Una storia così anonima – parte quarantunesima

Interni - foto personale
Interni – foto personale

Rennes-le-Château, 28 febbraio 2015, ore dodici.

Allez-y, les enfants” urla Madame Monzon dal piano terra, “est servie”.

Anche se non ha capito nulla di quello che ha urlato la donna, intuisce che la pappa è pronta. Luca osserva Vanessa con sguardo interrogativo come dire ‘andiamo?’.

Eureka per cosa?” gli chiede la ragazza, incerta tra scendere per il pranzo e restare in camera per comprendere quella strana esclamazione.

Ci siamo” dice Luca con gli occhi che brillano per soddisfazione. “Ma possiamo parlarne anche a pancia piena. Il mio stomaco brontola”.

Vanessa scuote la testa, perché, quando si tratta del mangiare, Luca comprende tutto al volo. “Stai bene?” gli domanda, perché non è sicura, che l’amico abbia sciolto l’enigma, e pensa che voglia prendersi gioco di lei.

Mai stato meglio di così!” afferma il ragazzo, accennando una smorfia di dolore. Si era dimenticato del taglio in testa.

Sei un buffone” gli dice la ragazza, prendendolo sottobraccio. “Speriamo che il pranzo sia più leggero rispetto a ieri”.

In effetti è meno pesante con grande sollievo dei due ragazzi. Una garbura, la tipica zuppa di verdure casalinga, agnello con fagioli di Tarbes e la crème catalane per finire.

Vanessa non vede l’ora di terminare per rinchiudersi nella stanza con Luca. Quell’esclamazione di gioia continua a ruminarle nella testa. ‘Io non ci ho capito nulla’ pensa, mentre velocemente mangia la sua porzione di crème catalane. ‘Come ha fatto, Dio solo lo sa!’ Dà segni di irrequietezza, mentre Luca fa il gigione con la servetta. Vanessa lo guarda in tralice e gli molla una pedata.

Ahi!” esclama il ragazzo, squadrandola male.

Scusa” dice Vanessa, fingendo dispiacere, mentre con gli occhi gli fa segno di muoversi. ‘É ora di togliere il culo dalla sedia’ gli trasmette visivamente.

Luca ride. Ha capito il messaggio ma il caffè lo vuole bere prima di alzarsi. Madame Monzon li guarda e scuote la testa. ‘Ha detto che è solo un amico’ si dice, mentre accenna a Elionor, la ragazza che l’aiuta nella gestione della gite, di preparare in salotto caffè e l’amaro alle erbe. ‘Eppure bisticciano come due innamorati’.

Luca pare divertirsi a tenere sulle spine l’amica, che mostra impazienza nelle parole e nei gesti. Vanessa è furibonda, con gli occhi, che sembrano due lanciafiamme. Si accomoda nel salotto sul divano, mentre Luca si siede sulla poltrona di fronte. Poco dopo sul tavolino compare il vassoio con caffè e bicchierini di liquore. La stanza, ampia e luminosa con l’ampia vetrata, che guarda il giardino, che in questo periodo è brullo, le appare poco invitante.

Potevi risparmiarmi quel calcione” le sussurra, mentre con il braccio sulle spalle di Vanessa salgono in camera.

Te ne rifilo un altro, se non togli quella zampaccia” ringhia la ragazza, senza ottenere nessun effetto concreto.

Luca prende il computer dalla borsa, prima di sistemarsi sul divano. Vanessa è in tensione, perché la curiosità di conoscere cosa significano quelle lettere cresce di secondo in secondo.

Dimmi” gli dice, sistemandosi meglio accanto a lui, “come hai fatto a decifrare il messaggio”.

L’idea me l’hai lanciata tu” ghigna il ragazzo, mentre avvia il computer.

Vanessa strabuzza gli occhi incredula. ‘Io?’ si dice, cercando di ricordare quello ha detto prima di scendere. “Cosa avrei detto?” domanda la ragazza, aggrottando la fronte.

Hai parlato di un codice cifrato” la rimbecca il ragazzo con un sorriso ironico.

Vanessa scuote il capo. ‘Il colpo in testa l’ha rincoglionito del tutto’ pensa. ‘Per aver pronunciato un’affermazione ovvia, lui pretende di avere capito tutto’. Si adagia sullo schienale. ‘Luca non si smentisce mai’ riflette, perché ha compreso che stanno navigando ancora al buio.

Il ragazzo sorride soddisfatto. ‘Sono sulla strada giusta’ si dice, facendo l’occhiolino all’amica. ‘Un piccolo sforzo e ci siamo’. Armeggia un po’ coi motori di ricerca, prima di riprendere a parlare.

In quel periodo mi sa che non ci fossero molti modi per cifrare un messaggio” comincia Luca, prendendo una via molto alla lontana. “Così ho pensato…”.

Vanessa sbuffa insofferente. “Cerca di non spiegarmi tutta la cronistoria dei codici cifrati” dice, stringendo le labbra per reprimere l’ira che sta salendo. “Se ne ho voglia, vado su Wiki per studiarli con calma”.

Quanta fretta, Van!” fa Luca sornione, strizzando gli occhi. “Pensavo…”.

Pensa poco e concretizza” dice Vanessa, chiudendo e aprendo la mano sinistra nel segno inequivocabile di sintetizzare.

Uffa” sbuffa il ragazzo. “Cercherò di essere breve”.

É meglio per te” afferma poco conciliante la ragazza.

Dunque dicevo” riprende il ragionamento Luca. “Nel trecento credo che il codice di Cesare fosse quello più gettonato. Ma chi ha scritto il messaggio non l’ha usato”.

Vanessa si sistema meglio sul divano, avvicinandosi al computer. “Perché?” domanda curiosa, sbirciando lo schermo.

Sai come funziona?” le chiede, mettendosi si traverso per osservarla meglio.

No”.

Ti spiego” comincia Luca. Digita una parola ‘ARA’. “Se avesse usato quel codice, troverei ‘CUC’ o qualcosa di simile a seconda della traslitterazione usata”.

Translitterazione?” esclama Vanessa, spalancando occhi e bocca. “Che roba è?”.

Luca ride, osservando il suo viso sorpreso e sbigottito. “Ho usato il codice tre che prevede lo slittamento di tre posizioni nell’alfabeto. A diventa C, B è D, e così via. Nel nostro messaggio non si legge nulla che possa adattarsi a questa codifica”.

Vanessa rilegge la stringa e ammette mentalmente che la logica di Luca è ineccepibile. ‘Eppure ha gridato EUREKA, come se avesse scoperto tutto’ si dice per nulla convinta che l’amico abbia la soluzione in tasca. Lo guarda mentre scrive qualcosa alla ricerca di una dritta. Almeno secondo lei.

D’accordo” fa Vanessa, allungando le gambe, “ma cosa è stato usato?”

Luca non risponde subito, continua a lavorare col computer. “Diciamo un qualcosa di simile” comincia cauto, mentre scrive alcune righe di codice di programmazione. “Diciamo la tavola di Vigènere, anche se questa è arrivata duecento anni dopo”.

Vanessa strabuzza gli occhi. ‘Che cavolo va dicendo?’ pensa interdetta. ‘La botta gli ha fatto molto male!’ Lo guarda senza essere ricambiata, prima di sbottare. “Insomma cosa dice quella stringa?”

Pazienta un attimo” risponde Luca con un sorrisino sulle labbra. “Devo mettere a punto questo programmino”.

La ragazza si sposta verso una sponda del divano, irritata e silenziosa. ‘Mi ha fatto credere di aver risolto il grattacapo, invece…’ riflette, leggendo la stringa.

Credo di esserci” dice Luca con il viso soddisfatto. “L’alfabeto è quello latino e la chiave è ‘RHEDAE’. Ingegnoso il nostro scribacchino”.

Vanessa torna vicino al ragazzo visibilmente curiosa di scoprire il senso della frase. “Ma chi l’ha scritta” dice ridendo, “non aveva i nostri mezzi! Tanto di cappello”.

Luca solleva un sopracciglio, prima di immergersi nel suo computer. Dopo qualche minuto distende le braccia dietro la testa, soddisfatto del risultato. “Non sei curiosa di sapere cosa c’è scritto?” domanda il ragazzo.

Sì” replica Vanessa che pare seduta su un rosaio tanto si dimena per trovare una posizione comoda.

Ecco il testo decifrato ‘SUB ARA VOS REPERIETIS CINERACEA PETRA INFERA LIGNEA THECA DOMUS‘. Soddisfatta?”

La ragazza è allibita. La frase ha un senso compiuto ma non è persuasa, che sia la soluzione.

Se fosse vero quello che hai decifrato” dice, alzandosi, “dovremmo trovare riscontri sotto l’altare”.

Luca ride di gusto. “Pensi di trovare qualcosa?”

Sì” afferma decisa Vanessa, che si veste per uscire.

Rennes-les-Bains, 28 febbraio 2015, ore quattordici.

Pierre esce dal centro medico con un vistoso cerotto sulla guancia e la bocca un po’ storta.

Mi raccomando” gli ha detto il medico che l’ha curato. “solo cibi liquidi e usi una cannuccia. Il taglio alla lingua è profondo”.

Per quanto tempo?” si è informato l’uomo, parlando a fatica per i punti di sutura.

Domani l’aspetto qui per la medicazione” gli ha risposto, eludendo la sua domanda.

Guida con prudenza verso Rennes-le-Chateau. Il dolore non è scemato, anzi tende a crescere man mano che la puntura di anestesia locale perde di efficacia nei suoi effetti. ‘Quella gatta ha degli artigli non male’ si dice, mentre parcheggia vicino a Le dragon de Rhedae. “Però quel caprone del suo compare non è da meno come testa dura’. Non ha appetito e rinuncia a salire nella sua stanza. Decide di passeggiare per il paese per raccogliere le idee. La giornata non è ideale per camminare. Nuvole basse e qualche accenno di pioggia sconsiglierebbero chiunque ma non Pierre, che deve fare il punto della situazione in silenzio.

‘Il Gran Maestro è stato categorico su un punto’ si dice, mentre percorre le vie strette senza marciapiede del piccolo paese. ‘Devo scoprire cosa sanno sul tesoro dei templari e poi bloccarli. Come?’ Scuote la testa ma fitte dolorose gli fanno rinunciare quasi istantaneamente al movimento. La lingua duole con fitte acute che penetrano nervosamente nel cervello. I graffi, per nulla superficiali, fanno sentire la loro voce. L’effetto dell’anestesia è svanito, riattivando tutti i dolori assopiti. Si ritrova nello spazio vicino al complesso di Saunière a osservare la vallata dell’Aude, grigia come il cielo. Le cime dei Pirenei sono occultate da nuvole scure per effetto della luce calante del giorno.

‘Quella gatta mi ha fregato’ pensa, cercando di dominare il pulsare del dolore nelle ferite. ‘Mi ha fatto credere quello che ha voluto lei. Ma è stato quel grido Henri a mettermi in crisi’. Poi si avvia lentamente verso lo stradello che conduce alla chiesa. Erbacce crescono ispide ai lati e il prato non è messo molto meglio.

Vede qualcosa dinnanzi a lui e si irrigidisce.

Una storia così anonima – parte quarantesima

Il castello Estense - foto personale
Il castello Estense – foto personale

Rhedae, 24 novembre 1307, vespro – anno secondo di Clemente V

Credo che sia meglio che ve ne andiate” dice Simon con voce atona senza guardarli negli occhi.

Sì” risponde Marcel. “Domani al primo albore ce ne andiamo”.

L’uomo scuote la testa. Non è questa la sua opinione. Sa di essere un sorvegliato speciale per i suoi trascorsi di cataro. Capisce anche le ragioni del suo amico, Marcel. Mettersi in viaggio col buio è pericoloso. Neve e ghiaccio sono nemici dei viandanti.

Però non potete restare qui” insiste Simon.

Dove?” chiede Marcel preoccupato, mentre Pietro è interessato solo al messaggio.

Di fronte” dice Simon, “c’è un ripostiglio che nessuno usa”.

Ma è possibile riscaldarlo?” ragiona ad alta voce Marcel. “Il freddo sarà pungente stanotte”.

No” replica l’uomo. “Quello, che posso darvi, sono delle coperte di lana e un po’ di cibo”.

Va bene” fa Marcel, che si volta a osservare Pietro, del tutto assorto nell’esaminare quello che ha trascritto. Il frate sembra essere in un’altra dimensione. “Almeno un lume o qualche candela per avere un po’ di luce” aggiunge come ultima richiesta la guida.

Simon chiude gli occhi e si concentra. La richiesta gli appare ragionevole. Al buio e al freddo la notte sembrerà ancora più lunga del dovuto. Sta pensando dove li tengono nel castello. Forse lo sa. “Aspettatemi qua. In silenzio. Se qualcuno bussa, non rispondete. Questa stanza deve apparire vuota in mia assenza”.

Marcel annuisce in silenzio, mentre attira Pietro accanto al camino. Devono fare il pieno di calore, perché tra poco saranno al gelo.

Il frate si sposta senza protestare. Continua a ragionare su quella stringa che apparentemente è priva di senso. ‘Quale codifica ha usato Paul?’ si domanda, dopo aver provato a usare il codice di Cesare. ‘La sequenza utilizza un sistema differente, più complesso. Le lettere in minuscolo di sicuro separano i nomi, anche se all’occhio inesperto non sembra’. Prende un pezzetto di legno annerito dal fuoco e comincia a costruire un diagramma su un lembo di stoffa bianca. É talmente assorto nelle sue attività, che non si accorge che Simon è rientrato e sta parlottando con Marcel.

Venite” gli dice la guida. “Dobbiamo spostarci da qui”.

Pietro lo segue docilmente. Attraversa il cortile innevato, mentre un leggero nevischio scende lieve dal cielo plumbeo. Marcel apre con lentezza una porta cigolante, cercando di ridurre al minimo ogni rumore. Accende un lume a olio che deposita nel centro della stanza polverosa. Muove gli occhi circolarmente. La vista non è esaltante. Addossata a una parete c’è una catasta di mobili vecchi, rotti e impolverati. Vistose ragnatele penzolano dalle travi del soffitto. Nell’angolo opposto ci sono diversi pagliericci disfatti, che mostrano il loro contenuto. Un tavolo traballante e tre sedie sfondate sono vicine a quello che una volta era un camino, che adesso è ostruito da pietre e altri oggetti.

Pietro segue Marcel, entrando nel ripostiglio e si guarda intorno. Desolazione, polvere e tanto freddo. Però in quel momento altre sono le sue priorità. ‘Devo decifrare questo messaggio prima che sia il primo albore’ si dice, mentre si sistema il mantello intorno al corpo. Dalla sacca che porta a tracolla estrae un copricapo di lana. Mette il lume sul tavolo sgangherato, accostando un sedia. Continua a lavorare sul suo diagramma senza molto successo. Sente dei rumori e alza lo sguardo. Marcel sta rientrando con coperte di lana e delle provviste, che posa sul tavolo.

L’uomo prova a prendere un pagliericcio da usare come letto improvvisato ma una colonia di topi infastiditi sciama per la stanza. “Forse è meglio non usarli” dice a bassa voce ma udibile da Pietro. “Chi riuscirà a dormire stanotte?”

Marcel sperava in un’accoglienza migliore da parte di Simon ma forse qualcosa è cambiato dalla sua ultima visita. Si avvolge in due coperte di lana, sistemandosi sulla sedia.

Mangiate qualcosa?” chiede la guida al frate, che scuote la testa per diniego. “C’è pane fresco e formaggio stagionato e una bottiglia di vino. Io ho fame e comincio”. Con un lembo di un telo ripulisce il tavolo dalla polvere e inizia a cenare, cercando di non fare briciole. ‘L’odore del formaggio risveglierà quella colonia di simpatici sorcetti’ pensa Marcel infastidito. Osserva il compagno che borbotta e scrive senza degnarlo di uno sguardo. Non capisce l’urgenza di leggere il messaggio ma forse il pensiero di lasciare Rhedae senza aver compiuto la sua missione è più importante della misera cena.

Marcel si sistema sulla sedia, tenendo d’occhio quel poco che è rimasto del mangiare. ‘Se il templare decide di digiunare, lo useremo domani, quando ce ne andiamo’ si dice. ‘Dove?’ E la domanda rimane in sospeso. É inutile pensarci. Domani sarà un nuovo giorno. Le palpebre vorrebbero chiudersi ma freddo e il pensiero dei topi lo tengono sveglio. Osserva il frate che pare incurante di freddo e fame e rimane sorpreso perché non sembra avere una costituzione robusta. ‘Eppure’ pensa Marcel, ‘è talmente concentrato che appare come un fantasma’.

Pietro, avvolto nel suo mantello, continua a lavorare appoggiato sul tavolo, che è rischiarato dalla tremula luce di una lanterna a olio. Ombre guizzanti appaiono deformate sulla catasta di mobili impolverati e rosi dai tarli. Dopo un tempo che appare lunghissimo il frate esclama sorridente “Ci sono!”, svegliando dal torpore Marcel.

Dobbiamo uscire” afferma con forza il templare. “Dobbiamo tornare in chiesa”.

Siete impazzito?” gli chiede la guida, svegliata da quell’improvvisa esplosione di parole. Gli occhi annebbiati dalla stanchezza e dal cattivo sonno faticano a mettere a fuoco la situazione. É irritato. Quest’uomo ha intenzione di farci finire nelle segrete del castello, pensa senza rispondere all’affermazione di Pietro.

Dobbiamo tornare in chiesa” ripete il frate, alzandosi.

No” replica Marcel innervosito.

Pietro lo osserva come si guarda un insetto fastidioso. “Se non volete venire ci andrò da solo” e si avvia verso la porta.

Fermatevi!” esclama la guida, presa dal panico. “Non potete avventurarvi fuori senza un minimo di precauzione”.

Pietro si ferma e lo guarda con un misto di stupore e di insofferenza. “Allora venite con me” dice. “So dove devo prendere quello che Paul mi avrebbe consegnato direttamente”.

Marcel scuote il capo. ‘Questo templare non c’è con la testa’ riflette, ‘ma non posso lasciarlo andare da solo’. Rassegnato, esce con Pietro nella notte. Le neve cade più copiosa e attutisce il loro passi.

La piccola chiesa appare ancora più spoglia di quello che è in realtà. Qualche candela rischiara e attenua le tenebre. L’altare sembra povero ricoperto da una tovaglia bianca senza ornamenti, che mostra quattro colonnine di foggia antica. Pietro si avvicina per osservare meglio quello che sta sotto. Una lastra bianca con delle iscrizioni in latino. Quelle non interessano il frate che fa scorrere la mano sui bordi. Sente che non è stabile come se qualcuno l’avesse mossa di recente. Incunea un dito su un angolo scheggiato e la tira verso di sé.

Marcel osserva in silenzio quello che il templare sta facendo. Non comprende bene le manovre ma lo guarda mentre si incunea sotto l’altare. ‘Forse ha trovato quello che cercava’ pensa la guida, avvicinandosi un poco.

Marcel” fa Pietro, girandosi appena un po’ verso il compagno, “mi aiutate a sollevare questo marmo?”

L’uomo si dispone dall’altra parte dell’altare e infila un coltello in una fessura tra la lastra e il pavimento. “Ora” dice sottovoce il frate, mentre con lentezza il marmo si solleva, lasciando intravvedere una cavità. Sono a buon punto, quando sentono sul limitare dell’ingresso dei passi pesanti. Lo sguardo di Pietro è eloquente, mentre la lastra torna silenziosa al suo posto. Senza fare rumore entrano nel confessionale immerso nel buio. Una luce tremolante rischiara un viso, che appare nel vano della porta.

Marcel osserva una fisionomia che aveva già visto, quando era al posto di guardia. Dunque il suo intuito non aveva fallito. Era la persona che aspettava al varco il templare. ‘Forse’ riflette, tenendosi in ombra, ‘spiega lo strano comportamento di Simon, che mi è apparso intimorito’.

Pietro trattiene il respiro. É quel cavaliere che lo segue da Paris. ‘Non demorde’ si dice infastidito, stringendo le labbra in una smorfia di stizza. Subito riacquista le sembianze normali, mentre mentalmente recita il confiteor. Sa di avere peccato di ira. ‘Se ho degli scatti di collera, Gesù, Maria e Maria Maddalena mi abbandoneranno al suo destino’ pensa il frate che dice anche un atto di dolore.

Louis si guarda intorno come se fosse alla ricerca di qualcuno. Si muove in silenzio, tenendo alta la bugia per illuminare una porzione più ampia della chiesa. Borbotta qualcosa di incomprensibile. Perlustra ogni angolo con attenzione, ascolta eventuali rumori. Si avvicina al confessionale. Pietro è pronto a scattare, mentre trattiene il respiro. Marcel si addossa al fondo, pronto a menare le mani. ‘Quest’uomo’ riflette, mentre avverte salire l’adrenalina dell’ira, ‘non mi piace. Ha uno sguardo cattivo’.

Louis è pronto a illuminare l’interno, quando ascolta dei passi che si allontano in fretta. Senza pensarci due volte, si dirige verso l’ingresso per gettarsi all’inseguimento di quei rumori.

Svelto” sollecita Pietra, scattando fuori dal confessionale. “Abbiamo pochi minuti per muovere la lastra”.

Senza porre indugi afferra la lastra che non aderisce bene al pavimento, sollevandola. Allunga una mano, estraendo una cassetta di legno, che infila nella bisaccia che porta sotto il mantello. Rimette a posto la lastra e si avvia, verso l’uscita seguito da Marcel.

La nevicata prosegue con un cielo lattiginoso. Pietro si guarda intorno. Non conosce il luogo e non sa che strada prendere. “Venite” gli dice sottovoce Marcel. “Dobbiamo raggiungere i cavalli”.

Come un fantasma si materializza Simon, che con un cenno del capo indica loro di seguirlo in silenzio. “Siete stati imprudenti” sussurra sottovoce l’uomo. “Quel cavaliere non aveva buone intenzioni. Ha seguito le vostre orme”.

Grazie” replica Pietro, facendo attenzione a dove posa i piedi.

Quella stanza non è più sicura” prosegue Simon, che li conduce in un’abitazione vicino al Castello.

Una storia così anonima – parte trentanovesima

foto personale
foto personale

Rennes-le-Château, 28 febbraio 2015, ore dodici.

Il taglio al cuoio capelluto di Luca non è grande ma sanguina ancora, sia pur meno vistosamente e gli duole non poco. L’impatto col mento di Henri l’ha stordito ma l’adrenalina della paura gli ha dato le risorse per fuggire. Adesso che è al sicuro nella gite, il ragazzo avverte tutta la stanchezza che lo stress gli ha provocato.

Fammi vedere” dice Vanessa, spostandogli i capelli.

Luca fa una smorfia di dolore. “Vai con calma!” esclama.

La ragazza ride, gettando la testa indietro. Lo abbraccia sulle spalle. “Grazie, Luca!” fa, dandogli un bacio sul collo. “Senza il tuo provvidenziale intervento non saprei come sarebbe finita. Henri era veramente deciso col coltello”.

Luca si gira per guardarla in viso. Ha ricordi confusi dell’episodio. Non ha avuto l’avvertenza di fissare la dinamica degli eventi, perché era teso a liberare Vanessa dall’impiccio in cui versava. Ricorda solo di aver pronunciato “Henri”, scatenando la furia dell’uomo.

Però gli hai scattato una foto” dice la ragazza, che ha vivido il flash dello smartphone dell’amico.

Sei sicura?” le chiede Luca, che non rammenta il particolare. Prende il Samsung e scorre le immagini. “Hai ragione!” esclama sorridente. “Ecco il nostro uomo immortalato. Non è un granché ma almeno abbiamo una sua istantanea”.

Ridono i due ragazzi, che stanno scaricando l’adrenalina accumulata nella mattinata, mentre si abbracciano con calore. Si sistemano davanti alla grande finestra che domina la vallata, che appare grigia, avvolta nelle nubi basse. Hanno molte domande da farsi, molti quesiti da rispondere.

Dimmi” comincia Vanessa, “Non ci hai messo molto tempo a raggiungermi”.

In effetti avrei potuto evitare l’assalto di Henri” risponde Luca, sistemandosi meglio sul divano accanto alla ragazza. “Mi sono fermato a prendere uno schifoso caffè a poche centinaia di metri dal complesso di Saunière”.

Vanessa mostra nel viso sorpresa nell’ascoltare queste parole. Era convinta che Luca fosse al castello di Hautpoul e non dietro di lei.

Quando ci siamo divisi” spiega il ragazzo, “ho voluto verificare chi Henri stava seguendo. Supponevo che tu l’avessi alle tue calcagna. Quindi mi sono nascosto in androne senza vederlo passare. La mia intuizione era corretta e così ho puntato senza esitazioni verso il luogo dove eri diretta”.

Vanessa l’abbraccia di slancio. “Giusta intuizione la tua!” dice, sistemandosi sulle gambe del ragazzo. “Henri ha puntato sull’anello debole…”.

Debole, un corno!” afferma Luca serio. “Gli hai rifilato un colpo basso, che avrebbe ammazzato chiunque e per poco non gli cavavi un occhio!”

Beh! Non sei da meno” si complimenta Vanessa. “Hai una bella testa dura!”

IL ragazzo la stringe, mentre ridono allegri. “Ora ridiamo ma” dice il ragazzo, “poco tempo fa abbiamo tremato per la paura”. Una breve pausa prima di riprendere il discorso. “Piuttosto racconta cosa è successo in chiesa”.

La chiesa è orrenda” dice Vanessa. “Più che orrenda fa spavento. Statue e ambientazioni incutono paura”.

Arriva al sodo” fa Luca, che è impaziente di conoscere l’esatta cronologia degli eventi. “Poi parliamo delle sensazioni”.

La ragazza annuisce, mentre lo guarda negli occhi. “Stavo perlustrando l’interno, quando mi è caduto l’occhio su dei simboli sotto l’altare. Sembravano rune e sono incise sulla base su cui poggia”.

Dovremmo fare un nuovo sopralluogo” dice Luca. “Nel pomeriggio. Non credo che Henri abbia molta voglia di piantonare la chiesa”.

Vanessa scuote la testa per confermare le sue parole. “Se vuoi, possiamo tornarci con calma” afferma rilassata e decisa, “ma non credo serva andarci subito. Ho scattato delle foto di quel basamento”.

Si alza e dalla borsa estrae l’Iphone. Armeggia un po’, finché non si posiziona sulla prima istantanea.

Come vedi” dice la ragazza, allargando l’immagine con le dita. “Sembrano rune ma sono lettere antiche. Non sono molto visibili ma con un po’ di pazienza possiamo trascriverle sulla carta. Corrono intorno al basamento”.

Luca osserva le immagine, facendole scorrere avanti e indietro, allargandole per esaminare i dettagli. Vanessa lo guarda in silenzio, attenta a cogliere qualche mutamento nell’espressione dell’amico. Il suo viso non si increspa, nessun muscolo facciale si muove, l’occhio rimane ben aperto senza mutare di espressione. La ragazza sembra delusa, finché Luca non solleva la testa.

Sembrano lettere messe a casaccio” dice il ragazzo, che non riesce a comprendere il senso di quei segni. “Per essere antiche lo sono, salvo che non siano un clamoroso fake di Saunière per prendere in giro i cacciatori di tesori”.

Potrebbe anche essere un messaggio in codice, cifrato” suggerisce Vanessa.

Certamente” fa Luca, che torna a concentrarsi sulla misteriosa iscrizione, “ma senza la chiave è dura dare un senso compiuto a questo coacervo di lettere”.

Potremmo verificare quali codici crittografici erano in voga allora” afferma la ragazza.

Nel trecento o nell’ottocento?” chiede Luca con una punta di ironia.

Vanessa fa la faccia truce. A Luca piace sempre fare delle battute, pensa. A volte se stesse zitto, sarebbe meglio.

Dai!” dice il ragazzo dandole un buffetto sulla guancia. “Non prendertela”.

Cominciano a trascrivere le lettere. Su qualcuna baruffano. “É un E”, “No, è una B”. Dopo un paio d’ore ricavano una stringa, che appare incongrua.

«BNXkDREpDTCiOELMKEBTEBgTEKENATEAaPECKAiGNBMKAkHICVMApQHEKAiZLMQB»

Ma siamo al punto di partenza” afferma Luca, contrariato. “Le parole come sono suddivise?”

Vanessa si concentra, cerca di mettere a frutto gli studi di filologia, senza raccogliere le provocazioni di Luca. Osserva il foglietto sul quale è trascritta la stringa, riprende l’Iphone per esaminare di nuovo le immagini. Qualcosa le frulla per la testa senza riuscire a coglierne il senso.

Mentre la ragazza cerca una soluzione al problema, Luca grida “Eureka!”. Vanessa lo guarda con gli occhi sbarrati, pensando che il colpo in testa stia producendo i suoi effetti.

Rennes-le-Château, 28 febbraio 2015, ore undici.

Pierre ha tamponato con scarsi risultati il taglio alla lingua. Percepisce in bocca un gusto ferroso. Una percezione sgradevole. É piena di sangue. I due profondi graffi sulla guancia gli danno una sensazione di dolore sordo, pulsante. Cammina svelto per arrivare il prima possibile a Le dragon de Rhedae, perché desidera ripulire il viso e valutare l’entità della ferita in bocca.

La proprietaria quando lo vede, esclama “Gesù Maria, cosa vi è successo?”.

Nulla” tenta di minimizzare Pierre.

Nulla?” dice interdetta la donna. “Siete una maschera di sangue. Fermatevi che vi medico”.

Non esiste una farmacia? Un posto dove fanno medicazioni?” chiede Pierre, che avverte un dolore cupo e diffuso nel viso.

No” replica la proprietaria. “Si deve andare a Rennes-les-Bains”.

E se uno sta male?” continua Pierre, non convinto della soluzione.

Va fino a Limoux o a Quillan” risponde tranquilla la donna.

D’accordo” taglia corto l’uomo, che non urla per il dolore, mentre la donna disinfetta i graffi del viso.

Aveva dei begli artigli la donna che vi ha lasciato questi segni” ironizza la proprietaria.

Pierre grugnisce senza replicare. É più preoccupato per il taglio alla lingua, che sanguina abbondantemente. Dopo essersi pulito dal sangue in bocca, prende l’auto per raggiungere Rennes-les-Bains.

Mentre guida ripensa all’episodio della chiesa. Si domanda cosa stava facendo la ragazza intorno al basamento dell’altare. Capisce di essere stato imprudente e intempestivo nell’azione. ‘Sono uno sciocco’ si dice con un sorriso amaro, mentre sente la bocca riempirsi ancora di sangue. Non ha tempo di fermarsi per ripulirsi, perché desidera arrivare prima possibile per farsi medicare. ‘Non ha preso nulla’ pensa, ‘né ha deposto nulla. Probabilmente ha fotografato qualcosa. Se è lì da secoli, non è nulla di importante’.

Capisce di essere caduto in una trappola ma quei due lo stanno inquietando. Qualcosa gli suggerisce che non vanno a zonzo per la Francia solo per piacere. La sua missione è neutralizzarli. ‘Ma come?’ si dice, parcheggiando nell’area di accoglienza della struttura di Rennes-les-Bains. ‘Ma devo scoprire cosa hanno trovato’.

Spinge l’uscio ed entra.

Una storia così anonima – parte trentoottesima

Foto personale
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Rhedae, 24 novembre 1307, ora nona – anno secondo di Clemente V

É l’ora sesta, quando Marcel si ferma in un piazzola innevata e scende di cavallo, imitato da Pietro. “Ancora un piccolo sforzo” dice alla sua cavalcatura, mentre prende da un sacco palline di zucchero, carrube per rifocillarlo.

Tra poco, prima che il buio scenda su questo bosco” fa Marcel, appoggiandosi al tronco di un albero, “saremo a Rhedae”.

Pietro sta mangiando l’ultima parte della pagnotta dolce del mattino e guarda quel volto rugoso, che lo fa sembrare più vecchio del dovuto. ‘É stata una guida preziosa’ pensò, ‘mi ha guidato con mano sicura su sentieri nascosti, che solo lui ha saputo decifrare’.

Voi siete un templare?” chiede Marcel, osservando Pietro assorto e silenzioso. Per molte ore hanno cavalcato in silenzio, immersi nei loro pensieri. Solo poche frasi l’hanno rotto. Più di circostanza che di vero dialogo. Il frate rimane sorpreso dalla domanda, chiedendosi il motivo.

Sì” risponde laconicamente, rimanendo sulle sue. La domanda gli garba poco. É vero che non nasconde di esserlo ma preferisce sorvolare sul suo stato. Potrebbe essere pericoloso, se si incontra qualcuno che ligio al dovere dovesse fare la delazione.

Daniel” dice Marcel, fregandosi le mani intirizzite dal freddo, “me l’aveva detto”.

Daniel?” domanda Pietro, che non sa chi sia questa persona.

L’oste” risponde l’uomo, che, vista la smorfia perplessa di Pietro, si affretta a precisare. “Il proprietario della locanda Au Dragon”.

Il frate distende i lineamenti del viso. Ha capito a chi si riferisce. “Perché mi chiedete la conferma di quanto sapevate già?” chiede Pietro, che sistema la coperta di ruvida lana sul suo bardo per proteggerlo dal freddo della sera incipiente.

Così” risponde Marcel, alzando le spalle. “Quei fetenti dei francesi vogliono derubarli delle loro ricchezze. Stanno dando la caccia a tutti voi per sterminarvi”.

Pietro annuisce col capo. Non gli piace parlare di questo. I rischi sono alti per la sua missione. É stato un bene, pensa il frate, averlo incontrato. Un segno del destino ma la prudenza deve essere sovrana e assoluta.

La guida capisce che il suo compagno non ama sbilanciarsi o parlare con chicchessia. Però vuole rassicurarlo sulle sue intenzioni. Vuole anche far capire che con lui sarà sempre al sicuro.

Anch’io ho un conto aperto coi francesi” precisa Marcel.

Perché non vi sentite francese?” domanda cauto Pietro.

No” afferma con convinzione l’uomo. “Io sono un cataro, anche se non posso gridarlo ad alta voce”.

Pietro lo guarda con ammirazione. Ha coraggio da vendere, si dice. Lo sguardo del frate convince la guida a parlare, a sfogare la rabbia repressa dentro di lui.

La famiglia di mio padre fu sterminata a Montsegur, quando nel 1244 venne presa e distrutta dalle armate francesi”.

Pietro riflette che la storia si ripete ancora una volta. Come le crociate contro i catari per estirpare l’eresia, adesso si fa una crociata contro di loro. Il fine è sempre lo stesso: affermare il predominio dei reali francesi su territori e ricchezze, che non gli appartengono.

Aveva dieci anni, quando avvenne il massacro” prosegue Marcel. “Si salvò nascondendosi in un anfratto sotto il castello, che lui conosceva bene. Era il suo rifugio segreto e questo lo salvò dalla furia della soldataglia. Io non sarei qui, se lui non si fosse nascosto. Vagò per mesi per l’Occitania, finché un giorno non arrivò ad Atax, accolto in una famiglia di catari, che erano miracolosamente scampati agli stermini dei francesi. Lui mi ha sempre raccontato di quel periodo oscuro e atroce”.

Capisco, perché non ami i francesi” dice Pietro, annuendo con il capo.

No!” alza la voce Marcel. “Io li odio. Hanno distrutto le nostre città. Hanno occupato le nostre proprietà. Hanno ucciso senza pietà donne e bambini”.

Detto questo cala un silenzio innaturale, mentre dal volto indurito di Marcel scorre una lacrima. Pietro si avvicina all’uomo e lo abbraccia. Le parole servono a poco, non riescono a lenire il dolore che sta dentro di lui. Senza aprire bocca, risalgono in sella per compiere l’ultimo tratto di strada per Rhedae.

Arrivati taciturni, ognuno immerso nei propri pensieri, all’ultima svolta prima di affrontare l’unica via di accesso alla città, Marcel fa cenno di fermarsi.

Vado avanti” dice la guida, “per vedere se la strada è libera”.

Pietro con un breve cenno del capo fa intendere che ha compreso il gesto dell’uomo.

Se non mi vedete tornare” fa Marcel, stringendo i pugni, “la via è sgombra da pericoli”

Ho capito” risponde il frate. “In caso di pericoli?”

La guida sorride sbilenco. Si aspettava la domanda.

Mi vedete di ritorno” dice l’uomo, “ma non subito. Quindi contate fino a… Aspettate prima di muovervi. Quanto non lo so ma un congruo tempo”.

Pietro annuisce. ‘Quest’uomo merita una generosa ricompensa’ riflette, annuendo col capo. Le istruzioni sono chiare.

Marcel sprona il cavallo scomparendo oltre la curva. Il frate solleva il capo per osservare le mura che cingono la cittadina. Scende da cavallo si volta verso levante e prono comincia le orazioni del vespro. Le ombre si allungano fino a diventare strisce oscure. Rimane tranquillo ad aspettare, perché avverte che Marcel tra poco tornerà.

La guida, arrivata alla porta di Rhedae, viene fermata da una guardia.

Alt!” gli intima. “Dove andate?”

Cerco Simon Quizcoe” risponde Marcel, inventando un nome, mentre si ferma al posto di guardia.

Il soldato scuote la testa. Nessun abitante del paese porta questo nome. E poi non è un nome catalano od occitano. “Siete sicuro?” gli chiede, sbarrandogli la strada.

Eppure mi ha dato appuntamento a Rhedae. Mi ha detto sarò lì prima del vespro” inventa la guida, osservandosi intorno. “Forse non è ancora arrivato”.

Finge di voltare il cavallo, tanto sa che può entrare in città attraverso un passaggio segreto.

É forse quello straniero là?” dice la guardia, indicando con lo sguardo un cavaliere che oziosamente si aggira poco oltre la porta d’ingresso.

Marcel lo osserva, lo valuta. ‘Quel cavaliere aspetta di certo l’arrivo del templare’ pensa. ‘Non ha l’aria di uno capitato qui per caso’.

Scuote la testa in segno di diniego. “No” aggiunge per confermare che non è la persona cercata. “Non è lui”. Con voluta lentezza torna su i suoi passi. Senza fretta e senza destare la curiosità né della guardia né del cavaliere. Sa che deve agire con prudenza e astuzia, perché quella figura gli suggerisce pericolo.

Non è prudente” dice Marcel, una volta che ha raggiunto Pietro che lo sta aspettando. “Una figura losca è appostata appena dentro. Dopo il posto di guardia. Non inganna nessuno la sua stolta indifferenza”.

Il frate è deluso. ‘Sono già in ritardo sul giorno dell’appuntamento’ riflette. ‘Quel cavaliere mi sta pericolosamente alle costole’. Guarda la sua guida come per chiedergli come agire.

Tra poco meno di mezz’ora” esordisce Marcel, “siamo in Rhedae”. Spinge il cavallo verso mezzogiorno, inoltrandosi in un bosco innevato e spoglio, seguito da Pietro. Senza dire una parola, costeggiano sotto le mura della città. Scendono verso valle, prima di risalire nuovamente sotto la cinta muraria di Rhedae. Sopra di loro incombono i merli di un castello.

Marcel smonta da cavallo, imitato dal frate. Si dirige verso un costone, che appare in tutta la sua imponenza. Pietro lo segue con fiducia. Sa che l’uomo lo condurrà attraverso un passaggio segreto fin dentro la città.

Il sentiero pare sprofondare in una forra o fermarsi davanti a una parete rocciosa senza aperture visibili.

Non preoccupatevi” dice Marcel, girandosi verso il frate.

Non lo sono minimamente” risponde Pietro, avvolto nelle tenebre.

Con mano sicura l’uomo tasta la roccia, insinua il braccio in un’apertura del tutto invisibile e tira una leva verso di lui. Un po’ cigolante per il gelo una porta gira sui cardini mostrando una caverna oscura. Marcel entra sicuro e accende una torcia, presa dalla parete, illuminando un ampio antro.

I cavalli rimangono qui” dice l’uomo. “Non avranno molto caldo ma almeno saranno al coperto. C’è fieno in abbondanza in quell’angolo. Noi saliremo nel castello per quelle scale”. Con la torcia illumina dei gradini scavati nella roccia.

Il mio bardo è abituato al freddo. Lo coprirò con questo mantello di lana” fa Pietro. “Se li accostiamo, dove c’è il fieno, si riscalderanno a vicenda”.

Dopo aver percorso i gradini in silenzio, facendo attenzione a non scivolare, i due uomini escono all’aperto nel cortile interno del castello. “Venite” lo incita Marcel. “Simon sarà lieto di rivedermi”.

Dopo avere bussato a una porta di legno massiccio, entrano un una stanza riscaldata da un camino. Un uomo tarchiato e basso dalla pelle olivastra esclama “Marcel”. “Simon” replica la guida, abbracciandolo con calore. Pietro rimane in piedi al centro della camera, osservando il calore di quell’abbraccio.

Un templare” dice Marcel, indicando Pietro.

Simon lo guarda senza curiosità prima di parlare. “Paul è ripartito ieri” dice il soldato. “Non poteva rimanere più a lungo. Era braccato da suoi inseguitori. Nella chiesa, sotto l’altare, ha lasciato qualcosa per voi”.

Pietro annuisce. “Possiamo andarci ora?” chiede senza mostrare timore. Col buio è più facile passare inosservati, si dice.

Non sarebbe il momento propizio” afferma Simon, “ma domani con la luce sarebbe più pericoloso”.

Pietro capisce il messaggio. ‘Meglio adesso che domani. Altri sono sulle vostre tracce. Prima lasciate Rhedae, meglio è’. “Chi mi accompagna?” chiede il frate, passando lo sguardo prima su Marcel, poi su Simon.

Io” dicono all’unisono i due uomini, che scoppiano a ridere, dandosi delle pacche amichevoli sulle spalle.

Scivolando nel buio della sera, Pietro raggiunge la chiesa, scortato da i due uomini. Ai piedi dell’altare ricopia dal basamento una serie di lettere senza senso

«BNXkDREpDTCiOELMKEBTEBgTEKENATEAaPECKAiGNBMKAkHICVMApQHEKAiZLMQB»

‘Dunque il misterioso cavaliere mi ha lasciato un messaggio in codice’ pensa il frate, mentre rientrano nel castello.

Una storia così anonima – parte trentasettesima

foto personale
foto personale

Rennes-le-Château, 28 febbraio 2015, ore dieci.

Arrêter! Où êtes-vous!” sibila Pierre, puntando un piccolo coltello sulla schiena di Vanessa.

Non vedete che sono immobile” replica la ragazza, che cerca di vedere in viso il suo aggressore. Avverte la punta sulla propria pelle, almeno quella è la sensazione.

Cosa avete trovato?” dice Pierre, tenendosi in ombra.

Nulla” replica calma Vanessa, che, passato il primo momento di sbigottimento, sta riacquistando lucidità e sangue freddo. ‘Aveva ragione, Luca’ pensa la ragazza, ‘quando diceva che Pietro aveva lasciato qualcosa in questo paese’.

Allora perché avete girato intorno all’altare?” incalza Pierre, che l’ha vista inginocchiata, mentre allungava una mano. ‘Aveva in mano un oggetto che nel buio non ho riconosciuto. Di sicuro l’ha nascosto da qualche parte’.

Vanessa nell’ascoltare quelle parole non è riuscita a trattenere una risata. ‘Non si è accorto che stavo fotografando la base dell’altare’ riflette. ‘Meglio così’. Però subito si immobilizza. La punta del coltello torna a farsi sentire. Pensa che sia meglio non irritarlo. Le appare deciso a usarlo contro di lei. Con la destra fa partire il segnale d’allarme convenuto. Spera che Luca non arrivi troppo tardi, perché avverte una sottile punta di inquietudine. ‘Questo mi appare un pazzo’ riflette, mentre la sua mente cerca di escogitare qualcosa per trarsi d’impaccio da sola.

Allora avete perso l’uso della parola?” afferma innervosito Pierre, che preme il coltello sulla schiena di Vanessa.

Mi fate male” dice la ragazza, che cerca un diversivo nella speranza di guadagnare tempo in attesa di Luca. “Non scappo, se togliete quel coltello puntato sulla mia schiena”.

Non mi incantate con le vostre parole” fa Pierre, mentre un leggero tic nervoso increspa la sua guancia sotto l’occhio destro. “Vi ho chiesto cosa avete preso oppure nascosto? Non intendo perdere altro tempo con voi”.

Siete sulla strada sbagliata” afferma con calma Vanessa, scandendo con lentezza le parole. “Né l’una, né l’altra delle ipotesi”.

Pierre sta perdendo la pazienza. Ha compreso che non otterrà nulla dalla ragazza. Cambia strategia. ‘La devo portare in un luogo lontano da tutti’ pensa. ‘Di nascosto da occhi indiscreti le estorcerò la verità’.

Venite” le dice l’uomo, prendendola per un braccio, mentre tiene puntato nella schiena il coltello.

Dove mi portate?” chiede Vanessa, facendo resistenza passiva. Ogni secondo guadagnato, è un vantaggio nell’attesa dell’arrivo di Luca. Si domanda se ha raccolto il suo segnale. Se non arriva in fretta, sa di essere perduta. Non ha trovato una soluzione poco rischiosa per togliersi dai guai. Henri le appare determinato e pericoloso con quel coltello, che preme sulla schiena.

Muovetevi!” esclama Pierre, strattonandola bruscamente, mentre si avviano all’uscita dalla chiesa.

Vanessa prova a divincolarsi, senza rispondere all’ultimo ordine.

Luca sta pagando, quando l’app gli segnala pericolo. Posa gli occhi sul display illuminato. ‘Oh! Cazzo’ si dice, raccogliendo in fretta le monete dal bancone. Deve affrettarsi senza perdere un secondo. Henri non gli è mai apparso una persona innocua. ‘Tutt’altro!’ pensa, mentre si avvia nervosamente verso l’area dell’Abbé Saunière. ‘Si trova in chiesa, nel museo o nel piccolo cimitero?’ riflette, mentre corre osservando il display con attenzione e ansia. Si ferma un istante per valutare dove dirigersi. Punta verso la chiesa. Il resto gli appare improbabile. Le porte sono chiuse.

Sta per muovere un passo, quando intravvede la chioma di Vanessa spuntare dall’ingresso con un’ombra alle sue spalle. Arretra di qualche passo, sottraendosi alla loro vista. Non è sicuro ma forse l’amica l’ha notato. Sente la voce di Vanessa. “Mi fate male”. Esce allo scoperto, rompendo gli indugi. Avverte una sensazione di pericolo per l’amica.

Henri” gli grida Luca, puntando la fotocamera dello smartphone.

Pierre ha un sussulto, si distrae. Ha udito un nome maschile. Si guarda intorno per vedere chi è questo Henri. In quel frangente, quando abbassa le difese nei confronti di Vanessa, non si accorge delle sue mosse. Lei si gira di scatto, dandogli una ginocchiata tra le gambe e gli afferra la mano col coltello. Gliela torce con vigore, facendoglielo cadere per terra.

Pierre è sorpreso e dolorante. Ha le idee annebbiate e lascia la presa del braccio di Vanessa, che può divincolarsi e allontanarsi. Si è dimenticato del ragazzo, che con un calcio allontana il coltello a serramanico. Emette un grido strozzato tra rabbia e dolore. Si scaglia contro Luca, sferrandogli un diretto al viso. Un colpo non forte ma preciso, che stordisce il ragazzo.

Vanessa si ferma, incerta se continuare a correre verso la salvezza oppure ritornare sui suoi passi. Vede l’amico con un ginocchio per terra, incapace di difendersi, mentre l’uomo lo afferra per la gola da dietro. Ha deciso. Deve aiutare Luca.

Il ragazzo fa scattare il flash dello smartphone che acceca per un secondo Pierre. Un attimo di respiro, perché ha allentato la presa. Con l’altro braccio libero dà un violento colpo ai genitali dell’uomo, ancora doloranti per la ginocchiata di Vanessa. Urla per il dolore, abbandonando il collo di Luca, che si alza per fronteggiarlo. L’uomo è più grosso e alto di lui ma non ha molte scelte. Deve affrontarlo con decisione se vuole guadagnare la salvezza. Arretra velocemente, portandosi fuori tiro dai suoi pugni, mentre infila nella tasca interna lo smartphone, che adesso è solo di impiccio.

Pierre ha gli occhi iniettati di sangue per il dolore e la rabbia. Assume la tipica posizione del pugile con le braccia a protezione del tronco e del viso. Si muove come un ballerino sul ring con piccoli saltelli in avanti, pronto a scaricare il suo destro sul viso di Luca, che cerca un punto debole dell’avversario per organizzare la sua difesa. Pierre fa scattare il sinistro per doppiarlo col destro, mentre il ragazzo si sposta lateralmente per evitarlo. Tuttavia Luca non cade nella trappola di rispondergli. Si abbassa, puntando verso il corpo di Pierre. La manovra gli riesce, mentre passa sotto le braccia dell’uomo, protese in avanti alla ricerca del bersaglio. Luca solleva la testa di colpo, incocciando il mento di Pierre, che urla per il dolore. La lingua è rimasta parzialmente tra i suoi denti.

Luca rimane stordito e avverte qualcosa di caldo e appiccicoso colargli sul collo. Sa che deve sfruttare questo momento per allontanarsi da Pierre. Scivola di lato portandosi alle spalle dell’uomo.

Mentre i due uomini stanno lottando, Vanessa come una leonessa ferita si avventa sul viso di Pierre, piantandogli le unghie, come artigli, sulla guancia. Il dolore acuto della lingua che sanguina abbondantemente, le unghiate profonde sul viso lo fanno urlare di nuovo per il dolore. Con la vista annebbiata dalla rabbia Pierre perde la lucidità di rispondere agli attacchi. É solo un attimo, pochi secondi ma sufficienti ai due ragazzi per portarsi fuori dal suo raggio di azione.

Vieni, Van” urla Luca, accennando ad allontanarsi. La manovra non sfugge alla la ragazza che lo segue.

Corrono a perdifiato verso la libreria che dista un centinaio di passi. Pierre accenna a rincorrerli ma poi desiste. Il taglio alla lingua è profondo e deve fermare l’emorragia. ‘Quella puttana’ si dice, toccandosi il viso, ‘per pochi centimetri non mi ha cavato un occhio’. Prende un fazzoletto di cotone dalla tasca dei pantaloni per tamponare la ferita. I genitali gli dolgono a ogni movimento delle gambe. ‘Mi hanno conciato bene’ pensa, avviandosi verso Le Dragon de Rhedae.

I due ragazzi, visto che Henri non li insegue, decidono di portarsi verso la loro gites. Per parlarsi, per raccontare quello, che è successo, avranno tempo nella loro stanza.

Vanessa che cammina al suo fianco, nota il rivolo di sangue che copioso spunta dai capelli castano chiari. “Sei ferito!” dice la ragazza allarmata. Accenna a fermarsi per controllare l’entità del danno.

Non è nulla” minimizza Luca, che con un fazzoletto si pulisce il viso. Prosegue a camminare, anche se Henri non è dietro di loro. ‘Se vuole attenderci o tenderci un agguato, nei pressi della gite‘ pensa il ragazzo, ‘non ha problemi. Sa perfettamente dove alloggiamo’.

Vanessa è preoccupata, perché il sangue, nonostante i tentativi di Luca, scorre abbondantemente e non accenna a fermarsi.

Cerchiamo una farmacia” dice la ragazza.

No, meglio tornare dove alloggiamo” afferma Luca. “In valigia ho qualcosa per la medicazione. E poi non ne ho viste”.

Vanessa non è molto convinta delle affermazioni dell’amico, perché è certa che Madame Monzon sarebbe preoccupata nel vederlo in quelle condizioni. Camminano svelti, finché non trovano una fontanella nei pressi della gite. Luca infila la testa sotto l’acqua gelida, arrossandola di sangue. Brividi di freddo percorrono il suo corpo ma riceve un momentaneo sollievo. Vanessa scorge una minuscola merceria non molto distante. Dopo poco torna con un asciugamano di spugna colorato e una pezza di tela grezza.

Prendi” gli dice, allungandogli la spugna. “Asciugati o ti verrà un coccolone”.

Luca, dopo aver messo la testa ancora sotto il rivolo d’acqua, si strofina con energia capelli e viso. Poi a mo’ di turbante se lo avvolge sulla testa. “La tela la userò dopo” afferma. “L’asciugamano è sufficiente per il momento”.

I due ragazzi concordano la versione da raccontare a Madame Monzon.

Ha sbattuto la testa in un spigolo” dice Vanessa alla proprietaria della gite. “Un piccolo taglio nel capo”. Poi aggiunge sorridente. “Ha la testa dura, Luca”.

Madame Monzon controlla la ferita, che è di poco conto ma che sanguina con abbondanza. Prende dalla cassetta del pronto soccorso in dotazione garze e uno spray, che fa agire sulla ferita, tamponandola con la garzetta emostatica.

Se continua a sanguinare” fa la donna, “si dovrà andare a Couiza”.

I due ragazzi si portano nella loro stanza al primo piano. Luca si toglie i vestiti insanguinati prima di cominciare ad ascoltare il racconto di Vanessa.

Una storia così anonima – parte trentaseiesima

Questa è l’ultima puntata del 2015 della storia di Pietro, Luca e Vanessa. Loro, i vostri beniamini, vi danno appuntamento nel 2016 e vi augurano delle serene festività

dal web
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Atax, 23 novembre 1307, vespro – anno secondo di Clemente V

Louis, arrivato a metà strada tra Atax e Limos, ha un ripensamento. Decide di ritornare al villaggio di frontiera con la marca catalana. Lascia libero Quinou, la sua guida, e inverte la marcia. Il compagno di viaggio alza le spalle e se ne va senza dire una parola. Louis forza l’andatura, rischiando più volte di azzoppare il cavallo. Vuole arrivare al villaggio prima che l’oscurità impedisca di viaggiare. Non ricorda di avere incontrato case, quando è passato nella mattinata. ‘Sarebbe un bel guaio’ si dice pensieroso, ‘se dovessi fermarmi per strada a trascorrere la notte’.

É ormai buio, quando arriva ad Atax. ‘Mi fermo qui o proseguo al di là del ponte?’ pensa Louis, indeciso sul cosa fare. Poi prende la decisione di passare a Couiza, nella marca catalana. ‘Se resto in paese, quel malefico frate potrebbe sgusciarmi di nuovo tra le mani. Di là dal fiume mi sarà più facile tenere d’occhio le strade, qualora avesse deciso di puntare su Rhedae o verso la costa’.

Passato il ponte si sistema nella locanda Le Château, che è posta proprio nel punto strategico da dove le vie si diramano. Louis è soddisfatto della scelta e si prepara a mangiare.

Pietro sta godendosi la zuppa calda dopo l’estenuante marcia verso questo villaggio. ‘Ci voleva per riscaldare il corpo’ pensa, mentre la assaggia a piccoli sorsi con lentezza. É rilassato ma tiene d’occhio la porta e la finestra, che danno sulla via principale. Qualcosa gli dice che il suo inseguitore potrebbe essere ritornato sui suoi passi, perché il suo sesto senso ha suonato un campanello d’allarme. Quindi sta all’erta, pronto a defilarsi, se per caso lo vede comparire. Ha quasi finito la scodella, quando intravvede nella strada una sagoma che ben conosce. L’ultimo sorso sta per andargli di traverso, quando lo vede proseguire senza degnare di uno sguardo la locanda. Non si sente tranquillo, perché potrebbe apparire dalla porta, dopo avere messo al riparo il cavallo. Paga la modesta cena e fa scivolare una moneta d’argento nelle mani dell’oste.

Se qualcuno entra e chiede notizie, non dite nulla della mia presenza” dice Pietro.

L’oste fa scivolare velocemente la moneta sotto il grembiule, una volta bianco.

Voi siete un templare” mormora l’uomo, perché ne ha riconosciuto le insegne.

Il frate annuisce. Trova inutile negare l’evidenza. L’oste sorride compiaciuto e mette due dita incrociate sulle labbra per confermare che nessuna notizia uscirà di lì.

Un’ultima informazione” dice Pietro facendo comparire una nuova moneta d’argento, che finisce per fare compagnia alla precedente. “Mi devo recare a Rhedae ma vorrei evitare villaggi e borghi”.

Capisco” fa sornione l’oste. “Se siete generoso, un mio conoscente vi potrà condurre là per vie sicure”.

Lo sarò” promette il frate, facendo comparire diverse monete d’argento.

Domani mattina, al primo albore, vi sveglio e troverete pronta la guida” conclude l’oste.

Notte” dice Pietro, avviandosi verso la stanza. ‘Sarà un’altra notte di tensione’ pensa il frate, sistemando un sedia sotto la maniglia. ‘L’oste mi dà delle buone sensazioni. Non credo che vorrà fare il delatore. Ma è meglio stare con gli occhi aperti’. Il frate dorme vestito o almeno è quello che tenta di fare. Ha un sonno leggero e qualsiasi rumore o movimento esterno gli fanno spalancare gli occhi e tenersi pronto a balzare giù dalla finestra. Non è un gran salto e sotto c’è neve fresca.

Al primo albore sente un discreto bussare alla porta. “Frère” sussurra una voce femminile, “è ora di andare”. Poi dei passi leggeri, felpati si allontanano dalla porta. Pietro indossa sopra la tonaca il mantello pesante bianco, infila i calzari pesanti, foderati di capretto. Si mette nel centro della stanza, volgendosi a levante per ringraziare Gesù, Maria e Maria Maddalena per la notte passata e chiedere la loro protezione per il nuovo giorno che sta per iniziare. Apre la porta in silenzio, osserva se il corridoio sia sgombro da insidie e si avvia verso il basso.

Volete fare colazione?” gli chiede premuroso l’oste. “Latte fresco ancora caldo e una pagnotta fragrante di pane dolce”.

Un movimento della testa del frate gli fa capire che accetta volentieri l’offerta.

Pietro, bevuto la scodella di latte, mette nella bisaccia il pane, ancora caldo. Nota un uomo basso e tarchiato, vestito di pelli di montone, che è appoggiato al bancone. Immagina che sia la sua guida. Si muove verso di lui. “Pietro” dice allungando la mano. “Marcel” risponde, stringendola con vigore. Il suo intuito non l’ha tradito. Escono da una uscita sul retro per prendere i cavalli.

É ancora buio e il cielo biancastro per le nubi basse rende meno evidente l’oscurità. Proseguono in silenzio, uscendo dal villaggio. Marcel punta verso occidente, mentre Pietro lo segue tranquillo. Non teme imboscate, perché tra i due è scoccata empatia. Il viso rugoso e severo della sua guida trasmette una sensazione di sincera lealtà, che il frate ha riconosciuto immediatamente. La pista innevata appare immacolata, mentre il cielo va schiarendo sempre di più. Intuisce che attraverseranno il fiume molto lontano dal ponte che collega Atax a Couiza. Pietro prende dalla bisaccia una pallina dolce che mette in bocca al suo bardo, mentre gli accarezza la testa. Sente sotto il mantello il tepore della pagnotta. La mangerà un po’ per volta durante il viaggio, di cui ignora la durata.

Marcel si ferma e scende da cavallo, invitandolo a fare altrettanto. Lasciano la pista ed entrano in un boschetto spoglio. “Tra poco” dice la guida. “raggiungiamo un punto dove il fiume è guadabile. Quasi sicuramente è ghiacciato. Dobbiamo fare attenzione a dove posiamo i piedi”.

Pietro annuisce, confermando di avere capito l’avvertimento. Lo segue con fiducia. ‘É un montanaro di poche parole’ si dice. ‘Esattamente come quelli del nostro Appennino’. Il frate affonda i calzari sulle orme lasciate da Marcel. Se non fosse per quelle dei cavalli, un osservatore poco attento potrebbe pensare a una persona sola. Attraversano il fiume con cautela, perché le lastre di ghiaccio sembrano solide, mentre in realtà si frantumano sotto il loro peso.

Qui siamo in terra di Catalogna” lo informa Marcel. “Non dovreste temere nulla. La lunga mano del re capetingio si ferma al fiume”.

Pietro ringrazia per l’informazione ma dentro di sé sa che il suo viaggio è per altri scopi, che non vuole rivelare.

La guida prende una pista, che è sepolta sotto la neve, diretta a mezzogiorno. Solo chi conosce bene questi luoghi non si sbaglia nel seguirla. É faticosa perché nei tratti più ripidi devono scendere da cavallo. Ogni tanto fanno delle brevi soste per fare riposare le due cavalcature.

Pietro non sa quale ora sia. Gli sembra di essere in cammino da molto tempo ma non si lamenta, perché è consapevole che la strada è lunga ma sicura. Non osa chiedere tra quanto arriveranno a Rhedae. ‘Quando arriviamo’ pensa, ‘arriviamo’.

All’ora nona” dice Marcel durante una sosta per mangiare qualcosa e fare riposare i cavalli, “siamo in paese”. Sembra che l’uomo abbia letto il pensiero di Pietro. “In primavera è piacevole percorrere questo sentiero” aggiunge la guida, “ma d’inverno è faticoso”.

Sì” conferma il frate, che ha mangiato un terzo della pagnotta. “La strada è faticosa ma sicura. Non desidero incrociare paesi o villaggi”.

Couiza, 24 novembre 1307, ora terza – anno secondo Clemente V

Louis fa colazione. ‘Devo essere ben rifocillato, prima di affrontare nuovamente la strada’ si dice il cavaliere, che aspetta notizie da chi ha messo di guardia al ponte. Spera che siano positive. Dopo avere indugiato un po’, decide di recarsi al posto di guardia.

Nessun straniero è transitato stamani” dice un capitano delle guardie. “E dopo di voi non è passato nessuno”.

Louis impreca sottovoce, mentre allunga all’uomo diverse monete d’argento. “Grazie” borbotta incerto. Poi gli viene un pensiero. “Ci sono altri punti per attraversare il fiume?” chiede, colto dal sospetto che ancora una volta il frate è stato più furbo di lui.

Sicuramente” replica il capitano, che spera di estorcere un’altra moneta. “Andando verso occidente per diverse leghe e poi puntando a mezzogiorno ci sono dei punti, dove il fiume è guadabile”.

Ma da lì dove si arriva?” domanda Louis.

Ci sono due sentieri” dice l’uomo. “Uno punta a Rhedae e l’altro a Montsegur”.

Ma voi dove andreste con questo tempo?” lo incalza il cavaliere, che intuisce la destinazione del frate.

Certamente a Rhedae, più facile da raggiungere” risponde il capitano.

Louis gli allunga un’altra moneta, mentre si gira per prendere la strada per Rhedae. Impreca sottovoce. ‘Quel maledetto frate mi è sgusciato da sotto il naso ancora una volta’ si dice, bestemmiando. ‘Di certo avrà avuto degli appoggi tra questi fetenti di catari’.

Di buon passo prende la strada per Rhedae. É convinto che non abbia raggiunto ancora il paese e che con ogni probabilità arriverà prima di Pietro. ‘Ma perché si dirige verso questo villaggio fortificato di poche anime?’ si chiede Louis. ‘Quale missione deve compiere?’ Ormai sono da più di due settimane che Louis dà la caccia al frate, che pare inafferrabile. Gli sembra di inseguire un fantasma che attraversa muri e pareti.

All’ora nona è davanti alla porta fortificata del paese.

Avete visto arrivare uno straniero?” chiede alla guardia che presidia l’ingresso.

Questa alza le spalle come se non avesse capito le parole di Louis, che estrae due monete d’argento. Le fa tintinnare. Quel suono scioglie la lingua alla guardia. “Nessuno è entrato o è uscito” dice la guardia, allungando la mano, che si racchiude avida sui due scudi d’argento.

‘Questo suono’ si dice Louis, che non riesce a trattenere il riso, ‘sveglia anche un morto. Dunque il frate non è ancora arrivato’.

Si pone in una posizione defilata ma tale da consentirgli di tenere d’occhio la porta di ingresso alla cittadella fortificata.

Una storia così anonima – parte trentacinquesima

foto personale
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Rennes-le-Château, 28 febbraio 2015, ore nove.

La serata è trascorsa tranquilla. Luca e Vanessa hanno mangiato in camera quanto acquistato nel tardo pomeriggio, riprendendo la lettura del manoscritto per capire il segreto del viaggio di Pietro.

Hai le idee più chiare sul perché il nostro templare bolognese si dirige verso questo buco di paese?” domanda Luca, inarcando le sopracciglia. “Per me ha fatto un viaggio a vuoto”.

Vanessa medita sui passaggi appena letti. Non risponde al compagno, preferendo riflettere. Si gratta dietro la nuca, arricciando una ciocca di capelli rossi con l’altra mano. ‘Affronta un viaggio difficile. Arriva a Rhedae, il vecchio nome di questo sputo di paese e poi che fa? Torna in Italia’ si dice, tormentando sempre la ciocca di capelli. ‘Non è razionale’.

No” risponde finalmente a Luca, che è rimasto in paziente attesa. “No. Tutt’altro. Appare tutto illogicamente strano. Pietro, secondo me, ha prelevato qualcosa e poi è ripartito per l’Italia. Ma cosa? Questo è il punto che non riesco a inquadrare”.

Luca arriccia il naso. Non è molto convinto del ragionamento dell’amica. ‘Perché Henri ci segue e ci minaccia?’ pensa, sistemandosi nel letto. ‘Se Pietro ha portato qualcosa con sé nel viaggio di ritorno, questa ombra, che ci segue da Bologna, avrebbe un comportamento diverso. Per me è ancora qui l’oggetto che Pietro doveva prendere in consegna e che Henri vuole a tutti i costi’.

Si è seccata la lingua?” dice Vanessa con gli occhi che brillano.

No” risponde Luca. “Ho riflettuto sulle tue parole. Secondo me Pietro non ha ricevuto in consegna quello che il Cardinale aveva pensato. É rimasto qui. Dove non lo so”.

Vanessa si accosta, spostando dietro la nuca i capelli finiti sugli occhi.

Cosa te lo fa supporre?” lo interroga, stringendo le labbra.

Henri”.

Henri?” dice la ragazza, increspando la fronte con due rughe profonde. “E cosa centra lui con Pietro?”.

Luca ride sommessamente. Adesso ne ha quasi la certezza. “Perché? Per quale motivo ci dà la caccia?” Il ragazzo fa una pausa, aspettando una reazione da Vanessa che non arriva. “Per divertimento oppure per qualcosa che non conosciamo?”

Mi hai quasi convinta” borbotta la ragazza, distendendosi sotto le coperte. “Poirot cosa ha in mente di fare?”

Dormire” esclama Luca, ridendo, mentre si mette accanto alla ragazza. “Domani comincio le indagini, San Tommaso!”

Alle otto del mattino i due ragazzi sono già in piedi. Le giornate in febbraio sono ancora corte e il tempo grigio le accorcia ulteriormente. Si devono sbrigare nella ricerca del segreto di Pietro prima che le ombre inghiottano tutto. Si preparano una sommaria colazione a base di caffè d’orzo e biscotti.

Non è il massimo” dice Luca, facendo una smorfia di disgusto nel bere quella brodaglia, “ma almeno ho calmato la pancia”.

Se vuoi rifarti la bocca, quando usciamo, passiamo da un bistrot” afferma Vanessa, che finge di bere quel caffè di orzo.

Luca ride alla battuta dell’amica. “Perché qui c’è una caffetteria decente? Forse stai vedendo dei film. Mi sembra un paese di zombie. Ieri sera, a parte Henri, che ci seguiva, non ho visto nemmeno un gatto!”

Vanessa, che stava ridendo nel vedere l’amico col viso rosso per la foga oratoria, si blocca. Si fa seria. ‘Non mi ha detto che il misterioso inseguitore era alle nostre calcagna?’ pensa innervosita.

Come fai a dirlo” prova a dire la ragazza, intuendo che l’affermazione sia vera.

Semplice” ribatte Luca coi muscoli facciali distesi. “L’ho intravvisto dalla vetrina del negozio, dove abbiamo comprato i generi alimentari. Poi si è nascosto, complice l’oscurità. Immagino che poi ci abbia seguito nel tornare alla gite”.

E tu non mi dici nulla?” dice irritata Vanessa, provando a dargli un buffetto sulla testa, prontamente bloccato dal ragazzo.

Saresti stata male per nulla” replica con un sorriso sereno Luca. “Oggi ci dividiamo e stiamo all’erta. Non potrà seguire entrambi”.

Non è rischioso?” domanda la ragazza.

Direi di no” afferma il ragazzo, stiracchiandosi. “Se ha intenzione di scoprire quello che cerchiamo, ci deve lasciare agire. Poi diventerà pericoloso, quando abbiamo trovato… Cosa non lo so”.

Vanessa si gratta una guancia nervosamente. “Non mi sento tranquilla. Quell’uomo lo sto osservando sotto una luce diversa”.

Tranqui, Van!” cerca di calmarla Luca. “Siamo di giorno e poi ci teniamo in contatto col telefono”.

‘Fa presto a dire di stare serena’ si dice la ragazza, ‘ma quel Henri mi mette dei brividi’

I due ragazzi si preparano a uscire. La giornata è grigia. Le nubi sono basse e cade una leggera pioggia. Il vento fa percepire una temperatura più rigida della realtà. Prima di uscire si dividono i compiti.

Io visito il castello di Hautpoul” dice Luca, che pare comandare le operazioni. “Tu l’area di Abbé Saunière. Appena fuori io seguirò il corso principale, tu la strada di ieri sera. Teniamo i telefoni accesi e pronti alla chiamata. Attiva quella app, che ti ho scaricato ieri sera. Servirà per monitorare le nostre posizioni. Ma in particolare teniamo gli occhi ben aperti. Non dobbiamo farci sorprendere impreparati”.

Vanessa annuisce ma in cuor suo non si sente tranquilla.

Appena usciti, si separano. Luca va verso il corso principale, Vanessa prende la direzione verso sud. L’appuntamento è al ristorante Le dragon de Rhedae alle undici in punto. “Mi raccomando” la esorta Luca, “niente colpi di testa e alle undici al ristorante!”

Pierre è appostato dietro un’autovettura. Osserva le mosse dei due ragazzi. Vede che si scambiano un bacio. ‘Perché?’ si interroga. Non si aspetta che si dividano. ‘Chi seguo?’ si chiede perplesso. Poi decide di seguire la ragazza, la preda più malleabile dei due. ‘Il ragazzo è sveglio. E seguirlo sarebbe difficile. Ieri sera credo che mi abbia intravvisto’ si dice, grattandosi il mento nervoso. Lascia passare la ragazza e osserva la direzione che prende. Lentamente si avvia a seguirla.

Luca non si sente tranquillo. L’intuito gli suggerisce che Henri sarà alle calcagna di Vanessa. Per essere certo si infila in una strada sulla sua sinistra e si nasconde in un portone aperto. Attende diversi minuti ma di Henri nessuna traccia. ‘Bene’ si dice, sorridendo soddisfatto. “Ora da preda divento cacciatore’.

Pierre segue cauto la ragazza, che non mostra nervosismo nel camminare di passo svelto. Si osserva alle spalle, se per caso il ragazzo si fosse messo dietro. La strada è deserta. ‘Via libera dunque’ si dice l’uomo, cercando di mantenere il contatto con la preda.

Vanessa ha il cuore in tumulto. Non le piace la situazione, avverte un formicolio alla nuca. ‘Luca mi ha suggerito di tenere un comportamento come se non sapessi che Henri possa essere alle mie spalle’ pensa, mentre svolta verso la strade del parcheggio. Ha un lampo visivo. Con la coda dell’occhio le pare di avere intravvisto una figura con un woolrich verde scuro, che la segue. La tentazione è forte ma ricorda l’esortazione di Luca. ‘Non voltarti, anche se hai l’impressione di essere seguita’.

Cerca di calmare il cuore con profondi respiri. ‘Dice bene, Luca, ma sono io la preda’ si dice per frenare la paura. Svolta nella piazza del parcheggio, che è desolatamente vuota. ‘Nessuno! Nemmeno un cane’ pensa, mentre intravede la chiesa. Rallenta il passo, avvicinandosi all’ingresso.

Pierre ha capito la destinazione della ragazza. É inutile affannarsi. ‘Sei in trappola’ pensa soddisfatto con un sorriso sprezzante. Abbassa le difese e non si accorge che alle sue spalle c’è il ragazzo, che si nasconde nel bar Jardin de Marie.

Luca ordina un espresso in italiano, mentre controlla le segnalazioni dell’app. ‘Van non dista molto da qui’ riflette, mentre sorseggia una brodaglia nera. ‘Quindi Henri sarà a metà strada’. Paga e cautamente sbircia nella direzione della chiesa. Si avvia senza timori. Henri non è visibile. ‘Meglio affrettarsi’ si dice. ‘Non voglio che Van rischi incontri poco opportuni’.

Vanessa entra nella chiesa scarsamente illuminata. Sull’architrave legge Terribilis est locus iste. ‘Cominciamo bene’ pensa la ragazza, provando un brivido di freddo. ‘Paura?’ Scuote la testa. Si aggira osservando incredula statue e vetrate. ‘Ho letto qualcosa su questa chiesa’ si dice, sgranando gli occhi, ‘ma l’immaginazione è superata dalla realtà’. Il demone, che sorregge l’acquasantiera, a sinistra dell’ingresso le incute paura, specialmente nella penombra della chiesa rischiarata da deboli luci e qualche candela. Tutto l’interno appare bizzarro agli occhi della ragazza. Le stazioni della via Crucis sembrano messe in modo non causale. Statue e vetrate simboleggiano qualcosa che lei non riesce a comprendere. ‘Però questa non è la chiesa che Pietro avrebbe visto, se per caso è venuto qui’ riflette Vanessa. Si avvicina all’altare che appare molto più vecchio del resto. Le sembra di notare una strana iscrizione parzialmente abrasa. Punta lo smartphone e fotografa da più parti quel basamento. La ragazza è talmente concentrata sulla scritta, che non si accorge della presenza di qualcuno alle sue spalle.

Arrêter! Où êtes-vous!” intima Pierre alla ragazza.

Una storia così anonima – parte trentaquattresima

foto personale
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Vicinanze Limos, 22 novembre 1307, ora terza – anno secondo di Clemente V

Sta nevicando” dice Fabienne, “non è prudente avviarsi verso la montagna”.

Pietro scuote la testa. É in ritardo per l’appuntamento che era fissato per la giornata precedente. La consegna avuta era precisa. Non la può mancare. ‘Se il cavaliere se ne è andato’ pensa il frate, ‘non potrò mai recuperare l’oggetto’.

No, devo partire” dice con tono fermo. Gli dispiace lasciare le due donne sole ma non può lasciarsi commuovere. ‘Ho una missione da portare a termine’ riflette, ‘consegnare quello che ho legato saldamente alla cintola e ricevere lo scrigno di legno da conservare in luogo sicuro’.

Prendete almeno un po’ di cibo che ho comprato con i vostri danari” lo esorta Fabienne.

Tenetelo voi” replica con cortese decisione il frate. “A voi sarà più utile. Io sono in grado di procurarmene dell’altro. Chiedo solo di prendere un po’ di fieno e di granaglie per il mio bardo”.

Pietro affretta i preparativi della partenza. ‘Se in condizioni normali serve una mezza giornata a cavallo’ si dice, mentre infila nella sacca le poche cose che ha, ‘in condizioni difficili come queste non so quanto ci metterò’.

Fabienne guarda fuori. La nevicata è cresciuta in intensità e le nuvole hanno nascosto il bosco. Teme per il frate, che potrebbe perdersi, quando dovrà affrontare i primi contrafforti. ‘Di sicuro’ riflette la ragazza, ‘in montagna la neve potrebbe impedire l’avanzare del cavallo. Ma anche nel piano potrebbe smarrire il sentiero’.

Non è prudente partire con questo tempo’ insiste la ragazza. “Se avete pazienza, domani o dopodomani ci sarà una giornata limpida”.

Pietro si ferma. Rimane sorpreso dall’affermazione di Fabienne. ‘Come può affermare questo?’ si domanda, prima di rendere esplicito il suo pensiero.

Siete sicura che tra un paio di giorni al massimo tornerà il bel tempo?” chiede perplesso il frate. “Finora ho trovato tempo incerto o piovoso. Mai una giornata soleggiata”.

Sì” replica convinta la ragazza.

Come potete affermarlo con sicurezza?” fa Pietro, poco persuaso da quella affermazione. ‘Forse vuole impedirmi di lasciarle’ pensa il frate, guardandola dritta negli occhi.

Lo so e basta” afferma Fabienne senza tentennamenti. “Il vento sta girando lentamente e cambia direzione. Prima spirava da settentrione. Ora tende a soffiare verso levante. Quando è diretto verso il mare, spazzerà via le nuvole”.

Visto come nevica a Pietro pare un discorso azzardato. Tuttavia un dubbio gli sorge. ‘Sono proprio le persone, come Fabienne, che conoscono i capricci del tempo’ riflette il frate. ‘Devo fidarmi oppure è solo una manovra diversiva?’ Alla fine decide.

Rimango ancora una giornata” dice alla ragazza. “Poi partirò alla volta di Rhedae qualunque sia il tempo”.

Limos, 22 novembre 1307, ora terza – anno secondo di Clemente V

Louis decide di partire anche se il tempo volge al brutto. Sta nevicando con forza ma non può concedere alla preda dell’altro vantaggio. ‘Non conosco la strada’ si dice. ‘Qualcuno del paese mi farà da guida’. Si consulta col prevosto, che gli suggerisce Bernard Quinou, un montanaro che conosce sentieri e pericoli.

Ma questo Bernard accetterà?” chiede Louis.

Non saprei” risponde il sacerdote. “Provate a chiedere”.

Dove lo posso trovare?” si informa l’uomo.

Il prevosto riflette prima di replicare con l’indicazione. Dubita che il montanaro si metta al servizio di quel cavaliere, che ha suscitato commenti non troppo benevoli in paese. Lui conosce bene il suo gregge e sa come prenderli per il verso giusto. Gli è indifferente Louis ma qualcosa gli suggerisce di rimanere neutro, fuori dalla questione.

Lo trovate nell’ultima casa del paese. Siate diplomatico nel parlargli” gli suggerisce il sacerdote, che si allontana nella canonica.

Louis bestemmia sottovoce. ‘Nessuno mi vuol dare una mano a catturare il templare’ pensa arrabbiato. ‘Se potessero, mi pianterebbero una spada nella schiena’. Prende il mantello e si avvia alla ricerca di questo Bernard. Per convincerlo usa le maniere forti.

Partono per Rhedae sotto una bufera di neve. Più volte si devono fermare per ripararsi dal vento che impedisce loro di proseguire. All’ora nona sono sul fiume che funziona da confine con la marca catalana. Louis sa che passato il ponte si trova in un territorio ostile. Il vento sta calando d’intensità e la neve cade più dolcemente. Al vespro, immersi nel buio raggiungono il borgo fortificato di Rhedae, trovando riparo nel castello di Hautpoul.

Louis non rivela chi è e dice di essere un viandante diretto al di là delle montagne, in Catalogna.

Pensate seriamente di riuscire a passare dal valico di Bugarach?” gli chiede il comandante del castello.

Lo devo” replica secco Louis. Lui sa che in quest’area i templari sono ancora forti e rispettati. Deve quindi nascondere la natura della sua presenza e i motivi che l’hanno spinto fin qui. Tuttavia deve chiedere se Pietro da Bologna è arrivato in paese o è passato dal paese diretto in Catalogna. Deve usare prudenza nelle parole e nei modi.

Ma il valico” dice Louis, di cui ignora il nome, “è percorribile?”

Non credo” replica il comandante, che si scalda accanto al camino. “Da giorni nessun viandante è passato dal villaggio diretto verso il Pic de Bugarach o proveniente da lì”.

Louis un’informazione l’ha ottenuta. Il frate non è stato da queste parti negli ultimi giorni. Quindi può tornare verso la pianura e dirigersi verso Carcasum e i porti della Linguadoca.

Dunque non posso scavalcare le montagne?” insiste Louis.

No” risponde il comandante. “Se dovete andare in Catalogna, vi conviene recarvi sulla costa e arrivarci via mare”.

La mattina seguente la neve cade con minore intensità. Louis, dopo aver ringraziato per l’ospitalità, riprende la strada verso Carcasum, accompagnato da Bernard Quinou.

Vicinanze Limos, 23 novembre 1307, ora terza – anno secondo di Clemente V

Pietro si alza al primo albore per le consuete orazioni del mattino. Al termine si reca a controllare lo stato del suo bardo. Trova Fabienne che sta mungendo la capra per ottenere un po’ di latte per loro e per il frate.

Buondì, Fabienne” dice con cordialità Pietro.

Buongiorno” risponde la ragazza senza distogliere l’attenzione da quello che sta facendo. “Come avete potuto constatare, il tempo sta virando verso il bello”.

Il frate annuisce, osservando con quanta perizia e delicatezza ricava del latte da quella bestia magra e malnutrita. In effetti la neve non scende più e il cielo tende ad aprirsi. Pietro aspetta paziente il termine dell’operazione di mungitura per aiutare Fabienne a trasportare il recipiente col latte, che fuma per il freddo della giornata.

Pietro, dopo una frugale colazione a base di latte di capra e pane nero di segale, si sincera delle condizioni della donna inferma. “Mi raccomando” esorta il frate, “date due pozioni delle erbe che vi ho lasciato a vostra madre. Nel giro di pochi giorni dovrebbe ristabilirsi”.

Fabienne annuisce e chiede di nuovo di accompagnarlo, ricevendo un altro diniego. A malincuore lo saluta dalla porta, vedendolo allontanarsi verso il bosco.

Pietro procede con lentezza e cautela. La neve alta, che tende a ghiacciare, può nascondere delle insidie nascoste. Presta attenzione ai rumori, allertando i suoi sensi. Non desidera incrociare quel cavaliere che Guillaume de Nogaret ha messo alle sue calcagna. Si ferma più volte per far riposare il cavallo. Gli pare di udire in lontananza delle voci e cerca invano di trovare un rifugio nel bosco ricoperto di neve. Per fortuna il tempo tende a migliorare, anche se il freddo è pungente. Qualche spira di sole fa capolino tra le nubi bianche, che corrono verso levante.

É l’ora nona, quando Pietro vede in lontananza un villaggio. Fabienne gli ha spiegato che, quando arriva a un borgo fortificato, vicino a un fiume, deve prendere il sentiero mediano. Salendo verso la montagna, arriva a Rhedae. Fino a quel momento non ha incontrato fiumi ma solo piccoli rigagnoli ghiacciati. Deve decidere se quello è il borgo, da cui parte la strada che deve prendere. ‘Mi avvicino’ si chiede Pietro, ‘oppure gli giro attorno?’ Tuttavia sa che in quel villaggio c’è il ponte che gli permette di superare il fiume. Quindi è inevitabile che debba entrarci.

Si sta avvicinando, quando scorge due cavalieri in lontananza. Senza indugio si dirige verso occidente, lasciando il sentiero finora seguito. Deve fare in fretta per non incrociarli. Un presentimento gli suggerisce che uno dei due sia quel cavaliere che lo sta inseguendo. Trova un capanno abbandonato e si nasconde dietro. Scende da cavallo e osserva i due uomini che avanzano. Non ha avuto tempo di occultare le sue tracce e spera che proseguano verso Limos.

Louis si ferma dove Pietro ha cambiato strada. Osserva dove le tracce vanno. É tentato di seguirle ma l’oscurità incipiente lo scoraggia. Sa che rischia di trovarsi nel buio della sera senza essere giunto a un villaggio. Quinou mostra impazienza di tornare alla propria abitazione. Quindi riprendono di buona lena il viaggio verso casa.

Pietro osserva i due allontanarsi e non si muove finché non sono scomparsi all’orizzonte. Decide di ritornare sul sentiero molto più a sud di quanto l’ha lasciato. É buio, quando raggiunge il borgo, che effettivamente sta sulla sponda di un fiume. Prima di entrare si prostra a terra verso levante per ringraziare Gesù, Maria e Maddalena per il sostegno dato.

Si sistema nell’unica locanda. Il cavallo è sfinito. Lui è stanco e affamato.

Domani di buon’ora, sperando che il tempo tenga, partirà per Rhedae.

‘Chissà se il cavaliere mi ha aspettato’ si dice, assaggiando una zuppa di cavoli e piselli.

Una storia così anonima – parte trentatreesima

Foto personale
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Rennes-le-Château, 27 febbraio, 2015, ore diciassette

Elionor emette un sospiro. Non le piace che in paese la vedano parlare con uno sconosciuto. ‘Che cosa c’è di disdicevole?’ si domanda infastidita. ‘Alla fine chiede solo un’informazione’. Trae un profondo respiro, prima di rispondere.

Signore” dice la ragazza, osservandolo negli occhi, “qui di gite non ce ne sono molte. Nei dintorni ne può trovare diverse e assai accoglienti. Se proprio desidera qualcosa in paese, potrei suggerirle Le Dragon de Rhedae”.

Ma me lo hanno indicato come ristorante” la interrompe Henri.

Si, ha ragione, signore” risponde la ragazza, “ma se suona il campanello, i proprietari le aprono. Sono quasi certa che la ospiteranno”.

Elionor riprende a camminare con minor foga. Vuole arrivare a casa dove l’aspetta il piccolo Dani. Poi ha risposto a quello che le ha chiesto l’uomo.

Henri si rimette al suo fianco. Vuole altre informazioni. Prende dal portafoglio una banconota da cento euro. Spera che sia il grimaldello per capire come sia stato rifiutato da Madame Monzon.

La ringrazio per il suggerimento” dice l’uomo. “Però basta con signore. Mi chiamo Pierre”.

Elionor serra le labbra. Come si chiama, le interessa poco. Vorrebbe liberarsi di lui, quando con la coda dell’occhio vede quel foglio verde. Gli occhi brillano per un istante. Sa che le farebbero comodo. I soldi non bastano mai.

La voglio ringraziare per le informazioni” dice Pierre, allungandole il denaro. Con tono noncurante prosegue a parlare. “Mi domandavo come mai a Au temps perdu ci sia il pieno. Lei lavora lì, mi pare. Non ho osservato turisti o gitanti in giro per il paese. I parcheggi sono vuoti”.

La ragazza è affascinata da quella banconota. ‘Ne ho visto poche transitare per le mie mani’ pensa, incerta se accettare o rifiutare. Si chiede se commette un peccato nel prenderli. ‘Tutto sommato non devo rivelare segreti o parlare male di qualcuno’ riflette.

Ma in quanti sono alloggiati lì?” prosegue l’uomo, infilando il centone nella tracolla della donna.

Due” risponde con candore Elionor, che finge di non aver visto cadere il denaro nella borsa.

Due?” esclama Pierre sorpreso ma non troppo. Quella coppia è furba e finora ha scansato i suoi tranelli. “E per me non c’era posto?” le domanda.

Preleva dal portafoglio un biglietto da duecento euro. Visto il successo del primo centone, raddoppia la posta. Lo muove con noncuranza sotto gli occhi della ragazza, che avidamente ne segue il movimento.

Hanno preso tutte le camere” dice con parlata sciolta Elionor, che aspetta che anche la seconda banconota finisca nella borsa.

Ho capito” fa Pierre, che con mossa rapida infila il denaro nella tracolla. Forte del successo, ottenuto con le banconote, che hanno sciolto la lingua della ragazza, Henri si fa più deciso e intraprendente. ‘Forse seduti attorno a un tavolo riesco ottenere qualche altra notizia’ si dice. “Poi posso valutare come sfruttare la sua posizione nella casa’. Vede una caffetteria aperta ed esclama pronto. “Posso offrirle un tè, un caffè come ringraziamento?”

Elionor ha un momento di incertezza. Quell’uomo le piace. ‘É alto e ha l’aria vissuta’ riflette. ‘Non mi pare pericoloso’. Tuttavia il pensiero, che qualcuno del paese la veda alla caffetteria accanto a uno sconosciuto, la frena, perché questa possibilità è decisamente sicura. ‘Marc è geloso’ pensa con rapidità, ‘e non ci mette due minuti a bastonarmi per bene, se qualcuno gli riferisce che stavo al caffè con un uomo. Meglio rifiutare con cortesia. É più semplice spiegargli il motivo, per il quale ho parlato in strada con uno sconosciuto, piuttosto che la mia presenza in un locale’.

Si ferma e lo guarda in viso. “La ringrazio” afferma con tono deluso la ragazza. “A casa Dani e Marc mi aspettano. Senza offesa la devo lasciare. Sarà per un’altra occasione”.

A domani” replica Pierre, portando la mano alla fronte a mo’ di saluto. Sa che il giorno successivo sarà più facile parlarle.

Elionor si stacca dall’uomo e cammina in fretta, avviandosi verso casa.

Mentre Elionor e Henri sono fermi a conversare, Marco esce dalla gite. ‘Tanto non ci capisco nulla di quello che si dicono’ pensa, dirigendosi verso la sua macchina. Non è tranquillo. Quel Henri è nei paraggi. ‘Devo essere diffidente e attento’ riflette. ‘Già a Parigi ha tentato uno scherzetto, sventato appena in tempo’. Con lo smartphone verifica che non abbia messo qualche altra cimice. Sta girando intorno alla vettura, quando lo scorge insieme all’aiutante di Madame Monzon. ‘Sono certo che vuole acquisire delle informazioni’ si dice, portandosi fuori della loro portata visiva. Non osa avvicinarsi. Non vuole insospettirli. É troppo distante per ascoltare le loro voci.

Mentre sta facendo queste congetture, vede Vanessa che lo sta cercando con lo sguardo. Si fa vedere e le fa segno di tacere. Dà un’ultima occhiata in direzione di Henri. ‘É rimasto solo’ osserva, mentre si avvia verso l’amica.

Perché” comincia la ragazza ma Luca la stoppa con un bacio.

Andiamo” le sussurra in un orecchio, prendendola per un braccio.

Vanessa è rossa come i suoi capelli per la rabbia. Sta per dire qualcosa, quando viene preceduta dal ragazzo.

Ho dovuto farlo” le bisbiglia Luca in un orecchio. “Un centinaio di metri davanti a noi Henri e la servetta spagnola di Madame Monzon parlavano fitto. Non volevo che si accorgessero di noi”.

Cosa dicevano?” chiede sottovoce la ragazza, che ha capito il gesto dell’amico.

L’orecchio bionico non me l’hanno fornito” risponde in un sussurro Luca, ridendo alla sua battuta.

Stanno fermi qualche minuto in silenzio, lasciando che Henri si allontani verso la via principale del paese. Il cielo grigio si inscurisce in fretta. La sera cala con le sue ombre e le luci delle strade.

Che facciamo?” chiede Luca. “Stasera sfidiamo la fortuna e andiamo all’unico ristorante aperto oppure compriamo qualcosa per cena da consumare in camera?”

Vanessa scuote la testa e si stringe nel piumino. “Fa freddo” dice la ragazza, “ma due passi li faccio. Quel cassoulet sta navigando ancora nello stomaco!”

Il ragazzo la prende sottobraccio, mentre si avviano dalla parte opposta a quella che ha preso Henri. Camminano silenziosi fra strade strette e male illuminate. Arrivano in uno spazio con panchine e qualche rara automobile.

Sembra un paese disabitato” fa Luca, rompendo il silenzio che dura da tempo. “Non si vede anima viva o negozi. Quei pochi sono chiusi”.

Non è stagione per turisti, come ha detto la Monzon” afferma Vanessa. “Mi sa che dobbiamo ripiegare sull’unico ristorante aperto, se vogliamo cenare stasera”.

Il ragazzo si guarda intorno e vede un insegna ‘Au trèsor des saveurs – Produits régionaux‘. Sorride. “Forse abbiamo risolto il problema cena” fa Luca, indicando col viso la targa lampeggiante alla loro sinistra. Riempita una sporta di tessuto con formaggi, pane, affettati, vino e vino, si incamminano per la strada principale per ritornare alla gite.

Mi comincia a innervosire Henri” inizia il ragazzo, che con un braccio tiene la borsa delle vivande e con l’altro il braccio della ragazza. “Non riesco a capire chi sia e cosa vuole”.

Forse vuole impedirci di trovare qualcosa di importante oppure spera di fregarci” fa Vanessa, aggrappata al braccio di Luca.

Ma cosa?” continua il ragazzo, poco convinto della spiegazione dell’amica. “Pietro ha nascosto il tesoro della magione bolognese. Di certo non in questo minuscolo paese alle falde dei Pirenei”.

E se non fosse quello della commenda?” lo rimbecca la ragazza.

Luca sta in silenzio e medita su questa ipotesi. Fantasiosa ma anche intrigante.

Ammettiamo che sia così” dice il ragazzo, fermandosi un istante. “Ma cosa ci vuole impedire di trovare?”

Non è detto che sia questo l’obiettivo” fa la ragazza, rimettendosi in movimento. “Forse se leggiamo il finale della storia di Pietro, possiamo capirlo”.

Ma non è certo che sia così!” replica Luca, che scorge in lontananza la sua auto. “Ma Henri chi è veramente?”

Vanessa ride, appoggiando il capo sulla spalla dell’amico. “E se fosse del priorato di Sion?” afferma come provocazione.

Luca non riesce a trattenere una sonora risata, mentre scuote il capo. “Leggi troppi romanzi alla Don Brown!” esclama a voce alta.

Nell’ombra alle loro spalle Pierre ha un ghigno di soddisfazione.

Una storia così anonima – parte trentaduesima

Foto personale
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Primi contrafforti dei Pirenei, 21 novembre 1307, ora terza. Anno secondo di Clemente V

Pietro è incerto se avvicinarsi a un villaggio, che ha intravvisto in lontananza durante una breve schiarita, oppure proseguire a tentoni alla ricerca della strada per Rhedae. É fermo in un bosco privo di foglie, su un sentiero fangoso e impastato di legno marcio, e sta riflettendo sul da farsi. La nebbia sta lasciando il posto a una leggera nevicata. Si stringe nel mantello, un tempo bianco ma adesso macchiato di fango, quando sente la voce strozzata di una donna che chiede aiuto e misericordia. Sprona il cavallo verso quelle disperate invocazioni e in una radura scorge un uomo che sormonta una ragazza, che cerca disperatamente di divincolarsi.

In nome di Gesù, Maria e Maddalena fermatevi e lasciate libera la donna” tuona con voce ferma Pietro senza scendere di cavallo.

L’uomo ha un sussulto di sorpresa e si alza quel tanto per consentire alla ragazza di correre verso la macchia, verso la salvezza con le vesti stracciate. Lui impreca, girandosi verso il frate, pronto a vendicarsi della perdita della preda. Vede un uomo a cavallo con un mantello bianco e una croce rossa sulla spalla. Ha un moto di stizza e di paura. Riconosce in Pietro un monaco guerriero, un templare, di cui hanno raccontato gesta eroiche e leggendarie in Spagna e in Terra Santa contro mori e saraceni. Sa che finirebbe per soccombere, se ingaggiasse uno scontro con lui. Preferisce battere in ritirata e si dirige velocemente verso il punto opposto, dove la donna è scomparsa.

Pietro non immaginava una simile reazione. Non pensa di suscitare tanto timore in quell’uomo grande e grosso da spingerlo alla fuga. Al piccolo trotto e con cautela si inoltra nella macchia bassa del sottobosco alla ricerca della ragazza. ‘Se era lì, di certo la sua abitazione è nei dintorni, non molto distante’ si dice, mentre la neve scende come tanti piccoli aghi di ghiaccio. Sente strappare il mantello e pensa di averlo impigliato in qualche ramo. Si blocca e si volta per districarlo ma vede una mano femminile che lo trattiene.

Uscite senza paura” fa Pietro cercando di scorgerla. Gli compare davanti una giovane fanciulla infreddolita, mezza nuda e scalza. Il frate toglie la coperta di lana grezza che ha usato per proteggere il suo bardo e gliela lancia.

Copritevi con questa e montate dietro di me” le dice. “Dove abitate?”

Un braccio incrostato di fango indica la direzione.

Limovicae, 18 novembre 1307, ora terza – anno secondo di Clemente V

Louis arriva a Limovicae, dopo aver puntato verso oriente. Ritornato sui suoi passi si è diretto verso meridione, sperando in una sorte migliore. Non ha trovato tracce di Pietro e impreca, bestemmiando. ‘Ancora una volta mi ha beffato’ pensa, mostrando al corpo di guardia una carta. I soldati scattano sull’attenti. É un personaggio importante da trattare con tutti gli onori.

Conducetemi dal balivo della città” fa Louis de Chevalier impaziente. ‘Sembra che si sia dissolto nel nulla’ riflette, mentre segue un drappello all’interno della città. ‘Nessun villaggio pare sia stato toccato dal frate. Possibile che li abbia evitati tutti? Come si è procurato il cibo per lui e la sua cavalcatura, alla quale sembra ci tenga molto?’ Scuote il capo infastidito, perché dubita di poterlo intercettare con facilità nei prossimi giorni. ‘Devo mettere in moto balivi e siniscalchi della regione meridionale per dare la caccia al fuggitivo’ pensa, mentre presenta le credenziali al baillie di Limovicae. Gli ordina di trasmettere l’ordine di cattura a tutta la zona verso est.

Louis decide di fermarsi per tutta la giornata. Deve far riprendere fiato al cavallo, sfiancato dalle lunghe corse dei giorni precedenti. Il giorno successivo si dirige verso la terra dei catari, dove il rapporto coi Templari è ancora forte. ‘Forse ha trovato rifugio lì, contando sulla loro protezione’ ragiona Louis, mettendosi in marcia. Ovunque passi, allerta il balivo o il siniscalco di ricercare Pietro e di condurlo a Parigi in catene. Batte tutta la regione dei catari inutilmente. Si dirige verso Montsegur, ben sapendo che la zona è ridotta a un cumulo di macerie da oltre cinquant’anni. É costretto a desistere, perché sta nevicando copiosamente. Va verso Limos. É arrabbiatissimo. ‘Quel dannato frate mi farà morire’ si dice, entrando nella cittadella. Il tempo pessimo gli consiglia di fermarsi qui, almeno per la giornata odierna. ‘Sono sette giorni che vago senza meta e senza costrutto’.

Primi contrafforti dei Pirenei, 21 novembre 1307, ora sesta – anno secondo di Clemente V

Pietro chiede il nome alla ragazza, che risponde: “Fabienne”. Si tiene stretta al templare per non cadere dal cavallo. Procedono lentamente per evitare le insidie del terreno che si è imbiancato per la leggera nevicata. Segue le indicazioni, finché non arrivano a una casa fatiscente sul limitare del bosco.

Siamo arrivati” dice Fabienne. “Abito qui con mia madre, che è malata. Ero nel bosco a raccogliere un po’ di legna e qualche radice e bacca, quando sono stata assalita da quel bruto”.

Pietro aiuta a smontare da cavallo la ragazza, che corre subito dentro la casupola. “Maman” fa Fabienne, “abbiamo un ospite. Mi ha salvato la vita”.

La donna risponde con voce flebile. “Non abbiamo nulla da offrire”.

Il frate si avvicina. L’ambiente è freddo e umido. Il fuoco arde debolmente. “Non preoccupatevi per me” afferma Pietro. “Esco alla ricerca di legna da bruciare e di qualcosa da mangiare”.

Poco dopo torna con rami umidi e delle erbe selvatiche, che ha imparato a riconoscere durante il suo viaggio da Limonum a qui. “Queste sono commestibili” dice ponendole sul tavolo. “Non conosco il nome ma danno forza”. Depone la legna bagnata vicino al focolare, affinché asciughi un poco prima del loro impiego. Recupera dalla borsa, appesa alla sella del bardo, dei medicamenti da dare alla donna febbricitante.

Il villaggio più vicino dove si trova?” chiede Pietro alla ragazza.

Limos è dietro di noi, a due ore di cammino a piedi” risponde Fabienne, indicando col braccio la direzione.

Rhedae, sapete dove si trova?” fa il frate, che alimenta il fuoco morente con la legna trovata.

La ragazza scuote il capo in senso negativo. “Però posso andare a Limos per informarmi”.

Buona idea” afferma Pietro. “Ma vi accompagno a cavallo. Fate prima e non correte il rischio di brutti incontri. Potete comprare qualcosa per voi e per me”.

Raggiunto il villaggio, Pietro rimane appartato in un boschetto vicino, mentre Fabienne raggiunge a piedi Limos, dove col denaro del frate compra del cibo e si informa sulla strada per raggiungere Rhedae.

Alla ora nona sono di ritorno alla capanna, che è più calda di quando l’hanno lasciata. “Maman” dice la ragazza allegra, “possiamo mangiare carne oggi”.

Mentre Fabienne prepara la cena, Pietro raccoglie dell’altra legna e altre erbe, sistema il suo bardo al riparo in un capanno, accanto alla casupola, dove trova fieno e qualche granaglia. É un riparo di fortuna ma la bestia sta al chiuso e al caldo.

Fabienne ha cotto il quarto di montone, acquistato a Limos, e ha preparato le erbe raccolte dal frate.

Pietro copre la donna con la coperta di lana grezza, che usa per il suo bardo, e si sistema con la ragazza vicino al focolare, dove scoppietta la legna.

Ascolto le vostre informazioni per raggiungere Rhedae” comincia il frate, mentre prende un piccolo boccone di montone arrosto.

Non è difficile” risponde Fabienne con la bocca piena, “basta seguire il sentiero sul quale eravate. Una mezza giornata a cavallo e siete arrivato”.

Ero sulla strada buona” replica Pietro che mastica qualche erba. Preferisce digiunare per non far mancare il cibo alle due donne per i prossimi giorni. ‘Un po’ di digiuno non fa male per espiare i miei peccati’ pensa il frate. Il cielo bianco latteo che minaccia neve sconsiglia a Pietro di rimettersi in marcia. ‘Stanotte dormirò con loro, se mi accettano’ si dice, allungando le mani verso il fuoco.

Fabienne accende un mozzicone di candela per illuminare la stanza. Osserva il cielo e scuote la testa. “Rimanete qui con noi” afferma decisa “É probabile che tra non molto nevichi”.

Grazie” replica Pietro, che esce ancora una volta a far provvista di legna e a controllare che il fedele bardo sia sistemato bene per la notte.

Limos, 21 novembre 1307, ora nona – anno secondo di Clemente V

Louis alloggia nell’abitazione della perpetua. Non ci sono locande e sfrutta il documento di Guillaume de Nogaret per farsi accogliere dal prevosto del villaggio. Gli abitanti lo guardano con sospetto. Rappresenta quel potere che loro mal sopportano. Il conte di Tolosa non è amato nemmeno lui, perché è stato imposto con la forza sessant’anni prima al termine della crociata contro di loro.

Va in giro a chiedere se hanno visto un monaco con un mantello bianco, “No” è la risposta corale di tutti. ‘Non è possibile’ si dice, ‘non è possibile che sia svanito nel nulla. Qui avverto ostilità e paura’. Sta facendo queste riflessioni, quando scorge una fanciulla che parla con un uomo. Non gli appare nella condizione di comprare quello che spunta da una bisaccia sulle spalle. É distante cinquanta passi. Si dirige verso di lei ma un carro gli taglia la strada. Quando la via è libera, la fanciulla è sparita. Si guarda intorno senza vederla. Ferma l’uomo con il quale lei ha parlato.

Ditemi” lo apostrofa con tono insolente e arrogante. “Chi è quella donna che era con voi poco fa?”

L’uomo, un contadino tarchiato e basso, alza le spalle e scrolla la testa senza rispondere.

Dico con voi!” urla Louis spazientito. “Vi faccio mettere ai ferri!”

Una piccola folla si raduna intorno a loro e volano parole dure verso di lui. Louis capisce che non ne ricaverà nulla. Si guarda intorno preoccupato, perché la situazione si mette male. Si divincola dall’assembramento, si allontana a passo svelto, seguito dagli sguardi furiosi degli abitanti. Rientrato nell’abitazione del prevosto, si informa dalla perpetua sui villaggi nelle vicinanze. Spera in una sorte più fortunata.

Ce ne sono diversi” dice la donna. “Seguendo il fiume verso meridione almeno altri quattro villaggi. Poi salendo sulle prime colline, passando il fiume altri due. Uno sulle rive di un torrente. Si va verso oriente. Qui comanda Gilles de Voisins”.

Ma l’altra?” domanda Luis, visto che la donna non la nomina.

É terra di Spagna. Appartiene alla contea di Catalogna” fa la perpetua. “É raggiungibile, seguendo la via verso sud”.

Ma come sono?” insiste Louis. “Grandi? Quattro case di legno in croce?”

Beh! Un tempo erano dei villaggi fortificati” prosegue la perpetua. “Poi con l’arrivo dei francesi è stato spazzato via tutto. Quello, che c’è, è quanto resta”.

Louis riflette. ‘Perché il monaco dovrebbe proseguire verso meridione, verso le montagne, difficili da scavalcare in questa stagione?’ pensa, prima di formulare un’altra domanda. “Ma verso oriente, verso il mare cosa c’è?”

La donna rimane in silenzio per un attimo. “Andando verso oriente si arriva a Carcasum, dove risiede il nostro vescovo”.

Louis ringrazia la donna. Tuttavia ha sempre un pensiero fisso. ‘Quella giovane donna, vestita di stracci e praticamente a piedi nudi, come poteva avere del denaro per comprare del montone e altro?’ ragiona. ‘Forse il maledetto frate l’aspettava fuori dal paese. Ma ora chissà dov’è’.

La giornata sta volgendo al termine. Il buio sta calando. Louis decide di partire domani al primo albore a perlustrare l’area. Non può tornare a Paris da Guillaume de Nogaret a mani vuote, mancando l’incarico ricevuto. Deve cercarlo e arrestarlo. Se si trova ancora nella contea di Tolosa, non ci sono grandi problemi. Tuttavia se si è rifugiato nella marca catalana, allora la situazione è più complicata.

‘Ma ora sediamoci a tavola dal prevosto a consumare un pasto caldo’ si dice. ‘Domani è un altro giorno’.