Compagnia per l’estate – 9 – Scrivi la tua storia

Ieri è ripreso il gioco linguistico di Eletta Senso. Oggi continuo a tenervi compagnia con queste mini creazione.

L’incipit da cui partire è

“Alle 16 e 30 arriverà Giovanni. Ha bisogno che prepari la sala? A mio parere sarà un intervento difficile …”.

Partendo da questa breve frase si deve costruire un mini racconto usando meno di 300 parole.

L’ultima avventura di Puzzone

Ecco il risultato

«Alle 16 e 30 arriverà Giovanni. Ha bisogno che prepari la sala? A mio parere sarà un intervento difficile …».

Sandro scuote la testa. Ci deve riflettere. “Ho ancora diverse ore per decidere” e se ne va senza rispondere.

Arnaldo non è convinto della decisione del suo superiore ma abbozza un sorriso di circostanza. Sa che poi dovrà correre come un forsennato per essere pronto alle sedici e trenta. Ricapitola cosa serve ma abbandona subito l’impresa perché tenere a mente tutti i dettagli è troppo per le sue capacità.

Si siede. Prende un blocco di carta riciclata e un lapis copiativo a cui fa una bella punta. Si gratta la testa perché non sa da dove iniziare.

Anna, la sua fida assistente, lo osserva perché appare chiaro che Arnaldo è in difficoltà. “Per cosa?” Eppure oggi non ci sono criticità come ieri, quando hanno dovuto preparare la sala B per un’urgenza. Sorride ma il giorno prima non ne ha avuto il tempo. Si avvicina con passo felpato. «Problemi?»

Arnaldo sobbalza. Non l’aveva sentita arrivare e straccia il foglio dal blocco. «No!» Ma poi ci ripensa. «Sì!»

Anna lo accarezza sul collo. «Posso rendermi utile?»

«Sì e no. Non riesco a fare la lista di quello che serve».

Lei aggrotta la fronte. Non capisce di quale lista si tratta. Guarda il cestino: è pieno di carta riciclata appallottolata.

«Oggi arriva Giovanni alle sedici e trenta e…».

«…E non sai come fare».

Arnaldo annuisce con un movimento della testa dall’alto verso il basso.

Anna scoppia a ridere e poi ridiventa seria. «Giovanni? Un bravo cucciolone».

Si riparte alla grande

Sul blog di Eletta Senso è tornato il gioco linguistico del lunedì.
I tre cunicoli – carteaceo
l tema è settembre con un tautogramma e un acrostico. Ecco cosa ho partorito Settembre Tautogramma Salve! Siamo a settembre senza storie. Sole, sole senza soste. Si stima che siamo in un secolo soleggiato. Le scuole stanno sciogliendo le serrature per gli studenti tra silenzi e strepiti. Si stappa lo spumante per lo starter di settembre. Acrostico Stimano Eterni Trasporti. Temporali, Emergenze, Malinconie, Brutture Riflettono Elementi  

Compagnia per l’estate – 8 – disegna la tua storia

Per tenervi compagnia questo martedì ho scovato un disegno approssimativo e attorno a questo ho costruito un mini racconto.

Ecco il racconto.

Era la festa della Vulandra al Parco Urbano di Ferrara. Tutti sul prato a naso in su per vedere quelle forme variopinte che il vento porta in alto.

Simone passando di fianco all’area in macchina con suo padre le vide volare nel cielo che si muovevano sinuose e affascinanti. Rimase a bocca aperta. Non aveva mai visto un aquilone, ne ignorava l’esistenza.

Simone era un bambino sveglio di otto anni che aveva sempre vissuto in città. Il suo mondo era chiuso tra quattro mura: quelle del suo appartamento. La televisione, i videogiochi, il computer erano i suoi compagni nelle ore di relax. La corte del condominio era off limits per i bambini, sempre occupato dalle auto dei condomini. Gli unici spazi verdi che conosceva erano i parchi cittadini e la minuscola area nel cortile della sua scuola. Alla domenica i genitori lo portavano dai nonni in campagna ma questa non era più quella di una volta col pollaio e le stalle. Adesso era tutto pulito e ordinato. Il piccolo orto dietro la casa, il giuggiolo e il melograno nel giardino di fronte e il prato su cui correre senza pericoli. Però gli animali di un tempo, il pollo, il maiale, la mucca, non si vedevano più. Li aveva osservati sul libro scolastico. Troppo poco per soddisfare la sua curiosità.

L’auto di suo padre era ferma al semaforo, che dava il via libera a una folla festante di bambini e adulti diretti nel Parco Urbano. Simone sembrava paralizzato dalla sorpresa di vedere nel cielo azzurro sostenuto da un vento gagliardo tanti oggetti colorati.

«Papà» disse girando il collo per osservarli, mentre la macchina ripartiva col verde. «Perché non ci andiamo anche noi domani? Siamo in festa».

Lorenzo sorrise. Ricordi di quando era bambino e preparava l’aquilone con stecche di bambù, carta colorata, colla di farina prodotta in casa e un rocchetto di spago. Aveva la forma di un rombo con una lunga coda colorata. Poi via di corsa nel prato delle sottomura cittadine per farlo innalzare nel cielo. “Altri tempi” sospirò il padre. “La fantasia non mancava per crearci i giochi”.

«Ma certo, Simone» e gli scompigliò i capelli mentre l’auto correva verso il centro città. «Domani, se non piove, ci andiamo».

A fine aprile era ormai un appuntamento fisso per Ferrara il festival della Vulandra dove si potevano ammirare piccoli capolavori d’ingegneria aerea accoppiata alla fantasia dei progettisti. Però Simone non ci era mai stato né Lorenzo gli aveva proposto di andarci.

Era un’occasione ghiotta per entrambi. Un pomeriggio all’aria aperta sui prati del Parco Urbano a due passi dal centro storico. Lorenzo aveva accompagnato nel settembre precedente il figlio ad ammirare la festa delle mongolfiere ma quello della Vulandra non era un appuntamento ancora provato.

Era il giorno di San Giorgio, il patrono della città, quando padre e figlio sulle loro biciclette raggiunsero il Parco Urbano, brulicante di bambini e di molti adulti, che erano tornati indietro nel tempo. Il cielo era colorato da mille forme, guidate dalle mani esperte dei loro proprietari. Un tripudio di gioia e spensieratezza.

In un angolo del prato un uomo circondato da bambini ma non solo spiegava come costruire un aquilone. Simone ascoltava senza dire una parola, senza perderne nemmeno una sillaba dell’istruttore. Doveva immagazzinarle tutte, perché voleva costruirsi un aquilone.

«Papà, ne facciamo uno anche noi?» chiese Simone, mentre andavano a recuperare le loro biciclette.

«Certamente» affermò Lorenzo, tenendolo per mano. «Sabato passiamo dal negozio di hobbystica in Corso Giovecca a comprare quanto serve».

Il padre era tornato bambino, mentre il figlio si riappropriava dei divertimenti di un tempo.

 

nuova puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la nuova puntata del racconto Krimhilde e le fanciulle scomparse.

La puntata la potete leggere anche qui.

copertina Amanda e il bosco degli elfi

Procedendo con cautela il gruppo guidato da Baldegunde, che su sollecitazione di Markus ne ha preso la guida, arrivano con qualche affanno al torrente Ginestro. Un paio d’incontri con le pattuglie dei nerd di montagna l’hanno messo in ansia ma tutto si è risolto bene.

Al di là del Ginestro c’è il bosco e la salvezza.

«Un ultimo sforzo e poi saremo al sicuro» incita Baldegunde, osservando il viso delle ragazze stanche e impaurite.

I loro occhi hanno perso vivacità e sono appannati per la stanchezza della notte insonne.

Markus controlla che il guado non sia presidiato dai nerd di montagna, come sarebbe logico dopo la fuga delle fanciulle. “In effetti sarebbe molto fuori del loro raggio d’azione ma sento che avranno fatto uno strappo alle regole”.

Anche se ben mimetizzati lui ne scorge le sagome e ascolta il loro linguaggio gutturale. “Dunque il guado è inagibile. Le tisane hanno cessato il loro effetto e far passare le ragazze è molto pericoloso”.

Esiste un altro punto più a nord dove è possibile passare il Ginestro ma è più disagevole perché i massi a fior d’acqua sono scivolosi. Capisce che è più rischioso perché sono stanche e i riflessi intorpiditi. Però non ci sono altre soluzioni praticabili.

Si apparta con Baldegunde per discutere cosa è meglio fare. La scelta in pratica obbligata è per quello più a settentrione.

«Ragazze dobbiamo risalire il Ginestro di un centinaio di passi e da lì passare sull’altra sponda». Non spiega che esiste il rischio di finire nelle acque gelide del torrente per non creare panico.

Markus afferra un capo della corda e attraversa sicuro il Ginestro. La fissa a un albero tozzo ma robusto. Tornato indietro blocca l’altro capo tra due massi. Lui resta in retroguardia per garantire la sicurezza al gruppo, mentre Baldegunde aiuta le ragazze a passare dall’altra parte con l’aiuto della corda tesa.

Sono passate una dopo l’altra tra gridolini e lamentele come bambine viziate tutte e quante meno Adelinde. Hanno deciso così con un semplice sguardo d’intesa tra loro perché appare la più insicura e quella che necessita maggiori attenzioni. Trema, traballa sulle gambe, ha la pupilla dilatata per la paura ma in particolare appare assente. Markus non si fida a farla passare con Baldegunde e quindi sarà lui ad aiutarla nel passaggio da un masso all’altro. Manca pochissimo, quando molla la presa e precipita come un sasso nell’acqua. Lui si getta e l’afferra sollevandola fuori con la testa. Sembra svenuta. Il torrente non è molto profondo in quel punto ma la corrente gelida è alquanto robusta e tende a trascinarli a valle. La scarpata non è agevole da scalare con una persona priva di sensi. Baldegunde lo aiuta e a fatica arrivano al prato tra le grida isteriche delle altre ragazze che hanno seguito l’episodio terrorizzate.

«Cercate della legna secca mentre io recupero lo zaino rimasto dall’altra parte» ordina perentorio Markus, che grondante d’acqua e intirizzito per il freddo torna sui suoi passi.

«Il fuoco è meglio accenderlo all’interno perché sarà più difficile da individuare il fumo» dispone Baldegunde che a fatica dissimula la sua ansia per lo stato della ragazza.

Adelinde ha le labbra violacee e contratte. Respira a fatica e trema tutta. Baldegunde le toglie i vestiti bagnati e la copre con un mantello di montone angorato accanto al fuoco che scoppietta allegro. Le altre ragazze la osservano con apprensione. Non accenna a riprendersi.

Baldegunde con delicatezza le massaggia le mani, il corpo, i piedi per riattivare la circolazione del sangue. L’operazione ha effetto e il livore esangue del colorito del viso vira verso il rosato. Però osserva con preoccupazione lo stato di Markus che trema vistosamente. Ha tenuto i vestiti bagnati e questa non è stata una grande mossa ma non c’erano alternative perché il mantello è stato dato ad Adelinde. Comprende che la febbre lo sta divorando. Nel bosco ci sono i fiori dell’olmaria che possono combattere lo stato febbrile del compagno. Però deve lasciarle sole e Markus non è in grado gestirle senza problemi.

Come se le avesse letto il pensiero, in uno dei rari momenti di lucidità, le comunica che sarà lui il guardiano delle ragazze e loro angelo custode.

In preda all’ansia si precipita nel bosco alla ricerca dei fiori che poi messi a bollire avranno una funzione antipiretica.

Le ragazze ammutoliscono e si guardano disperate come se fossero state abbandonate. Markus rimane in silenzio sforzandosi di mantenersi lucido. Sa che le sue parole non avrebbero il potere di rassicurarle e preferisce tacere.

Baldegunde torna con un fascio di fiori bianchi e foglie e fiori di tiglio. Nel Ginestro riempie una borraccia d’acqua che versa in un piccolo recipiente. Qui fa bollire quello che ha trovato. Markus beve l’infuso senza protestare. Ne conosce le proprietà medicinali. Lei accosta la tisana di tiglio alle labbra di Adelinde per rilassare il suo stato.

Il sole è un disco rosso infuocato che tramonta verso la pianura del Concerto.

Markus non trema più e lo stato febbrile sembra diminuito ma non è in grado di mettersi in marcia per raggiungere il Castello di Mezzo.

«Ci conviene addentrarci nel folto del bosco» suggerisce Markus. «Lì possiamo trovare qualcosa per alleviare la fame e siamo sicuri di non fare brutti incontri».

Baldegunde annuisce perché giudica la proposta sensata.

Trovata una radura abbastanza distante dal Ginestro, si accampano attorno al fuoco mentre lei va alla ricerca di tuberi e frutti selvatici.

«Non sarà una grande cena ma almeno plachiamo il nostro stomaco» spiega mentre li mette a cuocere sulla brace e sotto la cenere.

Adelinde pare essersi ripresa e si stringe a Baldegunde. Markus ha l’occhio arrossato e il respiro in affannato. Si sente debole e spossato ma si sforzerà ad alternarsi con la compagna a montare la guardia e tenere il fuoco acceso.

 

SOS – Balestrucci in difficoltà

Ieri giovedì e a partire dalla mezzanotte fino alla dieci di stamattina Ferrara s’è ritrovata sott’acqua. Nelle dieci ore sono caduti qualcosa come 94millimetri di acqua con una punta di 590mm/h. Non male. Per fortuna il vento è stato meno intenso. Ieri pomeriggio oltre a 50mm di pioggia c’è stato un vento fortissimo che ha messo a dura prova il mio pino che si è piegato pericolosamente ma ha resistito. Per non correre rischi lo farò tagliare con grande dispiacere.

Durante questo nubifragio con vento due balestrucci hanno lanciato un SOS che ho raccolto. E ho messo a loro disposizione il davanzale della finestra della mansarda protetta dal vento impetuoso e dalla pioggia battente.

Loro sono rimasti tranquilli anche se io ero dietro al vetro. Anzi più volte si sono girati verso di me. Forse volevano ringraziarmi. 😀

Poi quando la buriana è cessata, mi hanno salutato con uno scrollo di ali e se ne sono andati.

Li ho fotografati. Le immagini non sono eccezionali per la scarsa luce – non ho usato il flash per non impaurirli – il vetro opaco di pioggia e la zanzariera. Comunque pubblico le tre immagini.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Avviso ai votanti

Luisa dal suo blog ricordando un giornalista americano Russel Baker ha riportato una sua citazione che vi propongo

Il governo non può permettersi di avere un Paese composto solo da ricchi, perché i ricchi pagano così poche tasse che il governo andrebbe rapidamente in bancarotta

Quanto è attuale di questi tempi. I signori votanti sono avvertiti

Nuova puntata di Krimhilde

Su Caffè Letterario è stata appena pubblicata la puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse, che potete leggere anche qui.

copertina Amanda e il bosco degli elfi

La strega Ampfel torna alla sua abitazione in preda al terrore e al dolore delle ferite che si sono riaperte.

L’apprendista strega Rotapfel la soccorre con l’olio di maleleuca che strofina con energia per darle sollievo.

Urla, piange, si dispera. Ha dimenticato le fanciulle, pensa solo a combattere il veleno che è tornato attivo.

Il draghetto Matteo è tornato poco dopo ma è consapevole di essere stato beffato da un nemico misterioso e invisibile. Sa di aver peccato di presunzione. Non osa affrontare il giudizio della Strega Ampfel, né la sua ira. Solo quando il cielo si colora trova il coraggio di presentarsi davanti a lei.

«Non sono riuscito a individuare il nemico. Ho lottato…».

La strega Ampfel sbotta. «Non raccontare frottole. Non hai lottato con nessuno e sei tornato poco dopo di me».

Il draghetto Matteo abbassa gli occhi. Ha sperato di farla franca ma deve imparare ancora molto. Spiega che appena entrato qualcuno ha infilato nella sua bocca un fascio di erbe. «Non potevo sputare fuoco e sono rimasto immobilizzato per diversi minuti. La persona che era dentro ha avuto tutto il tempo per andarsene indisturbata».

La strega Ampfel capisce di essere stata sconfitta e ritiene inutile tenere il drago Michele a guardia del sentiero perduto. “Hanno più risorse di noi e sono in grado di beffare anche lui”. È più utile che contatti Grumhilde, perché questi due umani possiedono degli strumenti che ignorava che esistessero ancora e possono colpire lei e i draghi con successo. Capisce che qualche trattato è sfuggito al rogo delle streghe e loro l’hanno recuperato.

Ordina al draghetto Matteo d’inviare un messaggero al drago Michele, perché ritorni subito, e poi che lui sparisca dalla sua vista.

Al suo rientro la strega Ampfel gli fornisce le istruzioni per l’incontro con Grumhilde.

Arrivato al torrente Ginestro, là dove scorre tra due pareti rocciose e fa un piccolo salto, deve lasciare Lucifero libero di pascolare sui prati circostanti. Lo ritroverà quando farà ritorno alle montagne innevate.

«Qui vedrai il bosco ceduo e…».

«Il bosco ceduo? E come lo riconosco? Mica hanno il cartello col nome». La interrompe con un pizzico di scetticismo ironico.

La strega Ampfel non raccoglie la battuta e spiega che il bosco ceduo si riconosce a prima vista. «Ci sono solo cedri del Mondo Buono, mandorli, noccioli del Ciclo e carpini carpiati. Sono solo lì. Non puoi sbagliarti».

Il drago Michele annuisce come se avesse capito. In realtà non ha capito nulla ma prima di partire guarderà qualche figura di questi alberi.

«Ci sono due sentieri, volgendo le spalle al torrente. Uno alla tua sinistra. L’altro a destra. Devi prendere quello».

Si raccomanda di non farsi notare, anzi di evitare qualsiasi incontro. «Quando esci dal bosco ceduo trovi un ciliegio senza ciliegie. Conta il terzo ramo partendo dal basso alla tua destra. Lì appenderai un nastro rosso con questa missiva». E la strega Ampfel gli consegna un sottile nastro con legato un rotolino di papiro verde.

Il drago Michele ha memorizzato tutto ma gli rimane un dubbio. «Una volta eseguiti gli ordini, che faccio? Torno indietro o aspetto qualcosa?»

«Grumhilde ti consegnerà qualcosa. Aspettala».

Il drago Michele annuisce di nuovo ma tutto gli sembra criptico. «Quando? E come mi riconoscerà?»

La strega Ampfel sbuffa all’ennesima domanda. «Non ti preoccupare. Sarà lei che ti troverà».

Tornato nel proprio alloggiamento e data una ripassata alla botanica si avvia col fedele Lucifero verso il Ginestro. Il sole è quasi allo zenit, quando raggiunge il ciliegio senza ciliegie, facendo attenzione a qualsiasi rumore per non farsi scoprire. Poi si nasconde dentro un cespuglio da cui può tenere d’occhio l’albero.

Ignora che mentre camminava è stato individuato da una pattuglia di dragonesse a cavallo.

Baldegunde dopo l’ultimo rapimento ha predisposto un pattugliamento discreto del torrente Ginestro. Ogni gruppo, composto da due dragonesse, deve controllare un tratto del torrente. Quello da cui è transitato il drago Michele è affidato a Bathilde e Marchilde che lo seguono senza far alcun rumore.

L’addestramento ossessivo di Baldegunde viene messo in pratica. Marchilde vorrebbe informare la vice di Baldegunde, Brumfilde ma la compagna la blocca.

«Ma… Baldegunde è sparita da due giorni. Nessuno sa dove sia. Non possiamo far riferimento a lei» balbetta incerta Marchilde.

«Baldegunde ha lasciato degli ordini precisi. Seguire il sospetto senza farsi intercettare segnando tutti i posti e le attività svolte. Solo in caso di effettive azioni pericolose chiedere rinforzi».

«Ma Brumfilde ha cambiato gli ordini di servizio» replica rinfrancata Marchilde.

«Io sono fedele a Baldegunde e rispetto i suoi ordini. Essendo più alto in grado queste sono le mie decisioni».

Queste ultime parole chiudono tutte le discussioni, mentre in paziente attesa osservano il drago Michele cosa sta facendo.

Compagnia per l’estate – 7 – Prosegui la storia

Curiosando qua e là ho trovato questo esercizio dove dobbiamo liberare la nostra fantasia.

In pratica fornito un incipit dobbiamo proseguire la storia e creare un mini racconto. In effetti si dovrebbe produrre qualcosa di più: un finale profetico. In quello che ho sviluppato manca questo finale profetico. Pazienza.

Ecco lo spunto iniziale.

Saranno tre donne. Apriranno la seconda porta del tempio e lo saccheggeranno. Fuggiranno come volpi e soltanto un bambino vedrà il loro viso.

La kitsune

Di seguito il mio racconto.

Saranno tre donne. Apriranno la seconda porta del tempio e lo saccheggeranno. Fuggiranno come volpi e soltanto un bambino vedrà il loro viso.

Giacomo, un bambino sveglio e mingherlino, viveva con la madre single in una città lontana nel tempo e dal luogo della visione. Stava assistendo a qualcosa di speciale.

Le tre donne indossavano uno strano vestito ricco di colori, che lui non aveva mai visto. Avevano età e statura diverse ma erano svelte come gatti. Giacomo le osservò come con destrezza avevano aperto la seconda porta del tempio, un portale di legno massiccio intarsiato d’oro. Quell’immagine lo affascinò, perché non ricordava di avere mai visto nulla di simile, nemmeno sul libro di storia.

“Ma dove sono?” Era incapace di staccare la vista da quella visione.

La più vecchia delle tre si intrufolò nella piccola apertura del portone, seguita dalle altre due. Percossero un corridoio buio rischiarato da torce morenti.

«Svelte» incitò la donna, di cui si intravedeva solo il viso dal colorito olivastro. «Non possiamo perdere tempo. Il gran maestro sa che c’è stata un’intrusione e sta accorrendo coi soldati».

A passo svelto raggiunsero il centro della sala, dove su un piedistallo stava una coppa ricolma d’oro e d’argento. Il tesoro del tempio di Visnù. Le due giovani l’afferrano e la vuotarono in un enorme bisaccia che la più anziana aveva estratto dal il sari.

«Veloci. Andiamocene» intimò la donna con la sacca caricata sulla spalla. Era curva sotto il suo peso ma camminava spedita verso il portone. Devono varcarlo prima che si richiuda, altrimenti rimangono intrappolate nel tempio.

Giacomo a bocca aperta e con gli occhi sgranati per la sorpresa e la curiosità ascoltava e osservava. Con le mani le incitava a fuggire, perché la porta senza rumore aveva iniziato a chiudersi.

La più anziana si fermò e spinse fuori le altre due.

«Forza» gridò Giacomo, pensando di aiutarla. «Scappa o rimarrai chiusa dentro».

Con un balzo la donna uscì dalla fessura ma il sari rimase impigliato nel battente chiuso. Provò a tirarlo, a strapparlo ma pareva che fosse impossibile sia a romperlo che a estrarlo. Con mossa rapida si girò più volte abbandonando l’indumento per terra e rimanendo con una sottogonna e una camicia bianca.

Giacomo applaudì quando la donna a lunghe falcate raggiunse le altre due, che non si erano accorte di nulla.

«Correte. Correte» le incitò Giacomo. Aveva visto un uomo dalla barba bianca e dal turbante azzurro, avvolto in una tunica bianca che avanzava seguito dai soldati.

Le tre donne con la pesante bisaccia che impediva di correre più rapidamente si avviarono verso un bosco di piante basse e quasi secche, sollevando polvere e sassi al loro passaggio.

Giacomo fremeva, perché avrebbe voluto aiutarle a fuggire, a nascondersi. In quel posto sarebbe stato difficile occultarsi e sarebbero state facilmente individuate e catturate.

“Perché parteggio per loro?” si chiese in un rigurgito di onestà. “Hanno profanato un tempio e sono delle ladre”.

Ricordò gli insegnamenti della madre. Non doveva nominare il nome di Dio invano, né comportarsi in modo sconveniente nei luoghi di culto. Però quello su cui batteva di più era che non doveva rubare. Dunque lui parteggiava per chi aveva infranto le regole. Però secondo la sua visone erano le più deboli e si doveva aiutarle.

La corsa delle tre donne nel misero boschetto divenne sempre più difficoltosa, perché faticavano a respirare per la polvere e il caldo. Il brahmano e i soldati erano sempre più vicini e urlavano di fermarsi.

«Correte più forte. C’è una grotta a cento metri» gridò Giacomo che si torceva le mani per l’ansia. «Ancora un piccolo sforzo».

La più giovane del gruppo ruzzolò a terra esausta e ansante, scuotendo la testa, perché non aveva intenzione di alzarsi.

«Madre, Ajala è caduta e non vuole alzarsi» disse la ragazza fermandosi accanto alla sorella.

La donna valutò la distanza che le separava dalla grotta, il punto di salvezza, e quanto erano vicini i soldati. Fece due balzi e gettò la sacca nell’imboccatura e ritornò sui suoi passi.

«Giacomo, Giacomo».

La voce di sua madre lo stava svegliando.

«Giacomo, stai facendo il tuo solito brutto sogno?» Stava vicino al letto.

«Uffa, mamma. Ho perso il finale».

Il Madremoto

Sto facendo uno strappo sulle recensioni che non amo scrivere. Per rendersene conto è sufficiente ricercare la categoria o il tag ‘Recensione’. Sono in totale nove di cui uno è un semplice reblog di una scritta da altri. Il mio blog ha undici anni e sono tutti concentrati nel 2021.

Per me la recensione è estrarre il succo positivo o negativo o entrambi dal testo in modo sintetico ma chiaro per chi la legge.

Il mio limite è proprio questo: mi perdo nei dettagli.

Ci riprovo con Il Madremoto di Guido Fabrizi.

Il suo testo è il viaggio nella memoria del protagonista, Javer, che ripercorre la sua vita costellata di molteplici episodi. È lo tsunami della sua vita che travolge ogni cosa e da cui riesce a emergere per ricominciare a ricostruire la sua esistenza come si fa dopo che l’onda assassina si è ritirata.

L’istinto ribelle rimane anche quando ha superato la prova più dura. Però è temperato dalla maturità, dalla riflessione, dallo guardare avanti usando il passato per eliminare le scorie del presente.

La prima parte è ricca di pathos, di molte riflessioni e introspezioni psicologiche di fronte ai vari eventi. Più piatta è quella centrale incentrata sulla fotografia che è stata l’ancora di salvataggio di Javier, che gli ha consentito di riemergere dal buio, di trovare la sua strada dopo i problemi dell’adolescenza, di maturare nel carattere e nella personalità e di trovare l’amore.

Molto intenso è secondo me ‘il marsupio dell’amore’ dove Javer si scopre genitore e cosa vuol dire questo. Molto interessante è il travaglio di padre nella sfida con la madre che punta a disarticolare il rapporto padre figlia.

Il tema della madre è un argomento ricorrente che non viene trattato direttamente ma lasciato al lettore il compito di decifrare il suo modo di operare. Solo nel finale lo affronta con una riflessione di quello che avrebbe voluto e di quello che è stato.

Singolare ma efficace è unire i punti della vita di Javer come si fa in quei giochi enigmistici dove alla fine compare un disegno. Nel caso di Javer compare il disegno della sua vita. Questo è il filo conduttore di questo testo che alterna a riflessioni profonde a passaggi piatti che comunque servono nell’economia della storia.

Nuova puntata di Krimhilde e le fanciulle scomparse.

Su Caffè Letterario è stata pubblicata la ventisettesima parte di Krimhilde e le fanciulle scomparse. Di seguito la potete leggere anche qui.

L’ultima avventura di Puzzone

Baldegunde esegue l’ordine del suo compagno senza chiederne le motivazioni. Radunate le cinque fanciulle spiega in succinto cosa devono fare. «Siete invisibili ma voi potete vedere gli altri. Restate dietro di me senza fiatare, qualunque cosa vediate».

In silenzio scendono a valle. Fa freddo e i vestiti sono inadeguati al clima ma muovendosi non rischiano di rimanere congelate.

Sentono il rumore frenetico degli zoccoli di un cavallo e si riparano in un anfratto nell’attesa che il cavaliere sparisca.

Procedono con cautela perché il buio della notte debolmente illuminato dalla luna, che sta calando dietro il crinale, non permette passi falsi.

Aglaja ha sbuffato per tutto il tragitto, ha freddo e vorrebbe riparare nell’edificio che appare alla sua destra.

«Non ci provare» sibila Baldegunde con un tono minaccioso. «Si prosegue verso il fondovalle».

Aglaja rimane interdetta sgranando gli occhi. È sicura di non aver pronunciato nessuna parola, né aver accennato col corpo a fermarsi. “Come può aver intuito il mio pensiero?”

«Non lambiccarti il cervello. Cammina e basta». Questa volta le parole di Baldegunde sono arrivate dirette nella mente.

Che sia una strega?” E accenna a fermarsi.

«Cammina senza pensare. La strada è ancora lunga. Sono la vostra capitana, ricordatelo» sussurra in modo che sia chiaro anche alle altre come devono comportarsi.

Un attimo di sbigottimento s’insinua nelle ragazze che non comprendono il motivo di questo avvertimento minaccioso.

Baldegunde non è sicura che le tisane abbiamo sufficiente potere per renderle invisibili una volta arrivata alla casamatta. “Sarebbe un bel guaio, perché ignoro cosa troverò lì. Senza questa protezione potrebbe essere un azzardo tentare di uscire senza essere viste”.

Il cielo schiarisce quando avvistano il manufatto che all’esterno appare incustodito. Però il mignolo sinistro l’avverte che c’è un pericolo nascosto al suo interno. Di che tipo non riesce a individuarlo ma lo percepisce con nettezza.

Aspetteremo Markus in quell’anfratto e poi decideremo la strategia giusta per raggiungere il bosco di Mezzo”.

Markus coglie il momento propizio per uscire dalla Prigione del Tempo Perduto. La Strega è fuggita, il drago è stato immobilizzato in modo temporaneo e non può emettere fuoco per qualche minuto. Ringrazia Mechthilde, schermandosi per non farsi intercettare. Ricorda che, quando si era appartato con lei, gli aveva spiegato che la tristrisavola col suo stesso nome aveva scritto un trattato delle erbe officiali per combattere streghe, draghi e altre creature del diavolo prima di finire sul rogo. «Il testo si trova nella biblioteca segreta» aveva concluso prima di salutarsi e dopo avergli elencato quali erbe gli sarebbero state più utili.

Deve raggiungere Baldegunde e le ragazze che l’aspettano. L’obiettivo è raggiunto e non gliene importa nulla della sorte della strega e del drago. Con ampie falcate sicure affronta la discesa. Deve sbrigarsi, perché la tisana che lo rende invisibile non dura in eterno.

Arrivato in prossimità della casamatta, rallenta e si fa guardingo. La calma irreale gli fa pensare a un agguato. Non vede Baldegunde, né le fanciulle e immagina che qualcosa sia andato storto.

Chiaro e forte risuona nella sua mente. «Siamo qui». Si guarda intorno e sorride. “Per forza non le vedo! Sono invisibili!” Segue la direzione del suono delle parole e le trova nascoste tremanti nell’anfratto.

«Ti abbiamo aspettato. Il mignolo sinistro si piega a indicare un pericolo. Quale sia non lo so».

Markus annuisce. Non ha mai sottovalutato le sue premonizioni. Riflette su come procedere. Per uscire dal sentiero perduto bisogna attraversare l’edificio che blocca la via. Al suo interno deve per forza accendere la lanterna cieca per garantire un transito sicuro. In questo modo si rivelerebbe la loro posizione a eventuali persone al loro interno visto che la compagna segnala un pericolo.

«Cosa facciamo? Le ragazze sono infreddolite e cominciano a scalpitare».

«Devo capire chi c’è e dove si trova. Entro e verifico».

Markus si addentra abituando gli occhi al buio. Si ferma. Ha udito un nitrito. I nerd di montagna non possiedono cavalli. Gli unici oltre alla strega sono i draghi. Non gli pare possibile che lei abbia fatto scendere dalla montagna un drago per montare la guardia allo sbocco del sentiero. Avrebbe utilizzato la manovalanza. “Dunque c’era un secondo drago con loro ed è stato spedito a presidiare l’uscita”. Questo è un vantaggio: sa dove si trova e all’interno non ci sono brutte sorprese.

Ritornato sui suoi passi confabula con Baldegunde. «Dai alle ragazze un paio di fiori variopinti e spiega come usarli. Dobbiamo parlarci con la mente e non con la bocca. Il silenzio è la nostra arma vincente».

La capitana annuisce e comprende che da questo momento sarà suo compito gestirle.

Il cielo si fa rosato quando iniziano il passaggio attraverso la casamatta. Markus apre la fila con la sua lanterna cieca. Le ragazze afferrano una corda legata ai suoi fianchi per non perdersi nel buio. Baldegunde chiude il gruppo.

Aglaja è la più vivace e intraprendente e prova colloquiare telepaticamente. La capitana la redarguisce con bonarietà mettendola a tacere.

Quando il buio lascia il posto al chiarore diffuso proveniente da finestre e porte, Markus spegne la lanterna cieca e comanda al gruppo per il tramite di Baldegunde di restare lì in silenzio. Esplorerà la parte prospiciente la casamatta. Non hanno molto tempo a disposizione, forse qualche minuto prima di tornare visibili.

Fuori non vede nessuno. Rimane interdetto e si gratta la guancia irsuta. “Il nitrito l’ho sentito con chiarezza. Devo rischiare esplorando il passaggio verso il torrente Ginestro”.

Si muove con cautela ignorando se sia visibile oppure no. La via è libera. “Se abbiamo fortuna, possiamo farcela” e ritorna prendere il gruppo.