Questo martedì metto a dura prova la vostra fantasia. Vedete il disegno sottostante? Ebbene provate a costruire un miniracconto usando solo 400 parole. Un bel passo in avanti rispetto alle 200 dei martedì precedenti.
Ecco quello che ho creato io.
Andrea si fermò davanti al disegno. Non gli suggeriva nulla.
«Ho pagato quindici euro per vedere dei disegni che un bambino fa meglio?» borbottò, accennando un passo in avanti per osservare il prossimo.
Alice sorrise. “Il mio compagno non capisce l’arte moderna”. Socchiuse gli occhi per coglierne l’essenza. Il tratto minimale traboccava una espressione felice. Una donna? No, una ragazza dai capelli lunghi che ride. Una come me, positiva e solare. Alice lasciò correre avanti Andrea che mugugnava indispettito. Per lui entrare in una galleria o vedere una mostra d’arte era una sofferenza. “Preferisce donare un litro di sangue piuttosto che frequentare questi posti, asettici, climatizzati e immersi nella penombra”.
Sorrise. Adorava visitare mostre e musei. Ci avrebbe mangiato e dormito dentro pur di non staccarsi da essi.
Se avesse avuto libertà di scelta, si sarebbe laureata in una accademia d’arte. I genitori l’avevano costretta a diplomarsi maestra e laurearsi in lettere moderne. «Un titolo di studio vale più di essere un’artista senza futuro» avevano sentenziato. Adesso si ritrovava precaria in una scuola media di un paesino sperduto nella campagna emiliana. Venti ragazzi brufolosi ai quali leggere non piaceva, studiare ancora meno. Fare baldoria, quella sì che garbava molto. E poi sfottere Luciano, l’unico che non perdeva una battuta di quello che diceva durante l’ora di lezione. Scosse il capo, pensando a tutti gli scherzi atroci con i quali lo vessavano.
«Alice» urlò Andrea, incurante degli sguardi di biasimo degli altri visitatori. Stava profanando la sacralità del silenzio. «Ti sei innamorata di quello sgorbio?»
La ragazza arrossì. Si avviò all’uscita ma ci ripensò e lo affiancò. “Ma chi se ne frega se a lui non piacciono”. «Esci pure» sussurrò con un filo di voce. «Io finisco di vedere l’esposizione».
Andrea la guardò storto, socchiuse gli occhi, serrò le labbra. Inspirò aria e contò fino a dieci per calibrare le parole. Di primo acchito gli era venuta una battuta cattiva. “Tu rimani. Io prendo la macchina e me ne torno a casa. Tu arrangiati”. Poi pensò che non sarebbe stato corretto. Avevano fatto più di cento chilometri per vedere ‘Disegni d’avanguardia. 100 anni di collezioni private’. Non riusciva a immaginare come avesse potuto ritornare.
«Ti aspetto nel bar di fronte alla mostra» mormorò conciliante. «Però non farmi aspettare fino a domattina».
Alice lo baciò e disse: «Grazie. Non ci metterò molto». Poi ritornò sui suoi passi ad ammirare gli altri disegni.
Di norma non scrivo recensioni salvo qualche rara eccezione. Non le so scrivere e quindi preferisco evitare brutte figure.
Però in questa occasione faccio uno strappo alla regola. Ci provo ma ignoro i risultati.
Parlo del romanzo d’esordio di Alison Belsham ‘Il tatuatore’, pubblicato in Italia da Newton Compton Editori. Questo è il primo della trilogia relativa al tatuatore.
La scrittrice scrive in maniera piacevole, almeno nella versione italiana, e si legge in modo fluido senza doversi soffermare sulle frasi. A parte qualche errore direi che la traduzione è buona.
Di sicuro la scrittrice si è documentata sui tatuaggi e sulla concia della pelle e questo è un punto a suo favore.
Ha provato a usare un coro a quattro voci per raccontare la storia da queste quattro angolazioni che sono in definitiva anche i personaggi principali della storia. Però secondo me ha fallito perché il ritmo narrativo è lento e spezzettato, visto il genere, romanzo giallo ma su questo ci tornerò dopo, che richiede continuità d’azione e un ritmo sostenuto. Questo genere di narrazione può essere incisiva con altre tipologie di romanzi ma è poco efficace in questo caso.
La storia è semplice Marni Mullins di professione tatuatore s’imbatte in un cadavere e da lì comincia la sua collaborazione con l’ispettore Francis Sullivan, appena promosso e che incappa nel suo primo delitto da seguire. È giovane e ha scavalcato il sergente Rory Mackey più anziano di lui. Questo crea un dualismo legato al rancore di essersi visto superato da un pivello. Però alla fine accetta di collaborare alle indagini in modo leale.
Secondo le intenzioni della scrittrice dovrebbe trattarsi di un thriller poliziesco. In realtà secondo me è semplicemente un giallo un po’ stinto perché di thriller ha ben poco.
La scrittrice cerca di movimentare la storia con corse mozzafiato che mi lasciano perplesso come altri punti. Ad esempio il primo cadavere infilato in un cassonetto richiede uno sforzo fisico fuori del comune, ammesso che una persona riesca a farlo tutta da sola.
Altra pecca è la caratterizzazione dei personaggi che mi sembra debole, appena accennata, in particolare nel ladro di tatuaggi, ovvero quello che materialmente ha commesso gli omicidi.
Il finale è debole per due motivi. Il primo è chiarissimo come finirà. Quindi anche se tirato per le lunghe, il risultato è scontato. Non dico nulla per non fare dello spoiler. Il secondo è improbabile nelle sue sequenze.
In conclusione un onesto giallo senza particolari acuti, anzi alquanto banale. Qualcuno l’ha paragonato a Stieg Larsson. Un paragone del tutto irriverente rispetto a questo giallista svedese
Come terzo esercizio vi propongo un oggetto del desiderio o di odio: il telefono. Però ho complicato un po’ le cose: un uomo o una donna o come volete voi osservano questo oggetto di amore/odio. Ognuno dei due (duecento parole per ciascuno) crea un pensiero che ha per tema appunto il telefono.
foto personale
Ecco il mio
Punto di vista di Hugo
“Guarda bene” disse Hugo.
“Perché?” fece Conchita, alzando gli occhi dal display. “Non vedo nulla”.
Hugo allargò le braccia, prima di abbassarle sui fianchi. Non c’era maniera di far capire a questa testa dura di donna, che il telefono è telefono.
Conchita lo guardò dispiaciuta ma quel rettangolo nero proprio non voleva parlare.
“Ascoltami, bene” riprese Hugo con pazienza. Ma poi si fermò. Era inutile per quanto si sforzasse. Aveva provato e riprovato ma Conchita continuava a trattare quell’oggetto come se fosse infetto.
Si avvicinò e sbirciò sopra le sue spalle.
“Pigia quel tasto, Conchita. Non vedi che è spento?”
Punto di vista Conchita
“Parla, parla” fece spazientita Conchita, agitando il telefono. “Hugo è inutile non vuole parlare”.
“Perché dovrebbe parlare?” chiese curioso il suo uomo.
Gli occhi della donna cercarono quelli di Hugo. Poi si abbassarono sul display. ‘Accidenti, è sempre buio’ pensò delusa Conchita. ‘Eppure…’.
Lo girò e lo rigirò ma il display era sempre nero. Si alzò, tenendo in mano l’oggetto del diavolo. Le avevano detto che avrebbe fatto tutto. Ma proprio tutto.
“Ho speso mille pesos” piagnucolò Conchita. “Mi hanno imbrogliata”.
Hugo si avvicinò con un sorriso ironico.
“Testona” fece l’uomo.
“Non offendermi!” replicò inviperita. “Mi hanno fregato mille pesos”.
E’ tardi, ma la notte è fatta per i giovani, no? Lui sta passeggiando con gli amici, che, con una lattina di birra in mano ridono, schiamazzano e parlano allegramente delle loro conquiste. Tutti si vantano di aver avuto decine di donne, con cui hanno fatto cose indescrivibili
Lui è da anni che sta con Maria, non ha fatto mai cose indescrivibili, e questo, se gli amici ne venissero a conoscenza gli procurerebbe non pochi sfottò. Anzi, questa è l’ora in cui si sentono per mandarsi il solito bacio prima di dormire, ma ora no. Non può mettersi a parlare teneramente con lei davanti a loro.
Che fare? Mette la mano in tasca, dove tiene il cellulare, vi armeggia un po’ e lo spegne. Rischio evitato!
Sollevato, decide anche lui di vantarsi… di cosa? Qui serve la fantasia! Allora comincia a parlare di quella volta in cui si è trovato nel bel mezzo di un’orgia con tre donne eccitate tutte per lui.
Lei
Ma perché non ha telefonato? Lo abbiamo deciso assieme quando ci siamo promessi di chiamarci ogni notte, a mezzanotte. Lo diceva anche quella vecchia canzone “A mezzanotte sai che io ti penserò…”
Avevamo anche deciso che in caso di problemi ce lo saremmo comunicato in qualche modo, in anticipo, oppure avremmo sostituito la chiamata con un semplice sms. Ho controllato così tante volte, ma non è arrivato alcun messaggio.
Quando ho chiamato io, non ha risposto. E’ partita subito la segreteria. Che cosa sarà successo? Starà male? Avrà avuto un incidente?
Ho riprovato ancora e ancora.
Ma nulla. Che abbia trovato un’altra?
Potrei telefonare a casa sua … ma no, non posso: è così tardi e i suoi si impensierirebbero. Saranno sicuramente a letto, a quest’ora.
O Santa Rita, santa dei miracoli impossibili, aiutami tu: fa’ che pensi a me, fa’ che mi chiami!
Come secondo esercizio per tenervi svegli e attenti vi propongo una bella citazione col limite delle 200 parole
Le persone normali fanno avanzare il mondo, ma coloro che osano essere diversi ci guidano verso il domani (cit. Kyrien Irving, playmaker dei Nets)
Una notte magica San Giovanni
Questo è il mio.
«Le persone normali fanno avanzare il mondo, ma coloro che osano essere diversi ci guidano verso il domani» afferma risoluto Pietro.
«Non fare il buffone» lo redarguisce Sofia dandogli un buffetto sulla guancia.
Gli altri della tavolata ridacchiano e commentano sotto voce i suoi paroloni.
Pietro aggrotta la fronte. “Ecco chi sono i normali” e con lo sguardo torvo passa in rassegna chi gli sta di fronte. “Riccardo e Silvia… una coppia scoppiata che non osa separarsi. Poi quel Giorgio che nasconde la sua vera essenza sessuale. Puà!”
Si sente diverso e pronto a guidare il mondo ma lo considerano un po’ svitato compresa la compagna Sofia. “Devo fare un gesto eclatante. Ma quale?”
Si alza col bicchiere in mano e tutti fanno silenzio. Si guardano uno con l’altro alzando le spalle. Sono abituati ai suoi gesti teatrali, che talvolta sono divertenti. Sofia trattiene il respiro, osservandolo con trepidazione. Sa che è una testa calda ma le piace così.
«Attenzione!» Un colpo di tosse per sollecitarli a tacere. «Domani sposo Sofia».
Su Caffè Letterario si aggiunge una nuova puntata di krimhile e le fanciulle scomparse e siamo a quota ventidue.
Per chi vuole la può leggere qui.
Oggi la loro carceriera non è passata come di consueto e le cinque fanciulle provano brividi di paura.
«Cosa sarà successo?» Si chiede Aglaja a voce alta, un po’ stridula per il timore di essere state abbandonate.
Le compagne di sventura rispondono con pensieri smozzicati inframmezzati da pianti.
«Non credo!» È la replica di Gislinde che passato il primo attimo di sgomento ha riacquistato la sicurezza nelle sue parole. «Siamo troppo importanti per essere abbandonate a una fine terribile».
Agnete domanda tra un singhiozzo e l’altro i motivi del loro rapimento.
«Lo ignoro» afferma in un momento di lucidità Adelinde.
Reinhilde rimasta in silenzio fino a quel momento si chiede a voce alta i motivi per cui loro rappresentano un patrimonio importante. «Aglaja, chi ti ha detto che siamo importanti e quindi non siamo state abbandonate?»
Aglaja abbozza un sorriso stentato, perché la compagna l’ha confusa. «Nessuno».
Gislinde stava per replicare ma la lascia parlare. “Tanto avrei data la medesima risposta”.
«E allora?» Incalza Reinhilde non paga della risposta.
Aglaja spiega che rapire cinque fanciulle illibate sotto gli occhi della regina Krimhilde rappresenta un grosso rischio per chiunque. Una vera sfida alla sua proverbiale collera, quando sono coinvolte delle figure femminili. «Facciamo parte di un piano misterioso ma di certo molto importante per i nostri rapitori. Siamo merce troppo preziosa per essere lasciata morire di inedia e stenti».
Le ore passano e non si vede nessuno. Qualcuna inizia a percepire i morsi della fame, perché nella giornata odierna hanno potuto mangiare solo i resti del giorno precedente. Domani sarà peggio se non arriverà nessuno.
Dalla fessura la luce diventa sempre più fievole fino a sparire del tutto. Nella giornata odierna è tutto diverso a cominciare dal mancato arrivo della carceriera. Poi le loro inquietudini per la sensazione di essere abbandonate a una morte atroce. Infine la nostalgia delle persone amate che rischiano di non vedere più.
Col buio l’angoscia cresce, mentre un’altra notte le aspetta con l’incognita di non vedere la nuova luce dalla fessura.
Aglaja ha perso la baldanza che fa parte del suo carattere e piange in silenzio. Non le piace mostrare la sua debolezza. Singhiozzi ovattati e respiro sincopato accompagnano i suoi pensieri. “Non potrò rivedere Karl, né le amiche. E…” e si interrompe perché avverte un groppo alla gola che le impedisce di respirare.
Gislinde, la veterana del gruppo, chiama a una a una le compagne. Un modo per tenere alto il morale. «Adelinde…».
Con la voce impastata dalla paura e dal pianto lei risponde al richiamo.
«Dobbiamo essere forti. Parliamo per farci coraggio e compagnia, così la notte ci farà meno paura». Gislinde con gli occhi arrossati per il pianto suggerisce questo approccio per le prossime ore.
La strega Ampfel urla, si dimena per il dolore che il veleno le procura e per effetto delle erbe che usa per combatterlo.
L’apprendista strega Rotapfel è terrorizzata e gli occhi sbarrati lo dimostrano. Continua a massaggiare con forza le piaghe che sembrano non finire mai di espurgare quel siero puzzolente. Il ritorno della strega Ampfel le ha fatto dimenticare il compito giornaliero ma non lo esterna per non incappare nelle sue ire. “Forse riuscirò ad assolverlo prima del calare del sole” riflette mentre continua a strofinare con energia l’olio di maleleuca. Le mani sono arrossate e le braccia indolenzite ma non osa lamentarsi.
Il drago Michele si è seduto sul divano nero e aspetta con pazienza che venga chiamato. Sono passate molte ore da quando si è sistemato e vorrebbe tornarsene nella sua abitazione e mangiare un boccone. È a digiuno dalla sera precedente. Come l’apprendista strega non ha il coraggio di sfidare il furore collerico della strega Ampfel: l’ha già assaggiato in occasioni precedenti. «Pazienza…» mormora col labiale per non farsi udire.
Cala la sera e i lumi si accendono, mentre il drago Michele sonnecchia ronfando. Si desta sentendo il suo nome e per poco non provoca un disastro. Per un pelo riesce a trattenere lo sbuffo che come un lanciafiamme avrebbe carbonizzato l’intero arredo della stanza. Si mette eretto con difficoltà, perché ha tutti i muscoli rattrappiti per la scomoda posizione. Barcollando raggiunge la stanza dove la strega Ampfel si sta curando.
«Hai chiamato?» Il tono ironico della voce e lo sguardo beffardo che illumina il suo viso la irritano, mentre Rotapfel si allontana per prudenza. “Quando è in queste condizioni può succedere di tutto”.
La strega Ampfel si trattiene e controlla la collera che monta. Ha bisogno di entrambi e non desidera innescare un battibecco inutile.
«Nella Caverna del Pozzo Maledetto c’era una quarta persona che teneva la verga ammazzastrega. L’ho capito stamattina vicino al torrente Ginestro. Stesse sensazioni… Ma non è questo l’argomento da discutere. Piuttosto è da capire quali altri strumenti pericolosi la donna e il suo compagno…».
Sul viso del drago Michele il sorriso beffardo si ghiaccia e stringe gli occhi per prestare maggiore attenzione. «Sicura che sia un uomo la quarta persona?» Se fosse così senza dubbio si tratta del compagno della donna. Eppure non ha avvertito la presenza umana del quarto ospite oltre a loro.
«È possibile abbiano strumenti così potenti da ingannarci?»
La strega Ampfel annuisce e fa una smorfia per il dolore che le piaghe le procurano.
Come scritto nel post Compagnia per l’estate vi propongo un esercizio di creatività. Niente panico. Si tratta di scrivere un mini racconto di 200 parole avente per tema ‘La danza‘.
Chi volesse cimentarsi è il benvenuto e il suo racconto sarà aggiunto a questo post.
Il mio è questo
I signori danzano. I domestici portano l’ombrello. La pioggia danza con loro e loro danzano con lei.
Scende e sale la musica che ci avvolge nel suo velo sonoro. Colori e gocce. Il quadro è appeso alla parete.
Che c’è di tanto strano? Forse non hai visto una coppia che volteggia mentre qualcuno li segue con l’ombrello?
Fermati e ascolta. Guarda e pensa. Cosa vedi in quel quadro?
Nulla dice l’uomo, che pare infastidito. Lo strattona ma lui resta lì incantato dai suoni e dai colori. E vola la fantasia.
Sognano gli occhi incantati di un fanciullo che ci osserva.
Ho pensato di tenervi compagnia per i mesi roventi di luglio e agosto con dei mini racconti, invitando chi mi legge ad aggiungere il loro. Saranno a tema e qualcuno con dei limiti di parole per rendere snella la lettura.
Il primo che proporrò martedì 26 giugno avrà come tema ‘La danza’ e il mini racconto non dovrà contenere più di 200 parole. Gli spazi, gli a capo, le virgole non sono conteggiate. Come rispettare il limite? Qualsiasi editor di word fornisce questa indicazione.
Spero che siate numerosi a partecipare e che possiate divertirvi con questo esercizio di creatività.
Su Caffè Letterario è stata pubblicata la nuova parte dell’avvincente racconto della Terra di Mezzo, che ripropongo qui sotto.
copertina Amanda e il bosco degli elfi
La strega Ampfel entra come una furia urlando. «Apprendista strega dove sei? Quando ho bisogno di te, sei sempre imboscata!»
Getta in un cestino accanto alla porta quel che resta del mantello invisibile e si guarda intorno con gli occhi color delle braci. «Dove si è nascosta quella presunta strega Rotapfel? La declasserò al nulla!»
La ragazza intimorita con lentezza e con gli occhi bassi si affaccia alla porta dello studio in nero.
«Ha bisogno, signora?»
Un urlo sovrumano prorompe dalla bocca della strega Ampfel e tutta la cristalleria della casa inizia a tintinnare. La vallata lo ha sentito e i nerd di montagna si rifugiano in casa per sfuggire all’ira della strega Ampfel.
«Portami iperico, aglio, rosmarino e il miscuglio di lavanda, erica e salvia. Voglio la boccetta dell’olio di maleleuca e che sia piena! E poi…». A questo punto le manca la voce e con il viso stravolto dalle piaghe purulente, in preda alle convulsioni per il veleno che sta entrando in circolo, si siede in attesa di quanto ordinato. Si sente esausta. Ansima e maledice tutti quanti. Si alza, gira per la stanza e si siede di nuovo. Tutta questa attività frenetica peggiora la situazione, perché avverte che il veleno è entrato in circolo e deve bloccarlo.
Subito si fa strofinare l’olio con energia sulle piaghe, mentre si prepara una tisana di lavanda selvatica ed enula che assume ancora calda. Non prova sollievo ma avverte le contrazioni del suo corpo che contrasta l’avanzata. Si prepara una nuova tisana con salvia, iperico e aglio, un miscuglio maleodorante e dal gusto tutt’altro che gradevole. Manda giù tutto d’un fiato. Le piaghe emanano un odore repellente ma si sente meglio.
L’apprendista strega Rotapfel esegue gli ordini come se fosse in catalessi facendosi forza per non vomitare alla vista di quelle piaghe che espurgano un liquido serioso nero e puzzolente.
«Mettici più energia!» Sollecita, avvertendo che il fisico combatte il veleno e sta vincendo.
«Sì, signora» balbetta mangiandosi le parole un’inebetita apprendista strega.
Il drago Michele, che è arrivato al piccolo trotto senza fretta, si affaccia sull’uscio per controllare come sta.
«Non scappare! Tra poco ho bisogno di te». Urla per il dolore che piaghe e veleno le stanno procurando ma deve resistere e sopportare se vuol vincere la sua guerra.
Markus e Baldegunde si avvicinano senza fretta alla costruzione che da vicino sembra più imponente rispetto alla prima visione. Un po’ di timore c’è perché la situazione non appare normale. Sembra una realtà deformata.
La porta si apre da sola come se qualcuno da dentro avesse azionata l’apertura.
Si consultano con gli occhi e poi alzano le spalle come gesto di rassegnazione. Le alternative non sono molte: o entrare sperando nella fortuna oppure restare all’esterno col rischio di congelarsi per la sera imminente. Nessuna delle due prospettive appare allettante.
«Benvenuti nella casa delle Anime Immortali! Aspettavamo con impazienza la vostra venuta».
Markus e Baldegunde si bloccano sul limitare dell’uscio e si guardano con gli occhi spalancati e la bocca aperta. Una sorpresa dietro l’altra. Entrambi hanno un comune pensiero: la costruzione è dotata di aspetti che vanno oltre la loro immaginazione e abitata da personaggi magici. “Come diavolo sanno della nostra venuta? Abbiamo deciso solo ieri sera!”
Avanzano di qualche passo all’interno e la porta si richiude da sola senza far rumore.
«Siamo in trappola» avverte Markus per nulla rassegnato alla situazione.
Baldegunde maledice l’ostinazione del compagno a voler proseguire. «E adesso?»
«Nulla. Aspettiamo gli eventi e prepariamoci…»
Brevi risolini echeggiano nella stanza come a prendere in giro i due ospiti che appaiono timorosi e sospettosi. Il cuore accelera, il respiro diventa un roco suono. I loro passi risuonano come se camminassero su una scatola vuota.
Markus si ferma nel centro della stanza che ondeggia al ritmo dei loro polmoni. Ha un momento di sbandamento e incertezza, mentre prende sotto braccio Baldegunde in atteggiamento protettivo.
Nuovi risolini di scherno echeggiano beffardi.
«Le vostre stanze sono pronte al primo piano. Si mangia tra un’ora».
Markus non fa in tempo a replicare un po’ stizzito quando la parete di fronte si apre mostrando una scala.
«Vieni» sussurra Baldegunde che con senso pratico ha capito che sarà un’impresa uscire da lì senza il consenso della voce misteriosa. «È inutile fare resistenza. Cinque minuti fa…».
«Lo so! Mi hai maledetto per la mia cocciutaggine. Ho capito che era meglio tornare indietro per procurarsi quello che serve per arrivare alla Prigione…».
«Ci arriverete. Ora salite. Ci ritroviamo qui tra un ora».
Markus scrolla il capo e segue la compagna in silenzio. Non avverte pericoli ma si sente prigioniero di una strana magia. Un edificio senza tempo che appare di dimensioni modeste all’esterno ma che internamente sembra vastissimo. Voci che dialogano e danno istruzioni. Però è quel ‘vi aspettavamo con impazienza’ che lo fa riflettere: sembra che siano gli ospiti d’onore tanto attesi.
Percorso un lungo corridoio illuminato da torce che non bruciano, appare all’improvviso una porta aperta, l’unica incontrata finora.
«Forse sono queste le nostre stanze» azzarda con un filo di voce Baldegunde che ha perso la sicura baldanza di poco prima. “Ha ragione Markus. C’è qualcosa di strano nell’aria. Non di pericolo ma di magia che non possiamo controllare”.
Varcata la soglia, la porta sparisce. Sono chiusi dentro senza possibilità di uscire.
«Magia buona oppure no?» Borbotta Baldegunde che con lo sguardo vuoto esamina la loro prigione.
«Non saprei dirlo con precisione. L’unica certezza è che il nostro libero arbitrio non esiste più».
Baldegunde superato il momento sconforto si guarda intorno con occhio curioso. “Due, no tre o forse quattro stanze. Un sogno”. Il confronto con la loro foresteria che le sembrava lussuoso non regge sia per gli arredi sia per le dimensioni.
Markus dimentica in fretta la loro situazione precaria perché la sua attenzione è concentrata sui mobili che sfiora. “Credevo di essere il più abile ebanista della Terra di Mezzo ma questi mi surclassano e mi relegano a modesto apprendista”.
Le essenze gli sono sconosciute, la radica è uno splendore, il disegno è superbo e la fattura appare come un miracolo di falegnameria.
La voce della compagna lo scuote facendolo ritornare alla realtà.
Su Caffè Letterario è stata pubblicata la nuova puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse, che potete leggere anche qui.
Un caso per tre
Il drago Michele non ha compreso il motivo della raccolta di tutti quei fiori. “Sarebbero stati sufficiente raccoglierne uno per tipo. Bah!” Borbotta cavalcando Lucifero che per contro ha gradito molto la sosta nel prato vicino al ruscello Ginestro. Acqua fresca ed erba tenera e saporita come mai aveva mangiato prima di quel momento. ‘Peccato che sia durato poco’ riflette mentre a malincuore riprende la strada verso quelle vette innevate e inospitali.
La strega Ampfel stringe i denti per le ferite dolorose sul volto e sul collo ma sorride a denti stretti. “Poteva andare peggio e ci avrei rimesso la vita. Quella mitica diceria che c’è una verga ammazzastreghe è tutt’altro che infondata! Se non avessi avuto il mantello invisibile non so come sarebbe finita”. Affiorano nella sua mente quei racconti, che ha sempre giudicato fantasie, sui poteri di questa verga. È in grado di incenerire una strega ma anche di iniettare un veleno per una morte dolorosa. Le ha sperimentate entrambe. Le vistose bruciature del mantello invisibile mostra che senza di quello sarebbe stata ridotta a un mucchietto di cenere. Deve correre il più veloce possibile, perché Il veleno che le ha iniettato deve essere eliminato prima che vada in circolo e già ne sente l’influsso.
Non le interessa se il drago Michele resta indietro, lei sprona Mefistofele perché ogni minuto perso è una stilla in più nel corpo.
Non ha compreso quale tra le canne era l’elemento pericoloso ma le sensazioni di pericolo percepite le ha memorizzate tutte per evitarlo.
Mentre riflette su questo e rievoca le sensazioni provate, ha un lampo. Gli stimoli di pericolo percepiti hanno un qualcosa di familiare, già avvertiti in precedenza. “Quando?” ed ecco che si vede nella Caverna del Pozzo Maledetto e quel brivido si materializza. “Dunque i miei sensi non mi hanno ingannata allora. C’era qualcuno all’interno con quella verga pronto a minacciarmi”.
Però i conti non tornano. Erano in tre e la donna è da escludere, perché teneva solo i fiori magici. “C’era una quarta persona invisibile e non riconoscibile con noi. Aveva quella verga pronto a colpirmi se fosse stato necessario”.
Le sorprese e le scoperte inquietanti sembrano funghi nati dopo la pioggia. Deve riflettere per capire quali altre minacce possono essere usate contro di lei ma adesso è urgente eliminare il veleno che avanza nel suo corpo e sprona Mefistofele per farla volare. Poi avrà tutto il tempo per capire la dinamica degli eventi di quella mattina.
Markus con Baldegunde attaccata al suo braccio come una sanguisuga procede con calma. Vuol evitare passi falsi e creare situazioni di pericolo. L’oscurità fitta appena mitigata dalla lanterna cieca non permette di riconoscere in anticipo gli eventuali ostacoli che l’edificio fatiscente propone a ogni passo.
Trovare un segnale che indichi l’accesso al sentiero segreto è come riconoscere una goccia del mare dalle altre. Però Markus non demorde. Sente la compagna che borbotta qualcosa come “usciamo. Mi sento soffocare”. Si deve sbrigare prima che abbia una crisi di nervi. Buio pesto e pessimi odori danno una sensazione di claustrofobia difficile da domare.
Ancora dieci passi e poi si torna indietro se non si trova nulla. Comincia a contare ‘uno, due, tre,…’ quando si sente attratto verso una stanza a sinistra. Che lo sia lo comprende solo quando varca una stretta porta o meglio un’apertura tondeggiante dove va a sbattere la testa.
«Ci siamo!»
Baldegunde che a fatica attraversa questo oblò spalanca gli occhi non capendo l’affermazione del compagno. Non vede nulla, solo un’oscurità nera come la pece che non permette di distinguere nulla. «Dove?»
«Ci siamo». Ripete con tono allegro di chi ha trovato un tesoro. «Questo è l’ingresso cercato!»
Baldegunde scuote la testa, perché non afferra il concetto d’ingresso visto che non riesce a distinguere la punta del proprio naso. «Sicuro?»
«Sì! Certissimo. Il pollice della mano destra si è mosso!»
Baldegunde scoppia in una fragorosa risata amplificata dalle pareti della stanza. “Quella è di legno. Di certo è rigida come il marmo”.
«Vieni tra un attimo siamo fuori» e la strattona verso sinistra. Alza la lanterna cieca per fare luce e trovare il pertugio che conduce fuori.
Come promesso rivedono la luce del sole o meglio le ombre che le vette circostanti proiettano nella vallata stretta che appare come l’oasi per un viandante smarrito nel deserto.
Baldegunde sbatte le palpebre per adattarsi alla luce incerta della giornata. «Ma è tardissimo! Tra poco cala la sera e sarà buio!»
Markus scuote la testa e spiega che è solo pomeriggio inoltrato.
Si interrogano se è il caso di proseguire oppure tornare indietro. Baldegunde con senso pratico spiega che le scorte di cibo sono esaurite e non hanno l’equipaggiamento adatto alle temperature della notte.
«Se le carte non mentono, tra poco dovremo trovare un riparo e forse anche cibo per calmare la fame».
Baldegunde non replica trovando fantasioso il pensiero del compagno. “Carte di mille anni fa come possono essere valide oggi? Il riparo potrebbe esserci ma il cibo proprio no”.
Il freddo comincia a mordere la pelle mentre percorrono in silenzio il sentiero incassato tra due alte pareti senza una possibile via di fuga. Come per incanto dopo una stretta curva a gomito appare un piccolo pianoro illuminato di rosso dal tramonto. Si fermano incantati dalla visione e per la vista di una piccola costruzione di legno e pietre irregolari addossata alla parete. Lo stupore è ancor maggiore osservando la capanna che appare costruita di recente e mai abitata.
Baldegunde non dice nulla ma gli occhi trasmettono un chiaro messaggio di ammirazione: brillano e sono spalancati per lo stupore. Aveva dubitato delle affermazioni di Markus ma adesso si deve ricredere. “Dopo mille anni appare come se fosse terminata ieri. Quale magia sta dietro tutto questo?”
Markus ride di gusto leggendo il pensiero nella mente della compagna. «Hai ragione. Questa capanna è magica come i fiori che hai trovato. Rimane sempre linda e pulita come se il tempo si fosse fermato».
Baldegunde annuisce. Finora il compagno non ha sbagliato nulla e di sicuro oltre al riparo troveranno cibo per rifocillarsi.
1
Gestisci Consenso Cookie
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.