Una storia così anonima – parte cinquantaunesima

foto personale
foto personale

Mentone, 10 marzo 2015, ore due

Il Samsung S5, acquistato poche ore prima, emette un suono lacerante che sveglia Luca. Il ragazzo si è disteso sul divano vestito e si alza intorpidito e alquanto infreddolito. Blocca la suoneria, si stiracchia pigramente, mentre sbadiglia senza mettere la mano davanti alla bocca, da bravo maleducato. Controlla il vecchio smartphone. Il segnale è sempre fermo a Tende, indicando un hotel: Le Miramonti. Un segnale forte e preciso, che lampeggia dalle undici e quaranta.

Buon segno’ pensa Luca. ‘Se la mia ipotesi è giusta, Henri non si è preso nemmeno la preoccupazione di controllare Vanessa. Adesso viene la parte più delicata’.

Deve uscire dall’albergo, fingendo di essere in due. ‘Ci riuscirò?’ pensa il ragazzo, che si sta rinfrescando il viso. Dà una sistemata ai jeans e alla polo per rendersi presentabile.

Scende nella hall e si fa aprire la porta di uscita.

Partiamo” dice al receptionist di notte, un uomo di colore. “Prendo la macchina e carico il bagaglio. La mia compagna scende tra un poco. Sa come sono le donne… sempre in ritardo”.

Ridacchia, mentre si avvia verso la porta a vetri. Dopo una decina di minuti è di ritorno, parcheggiando la vettura davanti all’ingresso. Sale a recuperare il bagaglio. ‘Adesso viene la parte più complicata’ si dice Luca.

Van” fa il ragazzo, parlando a un’immaginaria persona non visibile dalla reception. “Tu sali in macchina, mentre chiedo alcune informazioni al signore”.

Il receptionist allunga il collo, perché non vede nessuno e non sente risposta. Luca si mette in una posizione per occultare parte della porta.

Mi potrebbe indicare la strada più breve per Sospell?” dice Luca, dispiegando sul bancone una carta stradale dettagliata.

L’uomo col dito indica la via da intraprendere. “Prendete la Porte de France fino al Casino Barrière Menton. Qui inizia la Route de Sospell” fa l’uomo. “Non potete sbagliarvi”.

Dunque” dice Luca per distrarlo ulteriormente. “Se ho capito bene. Devo girare la macchina verso il mare. Prendere quella larghissima strada che incrocia questo corso verso Montecarlo. Percorrerla tutta fino al Casino e da lì infilare la via per Sospell’.

Sì,” annuisce il receptionist, “ha capito perfettamente. Ma non avete il navigatore in macchina?”

No” risponde Luca abbassando gli occhi, come a vergognarsi di non possedere questo strumento. “L’auto è vecchia”.

Ma ne vendono anche di portatili” suggerisce il receptionist.

Sì, ha ragione” replica Luca, “ma spendere dei soldi per un rottame come quello non vale la pena”.

“Bon voyage, messieursdice l’uomo. “Volete un caffè, prima di partire?”

Luca scuote il capo per diniego.

Lei è già in macchina. Siamo in ritardo sulla tabella di marcia” fa Luca con un vago cenno verso la vettura parcheggiata in modo da essere poco visibile dall’interno. “Dovevamo essere in viaggio alle due. Le donne non sono mai pronte all’ora giusta”.

Già” conferma il receptionist, salutando con la mano.

Velocemente Luca si allontana, uscendo in strada per salire sulla vettura. Infila i bagagli sul sedile posteriore. Si muove con calma per non suscitare la curiosità del portiere di notte. Sarebbe un guaio se uscisse in strada. Senza fretta inverte la direzione di marcia e sparisce alla vista dell’uomo.

Bravo, vecchio” dice Luca, battendosi con la mano sulla spalla. “Hai sbagliato mestiere. Dovevi fare l’attore”. Ride, mentre cerca un posto per fare una sosta. Deve prendere dalla sua borsa il nuovo smartphone e il computer con relativa chiavetta.

Trova una piazzola e compie l’operazione. Sistema su due supporti gli smartphone e mette il computer sul sedile del passeggero. Punta il navigatore su Sospell, mentre dall’altro ha la traccia del percorso dell’Iphone di Vanessa. Sul computer controlla che tipo di albergo è Le Miramonti. Adesso è pronto per iniziare la caccia.

Non devo avere fretta’ si dice Luca, ‘perché non so bene come è la situazione. Tende non dista molti chilometri. In un paio d’ore sono lì’.

Infilata la via per Sospell, il ragazzo guida con prudenza. Non conosce le strade e inoltre c’è buio.

Alle quattro e mezza è a Tende. Il segnale è sempre forte e fisso. Luca posteggia poco oltre l’albergo. Infila un giubbotto pesante e scende alla ricerca della Mini. I numeri della targa sono nitidi nella mente. Nei dintorni non c’è traccia. ‘Forse l’ha messa nel garage dell’hotel’ riflette, mentre ritorna in macchina a controllare sul computer. ‘E se per caso avesse messo il telefono di Van su un’altra auto?’

Adesso il dubbio c’è. Torna fuori a ispezionare le auto in sosta. Tutte targhe francesi. ‘No’ si dice Luca, scuotendo il capo. ‘L’unica ipotesi è che abbia messo la macchina nel garage dell’hotel’. Controlla l’ora. Sono già le cinque. Tra non molto dovrebbe albeggiare.

Le Miramonti, chambre six, 10 marzo 2015, ore tre

Vanessa apre gli occhi senza vedere nulla. La mente è intorpidita. I riflessi spenti. Prova a girarsi su un lato senza riuscirci. Non ci fa caso, perché ha un vuoto dentro di sé. Non capisce dove si trova senza allarmarsi. Naviga in un mondo che non riconosce, né conosce. Tenta di dire “Luca” ma non ode nessun suono. Poi lentamente sprofonda di nuovo in un sonno buio e oscuro. Non ci sono immagini, solo la percezione di estraneità dal presente.

Pierre russa e fatica a respirare. È stanco. Da troppo tempo la tensione dell’incarico prevale sul riposo.

Si ritrova a Oak Island, un’isola canadese della Nova Scotia nella baia di Mahone. Un isola di un centinaio di acri, ricoperta di querce e prati. Nessuno vi può accedere senza il permesso del Gran Maestro. Porta con lui la ragazza. Sogghigna. “Parla, stronzetta” le dice Pierre. Lei scuote il capo in segno di diniego. “Beh!” fa con un sorriso ironico. “Parlerai comunque”. E la strattona verso un edificio in mattoni, che si erge sul punto più alto dell’isola. Appena undici metri sul livello del mare. Una costruzione singolare che assomiglia al Tempio di Parigi. Quattro torrioni ai quattro angoli, tutti di altezza differente. Sembra un castello visto dall’esterno. Un prato verde smeraldo circonda il tutto. Niente alberi ma solo erba ben curata.

Vanessa si guarda intorno. “È inutile” le dice Pierre con un sorriso storto e antipatico. “Il tuo ragazzo non potrà salvarti questa volta. Parla e finirai in fretta le tue sofferenze”.

Varcano un portone di legno di quercia. L’androne è illuminato da torce a petrolio, che gettano ombre sinistre sul pavimento. “Cammina” le intima Pierre, stringendole il braccio. È ansioso di ripagarla per i profondi graffi sulla guancia, che ancora adesso bruciano per il dolore.

Percorrono un largo corridoio abbastanza oscuro e poi scendono verso il basso. Si sente il rumore della risacca, mentre le pareti gocciolano per l’umidità. Vanessa ha un brivido. È vestita leggera, come d’estate. Lo sguardo vaga ora a destra, ora a sinistra, mentre Pierre continua a trascinarla di malagrazia per un braccio.

Sei in trappola!” le dice l’uomo, mentre apre una porta di noce scuro.

La stanza è ampia e male illuminata. Sembra un museo della tortura medioevale. Strumenti, che hanno riempito le fantasie crudeli di quell’epoca, sono appesi alle pareti. Nel centro Vanessa osserva oggetti del tutto sconosciuti. Rabbrividisce ma stringe le labbra.

Parla. Sei ancora in tempo” le sussurra maligno in un orecchio.

La ragazza fa un cenno di diniego. Non sa perché si trovi lì.

Dunque vuoi fare la smorfiosa?” insiste Pierre, che si sta eccitando. Osserva in giro. Sono tutti strumenti terribili. Stende Vanessa su un tavolaccio, pieno di macchie scure. Lega braccia e gambe, prima di andare alla ricerca di un arnese per incuterle paura. Dalla parete stacca un oggetto metallico.

Vedi questo?” le dice Pierre, mostrandolo allo sguardo terrorizzato di Vanessa. “Si chiama pera”.

Ride in modo isterico, mentre le mostra il funzionamento del meccanismo. Quattro ali si allargano man mano che ruota una chiave.

Hai visto?” fa Pierre, mentre stacca dalla parete qualcos’altro, una specie di pinza con degli aculei. Ritorna da Vanessa, mostrando una dentatura non perfetta. “La pera te la infilo nella vagina e poi…”. Una nuova risata stridula risuona nello stanzone buio.

Vanessa vorrebbe muoversi ma le corde glielo impediscono.

Ti agiti! Ma non puoi fare nulla. Solo parlare” le dice Pierre, mettendole davanti al viso una specie di attizzatoio con quattro punte acuminate. “No, questo non serve. Hai due perine acerbe al posto del seno”.

Pierre continua la sua macabra danza, finché non sente del trambusto. Si volta verso la porta e vede il Gran Maestro.

Che fate?” gli dice l’uomo.

La faccio parlare” risponde Pierre.

Ha parlato?”

No, fino a questo momento” replica Pierre, facendo cadere con fragore gli strumenti che tiene in mano.

E non parlerà” fa il Gran Maestro. “Liberatela e conducetela nel mio studio”.

Pierre ha una smorfia di disappunto. Gli sta togliendo il gusto della vendetta. Obbedisce e porta Vanessa nelle stanze del Gran Maestro.

Sente una porta sbattere e si sveglia. Si alza col busto per osservare Vanessa, che pare ancora sotto l’effetto dello spray. Controlla l’ora con lo smartphone. ‘Sono quasi le sette’ si dice, sollevandosi in piedi. ‘Tra poco farò colazione e poi riprenderemo il viaggio’.

Il Gran Maestro si è infuriato’ sussurra appena Pierre, ripensando alla telefonata della sera precedente, ‘quando ha conosciuto dove mi sono fermato’.

Felice di avere catturato la ragazza l’ha chiamato per comunicargli la notizia.

Da lì, puoi andare solo in Italia” ha urlato, quando ha conosciuto il luogo della sosta. “Se il ragazzo ha fatto denuncia, ti prendono subito”.

Ma non esiste più la dogana” ha protestato flebilmente Pierre.

Non importa” ha replicato il Gran Maestro. “Raggiungi Annency, rimanendo in Francia. Lì un jet privato vi porterà a Oak Island”.

Apre le imposte per osservare il tempo. Nuvole basse coprono le vette circostanti. Non minaccia neve ma avrebbe preferito una giornata limpida. Non riconosce Luca, che sta camminando sul marciapiede opposto.

Chiama la reception per la colazione in camera. Quando la cameriera vedrà la ragazza ancora a letto, darà maggior forza alla bugia che dovrà dire per forza. Deve giustificare la non presenza nella hall del suo ostaggio, perché la porterà direttamente in macchina.

Sente Vanessa lamentarsi e muoversi come se si stesse risvegliando dopo un’anestesia totale. Lei si umetta le labbra secche, borbotta parole intellegibili, apre gli occhi e li richiude subito come se la luce la ferisca. Pierre è tranquillo. Le ha tolto il bavaglio e le manette. Le spruzza un altro po’ di spray. ‘Non troppo’ si dice Pierre. Apre le finestre per areare la stanza e togliere quel sapore dolciastro dell’anestetico dall’aria. Il respiro della ragazza è tornato regolare come se dormisse profondamente.

Tra un’ora si sveglierà’ pensa Pierre, ‘ma sarà in macchina e non si saranno problemi’. Prima di partire farà il pieno alla Mini, una tappa in un negozio di alimentari e poi un’unica tirata fino ad Annency.

Sono seicento chilometri circa per otto ore di viaggio’ gli suggerisce il navigatore. ‘Una bella maratona’.

0 risposte a “Una storia così anonima – parte cinquantaunesima”

  1. Pierre si appresta ad un lungo viaggio su e giù per i valichi alpini ,Luca deve agire in fretta se non vuole che Vanessa finisca su un jet nelle mani dei Gran Maestri….
    Bellissima puntata👏

  2. Sono tranquilla perchè Luca saprà trovare la soluzione giusta per liberare Vanessa dalle grinfie di Pierre. Impossibile che questi due ragazzi non si ricongiungano.
    Ho sorriso nel leggere le acrobazie di Luca nella hall d’albergo, è stato proprio un bravo attore.
    Non tenerci troppo in ansia, comunque 😀
    Buon 25 aprile, un abbraccio da Affy

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