Nuova pubblicazione su Caffè Letterario

La bambina senza nome

Su Caffè Letterario ho pubblicato un nuovo post.

Lo potete leggere anche qui. E’ un capitolo di un vecchio romanzo scritto oltre dieci anni fa, che sto revisionando.

Buona lettura

Laura si accovacciò stringendo le gambe con le braccia e appoggiando il mento sulle ginocchia.

Chiuse gli occhi come per raccogliersi a pregare. In realtà pensò ai suoi genitori e cosa erano per lei.

Lei li amava e sua madre e suo padre la ricambiavano a modo loro. Se fosse amore, non l’aveva capito.

Augusto, il padre, era un uomo poderoso, alto e massiccio. Era un chirurgo di fama che soddisfaceva i capricci estetici delle donne facoltose. Tra convegni e vita in clinica non si vedeva quasi mai a casa. Quando c’era, Laura ricordava che era trattata come una ragazzina. Da certi dettagli sospettava che il padre avesse un’amante o forse anche qualcuna di più. Da dove arrivasse questa sensazione, lo ignorava ma erano gli atteggiamenti della madre, che rimproverava al marito le sue assenze fantasiose. Da lui Laura aveva preso la statura e i lineamenti del viso.

Sua madre si chiamava Marina, una bella donna dai capelli rossi e il viso lentigginoso. Era cresciuta nel collegio delle Orsoline che avevano lasciato il segno nella sua personalità. Niente sesso prima del matrimonio e molto poco anche dopo. Laura si chiese se questo fosse il motivo per cui suo padre la tradiva, come supponeva. Chiesa e signore di carità erano il massimo delle sue aspirazioni. La televisione era opera del diavolo, come affermava sempre sia con lei sia con le amiche bigotte. «Si vedono solo donne scollacciate e si ascoltano parolacce. Una vera perdizione per i giovani». Al massimo di ritorno dalla messa domenicale e dal rito della comunione si sintonizzava su “A sua immagine” a prendere la benedizione papale da Piazza San Pietro. Quindi in casa di certi argomenti non si poteva parlare. Rivelare cosa era successo tra lei e Roberto sarebbe stata una tragedia e sarebbe scoppiato il finimondo. “Per fortuna sono riuscita a tenerlo nascosto”.

Laura fino a diciotto anni non poteva muovere un passo se non era seguita dalla madre. Era stata fatta un’eccezione quando Laura aveva sedici anni. Era stato suggerito per irrobustire quel corpo gracile di svolgere un’attività sportiva. Marina si era opposta perché avrebbe preso autobus, tram e metropolitana senza il suo occhio vigile. Però quello che la preoccupava di più era la promiscuità che avrebbe dovuto frequentare. «Di sicuro perderà l’innocenza dei suoi anni» aveva sentenziato Marina rabbuiata in viso. «Finirà nel gorgo dei peccati all’inferno!» Augusto da bravo medico aveva dato il via libera superando le obiezioni della moglie. Così Laura aveva potuto andare in palestra, in piscina e al campo di atletica senza il fiato sul collo della madre.

«Con la maggiore età e la frequenza all’Università ho goduto di una relativa libertà. Però se loro erano in viaggio, i sermoni di mia madre erano terribili. Guai a chiamare un ragazzo in casa od organizzare festicciole. Non fare questo. Non fare quest’altro». Lei aveva annuito sempre.

«Sì, mamma. Uscirò solo per andare a lezione e poi sempre chiusa nella mia stanza». Sorrise al pensiero di tutte le volte che aveva trasgredito queste regole con Marco.

Un paio d’anni dopo l’inizio della loro relazione volle presentarlo ai genitori. «A mio padre è piaciuto subito per lo splendido fisico e i modi educati. A mia madre…». Aprì gli occhi e scoppiò in una fragorosa risata. Ricordava come l’aveva trattato quella volta. Un malfattore che le rubava la sua bambina. «E non ha mai cambiato idea. Anzi, quando ha saputo che non era più il mio ragazzo, ha commentato compiaciuta che quel mascalzone non ci fosse più a insidiare la mia innocenza».

Al pensiero di Marco due lacrime rigarono le guance di Laura.

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