle manipolazioni della mano.
“Le ossa fratturate sono tornate al loro posto .. Ora procediamo con il resto”.
Pietro posò lo sguardo sull’arto infortunato e domandò stupito.
“E come puoi affermare che c’erano delle ossa rotte? Col semplice tatto oppure hai la vista ai raggi ics?”
“Troppe domande. Fidati e rilassati. Tra pochi minuti tutto sarà finito”.
Velocemente un decotto di foglie d’arnica venne spalmato dalle punte delle dita fino a metà dell’avambraccio prima che il tutto sparisse sotto delle candide bende che immobilizzarono l’arto.
“Ho finito”.
Pietro rimasto muto riacquistò la parola.
“Angelica ..” ma le parole caddero nel vuoto.
Lei era sparita silenziosamente e lui rimase con la domanda pendente sulle labbra.

Amanda 10

Amanda a venticinque anni se ne era andata, sapendo di causare un dolore a Pietro, che si era prodigato a colmarla di attenzioni e affetto fino a quel momento. Non poteva fare diversamente. Il richiamo era troppo forte per poter resistere. La sua natura a metà umana e metà elfica produceva dentro di lei delle lacerazioni non più sostenibili.
“Una delle due metà deve prevalere se non voglio rimanere distrutta dalla mia stessa essenza. Finché ero piccola tutto questo era ignorato, ma col passare degli anni il dualismo inconciliabile ha prodotto delle ferite che difficilmente potranno essere richiuse”.
Si domandava come avrebbe potuto spiegarlo a suo padre che aveva fatto la scelta opposta a sua madre, scegliendo il suo essere elfico. Non aveva più rivisto Elisa ma spesso si collegava a lei attraverso la mente. Ignorava dove si trovasse ma un senso di malessere c’era dentro di lei.
“Non posso farci nulla” soleva ripetersi dopo ogni contatto mentale, ma una sensazione di astio malcelata e a stento repressa galleggiava nei suoi pensieri.
“Non posso perdonarle di avermi abbandonata. Ops! Non è una critica a Pietro, che si è dimostrato un padre premuroso e pieno di attenzioni, sempre pronto a prodigarsi per me. Ma ho patito la mancanza fisica di Elisa. Non ho mai compreso la motivazione che l’ha indotta a sparire nel nulla, lasciando Pietro nella tristezza. Eppure aveva fatto una scelta di campo: essere una donna come tutte le altre”.
Amanda, sia pure a malincuore sapendo di provocare un nuovo trauma al padre con questo abbandono, il secondo dopo quello della madre, aveva preferito la natura fatata degli elfi.
Così il giorno del suo venticinquesimo compleanno aveva preso la decisione di abbandonare il mondo degli umani per fare ritorno nel bosco degli elfi.
Però si accorse ben presto che la sua natura di mezzosangue non era gradita dalla comunità, che a suo tempo aveva messo al bando Elisa.
Provò a integrarsi, ad accettare le frecciate e la battute ironiche dei componenti del gruppo, ma si sentiva isolata ed emarginata.
Dopo qualche tempo in silenzio come era arrivata, se ne andò.
“Potrei tornare da Pietro, perché so che mi accoglierebbe a braccia aperte come farebbe con Elisa. Però preferisco di no. Perché? Mi sembra un tradimento verso me stessa. Me ne tornerò nel modo dal quale sono venuta e mi adatterò alla vita che conosco già. Pietro mi ha fatto studiare consentendomi di prendere una mini laurea. Vedrò di metterla a frutto”.
Una mattina di maggio limpida e soleggiata si incamminò verso San Vito scendendo la strada che tante volte aveva percorso sul fuoristrada del padre. Sola coi suoi pensieri e la delusione in corpo. Aveva detto arrivederci a quel bosco che conosceva troppo bene e che adesso l’aveva rifiutata. Sarebbe venuto il tempo per ritornarci. Quando non lo sapeva, ma era certa che sarebbe ritornata.
Non aveva il timore di incrociare il padre, perché la sua natura ne avrebbe fatto percepire a distanza la presenza, consentendole di nascondersi alla vista.
“Per il bagaglio c’è tempo. Lo richiamerò quando ho trovato una sistemazione. Al momento preferisco viaggiare leggera”.
Arrivata in paese col sole già alto nel cielo si recò alla banca per prelevare qualche euro dal suo conto. Pietro gliene aveva aperto uno e mensilmente provvedeva a versare una cifra non imponente. Il conto mese dopo mese, anno dopo anno era diventato cospicuo perché Amanda raramente vi accedeva. Questo era uno di quelli.
“Papi” disse sottovoce con una lacrima che le rigava il viso “Papi, sei troppo buono. Anche se me ne sono andata hai continuato ad alimentare il conto. Quando potrò sdebitarmi della tua generosità?”
E prese la corriera in direzione di Cortina.
Non era interessata a quello che la circondava, che aveva già vissuto tante volte col padre, ma era immersa nei suoi pensieri. Doveva trovare da subito una pensione per la notte, ma secondo lei non ci sarebbero stati problemi.
“Non è tempo di turismo. Quindi non ci saranno complicazioni. Al massimo ne troverò qualcuno chiuso”.
Però presentarsi senza bagaglio avrebbe potuto destare qualche sospetto, ma questo non avrebbe costituito alcuna difficoltà: sarebbe stato sufficiente uno schiocco delle dita e accanto a lei sarebbe apparso come per magia.
Per il problema lavoro ci avrebbe pensato nei prossimi giorni. Aveva denaro a sufficienza per vivere dignitosamente per molti mesi.
Scese alla stazione delle corriere, guardandosi intorno. Poi recuperò una cartina e la lista di hotel, che esaminò seduta alla pasticciera Alverà. La camminata di prima mattina gli aveva messo fame appena mitigata da un caffè preso prima di salire sul bus per Cortina.
La giornata era splendida e un’altra passeggiata non la scoraggiava. Però doveva decidersi dove puntare. Scartati gli hotel puntò sulle pensioni, ma anche un B&B poteva andare bene. Nella lista comparivano anche un paio di agriturismo.
“Questo è interessante” si disse mentre sorseggiava il cappuccino.
“Però sarebbe opportuna una telefonata prima di farmi trenta minuti di cammino. Il mio l’ho lasciato dal papi. Quindi me ne devo procurare uno”.
Alzò lo sguardo e come per incanto spuntò un negozio di telefonia mobile proprio di fronte a lei.
E così finì nell’agriturismo in località Fraina. Era immerso nella natura dove il silenzio era interrotto solo dal cinguettio degli uccelli e godeva di una posizione panoramica e soleggiata. Gli ampi spazi verdi che la circondavano le ricordavano il bosco degli elfi. La stanza, con l’arredamento caratteristico della montagna, era spaziosa e confortevole dove si sentiva avvolta dalla calda accoglienza del legno.
E vi rimase per oltre un mese.