Disegna la tua storia – un’immagine di Etiliyle – lo stagno al tramonto

Una splendida immagine di Etiliyle e delle mie pessime parole a corredo

https://etiliyle.files.wordpress.com/2019/03/etiliyle-riserva-al-tramonto-luca-molinari-photo.jpg?w=685

Immagine tratta dal blog di Etiliyle

A ovest di Venusia ci sono una serie di stagni piccoli o grandi contornati da canne palustri, che spesso nascondono insidie. La riva, occultata dalla vegetazione, cede sotto il peso dei passi dell’incauto che si è avventurato in mezzo, rischiando di rimanere impantanato nel fango. Una situazione sgradevole perché si sprofonda sempre di più se qualcuno non l’aiuta a uscire.

I ragazzini conoscono il pericolo e saggiamente lo evitano ma gli adulti hanno più spocchia e ogni tanto qualcuno ci casca.

Poi in uno stagno c’è una lontra che sembra Arsenio Lupin tanto è inafferrabile. Tutti dicono averla vista ma nessuno ha prodotto le prove della sua presenza. Pino, un ragazzino dagli occhi grandi color nocciola, l’ha vista. Si sono guardati con sorpresa per qualche secondo, prima che lei fosse sparita nel folto del canneto.

“È inutile dire che l’ho incontrata” pensa mentre saltando percorre il sentiero che lo riporta a casa. “Tanto non mi crederebbe nessuno”.

Le canne andrebbero tagliate ma nessun venusiano lo vuol fare, perché gli stagni sono di tutti e di nessuno. E quindi alzano le spalle se qualcuno osa timidamente di accennare al loro taglio per eliminare i pericoli che nascondono.

«Perchè io?» afferma Roberto, alzando gli occhi al cielo. «Non è mica mio lo stagno. Appartiene a Giuseppe».

Giuseppe chiamato in causa scuote il testone riccioluto in segno di negazione.

«Non possiedo stagni» ribatte con un sorriso ironico sulle labbra. «Domanda a Pietro».

E così da una persona all’altra tutti negano di essere i proprietari degli stagni. Però se qualcuno mette nelle vicinanze il cartello ‘Proprietà privata. Vietato l’accesso’ si scatena un putiferio che è difficile da reprimere. Tutti protestano perché Ermete ha piantato il cartello di divieto senza averne i titoli. E la sciarada della proprietà diventa un rompicapo senza soluzione.

Le canne crescono rigogliose, sempre più fitte e lussureggianti per la gioia delle anatre che possono nascondersi ai predatori.

Insomma gli stagni sono abbandonati a se stessi ma i pochi ragazzini di Venusia gioiscono perché nessun può impedire loro di fare il bagno.

Però lo spettacolo è al tramonto quando il sole incendia le canne che si riflettono nell’acqua verde. La superficie acquista tonalità che dal verde diventa rossa per poi virare al nero, quando il sole troppo basso all’orizzonte smorza i toni e fa arrossire le nuvole in cielo.

Disegna la tua storia con un’immagine di Marzia -Una strana fotografia

Marzia di Alchimie mi ha mandato questa fotografia.

immagine inviata da Marzia

È una fotografia particolare ma vi lascio alla lettura.

Buona lettura

Pippo, che in realtà si chiama Ernesto, sta svuotando la casa di zia Gina, che anche lei aveva un nome diverso: Euridice. Sembra una costante ma nessuno della famiglia Nometti è conosciuto col suo vero nome.
Il padre di Pippo era Gino che faceva di nome Olao. La sorella di Gino, nonché zia di Pippo, è la famosa Gina, che morendo gli ha lasciato in eredità il casale di campagna e diecimila pertiche di campi, coltivati a maggese.

Pippo, aprendo l’armadio di noce della camera da letto di zia Gina, si è imbattuto in una scatola per scarpe piena di fotografie che sembrano piuttosto vecchie. Sono tutte in bianco e nero, qualcuna ingiallita, altre con gli angolini, quelli che un tempo si usavano per esporle negli album di famiglia. Altre ancora avevano delle date scritte da una mano femminile.

«È la scrittura di zia Gina?» mormorò, girando il retro di una fotografia di gruppo.

19 agosto 1919’ legge Pippo seguito dal nome della località ‘Venusia’ e dall’elenco delle persone del gruppo ‘Gino, Michele, zia Egle, zio Loris, Anneta, Nino, nonna Tina, nonno Bricco’.

Pippo sorride, perché a parte Gino, che era suo padre, gli altri sono dei perfetti sconosciuti. Stringe gli occhi per osservare meglio il viso di suo padre, che avrà avuto sì e no dieci anni.

«Forse Anneta e Nino sono i miei nonni» ammette a malincuore Pippo, perché in effetti non solo non li ha mai conosciuti ma ne ignora pure i nomi.

Mette a parte questa immagine sbiadita e vecchia di cent’anni e continua la rassegna facendo diversi mucchietti. Le immagini di famiglia a sinistra, quelle con paesaggi al centro e i viaggi a destra. Tutte le altre non catalogate sul coperchio.

Pippo si ferma nella selezione. Ha un sussulto e torna su quella fotografia con bisnonni e nonni e la gira.

«Venusia?» ripete con tono interrogativo. «Ma che paese è? Ma dove si trova? Mai sentito nominare».

Una reazione giustificata per una località che gli è sconosciuta.

Prende il fido telefono e fa una ricerca. Pensa che zia Gina gli abbia voluto tirare un bidone, inventandosi un paese fantasma.

Venusia è un minuscolo paese di Ludilandia, quasi impossibile da individuare sulle carte geografiche. Solo quelle molto dettagliate in scala 1:1000 è riportato dove si trova. Abitanti 369. A zero metri sul livello del mare…

«Ci devo andare» dice Pippo, riponendo l’immagine sul mucchietto famiglia.

Arrivato sul fondo della scatola vede una fotografia singolare, completamente diversa da tutte le altre. C’è una ragazza appesa in alto, in apparenza nuda nella parte inferiore, con la gonna che le copre il viso. La testa è in basso e le gambe in alto come se fossero a cavalcioni di un’asta.

Pippo ride. La posizione è innaturale. Guarda il retro è bianco o meglio c’è il timbro dello sviluppatore con una data. ‘19 ago 2019’.

«Mi prende in giro!» esclama basito Pippo. «Sviluppata oggi?»

Non può credere a quel timbro. Una foto vecchia, senza dubbio vista la grana del cartoncino e i bordi frastagliati, tipici di mezzo secolo prima.

Pippo l’osserva con attenzione. «Come può reggersi su quella traversa sottile col sostegno di una sola gamba?» esclama sorpreso, scuotendo la testa.

“Hanno usato Photoshop per confezionare un fake” riflette cercando di capire chi possa aver messo quest’immagine insieme alle altre.

«l casale di zia Gina è chiuso da almeno cinque anni» dice Pippo, infilando il cartoncino nella tasca interna della giacca. «Un burlone sapendo che venivo ha voluto tendermi un tranello».

Disegna la tua storia con un’immagine di Sabry – Carola o la ragazza che sogna

C’è una nuova entrata tra le muse ispiratrici per disegnare una storia che ha come sfondo Venusia. Sabry ha pubblicato sul suo blog questa immagine e mi è piaciuta.

Buona lettura

Carola è una ragazza, si fa per dire visto che ha venticinque anni, che sogna osservando gli oggetti che la circondano.

Lo era da piccola, che rimaneva per ore a guardare le nuvole in cielo sospinte dal vento che soffia da levante.

È cresciuta ma non ha smesso di sognare.

D’estate quando il vento toglie la calura da Venusia e rinfresca l’aria si avvia verso la fortezza che si erge sulla montagna come un blocco grigio contornato ai suoi piedi dal bosco degli spiriti. Definire montagna quel dosso appena pronunciato sulla piana di Venusia è un bel azzardo. Avrebbe la stessa valenza di considerare quel gruppo di case che compongono il paese una metropoli. Però per i venusiani è la montagna.

Carola nel periodo estivo fa ogni pomeriggio quella passeggiata di tre quarti d’ora attraverso il sentiero che taglia il bosco degli spiriti fino a raggiungere la fortezza.

Si siede sui gradini di ardesia grigia che portano all’ingresso e osserva la pianura. Una piana che si perde sull’orizzonte senza case o strade degne di questo nome.

Osserva il sole che tinge di rosso il cielo e imporpora le nuvole che da bianche cambiano colore. Dapprima rosate poi sempre più rosse. Una meraviglia. Allunga una mano per cogliere quel colore che assomiglia alla sua gonna.

Indugia mentre sogna un mondo diverso ricco di sfumature e di pensieri positivi. Si alza sospirando. Deve tornare prima che le ombre della sera rendano disagevole il sentiero nel bosco.

Non ha paura come la maggioranza dei venusiani ad attraversarlo. Per lei non ci sono spiriti. Né buoni, né cattivi. C’è solo il bosco con i suoi rumori e le sue ombre, gli animali che osservano il suo passaggio e il canto degli uccelli nel folto degli alberi.

La discesa è più rapida della salita e deve arrivare a casa prima che Riccardo, il suo compagno, ritorni da Ludi, dove lavora come grafico.

I raggi del sole filtrano tra le chiome degli alberi e ogni tanto un’apertura tra i rami mostra le nuvole che corrono nel cielo.

Si ferma, solleva il capo e osserva. Sogna di essere sul quel destriero bianco che galoppa nell’azzurro verso mete lontane.

«Chissà dove arriverà?» esclama a bocca aperta con l’aria sognante. «Verso il mare che non ho mai visto ma so che c’è oppure la montagna che qualche volta dalla fortezza ne scorgo le cime più alte?»

Carola riprende a camminare di passo svelto, perché l’oscurità infittisce e la strada da percorrere è ancora lunga.

 

Disegna la tua storia – immagine di Etiliyle – Le nuvole

Giusto con omaggio ferragostano vi delizio – ma sarà vero – con questa storia. L’immagine è di Etiliyle ed è splendida.

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Buona lettura.

Pino ha sempre la testa fra le nuvole e si perde con la fantasia a rincorrerle nel cielo.

Sì, insomma, ha una bella immaginazione. Non che sia un difetto ma qualche volta lo è. Fantasticare fa bene ma non deve esagerare, perché potrebbe capitare, come è capitato, di rischiare di farsi male.

Pino è il figlio di Roberto, che non ha mai sopportato Venusia, senza trovare la forza di tornare a Ludi. Non ci sono molti bambini a Venusia, anche perché quei pochi che nascono, quando cominciano a frequentare le superiori a Ludi, non vedono l’ora di crescere un po’ e abitare là.

A Venusia non esiste nessun tipo di scuola o di asilo, perché sarebbe uno spreco. Bambini in età scolare sono in media una dozzina ma tutti spaiati con l’età. Quindi si radunano in casa dell’uno e dell’altro dove alcuni venusiani, quelli più istruiti, impartiscono le lezioni. Li preparano da privatisti per l’esame di quinta elementare e quello di terza media. A quattordici anni un scuola bus li viene a prendere per condurli a Ludi a frequentare le superiori. Quelli più bravi frequentano anche l’università, ma gli altri cominciano a lavorare.

Pino è uno dei pochi bambini nati a Venusia. Gli altri sono d’importazione. Non sorridete al pensiero che i bambini assomiglino alle mercanzie, perché arrivano coi genitori quando hanno quattro o cinque anni e poi restano lì finché non fuggono a Ludi.

Ci sono due cose che i venusiani faticano a digerire: i neonati e gli animali.

Di animali non ce ne sono molti. Giusto un paio di cani. Di gatti ce ne è uno solo che vive la sua indipendenza con sussiego. Va e viene e difficilmente accetta qualche carezza. Per i neonati la situazione è leggermente complicata, perché coppie disposte a mettere al mondo prole ce ne sono poche e le poche nicchiano alquanto.

Quindi quando Pino è nato da Roberto e Andrea c’è stata una piccola rivoluzione. Non nel senso di rivolta ma di cambio di abitudini. Erano anni che non si festeggiava una nascita e così fu festa grande. Venusia quasi non si riconosceva perché le feste erano abolite da un pezzo.

Tornando a Pino e alla sua fervida immaginazione, bisogna dire che la fantasia lo porta lontano inseguendo le anatre che si fermano nello stagno. Una sera di fine settembre, è appostato tra i canneti a sbirciare il moto delle anatre. Si levano in volo per poi tornare eleganti a posarsi sulle acque placide. Immergono la testa mettendosi a perpendicolo con la superficie. Tutte attività che Pino ha sempre osservato. Però questa sera sembra che ci sia più movimento e le anatre appaiono inquiete come se avvertissero un pericolo.

Il ragazzino si avvicina ancora di più verso l’acqua per osservare meglio i movimenti, quando… Splash cade in acqua e le anatre volano via starnazzando “Quac, quac, quac”.

Pino annaspa cercando di riguadagnare la riva, quando una mano robusta lo agguanta riportandolo sulla terra gocciolante.

«Pino, ti è andata bene» dice una voce familiare, mentre lui arrossisce sputando l’acqua ingoiata.