Non passava giorno – cap. 6

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Marco adesso ricordava, perché quella busta era finita nel cassetto. Era appena tornato dalla casa di campagna. Voleva mettere ordine nella sua stanza, ingombra di libri, che aveva portato da Milano. Si lamentava che ne aveva troppi per la libreria, diventata di colpo troppo angusta.

‘Dove li metto questi?’ borbottò infastidito. Teneva faticosamente in mano due grossi tomi di organizzazione aziendale. Mentre li maneggiava, scivolarono fuori dei fogli ingialliti e una busta bianca.

Ebbe un moto di stizza, perché ne conosceva il contenuto. Li raccolse da terra. “Devo buttarli!” ringhiò contrariato. La vista della busta lo mise di pessimo umore, perché gli ricordava Laura e l’amore che provava per lei. Non li gettò, perché erano un pezzo della sua vita. Così li infilò nel terzo cassetto dello scrittoio per nasconderli.

Dopo il suo ritorno Marco provò a dimenticarla, a cancellarla dalla mente senza successo. Era sempre presente per rammentargli i cinque anni di Milano.

Due anni prima era arrivato a Ferrara con Laura con l’intenzione di presentarla ai genitori. Loro erano rimasti affascinati dalla bellezza unitamente alle sue doti di intelligenza e cordialità. Sarebbero stati felici, se la relazione fosse sfociata in qualcosa di più di una calorosa amicizia, perché erano convinti che fosse la donna giusta per il loro Marco. Ci sperarono finché quel lunedì di fine agosto non era giunto senza preavviso con la macchina piena di valigie, libri e borsoni. Intuirono che c’era stata una rottura irreparabile tra loro e non chiesero nulla di Laura.

Marco si rese conto in quel frangente di non essere in grado di controllare il suo umore, nero come l’inchiostro di china. Era furioso con se stesso, perché da codardo scappava dai suoi fantasmi. Rispose con monosillabi appena accennati alle domande dei genitori, che furono più intelligenti di lui. Capirono che non era il momento adatto per conoscere i reali motivi del rientro. Tuttavia lui continuò a fuggire. Non desiderava confrontarsi con la realtà. Si trasferì nella casa di campagna, dove sperava di ritrovare la tranquillità e la serenità interiore smarrita. Si sentiva naufrago in isola sperduta dell’oceano, avendo come riferimento quell’immensa distesa di acqua che si confondeva col cielo.

Ai suoi genitori dispiacque che quella ragazza dai capelli rossi simpatica, riservata e gentile non fosse più la compagna di Marco. Lei aveva compiuto il miracolo di trasformarlo giorno dopo giorno da introverso e taciturno a sereno e loquace. Dovevano rassegnarsi, perché conoscevano quanto Marco fosse ostinato e testardo nelle scelte. Lui ammetteva di aver commesso degli errori nelle sue decisioni. Tuttavia guardava avanti alla ricerca di nuove soluzioni senza nutrire rimpianti per il passato.

Dopo diversi giorni di eremitaggio nella casa di campagna ritornò in città senza che l’umore fosse migliorato di molto, anzi tendeva a chiudersi sempre di più su se stesso. Faticava a uscire, a incontrare i vecchi amici, a riprendere la solita vita, se ne stava chiuso nella stanza come un orso incupito. Marco imbronciato cercava disperatamente di scacciare quel viso pallido e quegli occhi mobili e vivaci senza riuscirci. Erano sempre lì, presenti giorno e notte. Questa situazione durava ormai da otto mesi.

‘Fortunatamente tra poco avrò altro a cui pensare’ si disse, mentre si distese sul letto. Marco aveva paura a chiudere gli occhi, perché immediatamente si cristallizzava l’immagine di Laura. Era da tempo che trascorreva insonne le notti. Faticava sempre di più a tenerli aperti.

‘Devo chiamarla per spiegare con chiarezza le motivazioni della rottura’ si disse nel dormiveglia, ‘oppure vado a Milano e ci parliamo di persona?’

Marco si poneva questa domanda da tempo, senza mai prendere la decisione di farlo. Anche questa indecisione non apparteneva al suo carattere e rimandava al giorno dopo la decisione di procedere al chiarimento. Il sonno arretrato e lo stress accumulato ebbero il sopravvento. Si addormentò, mentre il volto di lei lo osservava con severità come rimprovero del suo comportamento.

Matteo e Paolo sollevarono delle obiezioni a trasferirsi nella casa di Sofia. “É meglio passare la serata in trattoria. Hai meno da lavorare e possiamo chiacchierare con più tranquillità” disse Paolo, spalleggiato dall’amico. I quattro ragazzi si diressero verso una trattoria in Brianza.

Laura si sentiva triste e depressa col pensiero fisso per Marco. ‘Perché ha rotto? Perché ha detto quelle parole?’ Percepiva che non le aveva detto la verità. Si domandò quali reali motivi l’avevano indotto a ritornare a Ferrara, abbandonando Milano, rinunciando a quella proposta di lavoro interessante già pronta e solo da sottoscrivere. ‘Ne abbiamo discusso. Sembrava d’accordo nell’accettare, ma invece’ rifletteva, rannicchiata in un angolo della macchina di Sofia. Non parlava e non partecipava alla conversazione. Pareva un corpo estraneo, presente solo fisicamente.

Paolo, sempre più indispettito dal suo comportamento, prevedeva che sarebbe stata una serata inutile e irritante. ‘Sono qui e non posso fare nulla’ pensò. ‘Non ho altra alternativa che accettare l’assenza di dialogo e fare da compagno a un fantasma melanconico e triste’. Rifletteva in silenzio sulla strana situazione che si era creata. Se fosse stato per lui, le avrebbe salutate alla Pasticceria del Corso, chiudendo una serata poco stimolante. ‘Non potevo costringere Matteo a rifiutare’ si disse ‘visto che tra lui e Sofia c’era stato fin da subito un buon feeling’. Era uscito con l’amico per dimenticare un recente episodio, che l’aveva molto distratto e depresso. Paolo era da poco uscito da un’esperienza non proprio edificante con Roberta, una donna separata, possessiva e assillante. Aveva capito troppo tardi, perché il marito l’avesse piantata in asso. La donna sosteneva il contrario che era stata lei a mollarlo. Tuttavia, anche se lei aveva spergiurato di avere deciso in autonomia di lasciarlo, adesso capiva che non era la verità. Di questa relazione aveva un solo buon ricordo: l’unico aspetto piacevole era stato il sesso. Il resto era stato una frana.

Confrontando le due donne, trovò che Laura appariva dolce, tranquilla e senza tanti grilli per la testa. Era l’esatto opposto di Roberta. Due personalità differenti.

Paolo ammise che Laura si era sforzata di essere gentile con lui. Tuttavia il distacco e la freddezza delle parole era stata fin troppo evidente da poter essere ignorata. Lei era assente nelle conversazioni, vi partecipava svogliatamente, rispondendo a qualche domanda più per educazione che desiderio di scambiare due parole. Loro restavano muti, immersi nei loro pensieri, mentre Matteo e Sofia chiacchieravano allegri e distesi.

Paolo tra uan riflessione e un’altra osservò che Matteo era euforico per l’incontro con Sofia. Lui era alla ricerca di una donna, che sapesse donare se stessa e dominare le sue incertezze. Fin dal primo approccio aveva trovato Sofia rispondente all’identikit, che aveva pensato.

La sera si concluse a mezzanotte col rientro in città. Finalmente Laura e Paolo poterono salutarsi senza dirsi arrivederci. Erano ansiosi di andarsene coi loro pensieri, i loro problemi, con i loro sentimenti calpestati.

Laura e Sofia, l’una accigliata, l’altra euforica, potevano parlare di loro e dei loro dilemmi senza la presenza di Matteo e Paolo.

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