La conversazione

Nella stanza l’aria si era intiepidita per effetto del cammino acceso da Angie. La legna crepitava con schiocchi improvvisi mentre mille falliste si alzavano sopra le fiamme. La brina gelata che aveva orlato fino a pochi istanti prima le finestre cominciava a sciogliersi in molti rivoli d’acqua che scivolavano silenziosi come minuscoli torrenti in miniatura.
Le pesanti tende di broccato rosso erano state scostate lasciando entrare un pallido sole che illuminava la scena occupata dal grande letto di ottone nel centro della camera. Un tempo aveva accolto i genitori di Angie. Adesso ci dormiva lei.
Era molto più ampio del consueto, comodo e accogliente. Le due testate di ferro erano decorate con vistosi disegni di fiori che rallegravano l’austerità della stanza. Il mobilio era ridotto all’essenziale. Un tavolo di legno massiccio stava nell’angolo più vicino al cammino con sopra una specchiera. Un enorme armadio in noce lavorato con grandi fregi occupava la parete di fronte alla finestra, mentre due comodini inglesi in radica di rovere filettati con decori in ottone facevano bella mostra ai lati del letto.
Angie aveva rinnovato di recente i materassi con morbida e calda lana di pecora, alti due spanne, pronti ad accoglierla caldi e avvolgenti. Anche i cuscini, dalle proporzioni inusuali e riempiti di candide piume d’oca, avevano subito analogo trattamento tanto che la testa appoggiava con piacere su quel soffice mondo, favorendo l’approdo al mondo dei sogni.
Con regolarità secondo un rituale ormai codificato veniva eseguita l’operazione di disfare i materassi, programmandola un anno per l’altro, attesa come il segnale della bella stagione. A primavera il materassaio provvedeva ad aprirli, ad arieggiarli e a ridare la giusta consistenza ai fiocchi, pettinandoli con cura per eliminare i nodi che si erano formati giorno dopo giorno dal precedente intervento. Era un’attività che richiedeva il bello stabile e spazi asciutti intorno. Nel giardino un’enorme tavola, appoggiata su due cavalletti, ospitava i materassi, che venivano sventrati e svuotati del loro contenuto che finiva su un telo di lino grezzo a prendere il sole e l’aria frizzante della bella stagione. Venivano poi riempiti e ricuciti a mano con arte e precisione così che al termine del lavoro apparivano come se fossero nuovi. Queste lavorazioni duravano un paio di giorni. Erano momenti di gioia che venivano vissuti con intensità da Angie. Un rito irrinunciabile che scandiva il passare del tempo.
Lei, sistemati i cuscini contro la testata del letto, si tirò fin sotto il mento le lenzuola di lino, ricamate con le sue cifre A e F che spiccavano nette sugli angoli, e la coperta di pecora come se la stanza fosse ancora gelida. Era un modo istintivo per nascondersi alla vista di Dan come se fosse un rigurgito di pudore dopo la notte trascorsa freneticamente.
Lui, deposti i vassoi con i resti della colazione sul tavolo, si accinse a parlare di sé, ad ascoltare quello che lei aveva intenzione di dire.
“Sembra singolare, e in effetti lo è, ma non conosco nulla di te” cominciò Angie, prevenendolo nell’iniziare il discorso.
Lui, con le mani intrecciate dietro la nuca e appoggiato comodamente alla testata, sorrise e replicò con calma.
“Perché forse io so qualcosa di più?”
Angie arrossì leggermente a quella risposta ironica e pungente, perché in fondo se le era veramente cercata. Però in qualche modo aveva rotto il ghiaccio dopo il risveglio mattutino e la colazione silenziosa.
Fingendo di raccogliere la frecciata proseguì.
“Hai detto che hai seguito la raccolta delle mele. Dunque sei un proprietario terriero. Ma questa unica attività ti permette di vivere agiatamente?” domandò con la fronte corrugata per il dubbio che stava aleggiando nella sua mente.
Lui rifletté un attimo prima di rispondere.
“No. No di certo!” disse ridendo di gusto “Se non avessi altri proventi, vivrei di stenti. Diciamo che questa è un hobby e nulla più. Un bel divertimento stare all’aria aperta insieme ai contadini, vivere insieme la loro giornata. Quasi tutto il ricavato lo regalo a loro, che hanno accudito con amore le piante. La rendita maggiore, in realtà, mi proviene dalle grandi piantagioni di tabacco, la cui qualità è molto apprezzato dalle industrie del nord, dai grandi produttori del fumo. Si trovano sulla costa occidentale della baia e sono l’eredità dei miei bisnonni, che hanno avuto la lungimiranza di acquistarle dai powhatans per pochi spiccioli. Ora sono una miniera d’oro. Io preferisco vivere a Deal Island piuttosto che vicino alle piantagioni. Ho una persona fidata che lavora per me e fa sì che tutto proceda per il meglio”.
A Angie il pensiero corre alla madre, l’enigmatica Wina, che era una powhatan silenziosa e discreta. Dentro di lei scorre anche sangue algonchino che ha mitigato l’accesa irruenza irlandese. Delle sue origini di mezzosangue decise di non parlarne, di sorvolare. Ci sarebbe stato un momento più propizio per dirlo, adesso reputava che fosse troppo rischioso e prematuro.
“Mio nonno è arrivato da Wicklow, la capitale dell’omonima contea, dopo la grande carestia del 1849, stanziandosi a Baltimora. Wicklow è una cittadina vicino a Dublino, ma non l’ho mai vista. La nonna Caitlin l’ha sempre descritta come una città di case di legno colorate con tanti piccoli giardini, immersa in una pianura verde smeraldo. E’ un minuscolo puntino, lontano nel tempo e nello spazio. Mi sono sempre ripromessa di attraversare l’Atlantico per scoprire le radici della mia famiglia. Ma questo non credo che ti interessi..”
“E perché no? Mi sono chiesto da chi avevi ereditato questa folta chioma rossa, anche se dei tratti del viso sembrano tipici degli algonchini. Questa dicotomia mi ha incuriosito sin dal primo momento che ti ho vista. Ho provato delle sensazioni diverse dai soliti incontri con le donne della regione. Un quid di mistero e luminosa bellezza fusi insieme. Mi sono detto che non potevi avere delle discendenze dai vecchi abitatori di questi luoghi e non mi sono sbagliato. Dunque hai sangue irlandese nelle vene! E si vede e si sente! Ma…vivi da sola in questa grande casa?”.
Dan non osava domandarle come viveva visto che non lavorava e apparentemente non aveva proprietà a parte l’abitazione.
“Si, il nonno e la nonna erano fieri delle loro origini. Hanno fatto fortuna a Baltimora, come mio padre nel suo lungo peregrinare nella baia. Questo mi permette di vivere di rendita con le loro eredità, se questo era il tuo dubbio nascosto..”
“No, no! Non voglio essere frainteso!” si affrettò a dire cercando di fugare ogni dubbio “Sono stupito che tu viva da sola in questa grande casa, che mi sembra sproporzionata alle tue esigenze. Non ho mai dubitato che tu te lo possa permettere! Però trovavo singolare che una donna sola …”
Angie lo fulminò con gli occhi, perché metteva in discussione che una donna potesse vivere da sola in una casa dalle proporzioni generose, come se fosse unica prerogativa per i maschi. Giudicò impudente quell’accenno come se lei avesse qualcosa da nascondere. Qualche segreto inconfessabile.
“Forse pensi che abbia avuto un marito o preferisca le donne? Non credo visto lo stato in cui ero prima di stanotte” e tacque indispettita rintanandosi ancora di più sotto le lenzuola.
Dan comprese di avere avuto un atteggiamento maldestro verso questa donna dal carattere battagliero e dolce ma aspro allo stesso tempo. Aveva capito che non era come le altre donne conosciute più remissive ma meno decise nel difendere le proprie ragioni. Era questo tratto del carattere di Angie che aveva solleticato la sua curiosità, le sue attenzioni. Le prime sensazioni erano dunque confermate, mentre cresceva in lui lo stimolo ad approfondire la conoscenza.
Si rendeva conto in ritardo che non avrebbe dovuto usare quel linguaggio, ma ormai la frittata era fatta. Adesso doveva solo recuperare quel feeling che si era interrotto così bruscamente. Allungò una mano per sfiorarle il viso prima di ricominciare a parlare, ma lei lo allontanò infastidita come si fa con una mosca.
“Ti porgo le mie scuse per le parole malaccorte che ho usato. Non era mia intenzione mettere in discussione la tua sincerità. Di questo me ne dispiaccio. Spero che tu le accetti”.
Angie lentamente riemerse dal lenzuolo, sollevandosi leggermente, mentre abbozzava un timido sorriso.
Quell’uomo, più anziano di lei, le piaceva perché le ispirava un senso di pacata fiducia. Però non aveva gradito quelle insinuazioni. Doveva imparare a misurare le parole se voleva continuare la relazione che in qualche maniera stava vagheggiando con la fantasia.
Non voleva cedere subito e accettare le scuse che stava porgendo. Doveva fare ancora per un po’ l’offesa senza tirare troppo la corda per poi sciogliersi pian piano e ripristinare quel senso di intimità e complicità che c’era stato fino a qualche istante prima.
Rimase in silenzio sempre ben coperta. Solo il viso spuntava fuori ed era corrugato come se delle nubi foriere di pioggia minacciassero tempesta.
Dan si avvicinò lentamente per capire se la situazione poteva essere riportata al bello stabile. Lei si scostò in maniera impercettibile, lasciando però che le sfiorasse la guancia con la mano.
Incoraggiato da questo atteggiamento si fece più vicino con decisione. E questa volta Angie non si mosse, ma aspettò che i due corpi venissero in contatto.
“Sei ancora offesa?” le sussurrò con dolcezza nell’orecchio.
“No! Ma le tue parole mi hanno deluso”.
“Vedo di rimediare” e appoggiò le labbra sulle sue.
 
Ellie percepisce il dolce calore di quel bacio e si sveglia all’improvviso.
“E’ stato solo un sogno oppure una visione di qualcosa già visto, un Déjà vu in piena regola?” si dice come se le mani di Dan fossero ancora sul suo corpo.
Rabbrividisce non per il freddo per quello che ha visto e sentito e si domanda se anche lei troverà il suo Dan.

23 risposte a “La conversazione”

  1. Mi piacciono moltissimo le descrizioni accurate e approfondite, dato che a mio avviso conferisco uno spessore maggiore al racconto.
    Questo è un altro capitolo estremamente indovinato, dall'incedere lento e quasi solenne, salvo nel finale dove con grande maestria ci proponi un colpo di scena.
    Un caro abbraccio 🙂

  2. Anneheche, mi fa piacere che ti sia piaciuto questo capitolo, un po' sofferto nella sua impostazione, scritto e scritto più volte, perché non lo trovavo soddisfacente.
    Si, il finale mi è venuto in mente durante l'ennessima stesura.
    Un grande abbraccio

  3. Grazie del commento, ora posso dire che Luiss dopo i suoi insegnamenti mi ha fatto diventare bravissima e quindi ci compensiamo nella bravura.
    Grazie a lui riesco a gestire i codici ma per il resto ho altri bravissimi insegnanti, se hai letto il mio post precedente lo dovresti avere capito.
    Un bacio e grazieeeeeeeeeeeeeeeee!!!

  4. Complimenti! Mi ha piacevolmente catturata questo capitolo con descrizioni rilassanti e ho trovato particolarmente interessante quella della scansione del tempo ritmata dal rifacimento dei materassi. Solo la parte finale apre le porte ad un'impressione d'angoscia… (ma non lo dico in senso negativo riguardo alla struttura del testo, è semplicemente la prima sensazione che ho provato…) Sarà che quando sento parlare di déjà vu penso ad una situazione spiacevole!
    Un abbraccio,
    Rosalba

  5. Rosalba in un certo senso hai ragione sul dejà vu associare queste sensazioni a situazioni spiacevoli, ma non sempre è così. Qui Ellie si interroga se quello che lei sta vivendo è il frutto di coincidenze collegate alla lettura di pagine ormai vecchie oppure perché lei è la reincarnazione moderna della bisnonna.
    Questo è stato il mio pensiero quando ho inserito quella frase finale.
    Un grandissimo abbraccio

  6. Grazie del commento, hai scritto benissimo, il mio post è confuso e scritto da una donna (casalinga) senza la superbia di saper scrivere, lo dico sempre che non sono una scrittrice….
    L'argomento alieni è sempre stato un mistero e se vuoi guardare un film fatto bene ti lascio questo link
    qui troverai dei bellissimi film
    http://www.mymovies.it/film/2011/

  7. pericolosissimo fare certe osservazioni in momenti così delicati…
    però sono sicura che a partire da quel momento Dan ci penserà due volte prima di parlare… eheheh..
    un altro capitolo ben congegnato che cattura già dalle prime battute l'attenzione del lettore e la mantiene fino alla fine…
    un bacio

  8. Ciao:-) intanto mi son letta questo.Non potevo esimermi dopo aver trovato il tuo blog.Non credo che tu sia solo un imbrattacarte,come vedo in un tuo commento,non lo credo affatto.
    Ma non mi piace il genere.Comunque tu sei abile a disegnare una Rossella odiosa e un Dan maldestro.Bravòòòòòòòò monsieur 🙂
    Cristina

  9. Grazie Cristina per aver dedicato un po' del tuo tempo per leggere i miei post.
    In realtà non ho presente la Rossella di Via col Vento (nalmeno credo che sia questa l'eroina che hai citato. Comunque il libro non l'ho letto, né visto il film). Questo personaggio l'ho pensato in funzione di Ellie, una specie di storia parallela. Dan è maldestro? Costruire un personaggio lontano cento anni è arduo, ma non volevo trasformarlo in una specie di rubacuori attuale (ammesso che ne esistano) né dargli connotazioni troppo moderne. Mi è uscito così nel bene e nel male.
    Comunque sono graditissimi le tue osservazioni.
    Un abbraccio

  10. Dalloways, hai ragione quando dici che Dan è stato incauto, ma credo che sarà più oculato nel esprimere i propri pensieri, tenendo per sé quelli scomodi.
    Grazie per i complimenti.
    Un abbraccio

  11. Cominciano già le prime incompresioni.. mi sà che ne vedremo delle belle!.. Meraviglioso post, dolcissimo ma anche accurato e sveglio!.. Bravo Orso! Baci Baci   ps. e sì, secondo me anche Ellie troverà il suo Dan!

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