Una storia così anonima – parte cinquantaduesima

foto personale
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Bologna, 1 marzo 1308, ora terza – terzo anno di Clemente V

Pietro è in Strada Maggiore ma non osa avvicinarsi al portone, che pare presidiato da guardie armate. Potrebbe entrare dal cunicolo segreto che dalla magione porta alla cerchia muraria più esterna, la terza. ‘Ma non posso abbandonare il mio fedele bardo’ si dice, allontanandosi senza fretta.

Ha un motivo in più per sfuggire alle guardie: la cassetta che trasporta da Rhedae. ‘Devo custodirla con cura per quando qualcuno non la reclamerà’ si dice Pietro, memore della raccomandazione del cardinale Caetani. Deve trovare un posto sicuro per il bardo e per la cassetta. Ritorna sui suoi passi, verso porta Sant’Isaia che da sul contado.

Riflette, dopo essere uscito dalla palizzata esterna che forma la terza cerchia, verso quale località dirigersi. ‘I possedimenti della magione’, pensa Pietro, mettendo al piccolo trotto il bardo, ‘di certo saranno sotto controllo. Quindi è meglio evitarli. Monte Acuto o Lizzano in Belvedere sono lontani ma sicuri’.

La giornata è fresca e il cielo è pulito. Le montagne sembrano vicine, quasi a portata di mano. Senza fretta Pietro si mette in marcia seguendo il corso del Reno verso la sorgente.

È l’ora nona con la giornata che va verso il tramonto, quando decide di fermarsi a Kainua nella locanda al Marzabòt, che conosce bene. Dopo aver sistemato il bardo, si reca nella piccola chiesa del paese per le funzioni serali. La quiete e il silenzio della cappella lo inducono a restare seduto negli ultimi banchi a riflettere. Si domanda se la sua vita da templare sia stata esemplare oppure no. Ricorda quando nel 1282 il precettore della Lombardia, Guglielmo de Novis lo ha ammesso nell’ordine. Era un giovane di diciannove anni e pieno di speranze per il futuro. Bologna gli è apparsa una metropoli rispetto al paese dove aveva vissuto fino a quel momento, tra Lizzano e Monte Acuto. La frequentazione dello Studio bolognese, dove ha conosciuto Bertrand de Got, il suo attuale papa, Rinaldo da Concoregio, l’arcivescovo di Ravenna e tanti altri, è stata proficua. ‘È stata un’esperienza incredibile’ si dice, osservando il tremolio delle candele. ‘Mi ha permesso d’intrecciare relazioni e rapporti con tutti i potenti fino a diventare il procuratore generale dell’ordine. Per questo sono finito a Paris e lì ho rischiato di rimanere imprigionato’. Il resto è storia recente. Si segna devotamente prima di uscire per tornare alla locanda.

Il mattino successivo al primo albore, consumato un modesto pasto, riprende il cammino verso Lizzano. Quando il torrente Silla si getta nel fiume Reno, Pietro segue questo corso d’acqua, salendo verso la montagna. All’ora nona avvista una costruzione in sasso, una modesta casa di cui conosce il proprietario, Giacomo, da quando era adolescente. ‘Era già anziano allora’ si dice Pietro, bussando alla porta. ‘Sarà ancora in vita?’

Niente è cambiato dai suoi ricordi. Muri a secco, tipici della zona. Piccole finestre chiuse da imposte di legno. Il tetto, ricoperto di ardesia grigia, ricavata dalle cave della zona, è spiovente per far scivolare verso terra la neve, che d’inverno cade copiosa. Un curioso camino tondeggiante. La piccola stalla dove stanno le capre durante il periodo invernale. L’orto, adesso spoglio, nel tratto pianeggiante del prato che circonda la casa.

Dalla porta di ciliegio, inscurita dal tempo, emerge una ragazza. ‘Avrà vent’anni’ pensa Pietro, temendo che il vecchio amico sia morto. Lo sguardo della giovane è stupito. Non si aspetta visite. La persona, che ha bussato, le è sconosciuta. Rimane incerta se chiedere chi è o tornare dentro, serrando la porta.

Sono Pietro Roda, da Monte Acuto” dice il frate, distendendo i lineamenti del viso nel tentativo di apparire amichevole. “Cerco messer Giacomo. Giacomo Ferri”.

Il viso di quel monaco le ispira fiducia ma non si muove dall’ingresso. Non decide cosa rispondere, quando una voce anziana ma ancora forte chiede ‘Chi ha bussato, Lucia?’.

La ragazza si volge verso l’interno. “Nonno, cercano voi. Un frate. Pietro Roda da Monte Acuto” dice senza spostare il corpo dall’uscio.

Fatelo entrare” esclama quella voce possente. “Un vecchio amico che non vedo da oltre vent’anni”.

Muta, Lucia si leva dalla stretta apertura per consentire l’ingresso di Pietro.

Posso legare il mio bardo alla staccionata?” chiede il frate, prima di entrare.

La giovane annuisce. Sembra che abbia perso il dono della parola. Lo guarda affascinata dall’aura che trasmette.

Accendete quel lume” ordina Giacomo alla fanciulla. “Voglio vedere in viso questo amico ritrovato”.

Pietro si avvicina a una sedia, accanto al focolare, che manda gli ultimi bagliori. Osserva il vecchio che nonostante l’età avanzata appare ancora energico. Il viso è lo stesso di tanti anni prima. Rugoso e secco, i capelli bianchi si sono diradati, il corpo pare più minuto. Una coperta di pelli di capra gli copre le gambe.

Commosso Pietro lo abbraccia in silenzio. “Non invecchiate mai” esclama il frate, staccandosi da Giacomo.

Magari” fa l’anziano, il cui occhio si è inumidito. “Lo spirito c’è ma il corpo no. Gli anni mi costringono su questa sedia, quando non sono nel mio giaciglio”.

Lucia taciturna sta in piedi accanto a una tavola rustica, coperta da una tovaglia di canapa. Conoscendo il nonno, trova che la presenza dell’ospite abbia avuto il potere di addolcire la ruvidezza del carattere. ‘Non mi pare che sia così vecchio da frequentarsi in gioventù’ pensa la fanciulla. ‘Potrebbe essere coetaneo di mio padre piuttosto che del nonno’.

Muovetevi” le dice Giacomo con tono ruvido. “Portate una brocca di vino buono, due boccali e qualche fetta di pane di segale. Dobbiamo salutare Pietro”.

Lucia a quell’ordine si muove silenziosa verso la dispensa.

Messer Giacomo” inizia Pietro in modo circospetto, una volta rimasti soli, “ho bisogno del vostro aiuto. Vi affiderei il mio bardo e devo nascondere una cassetta”.

Ne parliamo dopo con calma. Ora raccontiamoci qualcosa” dice Giacomo, scuotendo il capo. “Vi fermate con noi stasera?”

Se voi lo volete” fa Pietro, guardando in viso l’anziano, “sarà un onore per me stare alla vostra tavola”.

Giacomo allunga una mano per stringere il braccio del frate. Sembra ringiovanito di colpo, lasciando sorpresa la nipote che pone la brocca di vino sul tavolo.

Nonno, ecco il vino. È quello delle occasioni speciali” dice la ragazza. “Oltre al pane ho portato del formaggio di capra stagionato”.

Il camino è più alto del pavimento di una fila di mattoni a costituire una pedana. Un’apertura al livello di terra raccoglie le ceneri della legna bruciata. Serviranno per la notte a riscaldare le coperte.

Pietro si siede di fianco al camino con le spalle al fuoco, vicino a Giacomo, mentre Lucia si apposta sull’altro lato. La ragazza ascolta le chiacchiere dei due amici. La giovane è stupita, perché ricorda il nonno come una persona di poche parole. ‘Non ho mai sentito il nonno parlare così fittamente come stasera’ pensa Lucia, senza perdere una parola dei loro discorsi.

Al vespro, col rientro dei genitori, l’atmosfera diventa ancor più calda e nella stanza risuonano voci e risate. Lucia ascolta senza poter intervenire nelle loro conversazioni. Parlano di argomenti sconosciuti, quando lei non era ancora nata.

Lucia” fa il nonno, traendola accanto a lui, “se abbiamo questa solida casa, è tutto merito di Pietro, che ha perorato la nostra causa presso i suoi genitori”.

Lucia è affascinata dal frate, che ha un viso franco e che ispira fiducia. Potrebbe essere suo padre ma giacerebbe volentieri con lui. Lo osserva, lo scruta con attenzione e sente dentro di lei crescere un sentimento. ‘È solo una fantasia di fanciulla’ si dice Lucia, abbassando gli occhi. ‘Però ha trasformato l’atmosfera della casa. Allegra, serena. Sembra che sia entrato un raggio di sole a fugare le nuvole’.

Dopo la frugale cena si radunano intorno al focolare, dove ardono ciocchi di quercia. La stanza è calda, mentre fuori la temperatura è rigida. Il vino caldo riscalda il viso e il cuore di tutti. Solo Lucia e sua madre non bevono, come è usanza da quelle parti.

Lucia, prepara la stanza vicina alla mia, al piano terra” ordina Giacomo, che vuole avere vicino Pietro per la notte.

Subito, nonno” dice la ragazza, avviandosi verso la camera.

Elisa, la madre, la segue per aiutarla. Prende con sé un grosso cero per fare luce. La stanza è polverosa e umida, un ripostiglio dove sono ammassati mobili dismessi e suppellettili vecchie. Un locale di fortuna, usato quando il nonno sta male. Le due donne preparano il letto, tolgono un po’ di ragnatele e mettono nel centro un grosso braciere per riscaldare l’ambiente e togliere umidità. Recuperano un pagliericcio da un armadio e mettono lo scaldino di terracotta nel prete per riscaldare le lenzuola.

È pronta la stanza, nonno” gli annuncia Lucia, sedendosi ancora con la schiena al focolare.

Venite” dice Giacomo, facendosi aiutare dal figlio a camminare. Pietro si mette di fianco al vecchio, che si appoggia sulla sua spalla.

Sistemato Giacomo nel suo letto, il frate si siede di fianco, mentre un grosso cero illumina la camera. Il vecchio mette un dito sulla bocca per suggerire a Pietro di non parlare della sua richiesta.

Ditemi” fa Giacomo, volgendosi verso il frate. “Cosa mi raccontate. Sono passati tanti anni da quando siete partito da queste montagne per la pianura”.

Pietro gli prende la mano rugosa e parla a lungo di quello che ha visto e sentito in tutti quegli anni. I rumori nella casa diventano sempre più flebili, finché non regna il silenzio.

Ora potete dirmi” dice Giacomo in un sussurro, “quello che mi avete chiesto”.

Messere” inizia Pietro, avvicinandosi al volto del vecchio, “devo nascondere una cassetta, di cui ignoro il contenuto. Ma dev’essere prezioso, visto che ho dovuto scansare molti agguati”.

Giacomo annuisce, per suggerire di proseguire.

Poi non so dove mettere il mio bardo” fa Pietro. “La magione è inaccessibile normalmente e perderlo mi dà dispiacere. Spero tra qualche tempo di tornare per recuperare entrambi”.

Giacomo ha il viso ancora più rugoso e pensa alla cassetta. Per il cavallo non c’è problema. La stalla può contenere sia il bardo che le capre. Poi distende il viso. Fa segno a Pietro di avvicinarsi.

Vedete quell’angolo?” dice il vecchio, mentre il frate annuisce. “La quarta pietra dal basso è solo appoggiata. Dietro c’è una cavità. Se la cassetta passa, è il nascondiglio ideale”.

Pietro si avvicina. Tocca la pietra, che estrae dal suo posto. Valuta l’apertura. Gli appare idonea a far passare l’oggetto che tiene sotto la tonaca.

Mentre i due uomini parlottano, Lucia, che fatica a dormire, scende dal letto. Il frate l’ha stregata. Non ha mai visto una persona così affascinante. Apre con cautela la porta, che cigola sinistramente. Si ferma. Ascolta il russare di suo padre e il sonno pesante della madre. Esce dalla sua stanza e scende i gradini di legno che portano al piano terra. Le sembra che facciano un rumore infernale ma forse è solo una sensazione. Col cuore in gola per il timore di essere scoperta sosta in un angolo buio. Intravede la schiena del frate senza comprendere cosa stia facendo. Ascolta dei rumori sordi che il silenzio ingigantisce. Vorrebbe avvicinarsi di più ma il timore di essere vista la paralizza. ‘Cosa sta facendo il templare?’ si chiede immobile, trattenendo il respiro.

Pietro abbraccia Giacomo e si ritira nella sua stanza. Il buio è praticamente totale. Lucia trema sia per la paura che per il freddo. I piedi scalzi sono gelidi. Abitua gli occhi all’oscurità e a tentoni raggiunge la scala, cercando di evitare gli ostacoli. Con la punta del piede nudo urta il gradino. Si morde la lingua per non gridare. Poi col cuore in gola Raggiunge il suo letto, dove si rannicchia sotto le coperte. Trema per il freddo, mentre scivola nel dormiveglia.

La mattina seguente, al primo albore, Pietro è già in piedi. Si inginocchia verso levante per le orazioni del mattino. È in questa posizione, quando Lucia sbircia nella stanza. Rimane a bocca aperta. Non ha mai visto un frate pregare. Ascolta parole che non conosce. Il prevosto parla la loro lingua.

Che fate, Lucia?” dice una voce familiare alle sue spalle. È Elisa, sua madre, che sta andando a preparare la colazione del mattino per tutti.

Ascolto delle preghiere che non conosco” risponde la ragazza, sussultando per lo spavento.

Ma è il Pater Noster” fa la madre, sorridente. “Venite”.

Lucia la segue malvolentieri. Avrebbe voluto rimanere in adorazione del frate. Anche Giacomo viene alzato. Sono tutti riuniti nella grande cucina col fuoco del camino che riscalda la stanza. I genitori di Lucia si preparano per portare le capre nel pascolo, il nonno a trascorrere la giornata in compagnia della nipote nella monotonia di poche parole. La presenza di Pietro ha vivacizzato l’ambiente ma sanno che presto prenderà la strada verso la pianura.

Il frate ringrazia Elisa e suo marito per l’ospitalità ricevuta e li abbraccia con calore.

Non preoccupatevi per il vostro bardo” dice l’uomo. “Sarà trattato come un principe”.

Grazie” replica Pietro, allungando un sacchetto dove risuonano dei bolognini d’argento.

Non li voglio” fa l’uomo, mettendo le mani dietro la schiena.

Tenete” dice il frate, infilando il sacchetto nella cintura del padre di Lucia. “Vi serviranno. Non so quando potrò tornare a riprenderlo”.

Marito e moglie si avviano con le capre. Pietro li osserva, mentre entrano nel bosco, prima di rientrare nella casa.

Partite?” chiede Lucia con l’occhio lucido.

Sì” risponde il frate. “Il tempo di salutare Giacomo e poi mi aspetta un lungo tragitto a piedi”.

0 risposte a “Una storia così anonima – parte cinquantaduesima”

  1. Questo capitolo è ricco di dettagli.
    Ottima la descrizione del luogo che sta attraversando Frate Pietro, della costruzione in sasso con annessa la stalla per le capre e del vecchio amico Giacomo che riserva al frate una fraterna accoglienza. Sembra di respirare l’aria di quei posti e di vedere uno ad uno gli abitanti della casa a cominciare da Lucia che ispira molta tenerezza.
    Sto cercando di capire l’evolversi della trama, soprattutto le sorti di Luca e Vanessa.
    E’ proprio un bel racconto!
    Un caro abbraccio

  2. Ciao Gian Paolo !
    Cioè, ieri 1 ° Domenica maggio è stato il primo giorno di Pasqua ortodossa! 🙂
    Tutti i cristiani ortodossi in tutto il mondo, ha celebrato ieri la risurrezione di Gesù Cristo, la Pasqua ortodossa, celebrazione che dura oggi e domani! 🙂
    Sono contento che sei venuto da me in un giorno di grande festa cristiana,
    Pasqua ortodossa! 🙂
    Grazie per i vostri auguri! 🙂
    Di tutto <3 vi auguro una bella serata e una piacevole settimana Gian Paolo! 🙂
    Con stima e amicizia,
    Aliosa.

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