Il mazzo di fiori – parte quarantesima

Ferrara, ore 22 del 28 settembre

Antonia ritorna a casa inquieta e delusa. Avverte che qualcosa non va ma non riesce a decifrare cosa sia. Questo le mette ansia. Sembrava filare tutto liscio ma un ingranaggio si è inceppato e rischia di bloccare il resto. Percepisce che Vito sta diventando un problema e come tale va eliminato ma non sarà semplice, perché è pur sempre un poliziotto.

La bella casa, un dimora quattrocentesca nella Ferrara medioevale, è vuota. Sperava di trovare Rosario ma non si era sbagliata. “Sarà la topina, la rossa o la mora la bella di turno?” si dice, mentre si spoglia.

Fatica ad addormentarsi e, quando ci riesce, sogna. Sogna a colori e in bianco e nero. Suda, anche se la notte non è calda, smania e si lamenta. Si sveglia che è ancora buio più stanca di quando si è distesa sul letto. Sente il russare ritmico e lieve di Rosario, che dorme nella sua stanza. Dal ritorno della luna di miele hanno sempre dormito in stanze separate. Per fare sesso, non molto spesso in verità pensa la donna, ci si spostava a turno nel letto dell’altro ma poi ognuno dormiva per conto suo. Era terrorizzata che potesse rimanere incinta ancora una volta. Mentre si gira, rimpiange la figlia, che adesso avrà ventisei anni. Per volere del padre è stata affidata in adozione subito dopo la nascita. Riflette che non è riuscita a darle nemmeno una poppata. Il seno le doleva tanto era gonfio, mentre l’infermiera lo svuotava col tiralatte ogni giorno. “Tutta colpa di quell’Antonio che mi ha messo nei guai. Ma tra poco salderò il conto” dice, sussurrando vendetta.

Stellata, ore 8 del 29 settembre

Si sveglia indolenzito e un po’ infreddolito. Non ha dormito sereno, sempre in tensione nel tentativo di captare qualche suono pericoloso. La notte è passata senza intoppi, mentre si alza per fare colazione con quello che si è portato da Casaglia. Tiene di scorta qualche barretta di cioccolata e un cartone di succo d’arancia. Potrebbero servirgli durante la giornata. Apre cautamente un’imposta sul retro dell’abitazione. Il cielo è plumbeo per una leggera nebbiolina fuori stagione. Controlla il secondo telefono se per caso ci sono messaggi. “Nulla” si dice, mentre lo spegne. L’altro, quello usato a Ferrara rimane spento per precauzione, qualora fosse stato messo sotto controllo. Si dà tempo fino alle 12, prima di abbandonare anche questa abitazione e puntare direttamente a Garica nell’isola di Krk in Croazia. Il tempo pare essersi fermato, non passa mai. E’ mezzogiorno, quando comincia a raccogliere le sue cose. Lo zaino, la sacca, la borsa dei documenti. Per scrupolo riaccende il telefono. C’è depositato un messaggio. Sa chi glielo può aver mandato. ‘Attendi istruzioni fino alle 17. Se non ricevi nulla, fa buon viaggio‘. Sbuffa, mentre lo spegne nuovamente. “Non erano questi gli accordi” dice di malumore. “Altre cinque ore di sofferenze”.

Casaglia, ore 16 del 29 settembre

“Novità, Robbie?” dice Ricardo, rispondendo a una chiamata dell’ispettore Tommasi.

“Se mi autorizzi, penso di entrare nel casale. Il posto è freddo. Nessuno si è fatto vivo, né nessuno ha dato segni di vita all’interno”.

“Ma forse chi doveva arrivare per ripulirlo potrebbe giungere più tardi, al calare del sole”.

“Forse ma ci credo poco. Secondo me si sono accorti che qualcosa non torna. Per quanto nascosti, il movimento di persone e di auto si nota. E’ una strada dove passano si e no dieci macchine al giorno nei feriali. Da quando siamo, qui oggi ne sono transitate appena tre!”

“D’accordo! Usa la massima prudenza” conclude il commissario.

L’ispettore fa forzare una porta nel retro della casa e fanno irruzione dentro. Tutto è tranquillo e buio. Si avverte appena, che qualcuno vi ha sostato qualche ora prima. Nel magazzino trovano l’Audi.

“Tutto tranquillo. Nessuno all’interno e solo un occhio esperto nota il passaggio di una persona. Però accanto all’Audi abbiamo trovato un foglio. Una stampa di Google map con un cerchio su un’abitazione di Stellata. Forse è il nuovo rifugio del nostro uccellino” dice Tommasi a Ricardo.

“Ottimo! Dammi le coordinate. Le passo alla municipale di Bondeno e alla tenenza dei Carabinieri. Parti immediatamente con tre uomini a sirene spiegate fino a Bondeno. Poi spegni tutto. Controlla se il nostro uomo è ancora lì. Niente colpi di testa. E’ un elemento pericoloso” gli ordina il commissario. “E tienimi informato sugli sviluppi”.

“Niente colpi di testa! Sarò prudentissimo” risponde l’ispettore.

Quaranta minuti più tardi sono nelle vicinanze dell’abitazione. Sembra tutto tranquillo.

Ferrara, ore 17 del 29 settembre

Ricardo è tornato nel suo ufficio, dove trova Vito che lo sta attendendo.

“Commissario, mi ha convocato?” chiede il poliziotto, mascherando una certa ansietà.

“Sì. Accomodati”.

Ricardo sta in silenzio e finge di cercare delle carte sulla scrivania, mentre Vito è sulle spine. Si agita, sente l’inquietudine salire, cerca di regolare il respiro per calmarsi.

Dopo qualche minuto il commissario prende in mano un foglio bianco e guarda in faccia il poliziotto.

“Ecco quello che cercavo” esordisce enfatizzando la voce. “Lo sai che una talpa ha passato informazioni a un ricercato facendolo sfuggire alla cattura?”

“No, non lo sapevo, commissario” risponde Vito, che si agita ancora di più.

Ricardo finge di leggere quello che non c’è. Mette pressione nell’indagato, perché sa che deve giocarsi bene le poche cartucce che ha.

“Sei sicuro di non conoscerlo?” lo incalza con durezza.

“Le ho detto di no” replica, mentre le certezze diminuiscono. Si era preparato a ribattere colpo su colpo alle accuse ma il commissario non lo sta attaccando direttamente, come se avesse qualche informazione che lo potrebbe incastrare. Si chiede dove ha sbagliato senza trovare una risposta. Pensa che possa essere stata Antonia, che gli è apparsa strana ieri sera. Però scaccia questo pensiero, perché sarebbe la rovina anche per lei. L’ansia sta crescendo e il timore verso il suo capo aumenta. “Dicevano che è un mastino che non molla mai la presa! Lo sto sperimentato sulla mia pelle” riflette nel silenzio surreale della stanza. Un telefono squilla, facendolo sobbalzare.

“Sì” dice Ricardo, che si alza ed esce dall’ufficio.

Vito resta solo con le sue paure. Immagina che anche questo sia un trucco del commissario per mettere altro sale sulla piaga. Vorrebbe fuggire ma non può. Deve restare seduto lì a cuocersi a fuoco lento.

Dopo qualche minuto rientra soddisfatto e si siede nuovamente.

“Stavamo dicendo… Ah! Un’ugola profonda ha passato informazioni riservate a un ricercato e tu non ne sai niente” ricomincia con un sorriso malizioso sulle labbra.

“Sì, signor commissario” balbetta Vito.

“Lo sai che in carcere i poliziotti, anche se disonesti, hanno vita dura? Questo non ti preoccupa?” lo incalza Ricardo.

“Veramente…” prova a dire il poliziotto.

“Allora scopro le carte”.

Il commissario lo guarda negli occhi con intensità e cattiveria.

“Non ho nulla in mano” comincia e gli mostra un foglio bianco. “Però sono certo che sei stato tu a fare la soffiata. Il procuratore Lopapa ha pronta una carta per la tua custodia cautelare. Tempo 24 ore e trovo tutti gli elementi per sbatterti in una cella e buttare via la chiave…”.

Vito deglutisce, percepisce di essere incastrato e tentenna.

“… Però se ti dimostri intelligente, te la puoi cavare con poco. Le dimissioni dalla polizia e andartene pure al diavolo” conclude l’affondo Ricardo.

“Cosa vuol sapere” dice con gli occhi bassi il poliziotto.

“Conosci una certa Antonia?”

“Sì”.

“Nome e cognome e indirizzo”.

“Ho solo un numero di telefono e un indirizzo dove ci incontravamo”.

“Bastano quelli. Il resto lo trovo io” conclude Ricardo, porgendo un foglio che fa firmare a Vito.

Stellata, ore 17 del 29 settembre

Albanese guarda l’ora; sono le 17. “Bene” esclama, stiracchiandosi. “E’ il momento di controllare. Avrei dovuto ascoltare il mio istinto e mandarli tutti a fanculo”.

Accende il telefono che resta muto. Nessun messaggio. Questa volta non fa sconti. Lo spegne nuovamente. Smonta il fucile, che ripone nella sacca insieme alla pistola. Mette lo zaino sulla spalla e afferra la borsa dei documenti. Con cautela apre la porta del magazzino. “Tutto tranquillo” dice soddisfatto, completando l’apertura.

Esce con la Fiesta e richiude il portone. Con lentezza imbocca la strada che lo porterà verso il ponte sul Po.

“Il nostro uomo ha messo fuori la testa… Ora esce con una Ford Fiesta blu” dice al telefono Tommasi, che osserva con un binocolo la casa. “Ha preso la direzione del ponte. Squadra due tenetevi pronti. La targa è …”.

“Preso e ricevuto” risponde la squadra due. “Non appena lo inquadriamo, lo fermiamo per un controllo. Passo e chiudo”.

Fatto un centinaio di metri, Albanese vede spuntare la paletta dei carabinieri.

“Merda. Erano là ad aspettarmi” bofonchia indispettito. Pensa di fare un inversione ma la strada è stretta e dovrebbe farla in due rate. Quindi rischia solo una mitragliata. Spera che sia solo un banale controllo visto il giorno e l’ora.

“Documenti” gli chiede con cortesia un carabiniere.

Lui accenna a scendere ma viene fermato, perché vogliono controllare anche luci, frecce e stop. Mentre l’altro prende nota di patente e carta di circolazione, quello vicino all’auto gira intorno, dandogli dei comandi.

“Potrebbe aprirmi il bagagliaio” gli domanda con gentilezza.

“Si” risponde, scendendo.

Il secondo carabiniere non visto applica un gps sotto il parafanghi di sinistra.

“Grazie. Può andare” dice quello che pare essere il comandante della pattuglia, portando la mano alla fronte.

Superato il Po, si ferma in una piazzola per verificare che non abbiamo messo nulla, mentre lui era nell’abitacolo. Soddisfatto dell’ispezione, riprende la strada per l’isola di Krk.

Ferrara, ore 18 del 29 settembre

“Carmelo siamo a buon punto. Il killer è monitorato. Lo lasciamo viaggiare tranquillo per qualche ora. Se tenta di uscire dall’Italia sarà bloccato. Viceversa vediamo dove va” comincia Ricardo.

“Buona notizia. Un colpo di fortuna ci voleva proprio. Poi le tue intuizioni felici hanno fatto il resto” replica soddisfatto il procuratore. “Ora dobbiamo cominciare a tirare a riva la rete con dentro pesci grossi e pesciolini. Come intendi muoverti?”

“Per prima cosa dobbiamo perquisire la casa di Stellata. Là ci sono quattro miei uomini. Manderei un’altra squadra per le rilevazioni della scientifica. Al limite in collaborazione con l’Arma. Se mi firmi le carte, le passo a loro”.

“Come pensi di procedere con Antonia e gli altri?” gli domanda Lopapa.

“Ci dobbiamo ragionare con calma, valutando pro e contro. Non vorrei far scappare i pesci grossi. Dobbiamo organizzarci con cura. I dettagli sono fondamentali per la buona riuscita dell’operazione ‘Mazzo dei fiori’. Dobbiamo catturare i mandanti e fiancheggiatori, smantellare la cupola della Sacra Corona Unita”.

Il procuratore annuisce, mentre riflette sulle ultime parole di Ricardo. Conviene che si debba agire con cautela. Loro hanno denaro e avvocati, che farebbero a pezzi l’istruttoria senza valide pezze d’appoggio.

“E la talpa?” domanda Carmelo.

“Ho fatto un patto con lui. Mi ha dato informazioni utili per mettere nei guai Antonia, anche senza la sua testimonianza. Ha lasciato con decorrenza immediata la Polizia e ha tempo ventiquattro ore per sparire” risponde Ricardo.

“Non è stata una mossa avventata?”

“Direi di no. Mettere in ballo la notizia che ci sono mele marce nella polizia non è molto piacevole. Poi lui è stato attratto dalla donna col sesso e con dei soldi, che gli servivano per pagare degli usurai pugliesi. Provare che lui abbia passato alla cupola informazioni riservate è alquanto difficile, se non è disposto a confessare in tribunale. E’ meglio così, Carmelo”.

Il procuratore legge delle carte e ne prepara delle altre. Ha finto di non aver sentito nulla. Però è soddisfatto dei risultati. Crede che nel giro di pochi giorni si possa chiudere la partita definitivamente.

“Se permetti, telefono a Ludmilla. Vorrei vedere lei e la Russo. Solo noi tre” dice Ricardo.

“Perché?” domanda stupito e sorpreso Lopapa, tagliato fuori dalla chiacchierata.

“Vorrei chiarire alcuni aspetti dubbi. La Russo non parlerebbe in tua presenza…”.

“Pensi che con te si aprirebbe?”.

“Sì. Ho alcune informazioni esplosive che la indurranno a dire il vero”.

“Sono segreti oppure mi metti al corrente?” domanda il procuratore rabbuiato.

“Prima telefono, poi ti racconto” risponde Ricardo.

Preso il telefono chiama la ragazza.

“Ciao, Ludmilla. Sono Paolo”.

“Ti avevo riconosciuto. Dimmi”.

“Posso vederti? Verrei a casa tua tra una mezz’ora”.

“Se ti sbrighi puoi assaggiare orecchiette fatte a mano con cime di rape, melanzane ripiene al pomodoro e patate alla pecurieddu scappatu oppure hai deciso di digiunare anche stasera?”

“Corro immediatamente. Per il dessert ci penso io” risponde il commissario, chiudendo la conversazione.

“Ti lascio libero. Managgia! Verrei anch’io. Però prima di andare a nanna, passi da me per raccontarmi tutto” gli ordina il procuratore.

Ferrara, ore 19 del 29 settembre

Ricardo suona il campanello, tenendo in mano una grossa vaschetta di gelato artigianale.

“Benvenuto!” esclama Ludmilla, accogliendolo sulla porta con calore. D’istinto vorrebbe dargli un bacio ma si trattiene appena in tempo.

“Ciao” dice impacciato il commissario, porgendo quello che ha portato.

“Dai, entra! Si sta raffreddando tutto” lo incita la ragazza con un bel sorriso.

Maria è rigida accanto all’ingresso e non pronuncia una parola. Non gradisce molto la presenza del poliziotto, anche se tutto sommato non le sta antipatico.

“Buona sera, signora Russo” le dice allungando la mano, che viene ignorata dalla donna.

“Dobbiamo stare qui sulla porta?” domanda Ludmilla che freme per iniziare la cena.

“No” risponde pronto il commissario, chiudendo il battente alle spalle.

“Che profumino delizioso!” dice Ricardo annusando l’aria.

“Forse è la fame!” replica felice Ludmilla. “Andiamo a tavola!”

Chiacchierano e mangiano con appetito la ragazza e il poliziotto, mentre Maria partecipa distratta alla conversazione.

“Ottimo questo primo” dice Ricardo, pulendosi la bocca col tovagliolo.

“Dovevi vedere come era svelta Maria nel preparare le orecchiette! Velocissima! Così svelta che faticavo a vedere i movimenti delle dita! La preparazione della pasta è semplicissima. Quella sarei in grado anch’io di replicarla”.

La donna, che era rimasta impassibile fino a quel momento, accenna a un sorriso subito represso dalla solita maschera imperscrutabile. E’ soddisfatta per gli apprezzamenti e avverte un leggero disgelo nei confronti del commissario. Lo ritiene tutto sommato una brava persona. Li osserva e suppone che tra i due ragazzi sia scoccato qualcosa. Ormai considera Ludmilla come una figlia, quella figlia che ha perduto anni prima. Riflette che sta invecchiando, perché prova i sentimenti tipici degli anziani verso i giovani. Cerca di reprimere questi pensieri senza molto successo.

La cena si svolge lentamente tra battute scherzose e apprezzamenti e si conclude col gelato, consumato sul divano.

“L’uomo della legge dov’è?” chiede all’improvviso Maria, rompendo il riserbo tenuto fino a quel momento.

“Non lo so” risponde sorpreso Ricardo, che non si aspettava questa domanda.

“Hai detto che volevi chiedermi qualcosa” dice Ludmilla, osservando l’ora. Di solito era già a letto ma la serata è speciale.

“Sì ma non volevo rompere quest’atmosfera gaia” risponde il commissario che non sapeva come introdurre gli argomenti per i quali era venuto.

“Bene. Sono qui. Aspetto le tue domande”.

“Ok. Volevo chiederti da quanti anni sei in R&S?” domanda con cautela Ricardo.

La ragazza ci pensa un po’ e fa qualche conto. “Dal 2006, se non ricordo male” risponde senza comprendere il senso del quesito. Si interroga dove vuole arrivare ma non riesce a venirne a capo.

“Dunque sette anni o quasi” aggiunge il commissario.

“Se lo dici tu, ci credo. In matematica ero molto scarsa a scuola” dice ridendo.

“Chiumento era già sposato allora?”

“E chi lo sa! Allora ero una ragazzina quasi implume…” esclama con un sorriso delizioso.

“Non troppo” replica Ricardo. “Eri già una donna…”.

“Che parolone hai usato! Non avevo ancora baciato nessuno ed ero vergine!” dice con candore, mentre Maria la guarda scandalizzata. Lei non si sarebbe mai sognato di pronunciare quelle parole davanti a un uomo. Sarebbe stato disdicevole.

Ricardo sorride, perché non era questa l’informazione che cercava.

“Non mi interessano le tue prestazioni sessuali a quel tempo. Volevo conoscere solo, se ti risultava che Chiumento fosse sposato” domanda nuovamente, anche se conosce la risposta.

“Quando appena laureata sono stata assunta senza proposte di contratti strani o osceni, ero felicissima, perché le mie conoscenti, più vecchie di me, erano ancora alla ricerca di un posto, anche precario. Loro sarebbero andate a letto col diavolo pur di riuscire a trovare un impiego. Ricordo le chiacchiere malevoli…” comincia a raccontare Ludmilla.

“Stringi” le dice il commissario, mimando la parola con le mani.

“Dicevo che ero veramente ingenua e socializzavo poco. Un paio d’anni dopo ho cominciato a frequentare la macchinetta del caffè, partecipando al gossip aziendale” prosegue la ragazza.

“Dunque è stato allora che hai saputo che Chiumento era sposato” domanda nuovamente Ricardo.

“Sì. Direi di sì. Però non ricordo bene se dicevano che si era appena sposato oppure lo era da tempo. Non osavo chiederlo per evitare la figura di chi non conosce nulla. Quindi ho supposto che lo fosse da tempo” risponde Ludmilla, diventando rossa.

“Cosa te lo faceva supporre?”.

“Parlavano sempre al passato e quindi…”.

“Ho capito. Cosa dicevano? Parlavano male della moglie?” chiede il commissario, mentre Maria si agita sulla poltrona.

“In un certo senso, sì”.

“Come in particolare?”

“Che era più giovane di lui…”.

“Quanti anni ha Chiumento?”

“Penso sulla cinquantina”.

“Poi?” la incita a proseguire Ricardo.

“Che era una…” si ferma. Stava dicendo ‘terrona‘, ma si trattiene, osservando Maria, “una donna del sud ed era la figlia di un boss della mafia. Insomma si sparlava. Io ascoltavo senza dire nulla. Poi le chiacchiere si sono spostate sul fatto che gli piacevano le ragazzine. Qualcuno ha affermato d’averlo visto con una quindicenne. Esagerazioni, secondo me” conclude Ludmilla.

“Beh! Alcune chiacchiere erano azzeccate. Dico bene, signora Maria?” dice il commissario, fissando la donna, che si irrigidisce.

Ricardo aspetta paziente la risposta che tarda a venire. Riprende a parlare, rivolgendosi questa volta direttamente alla Russo.

“Il magistrato, Lopapa, che segue il caso, ha detto che martedì può tornare a San Cataldo. Lo desidera sinceramente oppure preferisce restare a Ferrara?” le domanda con tono secco e deciso.

Maria stringe le labbra e riduce a fessura gli occhi. Se potesse, lo fulminerebbe ma percepisce che conosce qualche particolare che la faranno capitolare. Restare in silenzio non è la mossa giusta e rischia solo di incastrarsi inutilmente.

“Lopapa non conosce ancora quello che ho scoperto oggi pomeriggio. Ho preferito parlare prima con lei che far precipitare la situazione. Allora vuole dirci la verità sul caso oppure preferisce farlo davanti a lui?” la incalza Ricardo, deciso a conoscere tutti i dettagli.

“E va bene, commissario. Ha vinto lei” incomincia Maria, che parla senza tralasciare nessun dettaglio. Sembra un fiume in piena.

48 risposte a “Il mazzo di fiori – parte quarantesima”

  1. Buongiorno, Gian Paolo!
    La vita offre sempre sorprese! 🙂
    Alcuni sono piacevoli, alcuni sono spiacevoli! 🙁
    Simona Halep non era un infortunio vestibilità e massimo alla caviglia sinistra nel primo set, influenzato la sua evoluzione! 🙁
    Simon ha perso una battaglia ma non la guerra! 🙂
    Già è la prima donna rumena che ha raggiunto le semifinali di tennis a Wimbledon e questo onore da ROMANIA! 🙂
    Anche se si fermava la corsa alle finali di Londra
    Siamo orgogliosi di lei e continuo supporto! 🙂 🙂 🙂
    Grazie per la simpatia! 🙁
    Piacevole week-end! 🙂
    Tuo,
    Aljosha.

  2. Suspance infinita! 😉
    Sarà un piacere “ascoltare” Maria, mi preparo all’evento.
    Alcuni personaggi spariranno d’incanto e com’è logico altri faranno la loro ricomparsa per il gran finale.
    un abbraccio
    Affy

    1. Sì, chi porta il gelato artigianale è sempre il benvenuto. A ferrara ce ne sono diverse di gelaterie di questo tipo.
      La domenica è fuggita, Lud. Ma la sera no!
      Felice serata

  3. Veramente argomentato e scritto molto bene. Mi piace molto il dividere il racconto per luoghi e raccontare ciò che succede in ognuno. Bravo. Con calma, per gustarmi la fine leggerò anche l’altro pezzo a breve. Un abbraccio. Isabella

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