La notte di San Giovanni – parte ventiseiesima

dal webDeborah vide un uomo, non più giovanissimo. Si domandò chi fosse e perché fosse accanto a lei. Non lo conosceva, né l’aveva mai visto. Eppure era a pochi centimetri da lei e la fissava con intensità, come se si aspettasse qualcosa. ‘Cosa?’ si disse.

“Ha il viso pallido, signorina” disse in italiano senza inflessioni dialettali. “Si sente bene. La stavo osservando, perché qualche istante fa pareva svenuta”.

La ragazza rimase muta, mentre rifletteva su quelle parole. Era la prima volta che qualcuno la guardava, mentre mentalmente si trasferiva altrove, e le faceva notare il suo stato fisico. ‘É dunque così che appaio agli occhi di un osservatore esterno?’ ragionò, senza aprire bocca.

“Ma noto che il pallore mortale sta lasciando il posto a un colorito più sano. Sembra che il sangue abbia ripreso il suo ciclo vitale” proseguì l’uomo, che teneva tra le mani una rivista femminile del tutto sconosciuta.

Deborah abbassò gli occhi verso i suoi piedi e scrutò Miao, che continuava a ronfare beato. Pensò che questa persona non pareva costituire una minaccia, almeno nell’immediato. Il gatto non dava segni di irrequietezza. Questo era un primo effetto positivo. La tensione la stava lentamente abbandonando.

“Sono imperdonabile, signorina. Non mi sono presentato” fece, allungando la destra con gesto amichevole.

“Già” replicò Deborah laconicamente.

“Marco Designore” disse, continuando a tenere la mano sempre sospesa verso di lei.

“Deborah Marchini” rispose meccanicamente, mentre la stringeva con vigore.

“Noto con piacere che si è ripresa completamente. Forse è stata vittima del jet lag?”

“No. Semplice stanchezza” precisò Deborah che in altre occasioni avrebbe mandato a quel paese, chi avesse osato interferire nella sua privacy.

“Ne è proprio sicura? Non so dove sia diretta ma forse passerei dall’infermeria dell’aeroporto per un controllo della pressione e dei valori generali” insistette Marco, per nulla convinto da quella risposta.

“Non credo che ce ne sia bisogno. La stanchezza è svanita. Mi sento in piena forma” tagliò corto la ragazza, che provava un leggero senso di fastidio nell’ascoltare quelle parole.

“Non insisto ulteriormente. Non mi piace contraddire le persone, specialmente se non le conosco. Posso offrirle un caffè o quello che preferisce al bar” domandò cortese, mentre si alzava.

“Grazie. Mi rilasso ancora un po’ prima di affrontare il lungo viaggio verso Rio” disse Deborah, declinando l’invito.

“Bene. Vado a bar prima di imbarcarsi anch’io per Rio” fece l’uomo con un bel sorriso, mentre si allontanava.

La ragazza rimase senza parole, mentre riprendeva possesso del suo corpo. Lo osservò di spalle con attenzione, finché non sparì alla sua vista. Era di sicuro molto più vecchio di lei ma aveva un viso che ispirava fiducia. Alto, anzi molto alto. Fece un raffronto con la sua statura, che era ragguardevole per una donna. Capelli né lunghi né corti, dal taglio impeccabile. Le apparvero leggermente brizzolati, che gli conferivano un discreto fascino. Scosse la testa a questi pensieri su di lui. ‘Quasi non mi riconosco. Nutro troppa fiducia in Miao e abbasso le mie difese’ si disse, stiracchiandosi.

Alex si stava avvicinando al bilocale di Deborah, dopo essere stato liberato dalla sua prigionia. Sajana l’aveva molto rimproverato per quello slancio umano. ‘Per qualche tempo non potrai avvicinare nessuno. Poi si vedrà. Se cadrai in tentazione una seconda volta, tornerai fra gli uomini, perdendo tutti i tuoi poteri. Alex avvisato, mezzo salvato!’ fece la strega, quando lo aveva relegato in una spelonca oscura. Rimase lì per un periodo che non seppe quantificare a rimuginare su quel bacio strappato a Deborah. ‘É vero. Ho avuto un momento di debolezza ma…’ si disse, appoggiando la testa sulle mani a coppa. Stava pensando per quanto tempo sarebbe rimasto lì a scontare la sua mancanza, quando Sajana ricomparve in un alone di luce che mise a nudo lo squallore del posto.

“Alex” cominciò la strega. “Deborah si dovrà assentare per un mese dalla sua abitazione, lasciando incustodito il teschio di cristallo. Tu la dovrai sostituire”.

“Da quando?” domandò cauto.

“Dalla mezzanotte di oggi” e sparì lasciandolo al buio.

Alex pensò subito al piacere di annusare il profumo di quella donna, che impregnava gli oggetti della casa, ma subito fece ammenda. Non doveva cedere a queste tentazioni. Era il modo subdolo e sottile di Sajana per verificare se avesse riacquistato il controllo di se stesso. Scacciò ogni pensiero. Non poteva averne, se non voleva finire male. Aveva appena sgombrato la mente da tutto quello, che si riferiva a Deborah, quando si trovò davanti a un portone di un palazzo in una città sconosciuta.

Alzò le spalle in segno di indifferenza. Si guardò in giro. Solo una persona appoggiata a una macchina col motore acceso e per il resto buio appena mitigato da qualche lampione. In mano teneva un mazzo di chiavi, del quale ignorava la provenienza. Tuttavia conosceva lo scopo e il loro uso. Le provò tutte, finché una non fece scattare la serratura. Prese l’ascensore per il terzo piano, come se fosse guidato da un radar misterioso. ‘Dove sto andando?’ si chiese incerto, mentre ascoltava il rumore ovattato del motore. Poi rammentò quello che gli aveva detto Sajana.

Si fermò davanti a un uscio appena accostato, da dove filtrava luce. Era titubante se spingerlo o proseguire. Tuttavia era conscio che quello che stava dietro era la sua destinazione. Stava ancora decidendo il da farsi, quando udì delle imprecazioni sommesse. Entrò deciso, perché aveva compreso che qualcuno si era intrufolato nell’appartamento di Deborah senza essere invitato. Notò che un uomo dalla pelle olivastra tentava di spostare una teca che brillava sinistramente. Non riusciva né a spostarla di un millimetro, né a sollevarla. Pareva incollata sulla mensola col superAttack. Il ladro non si accorse della presenza di Alex tanto era impegnato nel tentativo di asportarla.

“Che ci fa qui?”

Alex lo apostrofò con durezza. Come risposta ricevette uno spintone, che lo fece scivolare a terra sorpreso, mentre l’uomo infilava di corsa la porta. Alex si rialzò confuso e si affrettò a chiudere l’ingresso, rimasto spalancato. Si accorse che per terra c’era una borsa, dalla quale affioravano degli oggetti.

“Oltre che fare il guardiano, mi tocca pure di fare il maggiordomo per rimettere ordine all’appartamento” si disse sorridente.

Simone rimuginava che forse era stato troppo superficiale nel liquidare Deborah, convinto che lei l’avrebbe cercato e implorato di recedere dal suo proposito. Con Gaia non era andata meglio. Rifletté che era stato lui a ingoiare l’amo con l’esca attaccata.

“Lei ha fatto di tutto per conoscermi. Poi mi ha lavorato ai fianchi, facendomi assaporare quel sesso che Deborah ostinatamente mi negava o me lo concedeva col contagocce. Io ci sono cascato e ho preso la testa. Gaia è stata più fredda di me, finché non è arrivato quello strano e inquietante episodio a casa sua”.

Seduto nel suo salotto, avrebbe desiderato una compagnia femminile.

“É inutile provarci con Deborah. Chiude la chiamata dopo due squilli. Più chiaro di così non si può”.

Richiamò dalla rubrica il numero di Gaia con la speranza che si degnasse di rispondere, anziché far squillare lo smartphone fino alla segreteria.

Vodafone. Servizio di segreteria. Se vuole lasciare un messaggio…‘. Imprecò e uscì dall’appartamento.

29 risposte a “La notte di San Giovanni – parte ventiseiesima”

  1. Questo racconto è animato troppo bene.
    Una presenza nuova – quella di Marco – appare all’orizzonte con la stessa destinazione di viaggio di Deborah, qualcosa di buono accadrà, nulla capita per caso e per fortuna Miao è tranquillo.
    Alex invece deve fare i conti con qualche imprevisto non proprio positivo.
    Il cerchio si stringe davvero, lo avevi detto però … io aspetto impaziente, molto impaziente.
    In questa attesa, ti lascio un abbraccio 🙂
    Affy

  2. eh figurarsi… vuoi che qualcosa fili come dovrebbe? Comunque se fossi in Deborah, in balia di sortilegi e incantamenti, un po’ paura di Miao ce l’avrei… e anche degli sconosciuti diretti a Rio. Poverina mi sembra così indifesa!

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