Una storia così anonima – parte prima

dal sito del comune di Ferrara
dal sito del comune di Ferrara

Ferrara, 20 febbraio 2015 – Palazzo Paradiso

Luca sta percorrendo Via Mazzini in una giornata dai contorni grigiastri: né calda né fredda è la temperatura. Lo spolverino è rimasto nell’armadio. Indossa solo un completo pesante scuro e nient’altro a differenza degli altri passanti ben infagottati. É assorto nei suoi pensieri. A corto di idee spera di trovare uno spunto interessante, visitando la Biblioteca Ariostea. Gli piace scrivere delle storie da pubblicare sul suo blog. La fantasia non gli fa difetto ma da qualche tempo sembra affetto dalla sindrome del foglio bianco. Ha provato a cercare nel suo PC qualche traccia utilizzabile o un qualsiasi incipit che potesse dare il là a un nuovo racconto. Tutto inutile. Le idee sono sparite, dissolte, mentre lui non è riuscito a mettere in piedi qualcosa che potesse essere uno straccio di trama.

Cammina di passo svelto: tra qualche minuto la biblioteca apre e lui potrà dedicarsi alla ricerca di qualcosa che gli possa dare la spinta per iniziare una nuova storia.

‘Cosa?’ si domanda, parlando fra sé. ‘Non ho la più pallida cognizione da dove cominciare’.

Scuote la testa, non si accorge degli sguardi incuriositi dei passanti che lo incrociano. É teso, concentrato su se stesso. Cammina come un automa, caricato a molla. Non ama darsi per vinto.

Arrivato all’ingresso di Palazzo Paradiso, che ospita la biblioteca, la trova ancora chiusa. Consulta l’orologio. Mancano pochi minuti. Si osserva intorno e nota alcune ragazze che come lui aspettano l’apertura. Chiacchierano sottovoce. Non è in grado di captare cosa si dicono, salvo poche frasi smozzicate.

Chissà cosa cercano. Forse sono studentesse che stanno preparando la tesi di laurea‘ si dice, alternando il peso del corpo da una gamba all’altra.

Poi il numero delle persone in attesa cresce, mentre perde di vista quelle che erano di fianco a lui, fino a qualche istante prima. Si apre il portone e quella piccola folla sciama all’interno, sistemandosi disordinatamente.

Si guarda in giro. Non vede nulla di interessante. Lentamente va verso la sala dei manoscritti antichi.

‘Forse lì, trovo qualcosa di interessante’. Passa in rassegna qualche titolo. L’occhio cade su un volume in cuoio rosso con descrizioni dorate. ‘Chronicae’ legge. In piccolo vede dei numeri romani «MDCCXIV». Prende nota mentale dei codici per chiederne la lettura.

‘Oggi è venerdì. Mi devo sbrigare perché alle 13 e 30 si chiude’ riflette, mentre in silenzio si avvia per la richiesta.

Si sistema nella sala di lettura nell’attesa di vedere il volume. Controlla se ha tutto: il piccolo scanner manuale per i libri, lo smartphone. Sa che non sarebbe possibile usarli ma spera nella buona stella. ‘Con un pizzico di fortuna e un po’ di faccia tosta, forse ce la faccio a ricavare qualche pagina, se le trovo interessanti’ si dice, mentre un inserviente gli consegna il libro.

“Faccia attenzione” gli suggerisce.

“Sarò attentissimo”. Luca gli dispensa un gran sorriso.

L’autore è anonimo, inizio settecento. Il testo pare scritto in un italiano ubriaco. Consulta l’indice. «Mutinae chronicae» è la prima parte del volume. Lo sfoglia. Nulla di particolare. La solita disfida della secchia rapita tra i modenesi e i bolognesi, cronache del ducato estense di Modena. Niente di particolare e nemmeno qualche spunto di interesse. Passa alla seconda parte «Bonomiae chronicae». Incomincia con la storia del tempio di Osiride, dove poi è sorta la chiesa di Santo Stefano. Legge con curiosità in un italiano approssimativo. La conosce in parte. Ha letto qualcosa in merito. Niente che possa essere usato per costruire una storia, al massimo un breve post. Sfoglia con calma le pagine, finché non si ferma. Il titolo è promettente. «Tesauri de Militiae Templi». Un campanello di allarme si attiva nella sua testa. Luca si osserva intorno. Una ragazza all’altra estremità del lungo tavolo che pare concentrata nel prendere appunti. Nessun altro nella stanza.

‘Perfetto. Se ravviso la necessità di qualche foto o scanner di pagine, è una situazione ideale’ si dice con un bel sorriso. Osserva l’ora. ‘Sono le undici. Due ore abbondanti di tempo’ riflette, prestando attenzione alla lettura della storia.

‘Non sono molte una dozzina o poco più. Nel giro di una decina di minuti posso compiere l’operazione fotocopia’ si dice, mentre estrae lo scanner portatile dalla tasca interna della giacca.

Passa con cautela lo strumento sulla pagina. Sa, per esperienza, che deve procedere lentamente con mano ferma e senza movimenti bruschi, tenendo lo strumento sempre allineato alla riga. Ha ormai una certa pratica. A operazione conclusa si otterrà un’immagine della pagina, che poi analizzerà con un software OCR. Ripete la manovra sulle altre. Riposto il piccolo oggetto nella tasca interna della giacca. Prende lo smartphone e fotografa tutte le pagine. Se la riproduzione dello scanner non è perfetta, si può far aiutare delle immagini. Sono le dodici, quando completa la doppia operazione. Prova a leggere ma trova le parole oscure. L’anonimo ha trascritto un documento coevo del trecento, scritto in latino e lo ha elaborato sotto forma di storia. Ne ha ricavato una specie di thriller medievale in un linguaggio misto di parole latine e italiane, un po’ ridicole. Il senso tuttavia appare chiaro: si parla di come i templari abbiano posto in salvo il loro tesoro. La cronaca successiva è relativa al seicento e tratta ancora di questo mitico tesoro che è ricercato da un monaco domenicano. Frate Bartolomeo, questo è il suo nome, lo vuole rintracciare per restituirlo al Papa. Non ne capisce molto, perché appare ingarbugliata la storia tra citazioni latine e parole italiane. Gli sembra di intuire che la ricerca sia stata un flop.

Luca decide di fotocopiare anche questo documento, perché potrebbe dargli qualche buono spunto.

‘Come non lo so. Però si può ricavare qualcosa di buono. Se sono svelto, ce la faccio’ si dice, cominciando a fotografare pagina dopo pagina prima col telefono poi con lo scanner.

Sono le tredici, quando si alza per riconsegnare il volume. Ha preso nota di titolo e codice, qualora dovesse consultarlo nei prossimi giorni.

Arrivato a casa, scarica sul PC tutto il materiale per esaminarlo. Mette un piatto con qualcosa di commestibile di fianco e comincia a lavorare. Attiva il software OCR per trasformarlo in un documento, leggibile con OpenOffice.

Ovviamente, come ha previsto, gli errori si sprecano. Le foto con lo smartphone l’aiutano nella trascrizione corretta del testo.

É già buio, quando finisce di sistemare tutto. Lo stomaco reclama qualcosa, perché il pranzo è stato alquanto modesto.

Dopo cena comincia a leggere il documento ottenuto, che gli appare oscuro. Il suo latinorum è alquanto scarso e molte parole italiane sono ben lontane da quelle attuali. Prova a prendere appunti, mettere in fila gli avvenimenti ma si ritrova a mezzanotte con un testo che gli appare ancora più criptico di quando aveva cominciato.

“Qui serve Vanessa!” esclama deciso, mentre si alza per migliorare la circolazione del sangue. Salvo una breve interruzione sono quasi dieci ore che è seduto davanti al PC.

Vanessa è l’amica di Bologna, che si è laureata in filologia. Ama il mondo medievale e tutte le sue implicazioni. L’ultima volta che ha avuto a che fare con lei sono volati fuori dalla finestra gli stracci con la canonica frase ‘con te ho chiuso! Non azzardarti di chiamarmi ancora‘. Glielo aveva detto chiaramente sul muso prima di lasciarsi.

“In effetti non aveva tutti i torti per arrabbiarsi con me!” esclama, mentre cammina nervoso in mansarda. “C’è mancato un pelo per non finire dietro le sbarre!” prosegue, sorridendo.

Ricorda nitidamente l’episodio. ‘Avevo sottratto un libro antico dalla biblioteca di un conoscente e avevo finto che fosse mio. Quel fetente ci denunciò per furto. I carabinieri perquisirono le nostre abitazioni senza trovarlo, perché fortunosamente ero riuscito a rimetterlo a posto con la complicità della figlia. Che sia benedetta! Ovviamente la denuncia finì nel nulla ma Vanessa s’infuriò come un toro davanti al drappo rosso. Come darle torto!’ si dice nel rammentare quell’episodio.

Scaccia tutti i dubbi. “La sua abilità nel leggere correttamente tra le righe dei testi antichi è veramente superba! Non posso rinunciare alla sua preziosa opera” conclude, formando il suo numero.

“Dai, rispondi” fa, mentre sente i segnali di libero. Si sta rassegnando a chiudere la comunicazione prima dello scattare della segreteria, quando finalmente sente aprire la conversazione.

“Ciao, Vanessa. Sono Luca”.

“Sgrrr” è l’unico suono che percepisce. Un grugnito più animalesco che umano.

“Disturbo?”

“Sì!”.

parte seconda

0 risposte a “Una storia così anonima – parte prima”

  1. il mistero vive dentro di noi, siamo affascinati da quello che non riusciamo a “vedere” e comprendere. La tua storia si intaglia magnificamente su questa linea, ne viene fuori una pagina da leggere tutta d’un fiato, molto avvincente e poi il Medioevo si presta benissimo a questo tipo di situazioni dato il suo “periodo buio”. Aspetto il seguito :), ciao

  2. Ottimo inizio! Libri antichi e filologia, temi che non posso non apprezzare considerati i miei studi E poi l’abilità nel suscitare l’interesse del lettore e la scrittura scorrevole e chiara che ho trovato in tutti i tuoi racconti. Mi addentro con gioia in questa nuova avventura!

  3. La sindrome del foglio bianco che inizialmente ha colpito Luca sembra dissolversi di fronte ad alcuni scritti che si rivelano parecchio interessanti.
    Occorrerà, per rendere concreta la sua supposizione, ricorrere al valido aiuto di Vanessa che al momento sembra piuttosto adirata per regresse contestazioni, ma Luca spero riuscirà con qualche espediente a raggiungere il suo obiettivo.
    La seconda puntata svelerà l’arcano?
    Complimenti Gian Paolo il racconto promette proprio bene! 😉
    Buon pomeriggio
    Affy

  4. Gian Paolo, la tua penna è felice, la tua scrittura accattivante…
    Gli occhi mi son volati verso la fine..
    Appena posso continuo: chissà dove porterai il tuo scanzonato protagonista..
    🙂

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