Trovate la figurina con la C

Questo post è la copia di quello pubblicato su Caffè Letterario.

Clara ritorna dall’ufficio sfinita. Dieci ore d’inferno e il bus che la riporta a Venusia pieno. Ha dovuto aspettare le due corse successive per poter salire. Tutti col loro green pass in mano e lei a sbuffare perché vorrebbe essere già nel suo bilocale in Via del Verde, alla periferia ovest di Venusia.

“Mi devo decidere. Non ne posso più di questa vita da pendolare specialmente in tempo di pandemia. Green Pass, distanziamento, mascherine e code interminabili per i controlli”. Tuttavia l’idea di abbandonare Venusia per Ludi, il capoluogo di provincia di Ludiland, non l’attira per nulla. Lei è nata in casa come tutti gli abitanti di Venusia, anziché all’ospedale come i ludensi. I venusiani odiano quel mondo odoroso di disinfettante e preferiscono nascere tra le quattro mura amiche con l’aiuto dei vicini di casa. Clara non ha fatto l’eccezione.

Venusia è per lei, come per tutti i suoi abitanti, un mondo fantastico, unico e non copiabile.

Oggi è stato peggio degli altri giorni. Mister Tai-no, un malese piccolo ed esile, l’ha tediata con mille incombenze, perché Monica era assente con un fantomatico mal di pancia. “Altro che mal di pancia” ha pensato quando ha letto il biglietto sulla sua scrivania con la grafia tremolante di Mister Tai-no. ‘Monica non c’è. Male al pancino. Forse domani. Non so’. Clara ha sogghignato. “Pancino? Pancione!”.

In effetti Monica è tutt’altro che mingherlina. Il giro vita pare un monumento all’obeso. “Credo che faccia fatica a vedere la punta dei piedi” ha pensato Clara ridendo di gusto leggendo quel biglietto.

Nella sua testa è rimbombato per dieci ore: «Trovate la figurina con la C. È qui tra voi. Trovate la figurina con la C. È qui tra voi…». Per strada, al bar, alla radio e persino sul suo computer. Un martellare continuo, incessante. “Eppure” si disse, lanciando le scarpe sul pavimento appena entrata nel suo bilocale. “Eppure nessuno pareva interessato a questo annuncio. Mister Tai-no la solita sfinge che si materializza come un fantasma accanto alla mia scrivania, col suo italiano bleso mi comanda di andare al bar. Tuttavia non pare fare caso al tormentone”.

È talmente stanca che non ha nemmeno la forza di cuocersi un uovo. Si distende sul divano e chiude gli occhi.

«Trovate la figurina con la C. È qui tra voi».

Clara vede una macchina con l’altoparlante su tettuccio che sta accanto a lei. «Trovate la figurina con la C. È qui tra voi».

L’utilitaria è ferma accanto a lei. Si avvicina al posto di guida per chiedere spiegazioni. Un signore con barba e capelli bianchi tiene in mano un microfono e continua nella sua cantilena. «Trovate la figurina con la C. È qui tra voi».

«Mi scusi» fa Clara bussando con discrezione al vetro. «Perché continua a dire quel ritornello?»

L’uomo scuote il capo in segno di diniego mentre continua nella sua monotona cantilena.

Clara è esasperata. Vorrebbe mettersi dei tappi di gomma nelle orecchie ma non può. Quel tormentone l’ossessiona mentre è in coda per salire sul bus, durante il viaggio e adesso anche a casa sua. Le sembra di impazzire. “Cosa vuol dire?” Non riesce a dare una spiegazione logica eppure rimbomba nella sua mente. Un martello pneumatico.

“La figurina con la C? Quale? Quella dell’album Panini coi giocatori? Non può essere”. Lei non distingue un portiere da un attaccante. Scuote la testa e i capelli rossi ondeggiano qua e là come mossi dal vento.

Si gira e rigira sul divano ma il «Trovate la figurina con la C. È qui tra voi» continua. Vorrebbe dormire ma l’ossessionate e monotono ritornello continua.

C’è un attimo di pace e distende i lineamenti. Il tormentone tace.

«Trovate la figurina con la C. È qui tra voi. In via del Verde a Venusia».

Clara si sveglia di botto e aprendo gli occhi si guarda in giro. C’è già buio. Le giornate di settembre si sono accorciate. Tutto spento. Televisore, radio, computer. «Eppure ho sentito bene» afferma con una punta d’angoscia». Si mette ritta sul divano. I capelli rossi sono bagnati come se fosse stata sotto la doccia.

«Eppure ho sentito bene. Via del Verde a Venusia. Qui abito io».

Va in cerca dell’interruttore ma a piedi scalzi urta qualcosa di duro. Le scappa un’imprecazione volgare mentre saltella su un piede. Raggiunto l’interruttore nel mezzo della stanza vede una scatola di latta. Ha discrete dimensioni e sul coperchio vede una strana figura sbiadita, di un giallo pallido. Parte delle scritte sono in venusiano e parte in una lingua sconosciuta.

Il mignolo destro duole tremendamente e zoppica vistosamente. Si accoccola sui talloni per esaminare la scatola che le ha prodotto tutto dolore. Solleva il coperchio e … spavento. Uno strano pupazzo a forma di jolly esce sospinto da una molla. «Trovate la figurina con la C. È davanti a voi. In via del Verde a Venusia. Vi sta guardando!»

Clara fa un balzo all’indietro andando a sbattere con la schiena nel mobile basso alle sue spalle.

Il pupazzo dondolante ripete: «Trovate la figurina con la C. È davanti a voi. In via del Verde a Venusia. Vi sta guardando!»

Clara si avvicina alla scatola da dove sono uscite decine di figurine colorate e un po’ malconce. Bordi rovinati, pieghe e scritte sul retro. Ne prende una in mano. Una ragazzina vestita con foggia strana. Ha un sussulto. Il viso le assomiglia in modo incredibile. Sembra una vecchia fotografia di quando aveva dieci anni. Nell’angolo superiore a sinistra c’è una bella C e in basso a destra campeggia Clara. La lascia cadere come se scottasse e poi la raccoglie. Si è dimenticata del pupazzo che ripete «Ha trovato la figurina con la C. È davanti voi. In via del Verde a Venusia. Vi sta guardando!»

Sente bussare alla porta. Non aspetta nessuno ma apre lo stesso.

«Buon compleanno Clara!»

Nuova pubblicazione

Sfidando la cabala – oggi è venerdì 17 – da oggi è disponibile su Amazon.it una mia nuova pubblicazione.

Lo potrete trovare in formato ebook – € 3,99 o gratis con Kindle select – oppure in forma cartacea -€ 7,80.

Casa non è? Un romanzo.

Cosa è? Una raccolta di racconti.

Lo so che non attirano ma io sono narciso.

gioco del lunedì. Pangrama

Nuovo lunedì, nuovo gioco proposto da Elettasenso. Pangramma. Scrivere qualcosa con parole in modo che siano usate almeno una volta tutte le lettere dell’alfabeto.

Limite: sia il più breve possibile.

ecco la mia proposta

Accento breve con decisione. Fa Giulio: hai indovinato jack e kappa. La migliore notte oltre qualunque risultato, sai Turoldo, un vuoto. Ics Ypsilon! Zac!

Bella serata

Càscara ovvero un affresco di vita

È inusuale che faccia recensione di quello che leggo sul blog. Come tutte le regole ci sono eccezioni e questa è una di quelle.

Càscara è un minuscolo puntino della Sicilia e qui è ambientato il nuovo romanzo di Elena Ferro. È un viaggio nella memoria di Michele, uno dei tanti siciliani saliti al nord nella speranza di trovare quello che il luogo d’origine non fornisce. Nel contempo è anche un affresco di uno spicchio di mondo rurale di una Sicilia che forse non c’è più. È un racconto corale a più voci: Michele, un ragazzino diverso dagli altri, Alice, la maestra caparbia che difende il diritto allo studio nei piccoli paesi, Justicio, l’emigrato di poche parole che ama il mare, Filomena, la madre di Michele che dopo anni di soprusi trova l’orgoglio di ribellarsi al marito. Oltre queste voci ce ne sono molte altre.

Non faccio spoiler del romanzo perché lascio a chi lo volesse leggere di scoprire pagina dopo pagina la storia di questo paese, Càscara, e dei suoi abitanti e in particolare delle sue donne.

È una lettura piacevole per lo stile sobrio ma incisivo di Elena Ferro dove troverete molti pensieri simili a quello che vi trascrivo.

«Solitudine è come bussare a una porta chiusa. Io ho smesso da tempo.»

Merita veramente di essere letto. Sono convinto che avrà un bel successo.

Ultima annotazione.

Splendida è la copertina, uscita dal genio creativo di Simona Fabiani. Non è un graphic designer di professione ma potrebbe diventarlo visto che è anche l’autrice della copertina del mio romanzo Una avventura- sulle tracce di Pietro da Bologna, di cui sono molto soddisfatto.

Libertà ovvero la seconda parte.

Per chi si è perso la prima parte la trova qui.

Sperando che vi siano piaciuti proseguo nella presentazione degli aforismi sul tema del festival della filosofia che si terrà a Modena il 17, 18 e 20 settembre.

Il tema è sicuramente affascinante come il ricco programma di questi tre giorni.

In queste parole di Voltaire mi riconosco e credo anche molti di voi. Volontà, ovvero volere, è un desiderio che può rimanere inespresso. Pare ovvio che solo se sei in grado di compiere le azioni che la tua mente ti comanda sarai libero. Spesso, se non sempre, siamo ingabbiati entro degli schemi che condizionano le nostre azioni. In apparenza ci sentiamo liberi di agire ma in realtà sono gli altri a scegliere le nostre azioni.

Questo farà contento Marco Freccero che stravede per i russi e in particolare Dostoevskij.

Scritto oltre cento quarant’anni fa pare uscito dalle penne di questi giorni. In Afganistan si è creduto di portare la libertà ma in realtà non è stato così, perché hanno capito che nessuno era libero.

Si pensa di portare col progresso la libertà, in realtà chi comanda sono gli interessi economici che annullano questo concetto.

È vero, si confonde una scelta obbligata col concetto di libertà. Il semplice pensiero di compiere una scelta obbligata annulla il libero arbitrio delle persone a scegliere. Anche la non scelta è un atto libero. Pare un paradosso ma è una verità. Il treno non è libero dove vuole ma è obbligato a muoversi sulle rotaie. Un animale che è costretto a stare in una riserva non è libero di muoversi dove vuole. Questo è il concetto di Adorno di libertà.

In effetti Diderot, in maniera provocatoria afferma una verità. Verità e libertà sono due concetti astratti creati dagli uomini per giustificare le loro azioni. Siamo veramente liberi o fingiamo di esserlo? Crediamo di essere liberi ma in definitiva non lo siamo, perché la nostra mente è condizionata da quello che gli altri ci hanno inculcato. Poi a nostra volta lo faremo, secondo la nostra visione, sui nostri figli e così si andrà avanti.

Quelli che ho pubblicato sono un piccolo campione di questa carrellata di aforismi sul concetto libertà visto attraverso il sentire di personalità celebri. Ognuno di noi può riconoscersi in questi aforismi oppure no. In questi giorni ci sentiamo liberi oppure no? È chiaro che mi riferisco al dibattito sul vaccino obbligatorio. Pare evidente che nel momento in cui ho una scelta obbligata non sarò libero e quindi questa parola è vuota. Ancora il dover scegliere vaccino sì – vaccino no non dà la sensazione di essere liberi ma equivale a una scelta obbligata tra il bianco e il nero. Il vero concetto di libertà in questo caso, secondo me, è una decisione priva di condizionamenti ovvero una scelta consapevole tra i due possibilità.

Adesso è il tempo che esprima cosa penso del concetto libertà. Come avete intuito per me la libertà è quello di agire seguendo l’istinto. Niente scelte ma solo azioni. È un pensiero anarchico o asociale ma il senso della libertà sta proprio lì.

Libertà

festivalfiolosofia 2017 sulle Arti.
foto © Serena Campanini e Elisabetta Baracchi

Il 17, 18 e 19 settembre si celebra l’annuale Festival della Filosofia. Non lasciatevi ingannare che sia roba noiosa perché riesce a prendere proprio tutti. In questi tre giorni Modena, Carpi e Sassuolo cambiano faccia. Loro sono sempre uguali ma la folla che segue gli eventi sono un festante coro che anima questi tre luoghi. Mi manca da quando ho lasciato Modena. Mi manca la folla vociante ma composta che ascolta gli argomenti dell’anno.

I primi anni c’era una simpatica usanza discutere slow sul treno che collega Modena a Carpi e a Sassuolo. Una maniera originale per avvicinare giovani e meno giovani a discutere con pacatezza del tema dell’anno. Negli ultimi due anni, complice la pandemia, questo modo inusuale di mettere a diretto contatto le persone col relatore non è stato attuato. Chissà nei prossimi anni.

Come ogni festival degno di questo nome o evento culturale intelligente – vedi Internazionale a Ferrara che si terrà 1, 2 e 3 ottobre ma ne parlerò prossimamente – ha un filo conduttore che anima incontri e dibattiti. Quello del 2021 è libertà. Parola grossa dai molti risvolti su cui si confrontano relatori e pubblico. Quello che è incredibile, ma non troppo, è l’attiva partecipazioni di tantissimi giovani. Questo dimostra che non tutti hanno il cervello in pappa coi vari social.

Prima di spiegare il mio concetto di libertà, voglio parlare dei vari poster che si trovano in ogni angolo: contengono aforismi relativi alla parola libertà. Io ne ho letti alcuni mentre ero a Modena in questi giorni.

Ve ne propongono qualcuno. Per chi fosse curioso di leggerli tutti li troverà qui.

Questo per me è un’autentica perla perché in poche parole centra il concetto di libertà. Può sembrare strano accostare libertà alla passione ma in realtà non lo è. Quando le nostre passioni rimangono inespresse, allora noi rimaniamo vincolati i tabù, a stereotipi, siamo condizionati da mille paure e di conseguenza non siamo liberi di esprimere i nostri pensieri come individui.

Altro pensiero davvero alto. Noi tutti pensiamo di essere liberi, in realtà lo sono solo quelli che, dopo aver visto i loro sforzi annullarsi, capisce che non è un uomo libero. Può sembrare un paradosso ma non troppo. Se riesce a percepire che i suoi sforzi sono senza esito, capisce anche il valore della parola libertà.

Anche questa è una verità. Per l’uomo essere libero significa fare un salto nel buio e questo li atterrisce preferendo rimanere nel gregge e farsi guidare da qualcuno. Essere libero significa assumersi le responsabilità delle proprie azioni, mentre è più comodo delegare ad altri questo compito.

[Continua]

Settembre e si ricomincia.


Foto di Nataliya Vaitkevich da Pexels

 

 

 

 

 

 

 

Mancano due giorni a settembre ma Elettasenso ci propone come promesso il gioco del lunedì.

Un acrostico imperniato sul nome del mese.

Sarà come ti amo,

Eva mia.

Tra le tue braccia

Tengo il tuo calore.

Eravamo innamorati

Ma la follia del mondo

Bruciò il nostro amore.

Ricordi, e solo quelli,

Evanescenti fantasmi.

Back to school

© Fred Goldstein | Dreamstime.com

Gelsomina si vergognava del suo nome e si faceva chiamare Jasmine con un pizzico di esotismo esterofilo.

Era una bella bambina, anzi ormai una ragazza di tredici anni dalla carnagione creola come se fosse appena tornata dalle vacanze al mare. Un bel dorato che conferiva un alone di mistero sulle sue origini. Se nel primo dopoguerra il tasso di bambini dalla carnagione scura era alto, un motivo c’era. La guerra, le violenze e tanti soldati di colore che chiamavano liberatori. In effetti lo erano ma gli strascichi erano tutt’altro che lievi. Però torniamo a Gelsomina… «Sgrunt!» «Ho capito. Jasmine. Chiedo scusa». Dunque Jasmine era più alta dei coetanei coi capelli nero corvini e due occhioni, veramente grandi, color del ghiaccio. Sì, avete capito bene. Ghiaccio. Sì insomma un ghiaccio un po’ sporco che virava al grigio chiaro.

Jasmine si aggirava fra i banchi del mercatino dell’usato alla ricerca di qualcosa di speciale perché tra una settimana esatta sarebbe ritornata a scuola. Era tutto nuovo: istituto, insegnanti e compagni. Questo la faceva fremere dalla curiosità di conoscere quel nuovo ambiente. La sua aspirazione era diventare ingegnere come il padre. Aveva scelto il liceo scientifico. Indecisa tra il tradizionale e quello di scienze applicate aveva optato per il secondo.

Stava per tornare a casa delusa, perché oltre ai libri in pessime condizioni e talmente vetusti che parevano vintage c’era ben poco di altri oggetti scolastici. Spille con il faccione di Marx, zainetti malmessi e pieni di scritte impossibili da rimuovere, quaderni coi soliti manga giapponesi, matite e altra paccottiglia che non facevano gola.

In un angolo del mercato, quasi nascosto, timoroso di essere visto stava un banchetto poggiato su due cavalletti instabili. Dietro era seduta una giovane donna che pareva più una zingara che altro. Vestiti sgargianti, anelli di varie fogge alle dita, capelli raccolti in un morbido chignon che valorizzava l’ovale del viso dai lineamenti delicati. Sul piano non c’era molta mercanzia come se avesse venduto tutto. Però probabilmente non era vero.

Un sorriso radioso rallegrato da due simpatiche fossette ai lati delle labbra colpirono Jasmine tanto che fu indotta a fermarsi. Quel banchetto era una calamita che attirava a dare un’occhiata alla merce esposta.

Lo sguardo si soffermò su due oggetti veramente singolari perché di fatto introvabili: un set di pennini con un calamaio in vetro lavorato e un diario dalla copertina in pelle con le iscrizioni dorate.

Sfiorò con la mano quel diario dalla copertina rosso cuoio, come si accarezza un bambino, e con ‘Gelsomina 2021’ impressa sul dorso, mentre sul davanti c’era ‘Back to school’.

«Ti piace Gelsomina?»

Queste parole paralizzarono il suo braccio rimasto a mezz’aria. “Come fa a conoscere il mio nome?” Si domandò aggrottando la fronte e sgranando i suoi occhioni color ghiaccio per lo stupore.

«Ti aspettavo Gelsomina per donarti questo diario» riprese con un tono dolce e musicale la donna che non smetteva di sorridere.

Jasmine non osava più toccare quel diario. Pareva scottare. Alzando gli occhi domandò curiosa: «Come conosce il mio nome? Non mi pare che sia una persona conosciuta da me».

La donna sollevò il diario per metterlo nelle sue mani. «Prendi. L’ho fatto preparare per te. Sapevo che oggi saresti venuta».

Jasmine era sempre più in confusione. “Preparato per me? Mi aspettava? Ma chi è?” Un turbine di pensieri e di domande avvolsero la sua mente, mentre teneva in mano il diario. Spostò lo sguardo dalla copertina alla donna ma vide il vuoto, anzi un muro scrostato dal tempo. Della donna, del banchetto non c’era nulla. Svanito. Il mercatino sembrava distante molte centinaia di metri. Mosse gli occhi in circolo ma vedeva solo il muro e la strada alle sue spalle. Però il diario di cuoio rosso con il suo nome in caratteri dorati era sempre nelle sue mani.

Green pass ovvero trappola per topi

Un caso per tre

È un post atipico, inusuale rispetto a quello che scrivo di norma. Chi si annoia a parlare di green pass è esentato dal proseguire la lettura.

Il green pass è un’autentica trappola per topi che creerà seri problemi se non si modifica la natura. È il parto dell’orgasmo vaccinale che ha colpito i nostri governanti. In particolare non è inclusivo ma divisivo perché genera cittadini di serie A e di B. Sembra che le lancette dell’orologio si siano spostate all’indietro di cento anni, quando se non avevi la tessera del partito non potevi fare nulla. Mancano solo le purghe e poi abbiamo fatto bingo.

Anche per me dal venti agosto, al termine dei quattordici giorni dalla seconda dose, è operativo. Dopo mesi di riflessioni e incertezze mi sono vaccinato. Tutti i timori si sono rivelati infondati e non ho accusato il minimo malessere, nemmeno stanchezza o altro. Del green pass non me ne frega nulla e la vaccinazione non l’ho fatta per questo scopo. Anzi. Non lo userò salvo per una emergenza assoluta che al momento non riesco a quantificare. Allo stato attuale la carta sta in una custodia di plastica insieme ai documenti vaccinali. Il qrcode è confinato nell’app IO accessibile solo con lo spid che posso farlo unicamente a casa per il banale motivo che non ricordo la password di primo accesso. Niente credenziali niente accesso. Non ho neppure l’intenzione di ricordarle. Trasferirla tra le immagini? Non ci penso per nulla. Però non era questo l’argomento del post.

Il green pass è un documento a scadenza come patente o carta d’identità. Ha una non piccola differenza: la durata, solo nove mesi. Per chi è guarito dal COVID, mi pare, solo sei mesi. È rinnovabile, credo, con altre dosi di vaccino di cui non si sa nulla. Al momento solo chiacchiere.

Basta fare un piccolo conto e chi si è vaccinato in gennaio dal diciotto ottobre, come qualcuno ha già detto, è scoperto, nel senso che il documento è scaduto. Da quel momento sono a rischio, mi pare d’aver letto, due milioni di persone. Qualcuno può obiettare che a gennaio sono stati vaccinati gli over novanta che del green pass non importa nulla. Purtroppo insieme a loro ci sono operatori sanitari e delle RSA ovvero quelli che possono importare nelle strutture il virus o esportarlo all’esterno. Senza green pass non potrebbero operare in ospedali e RSA. Bel colpo che metterebbe in crisi queste strutture. Corriamo il rischio oppure li vacciniamo di nuovo? Poi Il rinnovo è ancora per nove mesi? Per quanto? E poi? Tante domande e tanti dubbi senza risposte certe o rassicuranti.

Col passare delle settimane da quella data a queste categorie professionali si aggiungono il personale scolastico, gli studenti, i lavoratori e la lista si allunga. Questo a regole invariate.

Qualcuno ha avuto la bella pensata di prorogare i nove mesi a dodici e così di seguito. Senza vaccinare nessuno. Una bella presa per i fondelli, visto che i nostri baldi governanti l’hanno sbandierata come l’arma risolutiva contro la pandemia.

I giorni passano e nessuno osa prendere posizione. Invece di fare il green pass all’amatriciana l’avessero lasciata con lo scopo originario, ovvero libera circolazione in Europa e altri paesi, tutto questo caos annunciato non ci sarebbe stato.

Attendiamo fiduciosi che il genio italico molto creativo risolva la questione. I giorni passano e nessuno fiata…