Il mio primo lipoacrostico

Da Wikipedia
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Non avrei mai creduto di riuscire a comporre un acrostico ma alla fine ci sono riuscito. Tuttavia vediamo cosa si intende con questa parole, che conosciuta dai più per me era ignota fino a non molto tempo fa.

L’acrostico (dal greco tardo ἀκρόστιχον, composto di ἄκρον, «estremo» e στίχος, «verso») è un componimento poetico o un’altra espressione linguistica in cui le lettere o le sillabe o le parole iniziali di ciascun verso formano un nome o una frase.
In origine l’acrostico aveva certamente una funzione mnemonica e probabilmente una funzione magica. Si possiedono esempi di acrostici già in composizioni sacre babilonesi, per esempio quella che presentava così il nome del suo autore: «Saggil-kinam-ubbib, sacerdote degli incantesimi di Babilonia». Altri esempi di acrostici dell’antichità si rinvengono con la Bibbia, ad opera del profeta Geremia, con il “Libro delle Lamentazioni”, i cosiddetti “Salmi alfabetici” in cui l’inizio di ogni verso presenta, nell’ordine, tutte le lettere dell’alfabeto (Salmi 25, 34, 119). (fonte Wikipedia)
Come ho detto poco sopra ignoravo l’esistenza di questa forma poetica. Il motivo non lo so ma forse perché ho sempre considerato la poesia una forma espressiva del proprio sentire di fronte alle persone, alla natura, al mondo. Quando mi sono imbattuto in questo modo di poetare ho alzato bandiera bianca, perché il solo pensare di cominciare un verso con una lettera e che l’insieme di queste formassero un lemma o altro mi faceva prendere dei capogiri.
Trovavo limitativo questo modo. Una sorta di tarpare le ali alla propria creatività e tale è rimasto il mio pensiero, finché Scrivere creativo non ha pensato di affiancare al liposcrivilo, che poi vi spiegherò, anche un lipoacrostico. Così per gioco e per sfida contro me stesso ho composto il primo.
Essendo una costola derivata da liposcrivilo, vediamo cos’è. Ogni giorno sul loro blog propongono una frase, un pensiero celebre oppure una semplice frase. Chi vuol partecipare scrive su Twitter la sua, che deve rispecchiare quella proposta senza usare una lettera del nostro alfabeto. Il tutto condensato in circa 100 caratteri (in realtà sarebbero 140 ma tolto @scrivereC e l’hashtag ne rimangono poco più di un centinaio). La difficoltà dunque consiste proprio in questo. Ma con un po’ di fantasia e cercando sinonimi appropriati si riesce comunque a produrre delle frasi simili nel senso a quella proposta ma nel contenuto diverse.
Una settimana fa hanno affiancato a questa ultima anche la scrittura di una composizione poetica di tipo acrostico ma anch’essa con la limitazione nel non uso di una lettera.
Visto che amo le sfide, ho accettato e ho scritto il primo di una serie. Ve lo propongo. Niente di particolare ma mi sono accorto che ci riuscivo anch’io.
La parola proposta era
SGUARDO

La lettera da non usare era I

Ecco il mio parto poetico

Sogno o son desto?
Guardala!
Un volto sereno
Ancora
Resta fermo nella mente
Dopo la scena scompare
O evapora.
Può piacere oppure no, resta il fatto che tra parola proposta e testo c’è una qualche assonanza.

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La notte di San Giovanni – parte trentacinquesima

dal web
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Deborah aveva viaggiato nel tempo e nello spazio, quando la vista tornò normale. Si trovò sotto una cupola di verde che impediva di vedere il cielo ai piedi di una scalinata che si innalzava verso l’alto. Alzò lo sguardo ma non vide la sommità che si perdeva tra le fronde smeraldo di un albero imponente.

Si guardò intorno. Al suo fianco stava impettito Miao. Fece un sorriso e si chinò per accarezzarlo. Dietro stava un vecchio, che non le ricordava nulla. Il viso pareva uguale a tanti altri, inespressivo ed enigmatico. Forse era quello che aveva conosciuto prima di addormentarsi. ‘Ma ho dormito?’ si chiese impaurita. Aveva perso la cognizione di tempo. Lo spazio pareva dilatato. Altri uomini vestiti con colori sgargianti stavano in silenzio dietro di lei.

C’era qualcosa di strano in quella situazione. Un posto totalmente sconosciuto, volti cotti dal sole con lo sguardo perso nel vuoto, abiti dalla foggia insolita. Tuttavia era la sua figura che le procuravano degli insoliti affanni. Era vestita come una donna di rango nobile del Mexico e reggeva una teca. ‘Perché associo queste vesti col Mexico? Per me è una terra ignota’ si disse presa dall’ansia. Si domandò il senso di quella domanda, perché ignorava dove fosse e il senso di quel abbigliamento. Non riuscì a darsi una risposta, perché quel vecchio la pungolò a salire con il lungo bastone che teneva tra le mani.

Con lentezza affrontò quei gradoni, cercando di tenersi in equilibrio senza far cadere la teca per terra. Miao con agilità saltava da un gradino a quello sopra.

Deborah si concentrò sui suoi passi. I pensieri erano stati scacciati dalla tensione di mantenersi in equilibrio. Salì, salì, finché dopo un tempo infinito oltrepassò quel tetto formato dalle fronde degli alberi. Il sole era alto sull’orizzonte e il cielo era terso senza nemmeno un fiocchetto bianco di nuvole. Rimanevano pochi gradoni da scalare e sarebbe stata in cima.

E poi?” disse, volgendo lo sguardo verso il basso. Gli uomini dietro di lei saliva con il suo stesso passo in lenta processione. Era lei a scandire il tempo come un metronomo.

Arrivata in cima, spaziò con lo sguardo intorno. Un tappetto verde che si perdeva all’orizzonte. Un unico e monotono colore, rappresentato dalle chiome degli alberi. Camminò intorno e sui quattro lati c’erano dei gradoni simili a quelli appena scalati. La sommità era sufficientemente ampia per contenere lei e il suo seguito. Un manufatto, che sembrava un altare sacrificale, stava vicino a un’apertura oscura e sotto di esso c’era una vasca con un foro.

Dove sono?” domandò, quando anche l’ultimo giunse sulla sommità.

Em-a!1” disse il vecchio, indicando l’apertura.

Deborah nicchiò. C’era buio e non si fidava di scendere.

Em-a!” ripeté impaziente, indicando col bastone dove doveva andare.

E perché dovrei infilarmi in quel buco oscuro?” rispose senza muovere un passo. Miao restava fisso accanto a lei e non accennava a muoversi.

L’uomo cominciò a spazientirsi nei confronti della ragazza, che rimaneva immobile accanto all’altare sacrificale. Si avvicinò a Deborah e la prese per un braccio per condurla giù.

La ragazza non oppose resistenza e cominciò a scendere. Non vedeva nulla. A tentoni saggiava dove finiva il gradino, prima di allungare l’altro piede. Sentiva che dietro di lei il corteo la seguiva con la sua medesima cadenza. Era immersa nel buio più totale ma alzando gli occhi verso l’alto vedeva il chiarore del cielo, mentre verso il basso si intravedeva una pallida luminosità, che diventava sempre più nitida man mano che andava verso il basso. Avvertiva sul viso un flusso di aria fresca come se ci fosse un’apertura verso l’esterno. Udì il rumore di cascatelle, come ci fosse acqua corrente. Non riusciva a immaginare cosa avrebbe trovato al termine della discesa. Con sua grande sorpresa sbucò su un cornicione sospeso sopra un lago d’acqua cristallina, che mostrava il fondo sassoso. Sopra un’apertura circolare faceva filtrare la luce e i raggi solari. Sulla sua destra vide il motivo del rumore che aveva accompagnato la sua discesa. Delle liane penzolavano pigre dall’alto.

Deborah era affascinata, quando udì la voce del vecchio che le ordinava di muoversi. Dei rudimentali gradini salivano leggermente verso l’alto e sparivano dietro una roccia. Si incamminò più decisa, perché adesso vedeva dove posava i piedi. Dietro lo sperone c’era una biforcazione. Una conduceva verso il basso, verso quel lago di acque trasparenti, l’altra verso un apertura nella parete rocciosa. Si fermò incerta sulla direzione da prendere ma Miao puntò decisamente verso quel foro oscuro. Lo seguì a malincuore. Avrebbe preferito proseguire verso il basso. Quell’acqua trasparente e incolore la attirava come una calamita. Stava percorrendo un corridoio privo di illuminazione, quando udì un rumore di parole, una babele di voci. Suoni cacofonici ma melodiosi. Si fermò un istante. ‘Chi sono?’ si disse stupefatta. Dopo un gomito del cunicolo vide uno spettacolo che non si immaginava: si trovava all’interno di una caverna, ampia e illuminata da torce. Sembrava che aspettassero solo loro, lei e il suo seguito regale.

Dodici persone reggevano una teca del tutto simile alla sua, seduti su troni di pietra, scavati nella roccia. Un tredicesimo era vuoto. Aspettava lei. Al centro uno sciamano attese che Deborah si sedesse prima di dare il segnale ai tamburi. Un enorme calendario circolare di roccia era sospeso sopra di lui. Si muoveva con lentezza, finché non si fermò. Tredici persone alzarono la teca e una voce risuonò nella caverna.

Debbie, Debbie!”

Deborah si riscosse al suono di quelle parole. Si guardò smarrita intorno. Non capiva dov’era.

Debbie! Stai bene? Ero preoccupata perché parlavi una lingua strana. Chiamavi ‘Miao’ e ti agitavi come se tu fossi in preda a un terribile incubo” disse Anna, visibilmente rilassata.

Dove siamo?” chiese Deborah, ancora sotto l’influsso di un sogno che non pareva volerla abbandonare.

L’amica la guardò basita. Non capiva il senso della domanda. ‘Ma dove vuoi che siamo?’ si disse incerta se rispondere oppure no.

Siamo a Pescara! Domani si torna a Milano” affermò col tono incerto di chi non si raccapezza sul motivo dello smarrimento della compagna di stanza.

Deborah non rispose, rimanendo in silenzio.

Sei strana, Debbie. Prima urli parole in una lingua sconosciuta, agitandoti in maniera forsennata. Ora domandi dove siamo come se tu tornassi da un lungo viaggio. Forse lo stress della partita si manifesta in questi frangenti” concluse Anna, spegnendo la luce.

Deborah accarezzò Miao e gli disse. ‘Ora so dove saremo il 12 dicembre alle ore dodici e dodici minuti. Adesso dormiamo’. E riprese sonno.

La_Repubblica.it_

Il misterioso furto del teschio di cristallo trova una soluzione

Dopo circa 4 mesi di indagini serrate il clamoroso furto si avvia a trovare una soluzione del tutto inaspettata.

24 novembre 2012

Nella sera tra il 23 e 24 giugno di quest’anno a Chesterton, Indiana, era avvenuto un clamoroso furto che apparve subito misterioso per come si presentava agli occhi degli investigatori. Era sparito in circostanze incredibili il teschio di cristallo, un reperto Maya, appartenuto a Anna Mitchell-Hedges. L’oggetto era diventato di proprietà del vedovo della donna, morta centenaria nel 2007. L’uomo, Bill Homann, aveva denunciato la sparizione del prezioso pezzo dalla propria abitazione, mettendo in evidenza come, nonostante il sofisticato impianto d’allarme, tutto sembrasse normale. Nessun segnale, trenta minuti di registrazione video a vuoto, la teca che custodiva il teschio senza segni scasso o di apertura. Insomma un giallo in piena regola. Il reperto pareva che si fosse volatilizzato per opera di una persona non umana.

Bill Homann non si era rassegnato alla perdita e non credeva che fosse opera di qualche entità sopranaturale. Così decise di sottoporre i trenta minuti di registrazione tra l’ultima immagine del teschio e quella con la teca vuota ai tecnici della Nasa, alla ricerca di quello che non appariva ma che doveva esserci. I tecnici della Nasa, usando delle tecnologie all’avanguardia, sono riusciti a far apparire quello che non si vedeva. Come in un perfetto giallo avevano notato un’ombra che si muoveva nella stanza e si avvicinava alla teca. Lavorando su quella hanno mostrato una figura femminile alta circa un metro e ottanta, dai capelli lunghi e chiari, probabilmente biondi, ben proporzionata col fisico da sportiva. Indossava un body che aderiva come una seconda pelle. Probabilmente il tessuto era in grado di neutralizzare le webcam che riprendevano la stanza. Se questa ipotesi fosse vera, quella misteriosa stoffa assorbiva le radiazioni luminose, rendendo nulle le registrazioni delle immagini. I tecnici non sono riusciti a mostrare il viso in maniera riconoscibile, perché erano visibili solo occhi e capelli. Le sorprese non sono finite, perché l’altra è stata, come sia riuscita a portare via il teschio. In realtà ha sostituito la teca col reperto con un’altra vuota del tutto uguale all’originale. Una copia perfetta, che avrebbe ingannato chiunque. Se appare chiara l’esecuzione del furto, la polizia americana si domanda chi possa essere la misteriosa donna, che non lascia tracce di sé, non fa scattare gli allarmi e ha il potere di sbiancare le immagini. Le indagini proseguono senza molte speranze di acciuffare l’Arsenio Lupin in gonnella.

© riproduzione riservata

FINE

Con questa parte termina il racconto. Per un po’, non so quanto, non inizierò un nuovo racconto a puntate, perché il progetto che ho in mente richiede tempo per la sua elaborazione. Nel mentre non vi lascerò orfani, ci speravate immagino, e produrrò qualcosa. Cosa non lo so ancora 😀

1Scendi! Traduzione dal linguaggio Maya

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La notte di San Giovanni – parte trentaquattresima

dal web
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Deborah non sapeva per quante ore avesse dormito, quando aprì gli occhi. Avvertì sui piedi il calore della pelliccia di Miao. Il buio profondo, che l’aveva accolta, adesso si era tramutato in un chiarore abbastanza luminoso per distinguere i contorni degli oggetti.

Uts wenech1?” le chiese una voce profonda, che non riuscì ad attribuire a nessuna delle figure che si muovevano nella capanna.

La ragazza scosse la testa. Continuava a ignorare il senso delle domande per via di un linguaggio indecifrabile. Sentì sotto le sue mani il ruvido della terra secca. ‘Dunque ho dormito per terra!’ si disse rabbrividendo al pensiero di essere stata a contatto con qualcosa che non era un pavimento. Pensò che fosse veramente stanca, quando era arrivata per essere stata in grado di riposare così scomodamente. Si mise eretta e avvertì sulle spalle e nei capelli una crosta di terriccio secco. Si toccò, capendo di essere sempre nella tenuta sportiva del dopo partita.

Miao sbadigliò sonoramente e venne a strusciarsi sulle gambe. Le dava a modo suo il buongiorno. Pareva tranquillo, come se non percepisse alcun pericolo. Deborah invece non lo era affatto. Vedeva in modo indistinto i contorni e le persone ma non conosceva chi fossero e cosa volessero. Parlavano un linguaggio del tutto sconosciuto, anche se appariva armonico. ‘Ma dove mi trovo?’ provò a chiedere, guardandosi intorno.

In k’aat-a pok?2” le domandarono ancora.

Non potete parlare da cristiani?” rispose un po’ indispettita, quando qualcuno la prese per mano e la condusse fuori senza troppi complimenti.

Il passaggio repentino dal buio della capanna alla luce esterna le fecero chiudere gli occhi per non rimanere accecata. Vedeva ancora immagini sfocate, quando delle mani callose le sfilarono la maglietta e le tolsero il reggiseno. Stava per protestare vivacemente, quando le abbassarono i pantaloncini e le mutande. In meno di un respiro si ritrovò nuda. Seduti in cerchio stavano degli uomini vestiti in maniera strana. Colori sgargianti e monili intorno al collo. Fumavano e masticavano delle foglie. La pelle grinzosa era cotta dal sole. Istintivamente si coprì il pube e il seno. Non si era mai trovata in una situazione così imbarazzante.

Le due donne, che l’avevano spogliata, erano molto più basse di lei ma dotate di grande forza. La trascinarono senza sforzo apparente verso un buco nel terreno pieno di acqua limpida. La immersero senza pronunciare una parola. Non appena fu dentro, rabbrividì per il contrasto tra il calore del corpo e la temperatura dell’acqua. In un attimo si intorbidì per effetto della terra secca che si staccava dal fisico e dai capelli. Non ebbe modo di gustare il piacere della frescura dell’acqua, perché fu sollevata come un fuscello. Sentì gorgogliare l’acqua che defluiva. Gli avvenimenti si succedevano più rapidamente rispetto alla formazione dei suoi pensieri. Non capì cosa stesse avvenendo, quando una polvere grigia le ricoprì il corpo, che venne massaggiato con grande vigore. Avrebbe voluto chiedere, parlare ma l’immersione e il massaggio si susseguirono diverse volte, senza darle il tempo per formulare una qualsiasi domanda. Fu un dentro e fuori rapidissimi, finché un telo di cotone grezzo, per nulla morbido, non l’avvolse. La frizionarono senza preoccuparsi delle sue proteste. Alla fine capelli e corpo furono perfettamente asciutti. Con delicatezza ammorbidirono la pelle con unguenti profumati. Deborah si chiese quanto tempo era trascorso dal risveglio fino adesso senza trovare risposta.

Gli uomini la osservavano ma parevano indifferenti alla sua nudità. Lei si rassegnò e si affidò alle mani delle due donne senza protestare. Poco dopo si trovò vestita con una blusa arancione finemente decorata con motivi floreali, che scendeva su una gonna blu lunga fino ai piedi. Indossava dei sandali di pelle morbida, allacciati alla caviglia, mentre al collo splendevano al sole collane di giada, ambra e altre pietre dure. Il tessuto ruvido massaggiava il suo corpo nudo con piacevoli sensazioni. Mani esperte pitturano la faccia con colori vivaci. Sul capo le posarono un copricapo dalla foggia strana: una parte in legno dal quale fuoriusciva una morbida pelliccia maculata. I capelli furono raccolti in una crocchia sulla sommità della testa e scomparvero dentro quello strano berretto rigido.

Deborah avrebbe voluto avere a disposizione uno specchio per vedere come era stata agghindata. Si limitò a osservare le vesti e le braccia, le uniche parti visibili.

Gli uomini, seduti per terra, l’osservarono. Ne dedusse che la sua figura alta e atletica era di loro gradimento. Aveva fame e mimò col gesto delle mani che desiderava del cibo.

A k’aat a hanal?3” le chiese una delle due donne.

Sì” disse la ragazza, che aveva rinunciato a comprendere quello strano linguaggio.

Come per magia comparve una ciotola con dentro tocchetti di carne immersi un impasto verde, da cui affioravano dei pezzetti rossi. Un’altra donna teneva in mano delle focaccine gialle e sottili, posate su una foglia di banano. Deborah cominciò ad assaggiare il contenuto della ciotola con molta diffidenza. Il gusto non era male ma dopo poco avvertì un calore incredibile nella bocca. Sembrava che fosse in fiamme.

Cosa avete messo dentro?” urlò con ampi gesti delle mani.

Tutti risero. Lei si arrabbiò ancora di più. “Sembra peperoncino puro” si disse, guardandoli in cagnesco. Mimò di avere sete.

Uk’a hech?4” le chiese una delle due donne premurosa.

Al diavolo! Certamente!” sbottò irosa.

Comparve un contenitore pieno di un liquido trasparente.

Che altro intruglio mi propinano? L’acqua è un bene prezioso?” fece, provando ad annusare il contenuto. Era perfettamente inodore. Non si fidò e intinse un dito che succhiò. Era dolciastro ma gradevole. Azzardò una sorsata. Scivolò giù dando frescura alla bocca infiammata ma quando arrivò nello stomaco deflagrò come una bomba alcolica. Decise di mangiare solo le focaccine gialle, che apparivano le più innocue. Poi comparve un liquido nero in una specie di tazzina senza manico.

Offrono anche il caffè” disse, pentendosi subito di averlo pensato. Era rimasta scottata troppe volte per credere che fosse caffè. L’aroma puntava decisamente verso il cioccolato. Lei ne era ghiotta. Accostò le labbra. Il gusto era decisamente squisito, lasciava solo un leggero pizzicore in gola. Quello tipico del peperoncino. ‘Uffa ma usano mettere il peperoncino ovunque?’ si disse, mandando giù un’altra sorsata.

In tutto questo trambusto si era persa Miao. ‘Chissà dove s’è ficcato, quel gatto che, quando serve, non c’è mai?’ pensò, sorseggiando la cioccolata. Lo vide che si divertiva con un topolino di campagna, che impaurito cercava di ritrovare la propria tana. Deborah sorrise. ‘L’istinto del cacciatore non l’abbandona mai’.

Mentre osservava il gatto, udì una voce proveniente dal gruppo di uomini accovacciati a terra.

Agua pura” le parve di sentire. Stupita si voltò verso di loro. ‘Perché mi chiedono se voglio dell’acqua? E poi si sono messi a parlare spagnolo?’ si disse sorpresa. Annuì in segno di accettazione. Al suo fianco comparve una donna che le porgeva un calice di vetro che conteneva un liquido trasparente.

Deborah era diffidente. Da quando era sveglia, troppe volte era stata ingannata dall’aspetto. Non voleva correre rischi. Guardò l’uomo che stava al centro, quello più vecchio e che sembrava che dettasse ritmi e ordini a tutti. Era anche vestito in maniera più appariscente rispetto agli altri. ‘Sicuramente è il capo di queste comunità’ ragionò senza accostare le labbra al bordo.

Il capo gli fece un segno imperioso di bere il contenuto ma la ragazza nicchiava. Non era convinta di obbedire a quel cenno.

Uk’-a!5” disse con un tono duro e categorico.

Deborah lentamente portò il calice alle labbra e cominciò a bere, pronta a smettere se avvertiva qualcosa di anomalo. Il liquido filtrò leggero in gola, senza che lei percepisse nulla. Sembrava effettivamente acqua. ‘Perché ha parlato in spagnolo per poi tornare a quella lingua sconosciuta?’si disse, mentre continuava a bere con lentezza. Le stava togliendo quell’arsura che il peperoncino le aveva trasmesso, quando si sdoppiarono le immagini.

Erano sensazioni terribili. Vedeva due Miao, che si muovevano in maniera sincrona. Staccò il calice dalla bocca e notò che possedeva quattro mani e due calici. Provò a girarsi verso il vecchio ma ebbe l’impressione di volare leggera nell’aria. Tutto ruotava con lentezza ma girava in tondo, mentre le percezioni sensoriali mostravano distorsioni e colori differenti dall’usuale, come se guardasse in un enorme caleidoscopio.

Deborah fece appello a tutte le risorse fisiche e mentali per dominare quelle sensazioni che si stavano impadronendo del suo corpo. Vacillò ma non cadde. Chiuse gli occhi ma i colori popolavano la sua mente.

Infine fu buio.

1Hai dormito bene? Traduzione dalla lingua Maya

2Vuoi lavarti? Traduzione dalla lingua Maya

3Vuoi mangiare? Traduzione dal linguaggio Maya

4Hai sete? Traduzione dal linguaggio Maya

5Bevi! Traduzione dal linguaggio maya

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Una busta alle ore 21

Nell’attesa del gran finale che ho scritto per scrivereCollettiva leggete questo post su Caffè Letterario
Buona lettura

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La notte di San Giovanni – parte trentatresima

dal web
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La partita del debutto nel campionato di A1 fu uno strepitoso successo per Deborah, tanto che ebbe l’onore di essere considerata la MVP (Most Valuable Player) delle due giornate. Il coach ebbe più volte parole di riconoscimento verso di lei, per come aveva gestito la gara fino alla vittoria sulle campionesse d’Italia. Encomi doppiamente graditi, perché lui non si sprecava mai in lodi ma trovava sempre una sbavatura in una partita perfetta. I giornali sportivi del lunedì parlarono che era nata una nuova stella nel basket femminile. ‘A ventidue anni Deborah Secchioni esplode con giocate magistrali. La nazionale ha trovato la nuova Mabel Bocchi‘ titolava la Gazzetta dello Sport il 15 ottobre nell’articolo che parlava della giornata inaugurale del campionato. In pratica aveva preso per mano la sua squadra, ‘Aquile Rosa‘, nella vittoriosa sfida contro la ‘Familia Schio’ del duo Macchi-Masciadri, che rappresentano il meglio del basket femminile nostrano. La ragazza non era riuscita, nonostante gli elogi, a mitigare da quello stato di ansia che ormai l’aveva contagiata da due settimane.

Oltre a conquistare i titoli dei quotidiani sportivi, Deborah aveva avuto l’onore di essere copertina della rivista ‘Gossip Girl’ per merito di Marco. L’articolo interno era un ritratto a tutto tondo, dove il gossip era stato cacciato dalla porta, lasciando il posto a una rappresentazione lusinghiera della sua personalità.

In conclusione era stato un week end da incorniciare quello vissuto dalla ragazza.

Anna, la compagna di stanza, aveva notato il viso sofferente di Deborah e non riusciva a comprenderne i motivi. Avevano vinto una partita, dove nessuno avrebbe scommesso un centesimo sulla loro vittoria. Lei era stata decretata MVP delle due serate, un riconoscimento ambito da qualsiasi giocatrice. Aveva avuto l’onore della prima pagina di una rivista che vendeva milioni di copie. Quindi avrebbe dovuto sprizzare gioia ed entusiasmo da ogni porro. Invece pareva assente, insoddisfatta e nervosa, quasi infastidita da tutte queste attenzioni.

C’è qualcosa che non va?” le chiese Anna, quando rientrarono in albergo dopo aver partecipato alla serata di gala con le premiazioni delle giocatrici.

No” rispose la ragazza laconicamente.

Eppure noto che c’è qualcosa che non va” disse la compagna, mentre si spogliavano per andare a letto.

Forse hai ragione. Dovrei essere felicissima ma c’è qualcosa che me lo impedisce. Non chiedermi cosa, perché non lo conosco nemmeno io!” fece Deborah, infilandosi sotto le lenzuola.

D’accordo. Forse lo stress del debutto e quei complimenti non ti sono stati d’aiuto. Beh! Ora dormiamo e ne riparliamo domani. Notte” affermò Anna.

Notte” rispose la ragazza.

Deborah si trovò a camminare per strade sconosciute, polverose e solitarie. Miao incedeva spedito come se si trovasse a suo agio in quelle lande sassose a tratti ricoperte da una folta vegetazione. Era nella tenuta giallo-blu della sua squadra: maglietta ancora zuppa di sudore della partita, pantaloncini di raso rosso e scarpe Jordan. Il sole era basso sull’orizzonte e illuminava delle vette che non parevano altissime. Aveva strane sensazioni. Procedeva spedita da diverse ore senza sentire né fatica né fame. Solo una gran voglia di bere.

Ma da quante ore cammino?” si chiese, osservando Miao, che stava innanzi a lei. Non riusciva a darsi una risposta certa. Provò a orientarsi col sole ma ben presto ci rinunciò. La polvere sollevata dal vento si appiccava alla pelle come una sottile pellicola grigia. Le labbra era gonfie, quasi spaccate dall’arsura e dal caldo.

La strada proseguiva dritta sull’orizzonte. A destra e sinistra nulla, solo petraia arsa dal sole. Qui le piante cercavano di vincere la sfida della sopravvivenza. Sullo sfondo di un cielo terso e limpido apparve un muro di verde.

Deborah camminava in silenzio senza pensare a nulla. Pareva in una bolla che la isolava del resto del mondo. Quasi senza rendersene conto entrò in quella parete verde, una selva che oscurava il cielo. Sentì le grida roche di animali sugli alberi e il ronzio di insetti, che non vedeva. Rallentò, perché i raggi del sole, ormai radenti all’orizzonte, non riuscivano più a illuminare i suoi passi.

Miao” disse con tono disperato, chiamando il gatto che pareva sparito alla sua vista.

Ascoltò solo l’eco delle sue parole ed ebbe paura. Si tastò le braccia scoperte e i pantaloncini che arrivavano alle ginocchia. Rise. ‘Non è certamente l’abbigliamento adatto per una passeggiata nella giungla’ si disse nel tentativo di infondersi coraggio. Era sola, abbandonata anche dal gatto. ‘Cosa fare?’ si chiese fermandosi un attimo per abituare gli occhi all’oscurità incombente.

Riprese a camminare di buona lena. ‘Devo trovare un paese, una casa per la notte. Non oso pensare di camminare col buio su questo sentiero umido e oscuro’ si disse, mentre sempre più a fatica riconosceva i contorni della strada. Del gatto aveva perso le tracce, inghiottito dalla verde tenebra della selva. Era scomparsa con lui anche la sicurezza nel cammino. L’ansia le suggeriva di mettersi a correre. ‘Correre? Sarebbe pura follia’ rifletté, cercando di calmare la paura che sempre con maggiore vigoria saliva, saliva fino al cervello.

Adesso udiva le voci misteriose della giungla, il rumore delle ali che sbattevano nell’aria, i rochi richiami di animali notturni. Questo minava sempre di più la sua determinazione a proseguire. Continuò a camminare ormai immersa nel buio e nei suoi pensieri. Le gambe si muovevano come automi senza che la sua volontà le comandasse. Un groppo alla gola le bloccava il respiro, mentre procedeva quasi in apnea. In distanza le parve di scorgere un lieve chiarore. Accelerò il passo, mentre quel baluginio di luce diventava sempre più netto. La cupola nera del verde degli alberi si aprì come d’incanto, mostrando un cielo stellato. Una casa era sulla sua destra, appoggiata sul prato che stava intorno alla strada. Si avvicinò e vide Miao che l’aspettava dinnanzi a un’apertura protetta da una stuoia che immaginò colorata. Era un insieme di assi di legno, coperti da paglia, senza finestre, almeno dalla visuale che Deborah poteva scorgere. L’aspetto non era invitante ma il buio e la sensazione di freddo vinsero i suoi timori e la spinsero ad avvicinarsi.

Ecco dove ti eri nascosto!” gli disse, inginocchiandosi per accarezzarlo.

Miaouuu” fu la risposta.

Sei un birbante” lo sgridò Deborah con dolcezza, accostandosi all’apertura.

Una mano grinzosa scostò quel tappetto, come per invitarla a entrare.

Muj oc#el1” sentì una voce profonda proveniente dall’interno.

Miao senza aspettare altro si infilò nel varco. Deborah rimase interdetta. ‘Che razza di linguaggio parlano?’ si disse incerta se rimanere fuori o accogliere quell’invito, composto da suoni del tutto sconosciuti. Si fece coraggio ed entrò.

Appena dentro la tenda tornò al suo posto, mentre lei spalancava gli occhi nel vano tentativo di vedere delle forme. Notò solo gli occhi giallastri di Miao e un puntino rosso che si muoveva ritmicamente in avanti e in dietro. L’olfatto percepì un gusto dolciastro non ben definito. Pensò che fosse quel puntino rosso a produrlo. L’udito ascoltò un respiro, anzi più respiri di diverse persone, senza che la ragazza riuscisse a indovinarne il numero. ‘Dunque più uomini sono in questa baracca’ rifletté. Allungò la sinistra e il tatto le fece percepire un piano ruvido ma non freddo.

Altre parole gutturali si arrampicarono nella sua mente. Non capiva cosa le dicessero. Il buio più totale le impediva di osservarne l’interno, bloccandola di fatto in quella posizione di attesa. Si fece coraggio e mosse un passo verso destra, perché prima aveva aveva tastato qualcosa a sinistra. Non trovò ostacoli ma l’impossibilità di conoscere la loro ubicazione la bloccarono di nuovo. ‘Ho paura’ pensò, subito scacciata dal pensiero che Miao non aveva avuto esitazioni a entrare. Se c’erano pericoli, non arrivavano dall’interno.

Yan tech huinyial2?” le chiese una voce, che lei associò a un volto femminile.

‘Che cavolo sta dicendo? Se dico sì, non so che mi aspetta. Se dico no, potrebbero offendersi’ ragionò, rimanendo in silenzio. Una posizione neutra né di accettazione, né di rigetto.

Una mano afferrò la sua sinistra, riportandola verso il piano ruvido. Con la destra avvertì un qualcosa che assomigliava nella forma a una ciotola. L’odore pareva buono. Prese con entrambe le mani la scodella e la portò alle labbra. Sentì il rumore del lappare di Miao. Un liquido caldo passò sulla lingua e poi nell’esofago. Il gusto era di suo gradimento ma forse era la fame e la sete che avevano compiuto il miracolo.

Poi sorso dopo sorso svuotò il contenuto della ciotola, mentre avvertiva una profonda sensazione di benessere.

Aveva appena finito di bere quel liquido piacevole, quando gli occhi tentarono di chiudersi, anche se lei si sforzava di tenerli aperti.

Alla fine prevalse il sonno e scivolò verso terra, sorretta da mani amiche.

1Entra in linguaggio maya ch’ol

2Hai fame? Traduzione del linguaggio maya ch’ol

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La notte di San Giovanni – parte trentaduesima

DAL WEB
DAL WEB

Mi dispiace che la tua vita sia diventata un inferno. Inseguita da paparazzi e giornalisti. Non sono riuscito a bloccare la pubblicazione” ammise con dispiacere Marco, durante una telefonata con Deborah.

Non mi pare di essere una celebrità da prima pagina” ribadì la ragazza, che non ne poteva più di quell’assedio.

Le due settimane di relax si erano trasformate in un incubo mediatico. Giornali, tv, fotografi erano un’orgia alla quale stentava sottrarsi. L’unica speranza era che alla ripresa degli allenamenti le attenzioni, delle quali godeva, in maniera non voluta, fossero cessate.

Il vero bersaglio sono io” disse l’uomo. Era la pena del contrappasso per il direttore di un settimanale, che viveva proprio su queste non-notizie per la gioia di qualche migliaio di lettori e lettrici, che si beavano nel leggere le disavventure amorose di personaggi più o meno celebri.

Marco e Deborah da quando erano stati immortalati non si incontrarono più di persona. Troppe persone li rincorrevano e volevano rubare qualche attimo di intimità, che in effetti era inesistente. Si parlavano per telefono in lunghe chiacchierate. La ragazza pensò a quello che Sajana le aveva detto l’ultima volta che si erano viste ‘molte persone vorranno conoscerti e cercheranno di salire nella tua casa. Tu lasciale fuori‘ e ammise che aveva ragione.

Le compagne di squadra furono importunate in maniera analoga. Tutti ambivano di conoscere qualche dettaglio della vita privata di Deborah per pubblicare qualche pezzo a effetto. L’unica che poteva aggiungere qualcosa di più era Anna, che però rimase sul nebuloso, vendendo fumo e non dicendo nulla. Per tutto il mese di settembre squadra e giocatrici furono al centro dell’attenzione mediatica, finché i risultati sportivi fecero notizia e misero a tacere qualsiasi tipo di gossip. Il coach era furibondo, perché tutto questo trambusto minava la serenità dell’ambiente e la concentrazione delle ragazze. Una sera al termine di un duro allenamento, che lo aveva visto diventare paonazzo per richiamare le giocatrici a un maggior impegno, prese in disparte Deborah.

Cosa ti è saltato in mente di mettere in moto tutto questo casino “ l’aggredì verbalmente.

Veramente non ne posso più” replicò seccamente la ragazza. “Stavo prendendo un aperitivo col giornalista conosciuto a Rio, quando si è scatenato il diluvio”.

Dovevi evitarlo!” disse con acrimonia il coach.

Perché è vietato prendere un aperitivo con qualcuno che si conosce?” rispose risentita Deborah.

No. Ma se” cominciò l’allenatore, subito interrotto dalla ragazza.

Nessun ma. Ero in vacanza. Non lo dimentichi. Era giorno e un po’ di relax dopo la lunga tournée ci stava tutta” sbottò Deborah, raggiungendo le docce.

Il coach masticò amaro ma doveva ammettere che il ragionamento della ragazza non faceva un grinza. ‘Se il casino fosse nato da una notte folle, allora potrei chiedere provvedimenti. Ma col sole, il giorno dopo il rientro da una tournée faticosa e impegnativa, aveva tutto il diritto di sedersi a un tavolo a bersi un aperitivo con chi voleva’ si disse, raggiungendo gli spogliatoi.

É diventata famosa la EX’ fece Gaia sarcastica.

Uffa” sbottò Simone, che non amava queste stilettate pungenti. La sua ex era su tutte le pagine dei rotocalchi, dove si leggeva di tutto. Qualche giornalista più intraprendente aveva bussato alla sua porta per estorcergli qualche parola su Deborah. Però avevano battuto in ritirata, vista la grinta che ci aveva messo nel cacciarli via. Non era così determinato nemmeno, quando gioca a basket.

É strano che nel gossip mostruoso che è stato montato il tuo nome o il tuo viso non compaia mai. Mi domando il perché?” continuò la donna con tono ironico nel punzecchiarlo.

Chi vuoi che si interessi a me? É lei la regina delle prime pagine” mentì Simone con molto verismo.

Il ragazzo, fatta un breve pausa, continuò il ragionamento.

Forse pensavi che qualche giornalista o reporter TV accostasse il tuo nome al mio?” disse Simone, restituendo la facile ironia su Deborah.

Gaia lo guardò in malo modo. ‘Ma che vuole questo nano?’ si disse, mentre si staccava da lui.

Non mi va di essere polemico su una persona che appartiene al passato. Ora ci sei tu e questo mi basta” affermò con decisione per chiudere questo argomento, che era sempre stato fonte di battibecchi tra loro.

Gaia ammise con se stessa che soffriva di un complesso di inferiorità nei confronti di Deborah da quella notte famosa, quando era comparsa all’improvviso con quel malefico gatto nero. L’impressione di essere spiata, osservata era molto forte, quando stava in atteggiamenti intimi con Simone. Doveva trovare il modo di chiudere questa avventura col ragazzo, perché lo stress diventava sempre più forte e destabilizzante giorno dopo giorno. Nonostante si fosse imposta questa soluzione, la rimandava a dopo, senza riuscire a venirne a capo.

Marco stava approntando il numero speciale con Deborah in prima pagina in occasione del ‘Opening day‘ di Pescara del 13-14 ottobre. Non era mai stato un appassionato di sport, anzi aveva sempre evitato di immergersi in qualsiasi agone sportivo. Per Deborah aveva fatto un’eccezione. Si era documentato, aveva raccolto informazioni, aveva visionato tanti video di YouTube. Insomma aveva colmato quella lacuna che durava da una vita.

La popolarità raggiunta dalla ragazza e dalla sua squadra sarebbe stato un battage pubblicitario del tutto gratuito e un traino non indifferente per le vendite. Voleva farle una sorpresa in occasione del debutto nella massima serie. Avrebbe distribuito gratuitamente a tutte le signore una copia di ‘Gossip Girl‘ all’interno del PalaElettra nelle due giornate di gare.

Mentre discuteva con la giornalista, che aveva curato il reportage, e il grafico, che doveva dare il tocco definitivo al tutto, Marco ebbe un’idea. ‘Ne devo parla con Carlo’ si disse. Se andava a buon fine, gli avrebbe permesso di seguire Deborah durante il campionato. In definitiva era una specie di sponsorizzazione alla squadra, sia pure atipica, perché cercava di catturare la tifoseria a leggere la rivista. Aveva pensato di dedicare le pagine centrali della rivista alla formazione ‘Aquile Rosa‘, dove oltre alla presentazione delle giocatrici con interviste e foto e dello staff tecnico ci sarebbe stata ‘la posta del cuore‘ con le lettere e le domande dei tifosi rivolte alle loro beniamine.

Se ho il via libera, ne parlo con” fece Marco, inceppandosi sul nome del general manager delle ‘Aquile Rosa‘. “Non fa nulla, come si chiama lo scoverò di certo”.

Deborah nelle due ultime settimane, prima del debutto a Pescara, si sentiva inquieta. Non era il timore di steccare la prima a renderla ansiosa ma una sensazione che avvertiva nella mente e nel corpo. Un qualcosa che non riusciva a quantificare. Era come se fosse tornata a quei giorni di San Giovanni a Cattolica, quando viaggiava nel tempo e nello spazio, quando percepiva quello che gli altri pensavano. Di questo aspetto se ne era resa conto durante le ultime partitelle di allenamento o le amichevoli per preparare il debutto il 13 ottobre. Era in grado di leggere la partita con molto più acutezza del solito e di anticipare le intenzioni delle compagne e delle avversarie. Se da un certo punto di vista questo la favoriva, da quello psicologico la inquietava. Lei voleva essere concentrata sulla sua attività di giocatrice e non essere distratta da eventi esterni.

Un’altra spia del suo malessere era Miao, che appariva più nervoso e sfuggente del solito. Il suo rapporto col gatto era sempre ottimo ma aveva notato che soffiava più minacciosamente del solito, quando qualcuno ronzava intorno. Questo aspetto la preoccupava, e non poco, perché temeva che potesse fare danni senza che lei potesse giustificarli.

Il due di ottobre, mentre era intenta nel solito rito della candela e della lucidatura della teca, il teschio aveva brillato sinistramente, molto di più di quanto ricordava. Nei giorni successivi la luminosità era cresciuta e gli occhi parevano mobili, come ricordava di aver ascoltato in un colloquio durante quella notte magica.

Insomma pareva che dopo una relativa calma, durata circa tre mesi, qualcosa si fosse messo in moto.

Cosa?” si chiese, mentre preparava il trolley con quanto serviva per Pescara.

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32° giorno di scrittura collettiva

Eccomi col consueto appuntamento del giovedì su scrivere creativo col il mio tassello alla storia di Sofia. L’intera storia la trovate su https://scriverecollettiva.wordpress.com/2015/02/26/fino-al-32-giorno-oggi-gianpaolo/
Buona lettura

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La notte di San Giovanni – parte trentunesima

dal web
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Deborah era incerta se rispondere oppure no. Una voce interna le suggeriva di non aprire. L’abbigliamento e il monito di Sajana. Un’altra, quella della sua personalità, la stimolava in senso opposto. Una bella lotta, che la paralizzava.

Non rispose. Lasciò che il video si oscurasse. Sentì suonare lo smartphone. Era certo che era lui, che provava a mettersi in contatto. Lo lasciò squillare, finché non cessò. Rimase immobile nella semioscurità dell’ingresso. ‘Ho fatto bene oppure no?’ si disse, ritornando sui suoi passi.

Si domandò come avesse fatto a risalire al suo indirizzo. Rise. ‘Vuoi che un giornalista non abbia gli agganci giusti per avere tutte le informazioni su di me?’ si disse, mentre Miao si strusciava sulle gambe, per congratularsi per l’atteggiamento tenuto.

Decise di fare una doccia e prepararsi per uscire. Una volta in strada lo avrebbe richiamato. ‘Oppure no?’ si disse, mentre era ancora indecisa quale scelta operare nei confronti di Marco. Era nella medesima situazione di stallo, mentre in mutandine e reggiseno stava davanti all’armadio aperto. ‘Cosa mi metto?’ Sbirciò fuori. C’era ancora luce. Alla fine dopo avere preso fuori vestiti leggeri, camicette e jeans mettendoli sul letto, optò per abiti casual. Un paio di jeans di Armani, una polo Ralph Lauren gialla, che metteva in risalto l’abbronzatura dorata, appena accennata del viso, un paio di ballerine leggere.

Raggiunta piazza Duomo, osservò la Madonnina brillare al sole calante. Uno spettacolo che l’affascina da sempre. Chiamò Anna.

Ciao” disse sentendo la sua voce.

Ciao. In forma?” le chiese con tono leggermente ironico.

Sì” rispose Deborah senza raccogliere il motteggio. “Sono in piazza Duomo. E la serata si annuncia splendida. Mi raggiungi per un aperitivo?”

Anna rimase in silenzio per qualche secondo. Era in dolce compagnia e non poteva dirglielo brutalmente. A Deborah preferiva di gran lunga Roberto. Si schiarì la voce prima di rispondere.

Mi dispiace ma stasera ho ospiti” e fece una pausa. ‘Uhm! In effetti non racconto una bugia’ si disse, accennando a una risata.

Che peccato!” fece Deborah, delusa e leggermente indispettita.

Che ne dici per domani sera?” provò a lanciare come proposta Anna. Le dispiaceva per il rifiuto di stasera. Domani non aveva impegni e Roberto di sicuro non stazionava nei pressi della sua camera da letto.

A questo punto era Deborah a riflettere. Non aveva molte intenzioni di impegnarsi. Preferiva vivere alla giornata. Tuttavia non voleva tagliarsi i ponti alle spalle con una risposta negativa o troppo brusca. Era incerta su cosa dire senza sbilanciarsi troppo in senso negativo o positivo.

In linea di massima ti dico di sì. Ma ci sentiamo domani per metterci d’accordo con più precisione” rilanciò Deborah.

Okay. Allora a domani” disse Anna, che doveva resistere ai piccoli tormenti d’amore di Roberto, senza manifestarli all’amica al telefono.

A domani”.

La ragazza si diresse verso Galleria Vittorio Emanuele alla ricerca di un tavolo libero per un aperitivo solitario. Aveva mosso i primi passi, quando il telefono richiamò la sua attenzione.

Numero privato?” esclamò, non vedendo comparire il dato sullo schermo dello smartphone.

‘Chi potrebbe essere?’ si disse tra la curiosità di conoscere chi la stava chiamando e la diffidenza verso un possibile scocciatore. Alla fine la donna curiosa che albergava in lei prevalse.

Pronto” rispose con cautela.

Ciao” disse una voce non completamente ignota.

Ciao” replicò diffidente, rimanendo sulla difensiva. Non le piacevano le persone che non si annunciavano.

Non mi riconosci?” continuò quell’anonimo interlocutore.

Direi di no” fece non poco infastidita.

Deborah udì una sonora risata, che accentuò ancor di più il cattivo umore. Stava per chiudere la conversazione, quando finalmente l’enigma si sciolse.

Sono Marco” esclamò con voce allegra.

La ragazza si domandò perché aveva nascosto il numero. Un paio d’ore prima non l’aveva fatto. ‘É insistente l’uomo!’ si disse mentalmente.

Sono Marco Designori. Ti ricordi di me?” precisò con un filo d’affanno.

Ho capito chi sei e mi ricordo di te. Sei il giornalista conosciuto a Rio. Il direttore di Gossip Girl” rispose freddamente.

Alla buon’ora! Ce ne hai messo per rispondermi. É da ieri sera che provo a mettermi in contatto con te” disse l’uomo, che aveva smorzato gli entusiasmi iniziali.

Se avessi deciso di non rispondere a un numero privato?” rispose la ragazza.

Avrei riprovato. Questa volta in chiaro! Non mi hai ancora detto perché non hai risposto alle mie chiamate” disse Marco leggermente rinfrancato.

Dormivo e non mi avrebbero svegliato nemmeno le cannonate” fece, assumendo un tono di difesa. Non le andava di dovere dare spiegazioni a una persona che conosceva appena. Però cercò di trattenersi.

Beh! Le chiamate le avrai viste sullo smartphone?” replicò Marco.

Sì e no”.

Deborah udì una sonora risata e ci rimase male. ‘Ma che vuole questa persona?’ si disse, infastidita dalla piega assunta dalla conversazione.

E va bene. Ho capito” cominciò l’uomo.

Capito cosa?” lo interruppe la ragazza.

Non ami gli scocciatori e le persone troppo insistenti. Posso offrirti la cena per farmi perdonare?” disse Marco.

Deborah stette in silenzio. La proposta le giungeva inaspettata. ‘Cosa vuole da me? Pensa che cada come un frutto maturo ai suoi piedi?’ ripeté la domanda che si era posta qualche istante prima. Doveva riflettere e valutare i pro e i contro. Osservò Miao come per avere una soluzione ai suoi dubbi. Tuttavia lui era più interessato ai colombi che ai suoi problemi. ‘Quando ho bisogno di te, tu ti defili. Bell’amico che sei!’ gli rinfacciò mentalmente la ragazza.

Non sento più niente? É successo qualcosa?” le chiese premuroso.

No. Stavo riflettendo” ammise con candore e sincerità Deborah.

E la riflessione ti porta a dire di sì alla mia proposta?” insistette Marco, che cominciava a spazientirsi. ‘Se quella mocciosa pensa di fare la preziosa, ha sbagliato persona. Sono stato chiaro e senza troppi giri di parole’ pensò irritato dai silenzi e dalle parole ambigue della ragazza.

D’accordo. Dove?” chiese Deborah, tentando di infondere entusiasmo per l’invito ricevuto.

All’ultimo piano della Rinascente di Piazza Duomo” disse l’uomo, leggermente rinfrancato.

Io sono in Galleria Vittorio Emanuele a prendere un aperitivo”.

Tempo cinque minuti e sono da te. Lo prendiamo insieme”.

Va bene” rispose con tono meno battagliero.

La ragazza camminò nervosamente verso Piazza Duomo. Aveva progettato una serata ben diversa: prima Anna si era defilata, dopo era giunto l’invito di Marco.

Lo so. Anna era con un ragazzo, anche se non lo ha detto esplicitamente. Al suo posto mi sarei comportata così” si disse, calciando un foglio mosso dal vento.

Tuttavia era Marco la spina nel fianco. Lo trovava eccessivamente vecchio per lei. ‘Quanti anni di differenza? Dieci? Quindici? Non saprei! Ma sono decisamente troppi’ si disse e sorrise, perché stava correndo troppo con la fantasia. ‘Sajana ha detto che quello che avevo visto nell’acqua di San Giovanni sarebbe stato l’amore della vita. No, non ci credo. Decisamente mi sembra improbabile’ ragionò, quando sentì toccare la spalle destra.

Si volse per vedere chi si permetteva di abbordarla ed era pronta a reagire con furia.

Ciao! Sei uno schianto” disse Marco, sorridendole con affetto.

Ciao” rispose Deborah tra lo scocciato e divertito.

Da esperto posso dire che hai scelto un abbigliamento adatto alla serata!” continuò galante l’uomo.

La ragazza stava per replicare piuttosto duramente, perché non era un oggetto da carta patinata, quando un flash le abbagliò gli occhi. Rimase sorpresa e incapace di reagire, mentre udì Marco che imprecava con violenza e con un linguaggio poco in linea con la persona.

Perché?” domandò Deborah che si era ripresa dallo stupore.

La concorrenza!” bofonchiò l’uomo.

E fa le istantanee alle sconosciute?” domandò la ragazza che non aveva focalizzato esattamente cosa era successo.

Appunto! Una sconosciuta in compagnia del direttore di Gossip Girl!” esclamò nel vano tentativo di darsi un contegno. “Quell’idiota di Airoldi era in agguato per immortalarmi e poi correre a vendere le fotografie!”

Deborah non comprendeva la rabbia di Marco. “Vendere?” disse.

Sì, quello stronzo ci ricaverà almeno cinquemila euro dalla mia immagine con una bella ragazza sconosciuta” fece il direttore, mentre si guardava intorno per scoprire altri paparazzi in agguato.

La ragazza sgranò gli occhi. ‘Valgo così tanto?’ pensò. “Ma sei sicuro che sarà così?” gli chiese dubbiosa.

Certo come l’aria che respiro” le confermò scuro in volto l’uomo, che tentava con scarso successo di dominare il nervosismo crescente.

Vieni” le disse Marco, prendendola sotto braccio. “Entriamo alla Rinascente, prima che ad altri venga la voglia di inseguirci”

Deborah era restata sempre in silenzio e non oppose resistenza all’invito. ‘Mi domando se è stata geniale l’idea di accettare la proposta della cena di stasera’ si disse, mentre entrava nell’ascensore per arrivare al bar della Rinascente.

Si è consolata in fretta la nostra EX” esclamò Gaia, mentre mostrava la prima pagina di ‘Guarda‘, un settimanale in concorrenza con ‘Gossip Girl‘.

Simone la guardo e lesse la didascalia ‘Marco Designori si consola con una bella pantera bionda‘.

Ma chi è Marco Designori?” domandò il ragazzo, mentre osservava Deborah ritratta.

Non sai chi è?” rispose ridendo la donna.

No!”

Il più gran figlio di mignotta di tutta Milano!”

E va bene. Sarà un gran figlio di puttana ma ne so quanto prima” disse Simone che cominciò a sfogliare il settimanale alla ricerca dell’articolo.

É, insieme a Signorini, il direttore più temuto e osannato dai vip milanesi e nostrani. Il suo settimanale sputa veleno e fango su tutti, svelando altarini e altro ancora. Fotografie rubate all’intimità delle persone, articoli che svelano dettagli scabrosi delle personalità più in vista e sulla cresta dell’onda del panorama nazionale. Finire sulle sue pagine si rimane stritolati dal tritacarne mediatico del gossip. Ora è lui sulla graticola” concluse ridendo Gaia.

Simone guardò ancora la foto. Trovava Deborah ancor più bella di quella che ricordava.

Sono gelosa” disse la donna, strappandogli il settimanale dalle mani. “Straccio la tua ex. Pensa piuttosto a me”.

Sei diventata famosa” esclamò Anna, mentre in Galleria Vittorio Emanuele, prendevano un aperitivo.

Famosa?” fece Deborah, mostrando stupore dagli occhi.

Sì! Tutti si chiedono chi sia la bella bionda in compagnia del potente direttore di Gossip Girl. Tutti meno noi!” replicò, ridendo l’amica.

Stava per controbattere Anna, quando una pioggia di flash si abbatté sulle due ragazze.

Divento famosa anch’io!” disse divertita l’amica.

E io scateno Miao” rispose indispettita Deborah.

Miao? Chi è? É il direttore?” domandò curiosa Anna.

No! Non è lui! Però se non riusciamo a goderci l’aperitivo in santa pace, è meglio tornarcene a casa” fece la ragazza, pentita di aver parlato del gatto.

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