La notte di San Giovanni – parte dodicesima

da unita.it
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15 gennaio 1936. Londra era coperta di neve e di ghiaccio. Un uomo, seduto sul sedile posteriore di un black cab, stava andando al British Museum. Aveva l’appuntamento con due esperti del museo per esaminare un curioso reperto che era entrato nelle sue disponibilità da qualche giorno. Gli era stato dato in pegno da Mitchell Hedges, per un debito che non era riuscito a saldare in tempo. Però prima accordarsi su questo scambio, voleva avere la certezza che non fosse un fake e che non si ritrovasse con un oggetto privo di valore commerciale.

Lui afferma che vale un migliaio di sterline ma io stento a crederlo. Ce ne è uno al British, che fu acquistato per meno di duecento sovrane. Perché qualche pazzo dovrebbe spenderne cinque volte per averne uno simile, ammesso che sia autentico?”

Era un ragionamento logico e ineccepibile e, secondo il suo punto di vista, era meglio avere l’avallo di chi ne capiva di più di lui di reperti dell’arte maya.

É vero che il debito è di trecento sterline e, se valesse veramente il doppio, non ci rimetterei nulla. Anzi ci farei un guadagno. Però se fosse un falso, ci perderei molte sovrane”. Fu l’ultimo pensiero quando venne scaricato di fronte al British Museum.

Chiese all’usciere dove si trovava l’ufficio di Mister Sugar. “Sono Sydney Burney, ho un appuntamento per le 10”.

L’uomo consultò un registro e poi, alzando gli occhi, gli rispose. “Tra un istante un commesso l’accompagnerà dal dottor Sugar”.

Dieci minuti più tardi l’antiquario fu ricevuto. Ad aspettarlo c’erano lui e il suo assistente.

Dovrei acquistare questo reperto ma non mi fido delle mie competenze. Quindi chiedo a lor signori, molto più competenti di me, una perizia sia sull’autenticità che sul valore presunto”. L’antiquario stava simulando un acquisto per non svelare la vera finalità del possesso.

I due uomini osservarono il teschio di cristallo con una curiosità mista ad apprensione. Avevano già avuto a che fare con un oggetto simile. Il museo londinese ne possedeva uno, custodito in una teca di vetro, e controvoglia erano stati costretti esaminarlo con attenzione. L’esperienza era stata forte. Questo reperto suscitava un’attrazione particolare sui visitatori e sugli esperti che lo studiavano. Molti erano spaventati dallo sguardo spettrale e in preda al panico raccontavano storie straordinarie al limite del credibile. Asserivano di essere stati perseguitati anche in seguito dalla “voce” del teschio. Più circolava questa diceria, più crescevano le file di persone, pronte a vederlo. Loro erano rimasti scioccati dal fatto che lo sguardo sembrava seguirli, mentre si aggiravano per la sala oppure mentre lo esaminavano. Avevano provato delle strane sensazioni, difficili da catalogare. Di questi aspetti inquietanti non ne avevano mai voluto discutere con altri, perché erano privi di riscontri scientifici e non volevano passare per donnicciole impaurite. Una volta era sembrato che delle misteriose e incomprensibili parole fossero state pronunciate. Questo era stato troppo forte per marchiare la cosa, come semplici sensazioni, e in preda al panico per alcuni giorni non si erano presentati al lavoro, adducendo come scusa un forte emicrania. Adesso avevano davanti a loro un reperto simile ma molto più perfetto. La mandibola mobile pareva muoversi. E ne furono scossi.

Hai visto anche tu?” disse Sugar all’assistente.

Sì” rispose laconico Campbell.

Burney guardò ora l’uno ora l’altro con sguardo preoccupato e interrogativo. Non comprendeva quello strano ma stringato dialogo.

Cosa avete visto?” domandò l’antiquario che si agitava sulla poltroncina di velluto.

Nulla” sia affrettò a dire l’esperto. “Volevo solo sottolineare come assomigli a quello che è custodito qui”.

Burney finse di accettare per buono quello che gli aveva detto l’uomo ma era certo che avessero parlato in maniera codificata per non farsi capire. Adesso aveva la necessità della loro perizia e non gli interessavano i discorsi enigmatici.

Sugar prese la parola per dare una prima sommaria stima. Non era sua intenzione di prolungare oltre misura questo incontro. Ogni volta che aveva avuto a che fare col teschio di cristallo erano successi eventi non proprio felici. L’ultima volta sua moglie era scivolata dalle scale, ferendosi gravemente. ‘Per fortuna’ pensò ‘non è morta o è rimasta zoppa’.

“É incredibile la precisione con cui il teschio è stato realizzato. É certamente vecchio di molti secoli, presumibilmente in epoca preistorica”.

Più o meno quanto vecchio?” domandò l’antiquario che già pregustava l’affare.

A spanne direi un manufatto maya dell’epoca d’oro. All’incirca l’ottavo secolo dopo Cristo” affermò Sugar, mentre Campbell annuiva a conferma. L’uomo incrociò le dita per scaramanzia.

Ma quanto può valere?”

Non esiste un mercato di questi oggetti. Se si trova l’amatore, si possono ricavare anche sei o settecento sovrane. Circa dieci anni fa c’erano molti estimatori dell’arte maya e sarebbe stato facile trovare un acquirente”.

L’antiquario pareva passato attraverso una sauna svedese, un momento di euforia alternato a docce fredde. Aveva per le mani un oggetto antico e di valore ma in questo momento non era appetibile sul mercato dei reperti antichi. Quindi è come se valesse zero.

Ma quando chiede il suo venditore?” domandò Sugar.

Non abbiamo parlato ancora di cifre” mentì Burney.

Lei cosa offrirebbe?” gli chiese l’antiquario.

Non saprei. Forse nulla. Questo genere non mi piace” tagliò corto Sugar.

Sperava che il colloquio finisse in fretta ma chi gli stava di fronte non era della stessa opinione.

Questo senz’altro è più rifinito rispetto a quello che ospitiamo nelle nostre sale. Ha la mandibola mobile. Un particolare importante per quantificare il suo valore” disse Campbell, toccando questo particolare, che si mosse con un movimento lento, spalancando la bocca come animato di vita propria.

Deborah, che era in un angolo della sala, cacciò un urlo terrificante. Spaventata pensò che l’avessero udita ma in realtà lo sentì solo lei. Gli presenti continuarono le loro schermaglie dialettiche.

L’assistente di Sugar proseguì. “E’ stato ricavato da un unico blocco di cristallo di quarzo con straordinarie doti di lucentezza. La sua superficie, trasparente alla luce, è del tutto levigata. Ha dimensioni perfettamente naturali: è alto poco più di 17 centimetri, è largo altrettanto, è profondo 21. Eccezion fatta per il peso, che è di 5 chili, rispecchia le misure di un cranio umano, dentatura compresa, con soltanto alcune lievi imprecisioni nella riproduzione delle ossa occipitali e degli zigomi”.

Sì, d’accordo” disse Burney spazientito da quei particolari più scientifici che commerciali. “Ma è autentico oppure un falso?”

Campbell non ascoltò le parole dell’antiquario e continuò a parlare del teschio da un punto di vista scientifico. “I suoi occhi sono dei prismi: la leggenda vuole che scrutandoli si possa conoscere il futuro”.

Sugar annuì, mettendosi in bocca un sigaro cubano, che cominciò a maciullare coi denti. Ascoltò il suo assistente che parlava. “Una ricostruzione somatica operata sul teschio indica che, probabilmente, il modello sia stato il volto di una donna”.

Burney scosse la testa in segno di disapprovazione. ‘Questi parlano, parlano ma non dicono nulla su quello che m’interessa. L’unica cosa che ho captato è che è sicuramente autentico’.

Vi ringrazio della vostra cortesia. La vostra competenza mi ha chiarito alcuni dubbi” fece l’uomo, riponendo il teschio nella capace borsa che aveva usato per il trasporto.

Buona giornata, mister Burney” dissero quasi all’unisono Sugar e Campbell.

L’antiquario si alzò e prese il capello e tabarro da un appendi abiti vicino all’uscio. Ne varcò la soglia, seguito da Deborah, per tornare nel suo studio a Waterloo Place. Era appena uscito dalla stanza, quando udì un grido disumano. Tornato sui suoi passi, vide Campbell disteso sul pavimento in una pozza di sangue. Pareva morto, mentre Sugar era attaccato a un campanello per chiedere aiuto.

Deborah rimase impressionata dallo spettacolo. Pensò immediatamente che era colpa del teschio che l’antiquario portava con sé e si disse che l’avrebbe regalato a Alex, che volesse oppure no.

Questi parevano solo apportare sventure e la riprova era sotto i suoi occhi atterriti.

26 risposte a “La notte di San Giovanni – parte dodicesima”

  1. Mi affascina questa storia sui teschi. Un giallo ora dalle tinte forti. Ma oramai con i gialli sei proprio a tuo agio caro Gian Paolo. E a me il genere piace . Un bacino della buona notte. Isabella

  2. Hanno sicuramente un buon valore questi teschi e Burney ne è consapevole.
    Un bel racconto sta venendo fuori, scorrevole ma intrigante, mi piace molto.
    Anch’io resto incollata alla storia 🙂
    un abbraccio
    Affy

    1. Burney è un furbone. Personaggio storicamente reale nella storia, il cui ruolo non è mai stato chiarito.
      Mi fa piacere che diversi lettori rimangano incollati alla storia.
      Serena serata, Affy
      Un abbraccio

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