Su Caffè Letterario ho pubblicato questo breve racconto.
Sembrava che fosse passato il tornado. L’appartamento era vuoto a parte un paio di scatoloni sormontati da una lampada.
Alex e Grazia si voltavano le spalle. Tra loro il gelo era di casa, ognuno dei due immersi nei loro pensieri.
Cosa era successo? Nulla di trascendentale. Semplicemente avevano venduta l’abitazione che avevano in comproprietà e l’avevano svuotata di tutto. Peccato che non sapessero dove andare, a parte nell’unica pensione di Loghi, che appariva come una topaia tanto era triste.
Grazia rimproverava al compagno di aver messo in vendita la casa senza preoccuparsi del dopo.
Alex, inviperito, le rinfacciava che nessuna degli appartamenti che avevano visto andasse bene.
Così era arrivato il momento di finire davanti al notaio per la stipula senza avere un posto dove mettere il mobilio, a parte il capannone di zio Mark, come veniva chiamato un personaggio pittoresco di Loghi.
Adesso l’appartamento doveva essere abbandonato entro la mezzanotte di questo giorno.
Grazia si infilò lo spolverino e scese in strada. Dalla cantina prese la bicicletta e pedalando si allontanò da Loghi. «Che si arrangi con i nuovi proprietari».
Alex spense la lampada. Non gliene fregava nulla se restava lì. Indossata la giacca di velluto a coste verde, tirò alle spalle la porta che con un clack rumoroso si chiuse dietro di lui. Gli scappò un’imprecazione. Le chiavi della macchina erano rimaste sotto la lampada. «Porca miseria!» imprecò a fior di labbra. «I nuovi proprietari tornano tra un mese».
Non gli restava che recarsi alla pensione Arcobaleno, che era tutto fuorché essere bella come il fenomeno atmosferico.
“Chissà se troverò Grazia” bofonchiò nero in viso. “Una giornata pessima. Domani speriamo che sia meglio”.
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