Una storia così anonima – parte sessantesima

Certosa - Foto personale
Certosa – Foto personale

Lizzano, 7 febbraio 1310, ora sesta anno quinto di Clemente V

Elisa e Alberto accolgono con calore Pietro e Domenico, che appare intimorito da tanta familiarità. Lui vorrebbe scappare subito ma i genitori di Lucia sono irremovibili.

“Partirete domani mattina al primo albore” dice Alberto. “Metterò il vostro bue nella stalla. Starà un po’ stretto ma al caldo e avrà fieno in abbondanza”.

Detto questo esce per staccare la bestia dal carro e portarla al riparo.

Elisa prepara qualcosa di caldo per i due ospiti, che hanno il viso rosso per il freddo. Il viaggio è stato difficoltoso tra gelo e nevicate e pareva non finire mai. La copertura li ha protetti dalla neve ma non dal vento che condensava il loro fiato.

Lucia sta in silenzio in un angolo. Aspetta di essere interpellata e rispondere con il consenso dei genitori. Avrebbe molte cose da raccontare sul nonno ma le tiene gelosamente per sé.

Pietro vorrebbe chiedere di Giacomo ma i segnali del lutto recente sono troppo visibili per domandare. Non vuole acuire il loro dolore che si legge sui loro volti tristi e tirati. ‘Ci sarà il momento per parlarne’ si dice Pietro. ‘Forse aspettano che l’ospite se ne vada’.

Passano il pomeriggio a parlare del tempo, di animali e dei lavori nei campi durante la bella stagione. Dialoghi stentati e del tutto banali per far arrivare sera.

Elisa prepara la stanza al pianoterra, accanto a quella occupata da Giacomo. Lucia va a dormire nel sottotetto, perché ha ceduto la sua camera a Pietro.

“Non è giusto” protesta Pietro con ardore ma inutilmente. “Posso dividere la stanza con Domenico”.

Elisa è irremovibile. “Non abbiamo una stanza per gli ospiti” fa, scuotendo la testa. “E voi sei importante per noi. Non possiamo mettervi nella stanza dei malati, quella dove è morto Giacomo”.

Pietro non è d’accordo senza successo. “La stanza dei malati va benissimo” dice il frate, che vorrebbe toccare quella pietra che custodisce il suo segreto.

“Sono abituata a dormire nel sottotetto” afferma con foga Lucia, felice di cedere il suo letto a quella persona che ha sognato tutte le notti.

Il mattino seguente Domenico, dopo un’abbondante colazione calda, parte verso casa con un po’ di provviste per il lungo viaggio di ritorno. Il tempo è ancora incerto. Non nevica ma fa meno freddo. Pietro lo prende in disparte e gli consegna un piccolo sacchetto di cuoio pieno di bolognini d’argento.

“Grazie, Domenico” dice il frate, stringendogli le mani. “Che Gesù e Maria Maddalena siano sempre con voi”.

Partito Domenico i genitori di Lucia parlano di Giacomo per esternare il loro dolore.

“Se ne è andato la scorsa settimana” dice Alberto con gli occhi tristi e umidi per le lacrime, che vorrebbero uscire. “L’abbiamo portato via tre giorni fa”.

Pietro resta in silenzio. Non riesce a trovare le giuste parole per consolarli per il dolore della perdita di Giacomo. Ha paura di ferirli, dicendo qualcosa di troppo.

“Sarei stato lieto di riabbracciarlo un’altra volta” mormora Pietro, quasi in un sussurro.

“Il nonno chiedeva sempre di voi” dice Lucia, che parla senza aspettare il consenso dei genitori. “Anche l’ultima sera che è stato con noi, ha chiesto di voi. Abbiamo sperato che poteste arrivare in tempo”.

Gli occhi nocciola della ragazza si riempiono di lacrime e scappa nella sua stanza.

Pietro rimane in silenzio, mentre ascolta Alberto.

“Giacomo” esordisce il padre di Lucia, “aveva una predilezione per Lucia. Erano sempre vicini. Lui, così burbero e di poche parole, si scioglieva come neve al sole, quando Lucia gli era accanto. Diventava un’altra persona”.

Alberto si interrompe, perché la voce è incrinata dal pianto, che a stento reprime.

“Che ci fosse una simbiosi speciale tra Giacomo e Lucia” dice Pietro, che ha riacquistato la parola, “lo avevo intuito l’ultima volta che sono stato qui. La dolcezza della ragazza, che lo accudiva con amore, era ricambiata dall’affetto profondo di Giacomo verso di lei, che si poteva toccare con mano”.

Il silenzio piomba nella stanza, mentre tutti guardano il fuoco che scoppietta nel camino. Lucia è sulla soglia della cucina e ascolta le parole di Pietro. Un amaro sorriso affiora sulle sue labbra, perché il frate ha colto l’essenza del suo rapporto con Giacomo ma il nonno non c’è più. C’è un vuoto dentro di lei che difficilmente sarà colmato.

Alberto si riscuote dal torpore conseguente a quanto ha detto Pietro. Il frate, rimasto un paio di giorni presso di loro due anni prima, aveva intravvisto quello che era sotto i suoi occhi e che lui non vedeva. Non aveva compreso la vera natura del rapporto speciale tra nonno e nipote. È stato cieco per tanto tempo. Solo adesso capisce il dolore della figlia.

Lucia in silenzio si siede al fianco di Pietro. Il frate intuisce che si deve spezzare quell’atmosfera cupa di dolore. Tutti si guardano muti, incapaci di parlare. Si deve cambiare argomento.

“Non vorrei abusare della vostra pazienza e della vostra ospitalità” dice Pietro, volgendo lo sguardo sui genitori di Lucia. “Ma allo stesso tempo non vorrei apparire a vostri occhi come un ingrato che pensi solo a sé, andandosene senza lenire il vostro dolore”.

Alberto tenta di abbozzare una risposta ma lascia cadere le braccia lungo il corpo senza dire nulla. Elisa è rimasta taciturna. Tra lei e suo suocero non c’è stato mai feeling, perché le rimproverava di essere entrata nella famiglia senza una dote adeguata. Giacomo non era stato contento, quando il figlio gli ha detto che l’avrebbe sposata. Avrebbe preferito la figlia di un fittavolo, che aveva un piccolo podere confinante col suo. Però Alberto era stato irremovibile. Giacomo alla fine aveva accettato la scelta del figlio ma era rimasto quel sottile muro che l’aveva diviso dalla nuora. Anche la nascita di Lucia aveva accentuato il suo disappunto verso Elisa, che non mancava di rimarcare. Nessuno sgarbo o cattiva parola ma solo freddezza e frasi di circostanza. Aveva sperato in un maschio ma era arrivata una femmina. Un maschio avrebbe aiutato nei lavori quotidiani. Una femmina se ne sarebbe andata e avrebbe richiesto una dote. Questo aveva accentuato le distanze tra Elisa e Giacomo, né è diminuita col passare del tempo. All’inizio la sua natura burbera e aspra da montanaro si era palesata nei confronti di Lucia con indifferenza e astio. Poi la natura vivace e allegra della nipote aveva conquistato quel cuore dolce, che batteva sotto la dura scorza del carattere. Quando poi è stato costretto a stare seduto senza la possibilità di muoversi, Lucia gli è stata accanto, aiutandolo e facendogli compagnia con una dedizione disinteressata. Il legame tra loro è diventato sempre più solido, fino a diventare una simbiosi, come aveva notato Pietro.

“Devo affrontare un lungo viaggio” dice Pietro, che ha osservato gli sguardi incerti di Alberto ed Elisa. “Quindi ho pensato di prendere commiato da voi”.

“No” fa Lucia, che non vorrebbe che il frate parta. “Rimanete con noi anche la giornata odierna, facendoci godere della vostra presenza. Domani di buon ora partirete con nostro dispiacere”.

“Ha ragione, Lucia” afferma Alberto, che nota un segno di assenso da parte di Elisa. “La vostra presenza allevierà il nostro dolore”.

Pietro si alza per abbracciare prima Elisa e poi Alberto. Un abbraccio sincero e pieno di calore. Il suo sguardo incrocia quello di Lucia. Non c’è bisogno di parole. I loro occhi si trasmettono un muto messaggio d’intesa. Sa che può fidarsi di questa fanciulla posata e più matura dei suoi vent’anni. Pietro non ha potuto verificare che la cassetta sia integra e al suo posto ma ne è quasi certo. Se prima il custode era Giacomo, adesso questo ruolo lo può assumere Lucia.

La ragazza intuisce che il segreto custodito dal nonno passerà a lei. Lo sguardo di Pietro è stato più eloquente di mille parole.

“In che modo posso rendermi utile” esordisce Pietro, distendendo le rughe della fronte.

“Siete nostro gradito ospite” dice Elisa, che finalmente parla dopo essere rimasta muta tutta la mattinata. “Presso di noi gli ospiti sono riveriti e serviti. Venite, Lucia. Andiamo nella dispensa a preparare un lauto banchetto per onorare Pietro”.

“Vi ringrazio, madonna” fa Pietro. “Mi è sufficiente una zuppa calda di verdure con pane di segale”.

“Come volete” risponde Elisa, mentre si avvia a preparare il pranzo.

Pietro vorrebbe andare nella stanza di Giacomo a controllare se la pietra è rimasta al suo posto ma adesso non lo può fare. Quindi conversa stancamente con Alberto.

“Il vostro bardo” dice Alberto, “sta magnificamente. Un animale docile e per nulla impegnativo”.

“Il mio debito” chiede Pietro, “a quanto ammonta? Fieno e avena costano”.

Alberto sorride e scuote il capo. “Vorrete scherzare?” fa l’uomo, diventato serio. “Siamo noi debitori nei vostri confronti. Dei bolognini d’argento ne sono rimasti un bel po’”.

“Teneteli voi, come ricompensa per l’ospitalità” dice Pietro.

Alberto vuol replicare ma Elisa annuncia che il pranzo è pronto. Mangiano senza parlare molto, mentre il cielo minaccia altra neve.

“Siete sicuro di voler partire domani?” chiede Lucia, che ha timori per il viaggio di Pietro.

“Sì” risponde il frate, che sta accanto al camino insieme agli altri. “Non posso tardare ulteriormente. Il percorso è lungo e pieno d’insidie”.

“Ma di neve ne è caduta un bel po’” insiste Lucia, alla quale dispiace la partenza del frate, “e forse ne cadrà stanotte un’altra montagna. In paese dicono che le strade siano impraticabili e i lupi scendano dai boschi per la fame. Ne hanno avvistato un branco vicino al paese. Tutti abbiamo timore di essere attaccati e per il nostro bestiame”.

Pietro sorride per le parole di Lucia. Pensa che abbia ragione ma non può permettersi altri ritardi. Il viaggio verso Paris è lungo e pericoloso. Dovrà percorrere strade sconosciute ed evitare il maltempo, se gli è possibile.

“Siete tutti molto gentili ma marzo è vicino” dice Pietro. “Per quell’epoca devo essere a Paris. Il periodo per viaggiare non è il migliore”.

Alberto comprende che sarà inutile convincere il frate, che ha deciso di partire con qualsiasi tempo, sfidando la fortuna.

“Stanotte dormirò al piano terra” afferma Pietro, che guarda Lucia. Si scambiano un muto messaggio. ‘Ti aspetto’ sembrano dire gli occhi del frate. ‘Verrò’ rispondono quelli di Lucia. “Non mi pare giusto che Lucia si sacrifichi ancora a dormire nella soffitta. In quella stanza ho già riposato e ci starò benissimo”.

Fa buio presto, mentre fuori infuria una bufera di neve e di vento. Cenano frugalmente in silenzio e si preparano per la notte.

“Non preoccupatevi, se accendo una candela” fa Pietro, lanciando un messaggio a Lucia che comprende. “Alla prima vigilia devo recitare le mie preghiere”.

‘Dunque’ si dice Lucia, ‘quello è il segnale’. Sa che deve rimanere sveglia in attesa di quel debole bagliore.

Restano alzati ancora un po’, mentre il fuoco sta morendo nel camino.

“Ho messo un braciere nel vostro letto” dice Lucia a Pietro. “Così le lenzuola non saranno di ghiaccio”.

“Vi ringrazio, Lucia” fa Pietro con un bel sorriso. “Siete una fanciulla dotata di gran cuore”.

Ognuno si ritira nelle proprie stanze. Pietro resta alzato, aspetta che il silenzio cali nella casa. È la prima vigilia. Accende il cero e attende. L’attesa dura poco, perché il passo leggero di Lucia scende con cautela la scala di legno. Lei era rimasta nel letto con la porta semi socchiusa per notare il lieve chiarore del segnale. La ragazza non avverte il freddo, anche se è coperta solo da un camicione di lana pesante e cammina a piedi nudi. L’eccitazione di ascoltare Pietro la riscalda.

Trova il frate sulla porta aperta della stanza dei malati. ‘Dunque è come pensavo’ si dice, seguendolo. Pietro si ferma in un angolo della stanza. Osserva la quarta pietra. È esattamente come l’ha posta due anni prima. Nessuno l’ha spostata e un filo di polvere nasconde che non è fissa.

“Vedi questa pietra?” le sussurra Pietro, mentre la sposta. “Qui ho nascosto una cassetta, avuta in custodia. Fino a una settimana fa era il nonno a custodirla”.

Lucia annuisce, mentre avverte che i piedi stanno congelandosi per il freddo del pavimento. ‘Devo resistere’ pensa la fanciulla. ‘Devo resistere finché Pietro non ha spiegato tutto’.

“Affido a voi la custodia” prosegue Pietro, “finché non la verrò a recuperare”.

“Se non tornerete?” domanda Lucia con lo sguardo triste.

“Qualcuno saprà farsi riconoscere” dice con un filo di voce Pietro.

“Come?”

“Non lo so” fa il frate, rimettendo la pietra al suo posto “ma di certo troverà il modo”.

Un abbraccio suggella il patto.

La mattina seguente Pietro saluta Lucia e suoi genitori. Durante la notte è caduta molta neve, più di tre piedi ma il frate è deciso. Deve partire a ogni costo. Prende il bardo, che copre con la coperta regalata da Lucia. Si avvolge nel suo mantello bianco pesante e si gira per vedere quegli amici per l’ultima volta. Non sa se sarà un arrivederci oppure un addio ma i confratelli lo aspettano a Paris. Un impresa ardua ma Pietro l’affronta con spirito libero e indomito, sicuro di essere dalla parte della giustizia.

È un processo sommario quello, che il re di Francia, Filippo IV, e Papa Clemente V stanno allestendo contro il Gran Maestro e oltre cinquecento templari. Pietro, quando sarà a Paris, reclamerà con vigore il passaggio a un processo ecclesiale. Questa sarà la sua linea difensiva, perché l’ordine è da “sempre” una prelatura personale del pontefice. Tale situazione ha consentito ai Cavalieri del Tempio di rispondere solo ed esclusivamente al Papa per le loro azioni.

Pietro comprende benissimo che sarà difficile sostenere questa tesi ma la fede lo sorregge.

FINE

0 risposte a “Una storia così anonima – parte sessantesima”

  1. Con questa puntata termina la storia di Pietro e le avventure di Vanessa e Luca. Ci sarebbe ancora molto da scrivere per concludere completamente tutto ma per il momento mi fermo qui.
    Grazie a tutti voi che con pazienza mi avete sopportato leggendo questa storia.

  2. Bello. Complimenti davvero. Le storie restano aperte, anche se sappiamo com’è finita a Parigi. Ed è certamente un mistero come tanta potenza e conoscenza siano scese in clandestinità. Magari i Rosacroce o i freres Macon qualcosa potrebbero saperla. E siccome mi piace attendere, attendo che tu riprenda qualche filo. Grazie assai 😀

  3. Felicitaciones******** querido amigo*por la brillante**historia.
    Si bien no he seguido*todos los** capítulos
    es una maravilla como escribe***
    me cuesta mucho recordar todas las. partes mi memoria no me ayuda
    cariños* buen domingo**

        1. Il processo è finito come si sa ma Pietro e gli altri avvocati non riuscirono a difendere oi Templari. Lui fece ritorno a Bologna in modo fortunoso, gli altri tre furono meno fortunati.

  4. La storia per quanto riguarda i due ragazzi rimane aperta e spero di leggerne il seguito…per quanto riguardo Pietro dobbiamo ancora scoprire diverse cose anche se la sorte che ebbero i templari è chiara a tutti…
    Buon pomeriggio☀️☀️☀️☀️

  5. Ho partecipato alla lettura di un ottimo racconto, una trama ordita con sapienza senza trascurare nessun particolare, la minima descrizione.
    In alcuni capitoli ha prevalso l’emozione per incontri inaspettati e in altri la consapevolezza per il valore della Fede. In tutti ho trovato un filo conduttore che ha alimentato interesse verso le sorti di ogni protagonista, nel bene e nel male.
    Il finale lascia la sorpresa di tante parole non scritte rimaste volutamente sospese a mezz’aria capaci di regalare al lettore l’opportunità di sognare ancora …
    E poi chissà!
    Complimenti Gian Paolo, un caro abbraccio da Affy

    1. Le tue generose parole mi hanno riempito di soddisfazione. Grazie, Affy.
      Per il proseguimento vedrò. Non sono molto incline a scrivere i sequel ma qui potrebbe starci.
      Un grande abbraccio

  6. Una fine che lascia spazio ad altri avvenimenti. Bravo hai molta dimestichezza con l’imbastire storie, quindi presumo che ci stupirai ancora. Un forte abbraccio. Isabella

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