Una storia così anonima – parte quarta

Bologna, 28 ottobre 1307, ora seconda delle Vigilie, anno secondo di papa Clemente V

I cavalieri del Tempio sono da tempo riuniti nella cella del Maestro della magione bolognese per ascoltare il racconto di frate Henry. Frate Pietro da Bologna pone domande per valutare l’attendibilità delle informazioni.

“Perché il Gran Maestro è tornato a Parigi, pur essendo a conoscenza dell’ordine del re?” chiede Pietro curioso, che aveva lasciato la domanda in sospeso. Era in attesa di trovare il momento opportuno per porla.

“Esattamente non lo so. Ma Pierre de Boucle, un cavaliere che, come me era sfuggito alla cattura, durante la fuga verso il sud della Francia mi ha raccontato la sua versione sul rientro alla Torre del Tempio del Gran Maestro” comincia Henry.

“Ma questo cavaliere perché non è con voi?” chiede con tono incalzante frate Pietro.

“É stato scoperto e catturato a Lione, nonostante avesse tolto dal mantello le nostre insegne, si fosse rasato la barba e tagliato i capelli. É stato vittima di delatori, di cavalieri del Tempio rinnegati” afferma con enfasi Henry.

“Cavalieri rinnegati?” esclama il precettore Giovanni, scandalizzato che confratelli abbiano denunciato altri confratelli per denaro o sete di vendetta.

“Sì, sono cavalieri espulsi per indegnità ma poi reintegrati sotto la pressione del re di Francia o dello stesso papa. Questi per vendicare l’espulsione si sono posti agli ordini di de Nogaret, riferendo nomi, aspetti e quanto altro potesse servire alla loro identificazione. Erano le spie all’interno del Tempio” afferma il cavaliere francese.

Giovanni e Pietro si guardano, vorrebbero dire qualcosa ma preferiscono tacere. Il pensiero, che tra di loro ci fossero delle serpi pronte a iniettare il loro veleno, li raggela. Il templare francese si aspetta una domanda che non viene. Resta in silenzio ma alla fine riprende la narrazione.

“Giunti a Lione, io e Pierre eravamo alla ricerca di un ostello sicuro per la notte. Sfortunatamente lui si è imbattuto in un certo Hugo de Rimbrode, che era in giro per la Francia alla ricerca della dozzina di cavalieri, sfuggiti all’arresto del 13 ottobre. Riconobbe il mio compagno e lo arrestò. Io per mera fortuna sono scampato all’arresto e sono fuggito dalla città” conclude frate Henry.

“Ma come potete provare che anche voi non siete un cavaliere rinnegato?” fa Pietro non convinto della bontà dell’atteggiamento del narratore.

Henry lo guarda storto come se sia un insetto fastidioso. Gioca l’unica carta che possiede: quello di non giurare di essere un cavaliere del Tempio rispettoso della regola dell’ordine.

“Come? Semplicemente non posso. O mi date fiducia oppure me la negate” dice con tono di sfida solenne il templare francese.

“Proseguite nel vostro racconto” lo esorta il precettore Giovanni, che guarda di sbieco Pietro. Come per dire ‘lasciatelo parlare. I commenti e i dubbi usciranno dopo‘.

Il frate stringe le labbra e si avvolge nel mantello ma qualcosa gli suggerisce che il comportamento dell’ultimo arrivato suona falso come un orcio fesso. ‘Perché viene a raccontare tutto questo al Maestro della magione di Bologna?‘ si chiede, interrogando con gli occhi frate Alberto, che stringe le spalle in segno di ignoranza. ‘É verissimo che questa commenda è, insieme a quella romana, la più importante d’Italia. É vero che da noi dipendono tutte quelle poste nel centro nord della penisola italica. Ma questo non giustifica che un cavaliere sfuggito alla cattura abbia affrontato un lungo viaggio, pieno di pericoli in tempi normali, e figuriamoci ora, per finire a Bologna! Non comprendo il senso di tutto questo‘ conclude silenziosamente Pietro.

“Il gran Maestro Jacques de Molay era Poitiers per mettere a punto il ‘passagium’ ovvero la nuova crociata in Terrasanta per liberare il Santo Sepolcro. Pierre de Boucle faceva parte del ristretto gruppo che lo accompagnava da papa Clemente. Mi ha riferito che aveva chiesto al Santo Padre di svolgere un’accurata inchiesta sulle accuse che Guillaume de Nogaret aveva confezionato nei loro confronti” dice frate Henry.

Giovanni alza un sopracciglio di sorpresa, prima di chiedere quali erano le accuse.

“Jacques de Molay è accusato di eresia, blasfemia e sodomia. Con lui tutto il Tempio. Accuse pesanti, non c’è dubbio. Il papa era ammalato e l’inchiesta non sarebbe iniziata prima di metà ottobre. Ma in realtà il gran Maestro è stato arrestato con tutti i cavalieri del Tempio prima che questa fosse iniziata” spiega Henry.

“Ma voi siete sfuggito alla cattura. Dico bene?” domanda il precettore.

“Dite bene, Maestro. Il 13 ottobre eravamo riuniti nella grande sala delle adunanze, quando fummo avvertiti che Guillaume de Nogaret con cento soldati avevano fatto irruzione nella Torre del Tempio. Il gran Maestro preparò un certo numero di messaggi che affidò a una mezza dozzina di noi, affinché avvertissimo le altre commende fuori dalla Francia dei gravi pericoli incombenti” risponde con calma Henry.

Pietro adesso è più attento. Intuisce che il frate sta per effettuare un coup de théâtre. Forse dopo avrà più chiara la strategia di questo impostore. Si avvicina a Alberto degli Arienti e gli sussurra qualcosa. Lui annuisce per conferma.

“Dunque voi siete latore di un messaggio del gran Maestro, Jacques de Molay?” domanda basito Giovanni.

“Sì” risponde mentre estrae da un giustacuore un piccola pergamena, che allunga al precettore.

“Mentre il nostro Maestro Giovanni legge la lettera, vi accompagno nel refettorio per rifocillarsi un po’” dice a sorpresa frate Alberto, prendendolo per un gomito e trascinandolo fuori dalla cella.

Il precettore non dice nulla. Tiene in mano il piccolo rotolo, sigillato con la ceralacca. Osserva il sigillo. É quello del Tempio. Rotondo, con due cavalieri con lo scudo crociato racchiuso dalla scritta ‘Sigillum militum Christi‘. Pietro è impaziente di leggere, perché ha la quasi certezza che conterrà la soluzione ai suoi dubbi.

“Maestro, cosa c’è scritto?” domanda Pietro visibilmente curioso.

“Non siate curioso, fratello Pietro. Lo leggeremmo con calma”. Afferrato uno stiletto Giovanni fa saltare il sigillo e srotola la pergamena.

Il latore del presente documento è autorizzato a prelevare denaro e altri oggetti preziosi, che porterà in salvo nella terra di Albione. Jacques de Molay, Gran Maestro dell’ordine del Tempio

Pietro esulta, perché ha finalmente scoperto il gioco del falso messaggero. Giovanni è sconcertato dal messaggio.

“Maestro, ora è tutto chiaro. Questo falso cavaliere vuol depredarci di tutti i nostri averi e di quelli che tanti hanno affidato a noi. Direi di consegnargli dodici bolognini d’argento e qualche oggetto di scarso valore per soddisfare il messaggio. Per quanto lo ritenga un apocrifo” dice Pietro, rimettendo sul tavolo la pergamena.

Il precettore non risponde subito. Medita sul suggerimento del confratello e chiede maggiori spiegazioni.

“Vedete, Maestro. Nessuno affronta un viaggio così lungo e molto pericoloso per portarci un ordine del genere. Ma ancor più ricco di insidie sarà il ritorno con denaro e oggetti preziosi. Rischi del tutto gratuiti se non ci fosse un tornaconto forte. E quello è rappresentato dai nostri beni” afferma con calma Pietro.

Giovanni gioca con la pergamena. Tiene gli occhi chiusi e riflette, combattuto tra il rispettare il messaggio e credere alla logica di fratello Pietro da Bologna. Comprende che la proposta di dodici bolognini d’argento e di qualche oggetto di scarso valore ha un sottofondo di ragionevolezza. Vuole altre spiegazioni.

“Quanto abbiamo in cassa?” domanda per valutare il da farsi.

“Al momento ci sono duemila fiorini d’oro. Mille e cinquecento scudi d’argento. Tremila bolognini d’argento tosati. Gli oggetti non ricordo” risponde Pietro.

“Quindi proponete di mettere in salvo denaro e oggetti in un posto sicuro, che poi provvediamo a recuperare, quando la bufera s’è placcata?” dice Giovanni.

“Sì. Questo è il mio pensiero” afferma risoluto il frate.

Il precettore ragiona e lo trova plausibile.

“Come intendete procedere?” chiede Giovanni, rompendo il mutismo.

“Porterei nelle segrete celle, quanto si trova nella stanza del tesoro. Lasciando lì solo i dodici bolognini e qualche oggetto di poco valore” risponde Pietro.

“Sono d’accordo” dice Giovanni congedando il frate.

Giovanni, rimasto solo, riflette su gli ultimi avvenimenti. La notizia dell’arresto del gran Maestro e di tutti i cavalieri del Tempio in Francia l’ha scosso. Si domanda fino a quando riusciranno a restare liberi. Aveva ascoltato qualche voce che il papa aveva promulgato una bolla contro di loro. Tuttavia finché non l’avesse letta, rimanevano per lui solo parole senza fondamento. Mentre analizza la situazione, Alberto degli Arienti riporta l’ospite al suo cospetto.

“Ho letto il messaggio durante la vostra assenza” comincia frate Giovanni.

Frate Henry si guarda intorno perché c’è qualcosa che non va. Poi comprende. Manca quel frate curioso, di alta statura, che metteva in dubbio ogni sua parola. Si chiede dove sia finito e perché adesso non sia più presente.

Giovanni intuisce che il falso confratello ha notato l’assenza di Pietro da Bologna.

“Fratello Alberto, potete tornare alle vostre occupazioni serali. Rimango io con fratello Henry” dice congedando il frate.

Henry si trova incastrato nell’angolo. Non può chiedere le motivazioni per cui l’altro frate non c’è. Deve fare buon viso a cattiva sorte. Immagina che difficilmente riuscirà ad arraffare qualcosa di sostanzioso. ‘Se non ci fosse stato quell’impiccione, tutto sarebbe filato liscio come l’olio‘ si dice, abbozzando un sorriso.

“Volete prendere possesso del tesoro ora oppure aspettate domani mattina?” domanda il precettore con voce soave.

“Va bene anche domani” risponde Henry, che sa il grosso ormai è stato spostato altrove.

“Allora chiamo il frate guardiano per farvi accompagnare nelle vostra cella”. Giovanni tira una cordicella che risuona nel silenzio della notte incipiente.

Poco dopo un leggero bussare avverte che il guardiano è arrivato.

“Fratello Azzo, vi affido fratello Henry, un nostro confratello giunto dalla lontana Parigi. Lo fate accomodare nella zona riservata agli ospiti” dice il precettore al nuovo arrivato.

Rivolgendosi a Henry, gli augura la buona notte.

dal web
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parte quinta

Grazie Marisa!

Ricevo questo singolare ma apprezzato tag da Marisa Cossu  che ringrazio con affetto per avere pensato a me. Il suo blog merita di essere seguito e conosciuto da chi mi segue per le belle poesie e le splendide immagini ma non solo. Per le riflessioni e il garbato modo di porgersi ai suoi lettori.

Il 23 Aprile è stata la giornata mondiale del libro. Per una volta un evento, che dovrebbe essere il quotidiano per tutti noi, non è stato un invito al consumismo ma alla lettura di un buon libro, a donare a chi non legge un volume per invitarlo a cominciare una nuova vita.

Leggi e Vivi Tag di 25 domande sui libri, dedicato ai blogger che amano la lettura e la scrittura, è stato creato dal blog http://raccontidalpassato.wordpress.com

Completate le motivazioni passiamo a illustrare le regole. Non si vince niente, non si pianta un nuovo gagliardetto ma si legge.

             – Ringraziare il blog che ti ha taggato

             – Citare il blog che ha creato il tag

             – Rispondere alle 25 domande

             – Nominare 5 blog

             – Avvisare i blog che hai taggato

Dunque il ringraziamento c’è stato – spero che sia stato gradito -, ho citato il blog che ha creato il tag. Quindi i primi due adempimenti sono compiuti.

Adesso passiamo alle risposte delle domande.

1) Come scegli i libri da leggere?

Non esiste un criterio preciso. Di certo non seguo le mode del momento. Mi affido a sensazioni, come se il libro reclamasse la mia presenza.

2) Dove compri i libri? Online o in libreria?

Sia in libreria, sia on line. Dipende. Nessuna scelta preordinata o prevalente. Fino a qualche anno fa solo ed esclusivamente in libreria.

3) Aspetti di finire la lettura di un libro prima di acquistarne un altro, oppure hai una scorta?

Sono un acquirente compulsivo. Ne compro in continuazione, anche se poi vado in crisi con lo spazio. Non aspetto la fine di una lettura. Ho in arretrato 400 titoli.

4) Di solito quando leggi?

Una bella domanda che merita una bella risposta che non ho. Leggo quando ho tempo o rubando il tempo ad altre attività.

5) Ti fai influenzare dal numero delle pagine quando compri un libro?

Oddio, un librone di 900 pagine mi spaventa, non lo nego. Però non mi scoraggia.

6) Genere preferito?

Altra domanda da 1000 punti o da un milione di euro. Leggo di tutto.

7) Hai un autore preferito?

Volete fare notte a leggere l’elenco? Spero di no. Ne cito un paio ma non vorrei che gli altri si offendessero. Calvino – di cui ho tutto ma proprio tutto – Cassola e Buzzati. Tolkien – altro completo.

8) Quando è iniziata la tua passione per la lettura?

Vi racconto un anedoto. Dicono – però non ci giuro che corrisponda al vero – che quando avevo tre o quattro anni – qualche anno fa ah!ah! – non mi addormentassi se non avevo letto il Corrierino dei piccoli, rigorosamente capovolto. Tuttavia favole permettendo, ho sempre letto da quando ho imparato a leggere.

9) Presti i libri?

Uhm, che brutta domanda. Diciamo di no. Quei rari che ho prestato non sono più tornati alla base.

10) Leggi un libro alla volta oppure riesci a leggerne diversi insieme?

Riesco a leggerne più di uno contemporaneamente.

11) i tuoi amici / famigliari leggono?

Per i familiari posso rispondere di sì. Per gli amici no.

12) Quanto ci metti a leggere un libro?

Dipende. Se mi piace anche pochi giorni. Se non riesco a gradirlo, possono passare molti mesi. Pochi i romanzi abbandonati.

13) Quando vedi una persona che legge ( ad esempio sui mezzi pubblici ) ti metti immediatamente a sbirciare il titolo del suo libro?

Beh! Un pizzico di curiosità c’è. Sbircio.

14) Se tutti i libri del mondo dovessero essere distrutti e potessi salvarne uno soltanto, quale sarebbe?

Mi dispiacerbbe un sacco

15) Perché ti piace leggere?

Non saprei condensare in poche righe. É la classica domanda da un miliardo di euro. Leggo e basta. Provo soddisfazione nel leggere. Ma in particolare mi fa conoscere altri mondi.

16) Leggi i libri in prestito da amici o dalla biblioteca, o solo libri che possiedi?

Solo quelli che compro. Non presto, quindi per par condicio non chiedo prestiti. Mi piace possedere materialmente il libro.

17) Qual è il libro che non sei mai riuscita a finire?

Se non ricordo male, sono solo 4. Uno è di Jack White – il titolo l’ho rimosso – Gli altri ho rimosso anche l’autore. Quelli che non sono riuscita andare oltre pagina 10? Joyce indistintamente. Ci provo sempre, ma il risultato è identico.

18) Hai mai comprato un libro solo perché aveva una bella copertina, e che cosa ti attrae nella copertina di un libro?

Sì, una volta sola. Il testo non è stato all’altezza della copertina, anche se tutto sommato molte parti mi sono piaciute molto. Titolo ‘Petali di Marta‘ di Cinzia Alibrandi

19) C’è una casa editrice che ami particolarmente, e perché?

Nessuna in particolare, perché troppo spesso i testi non sono curati a dovere.

20) Porti i libri dappertutto ( ad esempio in spiaggia o sui mezzi pubblici) o li tieni al sicuro dentro casa?

Per casa sicuramente. Fuori è raro.

21) Qual è il libro che ti hanno regalato e che hai gradito maggiormente?

Pochi sono i libri che ricevo in regalo. L’ultimo ‘La casa degli spiriti‘ di Isabel Allende da parte di mia figlia.

22) Come scegli un libro da regalare?

Cerco di capire i gusti di chi lo riceverà.

23) La tua libreria è ordinata secondo un criterio o tieni i libri in ordine sparso?

Ci provo ma esauriti gli spazi, vanno a occupare dove capita. Quelli in libreria sono per autori o genere.

24) Quando leggi un libro che ha delle note, le leggi o le salti?

Bah! Dipende. In realtà mi disturbano, perché interrompono la concentrazione nella lettura.

25) Leggi eventuali introduzioni, prefazioni o postfazioni dei libri o le salti?

Di norma no. Perché? Vogliono condizionare la lettura e questo non mi va.

Pant! Pant! Ho finito esausto. Spero che chi mi legge sia più fresco! 😀

Adesso viene il bello. La nomina di 5 blogger. Perché 5 quando tutti quelli che mi leggono sono meritevoli? Quindi un abbraccio ideale per tutti e tutti sono taggati.

MI pare ovvio che virtualmente avverto tutti che sono stati taggati. Chi vuole rispondere è il benvenuto.

Un abbraccio ideale

Una storia così anonima – parte terza

dal web
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Bologna, 28 ottobre 1307, ora prima delle Vigilie, anno secondo di papa Clemente V

Un cavaliere bussa al portone della magione di Strada Maestra. Porta un mantello bianco, che un tempo era candido, da dove si notano ancora i segni di una croce malamente strappata. Sotto s’intravvede un’armatura che appare impolverata e in alcuni punti lacerata.

Un frate socchiude il battente di rovere, mentre un servo illumina con una torcia l’esterno.

“Chi siete?” domanda, ponendo la mano sul pomo della spada che porta sul fianco.

“Sono fratello Henry de Caron e vengo dalla Torre del Tempio di Parigi e porto gravi notizie” risponde con tono affaticato.

“Perché non portate il mantello con le insegne dei Cavalieri del Tempio?” gli chiede, insospettito per l’orario e la mancanza dei segni consueti per riconoscere un confratello.

“É storia lunga e dolorosa. Non posso raccontarla qui fuori. Ci sono orecchie lunghe e gole profonde” replica il cavaliere, che accenna a smontare da cavallo.

“Chi c’è fuori, fratello Azzo?” dice una voce profonda dall’interno della magione.

“Un cavaliere afferma di venire da Parigi, recando gravi notizie, fratello Alberto” risponde il guardiano.

Il nuovo arrivato riflette se dare ospitalità al forestiero. Vista l’ora e il buio ormai netto, la nottata che si preannuncia gelida e l’aspetto di chi ha percorso molte miglia a cavallo, decide che la carità cristiana impone di dare ricovero al bisognoso.

“Fattelo entrare, dopo che ha deposto la spada fuori, accanto al portone” ordina deciso frate Alberto.

“Avete ascoltato, cavaliere?” dice fratello Azzo, poco convinto che la decisione sia quella giusta.

“Sì. Ho deposto l’arma accanto al battente. Il cavallo è sfinito. Avrebbe necessità di ristoro” ribatte il viaggiatore visibilmente sollevato.

“Non preoccupatevi. Presto sarà al sicuro nelle stalle insieme alla vostra spada” dice il guardiano, spalancando il portone, che si richiude rumorosamente alle loro spalle.

“Venite. Vi accompagno dal fratello Giovanni, il nostro precettore” dice Alberto, facendogli un cenno di seguirlo. ‘Così potete riferire la vostra ambasciata”.

Saliti al piano superiore, incrociano frate Pietro da Monte Acuto, che in silenzio si accoda alla coppia. Giunto sulla soglia della cella, frate Alberto degli Arienti fa un cenno al cavaliere di attendere fuori insieme al confratello.

Bussa alla porta e attende qualche attimo prima di entrare. Giovanni, il vecchio precettore della magione, alza gli occhi interrogativi, distogliendoli dalla lettura di una Sacra scrittura. Alberto avanza fino al modesto tavolo, illuminato da una grossa candela.

“Maestro Giovanni, fuori dall’uscio c’è un cavaliere che afferma di essere un nostro confratello della commenda primaria di Parigi, la Torre del Tempio. Porterebbe gravi notizie dalla Francia” dice il frate, attendendo una risposta.

Il precettore resta in silenzio per qualche attimo e accenna col capo che accetta di ricevere il messaggero.

Alberto accenna ai due, che aspettano fuori, di entrare.

Il cavaliere si inginocchia dinnanzi a Giovanni in attesa che il Maestro gli conceda la parola.

“Alzatevi e raccontate quello che avete da dire” fa il precettore.

“Maestro, io sono Henry de Caron, fratello di Raimbaud de Caron, il gran commendatore dell’ordine. Nel novembre dell’anno scorso siamo partiti da Cipro con il gran Maestro, Jacques de Molay, su ordine del nostro amato papa, Clemente V. Siamo stati ricevuti a Poitiers ai primi di maggio. Io facevo parte della ristretta cerchia che ha accompagnato il gran Maestro dal sommo pontefice”.

Giovanni gli fa un cenno di interrompere la narrazione. Non comprende, perché fratello Henry stia facendo questa lunga digressione. Pietro è sempre in silenzio accanto al cavaliere e ascolta con interesse il racconto. Aveva sentito delle voci in tal senso ma aveva dato scarso peso, perché le riteneva pettegolezzi di anime grette e senza rispetto verso il gran Maestro e il papa. Alberto è semplicemente annoiato, vorrebbe che il visitatore andasse al sodo senza lunghi giri di parole per tornare nella sua cella.

“Dunque voi avete visto il nostro Gran Maestro?” chiede frate Giovanni.

“Sì, ma ora è prigioniero nella Torre del Tempio, su ordine di Filippo IV, il Capeto, re di Francia con l’accusa di eresia e sodomia” risponde frate Henry.

Il gelo della cella si solidifica in un blocco di ghiaccio a sentire queste parole.

Frate Pietro è il primo a riprendersi dalla costernazione che la notizia ha generato nei tre monaci. Giurista, esperto in diritto canonico, aveva studiato nella università bolognese, dove aveva incontrato e conosciuto sia Rinaldo da Concorezzo, il vescovo di Ravenna, che Bernard de Got, l’attuale papa Clemente V. Gli sembra un’enormità questa notizia, che arriva per il tramite di un cavaliere, che sostiene di essere un confratello.

“Siete sicuro che il Gran Maestro si trova in stato di detenzione nella commenda parigina?” chiede con voce ferma ma incredula frate Pietro.

“Lo giuro sui Vangeli che, quanto ho detto, corrisponde a verità” ribatte il messaggero, sorpreso che qualcuno metta in dubbio le sue parole. Prima che Pietro possa porgli altre domande, prosegue nelle sue affermazioni.

“Perché dovrei raccontarvi il falso?”.

“Non fate spergiuri o la vostra anima sarà perduta per sempre tra le fiamme dell’Inferno” afferma il precettore Giovanni, attonito e sbigottito che il Gran Maestro sia accusato di reati infamanti.

“Vi prego, proseguite la narrazione” fa Pietro, dando per scontato che stia raccontando il vero. Non ha motivo di dubitare dopo quella reazione veemente.

“Dopo il rientro nella magione, al termine dell’incontro col sua santità, erano circolate molte voci malevoli, che avrebbero messo in apprensione chiunque ma non il nostro Gran Maestro. Lui ha continuato nelle sue normali attività come se non avesse ascoltato nulla”.

“Ma i Cavalieri del Tempio sono sotto la protezione del Santopadre. Il re di Francia ha commesso una grave scorrettezza” lo interrompe Pietro.

“Sì, il re ha ascoltato i suoi consiglieri, tra cui Guillaume Robert, il grande inquisitore di Parigi e non la voce dell’arcivescovo di Narbonne, Gilles Aycelin, che predicava l’attesa” conferma frate Henry.

“Ma il papa Clemente V che ha detto?” chiede Giovanni, che ascolta con attenzione il dialogo tra i due confratelli.

“Nulla. É all’oscuro di tutto o per lo meno lo era” ribatte il messaggero.

“Dicevate che il Gran Maestro ha rifiutato di fuggire e mettersi in salvo. Perché?” chiede frate Pietro da Bologna.

“Una storia lunga. Il 14 settembre nell’abbazia di Maubuisson il re e i suoi consiglieri avevano redatto un documento dove si parlava dell’arresto di tutti i Cavalieri del Tempio in Francia. L’operazione sarebbe stata guidata da Guillaume de Nogaret, che il re ha nominato guardasigilli il 22 dello stesso mese. Il nostro Gran Maestro ha avuto modo di leggere l’ordine ma ha preferito ignorare il documento” spiega frate Henry agli attoniti ascoltatori.

Pietro capisce l’errore del Gran Maestro, che anziché mettere in salvo gli altri cavalieri e se stesso sotto la protezione di Clemente V, ha preferito sfidare il re Capeto per dimostrare la sua superiorità. ‘Ha peccato di onnipotenza ed è stato punito. Così a trascinato nell’inferno molti altri cavalieri‘ riflette il frate senza esternare il proprio pensiero.

“Ma come è avvenuto tutto questo?” domanda Giovanni, che non comprende la portata dell’episodio.

“Il Gran Maestro era rientrato da Poitiers ai primi di ottobre per partecipare alle esequie di Catherine de Courtenay, la moglie di Carlo di Valois il 12 ottobre. Il giorno dopo Nogaret con una squadra di armigeri, guidati da Reginald Frey, ha fatto irruzione nella Torre del Tempio, arrestando quasi tutti i cavalieri che ivi erano residenti” dice Henry ai suoi ascoltatori, attenti a non perdere una sillaba della narrazione.

A Pietro qualcosa non torna. Jacques de Molay era Poitiers ma rientra a Parigi. ‘Perché?’ si domanda ma non lascia albergare il dubbio.

parte quarta

Una storia così anonima – parte seconda

dal web
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Vanessa vive a Bologna in un grazioso trilocale nel centro città. É ancora single nonostante sia una bella ragazza. Non ha trovato ancora l’anima gemella. É uno spirito libero e scoraggia i vari pretendenti col suo carattere per nulla accondiscendente, un po’ ruvido. Ha avuto diverse storie ma nulla di importante. Laureata in filologia, svolge piccoli lavoretti senza un’occupazione fissa e dà qualche ripetizione ad alunni svogliati e poco predisposti allo studio. Questo le permette di sopravvivere senza l’aiuto dei genitori, anche perché ha ereditato dalla nonna materna l’appartamento dove vive, che loro hanno rimesso in ordine. L’edificio è un vecchio palazzo dell’ottocento, ristrutturato e messo a norma. La nonna, oltre alla casa, le ha lasciato un po’ di liquido, che utilizza con parsimonia.

Conosce Luca dai tempi delle medie, quando viveva a Ferrara. Si sono tenuti sempre in contatto e si sono frequentati, quando lui ha studiato a Bologna a Ingegneria. Laureatosi più o meno nello stesso periodo, la loro amicizia è diventata sempre più salda. Tra loro non è mai scattata la scintilla dell’innamoramento ma semplicemente la complicità nel finire in situazioni a volte sgradevoli e pericolose. L’ultima volta secondo lei si è superato il livello di guardia e per questo ha detto ‘basta‘.

É a letto col suo ragazzo, quando sente vibrare lo smartphone.

“Chi è che rompe?” dice Franz infastidito, interrompendo la loro intimità.

“Non lo so” ribatte Vanessa, ignorando le proteste del compagno. Ha visto benissimo chi la sta chiamando.

“Chiudi e non rispondere” fa il ragazzo, tentando di strapparle il telefono.

“No. Sento chi è” afferma con una punta di fastidio.

La ragazza apre la comunicazione, sistemandosi più comodamente.

“Sgrrr” grugnisce al saluto di Luca.

“Disturbo?” le chiede l’amico.

“Sì!” replica secca.

Luca rimane in silenzio e riflette. ‘Se disturbo perché ha risposto anziché far scattare la segreteria?’

“Te lo ho detto di non rispondere”. Sente una voce maschile dal inconfondibile cadenza bolognese, che sta rimproverando Vanessa. Luca non comprende perché l’amica, che evidentemente è in dolce compagnia, abbia risposto alla sua chiamata.

“Tu non intrometterti su quello che devo o non devo fare. Chiaro?”

‘Più esplicito di così si muore!’ pensa Luca.

“Non sono il tuo zerbino” replica Franz infastidito e alterato nella voce.

“Se non ti va, puoi uscire dal letto e andartene. Della mia vita dispongo io e non accetto prediche!” esclama infuriata la ragazza.

‘Diamine! Lo mette alla porta senza tante perifrasi’ ridacchia Luca. Vorrebbe dire qualcosa per chiudere la conversazione, quando ascolta il rumore secco di uno schiaffo. ‘Lei o lui?’ si domanda.

Risposta immediata. “Non ci provare una seconda volta! E adesso smamma! Togliti dai coglioni e non farti più vedere!” Ascolta la voce infuriata di Vanessa, che soffia come un gatto inferocito.

‘Amico, ti dò un consiglio. Ascolta il suggerimento, se vuoi tornare integro a casa! Tu non la conosci bene. Quando è in queste condizioni, conviene girarci al largo’ riflette Luca, che continua a ridere silenziosamente. Il ragazzo ode dei rumori e qualche parola non perfettamente percettibile. Il rumore di una porta che si chiude fragorosamente è l’ultimo suono percepito.

“Disturbo?” azzarda a chiedere a Vanessa.

“Disturbi? Certamente!” dice con la voce incollerita la ragazza.

“Per caso eri a letto?”

“Si dice di sì”.

“Uhm! Mi dispiace. Posso chiamarti anche domani mattina” replica con tono falsamente dispiaciuto Luca.

“Non farmeli girare anche tu! Che vuoi?” fa Vanessa, venendo al sodo.

“Uhm! Non so da dove cominciare” afferma l’amico, che cerca le parole giuste per introdurre il discorso.

“Senti, bel tomo! Ero a letto che facevo all’amore. Mi hai interrotto sul più bello. Ho litigato con Franz. E tu mi proponi degli indovinelli? Fuori il rospo. Ormai la voglia di sesso è passata. Dormire non se ne parla. Quindi parla e in fretta!” dice tutto d’un fiato la ragazza.

“Ecco. Ho trovato una storia interessante in un manoscritto del settecento…”.

“Alt! Non voglio essere coinvolta nei tuoi casini. Mi è stato sufficiente quel volume del seicento” lo interrompe bruscamente Vanessa.

“Ma Van…”.

“Ricordi quel che ti ho detto?”

“Certamente ma è tutto diverso” si schernisce Luca.

“Perché?”

“In primis il volume non ce l’ho materialmente. É in biblioteca a Ferrara” fa Luca, rinfrancato.

“E mi telefoni all’una di notte per dirmi questo?” esclama basita Vanessa.

“Veramente ho il testo trascritto nel mio PC”.

“E allora?” dice la ragazza con voce più addolcita.

“Chiedo se mi puoi dare una mano a leggerlo correttamente”.

“E mi rompi le scatole a quest’ora?”

“Non pensavo che stavi…” si ferma prudentemente Luca, prima di aggiungere qualche parola di troppo. Infuriata com’è, è più prudente non innervosirla ulteriormente.

“Devo mandarti un messaggio, pregandoti di non disturbarmi, mentre faccio all’amore? Sul tipo ‘Ripassa fra cinque minuti, quando sono venuta‘?”

“No, non volevo dire questo!” Luca sta in silenzio per qualche attimo e, prima che Vanessa risponda, riprende a parlare. “Ti chiedo se sei libera domani. Prendo con me il PC e lo leggiamo insieme”.

La ragazza riflette. Di dormire non se ne parla. Aspettare fino a domani neppure. La curiosità ha cancellato rabbia e nervosismo. Meglio battere il ferro quando è caldo. Gli lancia una proposta.

“Vengo io o vieni tu?” dice, lasciando intendere che se si muove Luca è meglio.

Il ragazzo intuisce che è meglio il ‘vieni tu‘. É già vestito. Basta prendere la macchina e in meno di quaranta minuti è a casa di Vanessa.

“Vengo io” replica pronto.

“Ciao” dice la ragazza, chiudendo la comunicazione.

Scende dal letto e cerca qualcosa da mettersi. In pratica non indossa nulla. Il resto lo aveva tolto, quando era arrivato Franz. Infila gli slip, una felpa e i pantaloni della tuta. Accende il riscaldamento, perché la casa si è raffreddata. Si rischia di congelarsi. A febbraio le notti sono ancora rigide. Prepara sul fuoco la moka, che accenderà all’arrivo di Luca. Apre il frigo e controlla, se c’è qualcosa da mangiucchiare durante la notte, che si preannuncia lunga e intrigante.

Nell’attesa accende la televisione. A quell’ora ci sono solo programmi hot o repliche della giornata. Fa zapping da un canale all’altro un po’ annoiata, scartando le tv che trasmettono film a luci rosse. Ripensa alla voglia di fare un po’ di sesso e di come è finita. Sarebbe solo un’inutile tortura.

É immersa in questi pensieri, quando sente squillare il campanello di casa. ‘É volato l’uomo!’ si dice osservando nello schermo del videocitofono il bel viso di Luca.

Un pensiero lussurioso si affaccia impertinente, che scaccia senza pentimenti. ‘Sarebbe incesto’ si dice, mentre lo apre.

É all’ingresso, quando lo vede comparire trafelato dalle scale.

“Ciao, bellissima”. Due casti baci sulle guance suggellano l’incontro.

“Ciao” fa senza ricambiare i baci. Il pensiero di finire a letto con Luca la sfiora ancora. É un ragazzo dal viso simpatico, gentile e premuroso. Molto di più di quella manica di uomini che le ronzano intorno, che hanno solo un’idea fissa: scoparla. ‘Van, non pensarlo più! Luca è tuo fratello e sarebbe incesto se vai a letto con lui’ pensa, mentre gli prende la mano per accompagnarlo in sala.

“Ti va un caffè?” gli chiede,

“Ottima idea!” risponde Luca, che si muove come se fosse a casa sua. Collega alla rete il PC. Si sistema sul tavolo con le stampe dei documenti, che ha ottenuto.

“Ho preparato qualche tramezzino, se per caso ci viene fame” dice Vanessa, che tiene in mano un vassoio.

“Quasi quasi ti sposerei!” esclama allegro il ragazzo.

“Guarda a come parli! Posso prenderti in parola!” replica divertita la ragazza, ponendo i piatti sul tavolo.

“Domani mattina vado in comune per le pubblicazioni” afferma serio Luca.

Vanessa lo stringe con affetto e lo bacia con trasporto. Un brivido corre tra le gambe.

“Dicevi che hai trovato dei documenti interessanti?” dice la ragazza, sedendosi accanto, per scacciare i pensieri lussuriosi che non l’hanno abbandonata.

“Sì ma non ci ho capito molto” dichiara Luca, assumendo un tono serio e compunto. Si sistema sulla sedia, scostandosi dal corpo di Vanessa. Certe tentazioni possono essere pericolose.

‘Sciocco! Se ci provi, l’incesto sarebbe consumato’ riflette la ragazza, mentre legge il documento.

“Mentre leggi, vado a recuperare il caffè” e in un attimo sparisce in cucina.

Vanessa si immerge nella lettura, mentre i pensieri arrapati svaniscono e si nascondono in un angolo. Luca dopo poco compare con due tazze che fumano e odorano di buon caffè. In silenzio le deposita sul tavolo. Non vuole togliere la concentrazione alla ragazza.

“Uhm!” Vanessa sorseggia il caffè e mostra interesse a quello che legge. “Si direbbe che sia una cronaca vecchia. Dei primi del trecento e per di più si svolge qui, a Bologna” dice, senza alzare il viso dai fogli.

“Sì. In strada Maestra. Sai dov’è?” chiede Luca, mentre beve il suo caffè.

“Certamente! Era il vecchio nome di Strada Maggiore”.

“Sarei curioso di vedere di persona il palazzo” dice il ragazzo.

“Ho l’impressione che vedresti poco e male. La via è un enorme cantiere per la nuova tramvia. Dubito che riusciresti ad arrivarci. Forse fra qualche settimana, ma oggi proprio no” asserisce Vanessa senza staccare gli occhi dal documento.

“Hai capito di cosa si tratta?” le chiede Luca.

“In linea di massima sì. É una storia che inizia nel dicembre del 1307 e che arriva al 1313”.

“Bene. La leggiamo insieme?”

“Va bene” dice Vanessa.

Parte terza

Una storia così anonima – parte prima

dal sito del comune di Ferrara
dal sito del comune di Ferrara

Ferrara, 20 febbraio 2015 – Palazzo Paradiso

Luca sta percorrendo Via Mazzini in una giornata dai contorni grigiastri: né calda né fredda è la temperatura. Lo spolverino è rimasto nell’armadio. Indossa solo un completo pesante scuro e nient’altro a differenza degli altri passanti ben infagottati. É assorto nei suoi pensieri. A corto di idee spera di trovare uno spunto interessante, visitando la Biblioteca Ariostea. Gli piace scrivere delle storie da pubblicare sul suo blog. La fantasia non gli fa difetto ma da qualche tempo sembra affetto dalla sindrome del foglio bianco. Ha provato a cercare nel suo PC qualche traccia utilizzabile o un qualsiasi incipit che potesse dare il là a un nuovo racconto. Tutto inutile. Le idee sono sparite, dissolte, mentre lui non è riuscito a mettere in piedi qualcosa che potesse essere uno straccio di trama.

Cammina di passo svelto: tra qualche minuto la biblioteca apre e lui potrà dedicarsi alla ricerca di qualcosa che gli possa dare la spinta per iniziare una nuova storia.

‘Cosa?’ si domanda, parlando fra sé. ‘Non ho la più pallida cognizione da dove cominciare’.

Scuote la testa, non si accorge degli sguardi incuriositi dei passanti che lo incrociano. É teso, concentrato su se stesso. Cammina come un automa, caricato a molla. Non ama darsi per vinto.

Arrivato all’ingresso di Palazzo Paradiso, che ospita la biblioteca, la trova ancora chiusa. Consulta l’orologio. Mancano pochi minuti. Si osserva intorno e nota alcune ragazze che come lui aspettano l’apertura. Chiacchierano sottovoce. Non è in grado di captare cosa si dicono, salvo poche frasi smozzicate.

Chissà cosa cercano. Forse sono studentesse che stanno preparando la tesi di laurea‘ si dice, alternando il peso del corpo da una gamba all’altra.

Poi il numero delle persone in attesa cresce, mentre perde di vista quelle che erano di fianco a lui, fino a qualche istante prima. Si apre il portone e quella piccola folla sciama all’interno, sistemandosi disordinatamente.

Si guarda in giro. Non vede nulla di interessante. Lentamente va verso la sala dei manoscritti antichi.

‘Forse lì, trovo qualcosa di interessante’. Passa in rassegna qualche titolo. L’occhio cade su un volume in cuoio rosso con descrizioni dorate. ‘Chronicae’ legge. In piccolo vede dei numeri romani «MDCCXIV». Prende nota mentale dei codici per chiederne la lettura.

‘Oggi è venerdì. Mi devo sbrigare perché alle 13 e 30 si chiude’ riflette, mentre in silenzio si avvia per la richiesta.

Si sistema nella sala di lettura nell’attesa di vedere il volume. Controlla se ha tutto: il piccolo scanner manuale per i libri, lo smartphone. Sa che non sarebbe possibile usarli ma spera nella buona stella. ‘Con un pizzico di fortuna e un po’ di faccia tosta, forse ce la faccio a ricavare qualche pagina, se le trovo interessanti’ si dice, mentre un inserviente gli consegna il libro.

“Faccia attenzione” gli suggerisce.

“Sarò attentissimo”. Luca gli dispensa un gran sorriso.

L’autore è anonimo, inizio settecento. Il testo pare scritto in un italiano ubriaco. Consulta l’indice. «Mutinae chronicae» è la prima parte del volume. Lo sfoglia. Nulla di particolare. La solita disfida della secchia rapita tra i modenesi e i bolognesi, cronache del ducato estense di Modena. Niente di particolare e nemmeno qualche spunto di interesse. Passa alla seconda parte «Bonomiae chronicae». Incomincia con la storia del tempio di Osiride, dove poi è sorta la chiesa di Santo Stefano. Legge con curiosità in un italiano approssimativo. La conosce in parte. Ha letto qualcosa in merito. Niente che possa essere usato per costruire una storia, al massimo un breve post. Sfoglia con calma le pagine, finché non si ferma. Il titolo è promettente. «Tesauri de Militiae Templi». Un campanello di allarme si attiva nella sua testa. Luca si osserva intorno. Una ragazza all’altra estremità del lungo tavolo che pare concentrata nel prendere appunti. Nessun altro nella stanza.

‘Perfetto. Se ravviso la necessità di qualche foto o scanner di pagine, è una situazione ideale’ si dice con un bel sorriso. Osserva l’ora. ‘Sono le undici. Due ore abbondanti di tempo’ riflette, prestando attenzione alla lettura della storia.

‘Non sono molte una dozzina o poco più. Nel giro di una decina di minuti posso compiere l’operazione fotocopia’ si dice, mentre estrae lo scanner portatile dalla tasca interna della giacca.

Passa con cautela lo strumento sulla pagina. Sa, per esperienza, che deve procedere lentamente con mano ferma e senza movimenti bruschi, tenendo lo strumento sempre allineato alla riga. Ha ormai una certa pratica. A operazione conclusa si otterrà un’immagine della pagina, che poi analizzerà con un software OCR. Ripete la manovra sulle altre. Riposto il piccolo oggetto nella tasca interna della giacca. Prende lo smartphone e fotografa tutte le pagine. Se la riproduzione dello scanner non è perfetta, si può far aiutare delle immagini. Sono le dodici, quando completa la doppia operazione. Prova a leggere ma trova le parole oscure. L’anonimo ha trascritto un documento coevo del trecento, scritto in latino e lo ha elaborato sotto forma di storia. Ne ha ricavato una specie di thriller medievale in un linguaggio misto di parole latine e italiane, un po’ ridicole. Il senso tuttavia appare chiaro: si parla di come i templari abbiano posto in salvo il loro tesoro. La cronaca successiva è relativa al seicento e tratta ancora di questo mitico tesoro che è ricercato da un monaco domenicano. Frate Bartolomeo, questo è il suo nome, lo vuole rintracciare per restituirlo al Papa. Non ne capisce molto, perché appare ingarbugliata la storia tra citazioni latine e parole italiane. Gli sembra di intuire che la ricerca sia stata un flop.

Luca decide di fotocopiare anche questo documento, perché potrebbe dargli qualche buono spunto.

‘Come non lo so. Però si può ricavare qualcosa di buono. Se sono svelto, ce la faccio’ si dice, cominciando a fotografare pagina dopo pagina prima col telefono poi con lo scanner.

Sono le tredici, quando si alza per riconsegnare il volume. Ha preso nota di titolo e codice, qualora dovesse consultarlo nei prossimi giorni.

Arrivato a casa, scarica sul PC tutto il materiale per esaminarlo. Mette un piatto con qualcosa di commestibile di fianco e comincia a lavorare. Attiva il software OCR per trasformarlo in un documento, leggibile con OpenOffice.

Ovviamente, come ha previsto, gli errori si sprecano. Le foto con lo smartphone l’aiutano nella trascrizione corretta del testo.

É già buio, quando finisce di sistemare tutto. Lo stomaco reclama qualcosa, perché il pranzo è stato alquanto modesto.

Dopo cena comincia a leggere il documento ottenuto, che gli appare oscuro. Il suo latinorum è alquanto scarso e molte parole italiane sono ben lontane da quelle attuali. Prova a prendere appunti, mettere in fila gli avvenimenti ma si ritrova a mezzanotte con un testo che gli appare ancora più criptico di quando aveva cominciato.

“Qui serve Vanessa!” esclama deciso, mentre si alza per migliorare la circolazione del sangue. Salvo una breve interruzione sono quasi dieci ore che è seduto davanti al PC.

Vanessa è l’amica di Bologna, che si è laureata in filologia. Ama il mondo medievale e tutte le sue implicazioni. L’ultima volta che ha avuto a che fare con lei sono volati fuori dalla finestra gli stracci con la canonica frase ‘con te ho chiuso! Non azzardarti di chiamarmi ancora‘. Glielo aveva detto chiaramente sul muso prima di lasciarsi.

“In effetti non aveva tutti i torti per arrabbiarsi con me!” esclama, mentre cammina nervoso in mansarda. “C’è mancato un pelo per non finire dietro le sbarre!” prosegue, sorridendo.

Ricorda nitidamente l’episodio. ‘Avevo sottratto un libro antico dalla biblioteca di un conoscente e avevo finto che fosse mio. Quel fetente ci denunciò per furto. I carabinieri perquisirono le nostre abitazioni senza trovarlo, perché fortunosamente ero riuscito a rimetterlo a posto con la complicità della figlia. Che sia benedetta! Ovviamente la denuncia finì nel nulla ma Vanessa s’infuriò come un toro davanti al drappo rosso. Come darle torto!’ si dice nel rammentare quell’episodio.

Scaccia tutti i dubbi. “La sua abilità nel leggere correttamente tra le righe dei testi antichi è veramente superba! Non posso rinunciare alla sua preziosa opera” conclude, formando il suo numero.

“Dai, rispondi” fa, mentre sente i segnali di libero. Si sta rassegnando a chiudere la comunicazione prima dello scattare della segreteria, quando finalmente sente aprire la conversazione.

“Ciao, Vanessa. Sono Luca”.

“Sgrrr” è l’unico suono che percepisce. Un grugnito più animalesco che umano.

“Disturbo?”

“Sì!”.

parte seconda

Due acrostici per ingannare l’attesa

Eccomi con altri due acrostici, pubblicati su twitter.

Forse sono gli ultimi che userò per ingannare l’attesa di avviare il nuovo progetto, che sta muovendo i primi timidi passi.

Il primo è GAIA senza D

dal web
dal web

 

Gioia nel cuore è
Amore verso una nuova vita che cresce,
Intenso si sviluppa il sentimento
Anche nel web

 

Il secondo è COLPA senza I

Coloro, che contemplano e

Osservano la luna,

Lontano gettano lo sguardo

Per catturare

Aura e sogno.

 

 

Due acrostici per ingannare l'attesa

Eccomi con altri due acrostici, pubblicati su twitter.
Forse sono gli ultimi che userò per ingannare l’attesa di avviare il nuovo progetto, che sta muovendo i primi timidi passi.
Il primo è GAIA senza D

dal web
dal web

 
Gioia nel cuore è
Amore verso una nuova vita che cresce,
Intenso si sviluppa il sentimento
Anche nel web
 
Il secondo è COLPA senza I
Coloro, che contemplano e
Osservano la luna,
Lontano gettano lo sguardo
Per catturare
Aura e sogno.