Una storia così anonima – parte ventiquattresima

Autricum, 13 novembre 1307, ora dodicesima – anno secondo di Clemente V

Pietro è incerto, giunto dinnanzi all’imponente cattedrale dedicata a Notre-Dame, a Maria. É molto più grande di tutte quelle che ha visto finora con statue, rosoni e vetrate colorate. ‘La porta nord dov’è?’ si domanda, cercando un punto d’appoggio per orientarsi. Non può sbagliare, perché l’appuntamento salterebbe. Gira intorno a questa chiesa che appare smisurata. Osserva i simboli sui tre portali. Poi si incammina deciso verso quello che rappresenta la vita di Maria. Varca la soglia, si inginocchia per pregare. All’interno si sente l’odore di sego, delle candele che illuminano la navata, dell’incenso della funzione che si è appena svolta. Ai nasi più delicati è una mescolanza orribile, per Pietro è un odore familiare. Ricorda le parole del messaggio ‘percorrete la navata di destra verso il portale Ovest‘. Cammina con lentezza. Si sente solo il rumore del suoi calzari di cuoio. Nessun confessionale è aperto, nessun fedele è all’interno. La cattedrale appare agli occhi del frate in tutta la sua imponenza e ricchezza. Giunto in fondo, si gira verso Est, verso Gerusalemme. Si prostra di nuovo a pregare, prima di iniziare il percorso del labirinto.

Pietro si concentra: sa che deve percorrerlo per intero se vuol raggiungere il suo obiettivo: la placca centrale. Tuttavia deve fare anche il percorso inverso per tornare nel mondo dei vivi. I labirinti e queste chiese, dalle linee ardite e slanciate, sono il frutto dei suggerimenti dei suoi confratelli al ritorno della Terra Santa. Si sente a casa. Fatti pochi passi, gli sembra di essere già arrivato ma è solo un’illusione. La placca di rame centrale è lì a portata di mano ma il salto non è possibile. Deve seguire la via fino in fondo. Cammina con metodo. Passo dopo passo. A volte torna vicino al centro, a volte si allontana. Si ritrova accanto al punto di partenza. Pietro pensa di aver sbagliato qualche passaggio. ‘Forse ho saltato qualcosa’ si dice scoraggiato. Tuttavia la determinazione scaccia il pensiero di abbandonare l’impresa. Con maggior lena e risolutezza percorre un tratto che assomiglia a una foglia su un ramo prima del fiore. Sa che quel fiore è il punto di arrivo del suo pellegrinaggio. Vede le vetrate colorate dietro l’altare. Quello è l’oriente. Là c’è il tempio a Gerusalemme.

Qui inginocchiato, guardando il rosone davanti a voi, pregherete, prima di riprendere il cammino inverso‘ sono le parole che riaffiorano dalla mente. Dinnanzi a lui non ci sono rosoni. Si gira a sinistra verso il punto dove è entrato. Non è quello il punto di riferimento. ‘Come faccio a saperlo?’ si dice e si risponde da solo ‘Lo so e basta’. Continua la rotazione in senso antiorario, volgendo le spalle a Gerusalemme. ‘Eccolo’ esclama in silenzio. Si stende a terra e prega. Gli pare udire un rumore di passi. ‘Non può essere. La chiesa è deserta’ pensa, mentre riprende il percorso di uscita. Gli pare di rivivere la partenza del viaggio ma ben presto si accorge che la visuale è diversa, anche se ripercorre una via che ha già fatto.

É appena uscito dal labirinto e si sente più leggero come se si fosse appena confessato o fosse reduce dal pellegrinaggio in Terrasanta. Al suo fianco si materializza un prete, che lo affianca. Anche l’ultimo rigo del messaggio è diventato realtà.

Venite” gli sussurra il prete, che lo conduce a un confessionale immerso nel buio. “Vi confesserò e vi assolverò da tutti i peccati”. Mette la cotta sull’abito talare e ascolta Pietro, che si confessa.

“Mi perdoni, perché ho tanto peccato” fa il frate inginocchiato.
Il prete nel confessionale risponde: “In nómine Patris et Filii et Spíritus Sancti”.
Amen” aggiunge Pietro, che attacca col Confiteor.
Confíteor Deo omnipoténti, beátæ Maríæ semper Vírgini, beáto Michaéli Archángelo, beáto Joánni Baptístae, sanctis Apóstolis Petro et Paulo, ómnibus Sánctis et tibi, pater: quia peccávi nimis cogitatíone, verbo et ópere:” e si batte il petto per tre volte “mea culpa, mea culpa, mea máxima culpa. Ideo precor beátam Maríam semper Vírginem, beátum Michaélem Archángelum, beátum Joánnem Baptistám, Sanctos Apóstolos Petrum et Paulum, ómnes Sanctos, et te, pater, oráre pro me ad Dóminum Deum nostrum”.  
Il prete lo ascolta in silenzio e al termine gli chiede di recitare tre atti di dolore, prima di impartirgli l’assoluzione.
Misereatur tui omnipotens Deus, et dimissis peccatis tuis, perducat te ad vitam æternam. Amen”. Quindi con la mano destra elevata in alto lo assolve.
Indulgentiam, absolutionem, et remissionem peccatorum tuorum tribuat tibi omnipotens et misericors Dominus. Amen.
Dominus noster Jesus Christus te absolvat: et ego auctoritate ipsìus te absolvo ab omni vinculo excommunicationis, suspensionis, et interdicti, in quantum possum, et tu ìndiges. Deinde ego te absolvo a peccatis tuis, in nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti. Amen”.

La confessione sarebbe terminata con la formula di assoluzione dai peccati ma il prete si rivolge a Pietro in maniera inusuale.

Chinate la testa e allungate le mani” gli sussurra.

Il frate obbedisce senza fiatare. Sente le mani del prete posarsi sul suo capo, poi si ritrova tra le mani una bisaccia di lino.

‘Dunque è questa la missione che devo compiere’ si dice il frate, legandola in cintura sotto il mantello.

Andate in pace” conclude il prete.

Ha appena finito di ricevere l’ostia consacrata, quando il chierico Philippe lo chiama.

Sono qua” risponde Pietro “vi raggiungo e andiamo a mangiare qualcosa”.

Autricum, 14 novembre 1307, ora terza – anno secondo di Clemente V

É mattino, quando Pietro e Philippe si mettono in cammino per raggiungere Poitiers. Fa freddo e il tempo minaccia neve. Il frate con la sua carta bretone si è fatto spiegare dal maniscalco il percorso migliore. Vuole raggiungere in fretta la sua meta per non incorrere in brutte sorprese. Non si sente al sicuro, finché non avrà raggiunto la curia papale.

Pietro si avvolge bene nel mantello bianco per proteggersi dal vento gelido che spira da nord. Ha coperto anche il suo bardo. Ama la sua fedele cavalcatura.

Il nostro inseguitore?” gli domanda Philippe.

Ci inseguirà furibondo” dice sornione il frate “Quando arriverà a Autricum, noi saremmo a destinazione”. E partono decisi verso la loro meta.

Poco dopo l’ora nona e prima che l’imbrunire faccia sera, entrano stanchi e infreddoliti a Poitiers.

Ricoveriamo i cavalli presso un maniscalco e poi si presentiamo presso la curia papale? Oppure…” fa il chierico, subito interrotto dal frate.

No. Prima rendiamo omaggio al cardinale Caetani, il nostro mentore, e poi pensiamo a noi” taglia corto Pietro.

I due viaggiatori chiedono udienza al cardinale, che li riceve nello studio rosso. Dopo i rituali saluti, Caetani chiede loro delle informazioni sulle difficoltà del viaggio. Un giro di parole per arrivare al punto focale della conversazione.

Siete stato trattato bene da Guillaume de Nogaret a Paris?” domanda a Pietro.

Il frate riflette, non risponde subito. Vuole calibrare la risposta. Non ha gravi motivi di lagnanze a parte il fatto che è stato costretto con la forza a deviare il suo percorso.

“Se non fosse stato che sono privato della mia libertà e costretto a stare in una cella senza il conforto dei sacramenti, posso dire il trattamento è stato buono” fa il frate con tono sicuro.

Il cardinale ha sperato che il templare si fosse lagnato ma così non è stato. Sente ostili tutti gli uomini del re. Vorrebbe indurre Clemente V a essere più deciso nel contrasto con le mire reali attraverso testimonianze e lagnanze. Però al momento ha un altro impellente necessità: vuole conoscere, se l’incarico ricevuto sia stato portato a termine e cerca un modo per giungere sull’argomento senza citarlo. Pietro intuisce che le domande hanno un secondo e più sottile fine e preferisce rompere gli indugi.

“Quando abbiamo lasciato Sens, ho confuso le strade. Ci siamo incamminati verso ovest, giungendo nella città di Autricum” comincia la narrazione il frate.

“Dunque vi siete persi?” chiede il cardinale, che trae un sospiro di sollievo, perché il frate sta affrontando l’argomento che desidera conoscere.

“Non esattamente, così” riprende Pietro. “Abbiamo allungato la strada. La colpa è mia, perché non ho voluto chiedere suggerimento sulla strada da seguire”.

Philippe non vuole permettere che il frate si prenda la responsabilità della deviazione. “In realtà siamo in due ed ero io la guida che doveva conoscere la strada”.

Il cardinale sorride, perché entrambi vogliono la loro parte di colpe. Però in questo momento la questione non gli interessa. Preferisce sapere se il frate ha ritirato l’oggetto a Autricum.

“É lodevole il vostro impegno di assolvere il compagno di viaggio. Tuttavia non è questo il nostro obiettivo. Era ed è quello di essere presso questa corte papale” dice Caetani per tagliare l’accenno di contrapposizione dei due protetti.

“Abbiamo visto l’immensa cattedrale Notre Dame, ricca di statue, vetrate e guglie. Qui ho potuto confessarmi e ricevere la sacra comunione”.

Il cardinale sorride. Il messaggio del templare è chiaro ‘sono stato nella cattedrale e ho ricevuto un oggetto segreto. Di questo solo io ne sono a conoscenza‘. Adesso li lascia liberi di riposare dopo la lunga cavalcata, perché quello che voleva sapere, lo sa.

“Vostra Eccellenza, vi chiedo umilmente dove possiamo ricoverare le nostre bestie, stanche e bisognose di cure?” gli chiede Pietro.

“Chiedete di Monsieur Bertrand, il mio maniscalco. Lui accudirà i vostri cavalli meglio di chiunque altro” dice il cardinale, affidandoli al suo segretario.

Poitiers, stanze del cardinale Colonna, 14 novenbre 1307, ora del vespro – anno secondo di Clemente V

Il cardinale Colonna è irritato e nervosamente si muove nella stanza. Non è riuscito a conoscere il testo del messaggio del suo arcinemico. ‘Quell’idiota di frère Alphonse non l’ha letto. Ha trovato mille scuse per giustificare la propria inettitudine. Non mi ha nemmeno informato che Philippe de Laurent stava tornando con un templare’ si dice, borbottando tra i denti.

Si domanda come questo frate sia sfuggito alle retate delle guardie del re. ‘Chi è?’ si domanda curioso ‘Chi è da godere delle protezioni di Roland de Bernard? Perché Lui l’ha ricevuto senza farlo attendere un solo istante?’

Il cardinale non vuole nominare nemmeno nei pensieri quel nome tanto odiato. Aspetta da un momento all’altro il ritorno di padre Georg con notizie fresche su questo monaco, che pare protetto da troppe persone. Sente bussare discretamente alla porta. “Avanti” dice con tono minaccioso e vede spuntare il viso del suo segretario.

“Entrate” esclama, accompagnando le parole con un gesto eloquente della mano. “Vi ascolto”.

“Non sono riuscito ad avere molte informazioni sul templare. Tutti tengono la bocca cucita, come se temessero chissà quali tempeste”.

Il cardinale sbuffa e pensa di essere attorniato da una serie di parassiti senza la spina dorsale. Raccolgono notizie inutili e mai quelle che gli interessano. Gli fa cenno di essere conciso. Padre Georg riprende la narrazione.

“Qualcuno dice che sia un templare famoso, quanto il gran maestro, Jacques de Molay. Altri dicono che deve assolvere una missione. Nessuno è stato in grado di dirmi chi sia esattamente. Pare che sia lombardo ma parla un latino forbito. Una fonte assicura che sia un intimo amico del pontefice. Ma è un solo chiacchierare e basta” conclude il discorso il segretario.

Il cardinale si siede sulla sua poltrona preferita. Medita sulle scarne e contraddittorie notizie. ‘Sì, forse è un templare ben introdotto nella curia papale’ riflette il cardinale. ‘Probabilmente è amico di Bertrand de Got. Questo potrebbe spiegare certe protezioni’. Però deve conoscere l’identità di questo templare. “Insomma avrà pure un nome questo monaco guerriero” esclama Colonna spazientito.

“Sì ma…” comincia padre Georg.

“Non riesci a eliminare dal tuo lessico i ma e i forse?” fa il cardinale, che sta perdendo la pazienza.

“Ho sentito dire questo nome: frère Pierre de Rodalis” afferma il segretario.

Colonna sta per replicare piccato, quando sente bussare alla porta. Fa un cenno a Padre Georg di andare a vedere chi è. Poco dopo ritorna con un messaggio.

“Proviene da Sens” fa in modo asciutto.

Il cardinale si siede alla scrivania per rompere il sigillo e leggerne il contenuto.

Sbianca e si lascia sfuggire una bestemmia.

0 risposte a “Una storia così anonima – parte ventiquattresima”

  1. E’ ancora il nostro frate Pietro, la colonna portante di questa bellissima stroria medioevale
    Fino ad ora la sua saggezza , astuzia e personalità, sono stati vincenti
    Complimenti, carissimo, davvero
    Aspetto con piacevole trepidazione il seguito
    Abbraccio grande
    Mistral

  2. Il cardinale Colonna è proprio furibondo! Abituato agli intrighi delle corti papali pensava di essere il più furbo ma l’utile frate gli sta dando filo da torcere …
    Ciao!!

  3. Come credo di averti scritto, l’ambientazione medioevale mi aveva lasciata perplessa (perchè è un periodo storico che non ho mai amato), ma questo intrigo mi intriga! Baci e buona serata!

    1. Lo ricordo che avevi scritto qualcosa di simile in passato. Eppure è un periodo che si presta bene a queste storie romanzate. Ce la metterò tutta per renderla ancora più intrigante.
      Baci e serena serata

  4. Davvero bello! Gli aspetti più interessanti della narrativa pipolare, l’intrigo, la suspense, il mistero, su uno sfondo accuratamente delineato. E ogni episodio è più bello e avvincente del precedente. Qui il cammino nel labirinto ha un fascino e una solennità che lasciano stupiti, con le parole che acquistano il potere quasi ipnotico del rito religioso.

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