non passava giorno – cap. 12

 

dal sito www.villadeste.com
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Villa d’Este è un must nel campo degli eventi organizzati, è la cornice ideale per ospitare forum e meeting. Tuttavia se l’organizzazione è convenzionale, un cliché già visto in altri posti, l’avvenimento vivacchia senza infamia e senza lode. Questa era la situazione dell’incontro annuale con la clientela, quando Matteo cinque anni prima era entrato nello studio, come giovane praticante in attesa di iscriversi all’albo professionale.

Subito si era fatto notare per le idee innovative nella gestione dei clienti. Aveva portato una ventata di rinnovamento al suo interno. Il gran capo pensò di affidargli il compito di organizzare il meeting di quell’anno per metterlo alla prova e valutarne le capacità organizzative.

Matteo portò piccoli aggiustamenti nella coreografia generale, come la cena di saluto, presentazioni grafiche più accattivanti, riscuotendo il generale consenso. Negli anni successivi migliorò il taglio degli interventi e la loro lunghezza, rendendo più snello e funzionale il programma. Queste modifiche fecero decollare l’evento, tanto che in questa edizione il numero delle adesioni era superiore ai posti disponibili e si erano dovute rifiutare a malincuore molte partecipazioni.

Le novità più interessanti apportate erano l’aperitivo di benvenuto, il venerdì sera, e il pranzo di gala, la domenica a mezzogiorno a chiusura del meeting. Questo aveva favorito la presenza femminile, di solito assai scarsa. Per il prossimo anno Matteo pensava di organizzare attività e incontri per le mogli e le compagne in modo tale da abbinare a un evento professionale uno mondano. Aveva dodici mesi di tempo per tradurre queste idee in realtà.

Laura e Sofia raggiunsero Villa d’Este verso le diciannove accolte da Matteo.

Alle venti e trenta c’è la cena di saluto. Vi aspetto puntuali alle venti al bar Canova per il drink di benvenuto” disse, prima di tornare nella hall ad accogliere altri partecipanti.

Non abbiamo molto tempo per sistemarci e renderci presentabili” fece Sofia leggermente in affanno come una scolara al primo giorno di lezione.

Comincia per prima” rispose calma Laura. “Mi devo cambiare l’abito e darmi una sistemata a trucco e capelli. Non ci metto molto”.

Alle venti in punto splendidamente vestite fecero il loro ingresso nel bar Canova. Sofia indossava un abito lungo di Armani, che fasciava con eleganza la sua figura tonica e snella. Due orecchini e una collana di perle ornavano il viso. Laura aveva un vestito più anonimo. Un tubino scollato nero che valorizzava la capigliatura rossa. Una paio di scarpe di Rossi dal tacco modesto erano il perfetto proseguimento della caviglia snella.

Tutti si voltarono ad ammirarle, perché non potevano passare inosservate.

Da dove sono sbucate quelle due deliziose fanciulle?” chiese a un vicino un grassone incuriosito ed eccitato.

Chiedilo al dottor Minati, visto che le sta salutando con tanta cordialità” rispose l’altro con una punta di ironia, venata di invidia.

In un consesso di soli uomini o quasi le due ragazze rappresentavano un tocco di grazia femminile, che si notava vistosamente, anche se fossero state meno attraenti.

Una processione di uomini si recò in pellegrinaggio da Matteo per farsi presentare le nuove arrivate, che nessuno conosceva e che tutti avrebbero voluto come accompagnatrici.

Laura e Sofia catalizzarono le attenzioni di tutti i partecipanti, mentre il clima si andava scaldando. Il meeting sembrava nato sotto una buona stella. Attorno a loro si radunò un bel gruppetto di persone attratte dalle loro figure eleganti e dal conversare brillante e piacevole. Chi non era riuscito a parlare aveva cominciato a malignare sulla loro provenienza.

Sai” disse uno con fare saccente al vicino, “ho visto le loro foto sul web. Quelle gallerie fotografiche di belle donne”.

Sei sicuro?” chiese incuriosito l’altro. “Non mi sembrano due ragazze copertina! Ti ricordi il link?”

Beh,“ replicò il primo incerto, “assomigliano tutte. Forse non sono loro”.

La rossa, la più bella tra le due, deve essere la nuova fiamma del dottor Minati” disse un invitato all’amico. Poi aggiunse una battuta a doppio senso. mentre sogghignava compiaciuto.

Ma no!” replicò l’altro. “Ti sei confuso! La compagna è la morettina. La rossa è l’amica del dottor Renati”.

Ognuno diceva la sua. Tutti ascoltavano e guardavano con ammirazione le due ragazze, che si destreggiavano con grazia tra un drink e una battuta pronta e accattivante col sorriso sulle labbra. Sembravano quei fiori di campo sui quali in continuazione farfalle e api si posano per succhiare polline e profumo.

Il meeting rappresentò un autentico successo per Matteo, il migliore in assoluto da quando era stato organizzato la prima volta. Le edizioni iniziali avevano avuto un discreto successo ma niente di più. Tutti erano rimasti soddisfatti dell’organizzazione, della cornice, dei contenuti e aspettavano con impazienza il pranzo di gala a chiusura delle due giornate di presentazioni.

La domenica mattina comparve Paolo che si aggregò un po’ imbronciato e senza troppi entusiasmi, mentre Matteo poté dedicarsi alle due ragazze.

Laura storse il naso, vedendolo. Pensò che Matteo avrebbe dovuto avere la gentilezza e la compiacenza di avvertirla della presenza dell’amico. Non trovava corretto il suo comportamento. Mentre i pensieri e la rabbia invadevano la testa, cercò di calmarsi. ‘Pazienza’ si disse, ‘facciamo buon viso a cattiva sorte’.

Sofia rabbuiò in viso, perché ricordava bene quella sera durante la quale Matteo le aveva chiesto con insistenza un mare di notizie su Laura. Quelle domande avevano un scopo ben preciso: non erano per parlare in generale sull’amica ma per recepire informazioni da trasmettere a Paolo. Questo le lasciava in bocca una sensazione di amaro. Entrambe non mostrarono segni di malumore esteriormente, mentre dentro di loro ribolliva l’ira.

Matteo aveva pensato di distribuire gli invitati in modo tale che ogni tavolo avesse almeno una presenza femminile e l’attribuzione dei posti fosse mirata a mescolare tra loro le persone per favorire l’atmosfera conviviale.

Sistemò Laura e Sofia strategicamente con i clienti primari dello studio. Lo scopo era duplice. Il primo era che senza dubbio erano le donne più concupite dai partecipanti. Il secondo avrebbe consentito loro di allacciare nuove conoscenze utili in futuro.

Paolo venne collocato insieme ad altri invitati brillanti e danarosi, che avrebbero potuto rappresentare per lui potenziali clienti.

Il capo di Matteo, soddisfatto sia della qualità del meeting che dell’atmosfera, che si stava creando nella sala, passò accanto a Matteo. “Hai avuto ottimo fiuto a invitare quelle due ragazze” gli disse con lo sguardo sornione. “Sono carine quanto basta per attirare gli sguardi degli uomini senza fare ingelosire le altre donne, hanno comunicativa e sanno gestirsi con intelligenza e discrezione”.

Paolo non era contento perché aveva pensato di trascorrere la giornata con Laura, mentre aveva scoperto di essere stato usato da Matteo per intrattenere gli invitati.

‘Mi ha fregato come un’allodola con lo specchietto di Laura!’ pensò. masticando amaro e digrignando i denti. ‘Per fortuna ha avuto buon gusto e sensibilità di inserirmi in un gruppetto utile per la mia professione’.

Il pranzo di gala fu servito sulla veranda ristorante da cui si poteva ammirare lo splendido paesaggio sui giardini della Villa e sul lago di Como.

Era pomeriggio inoltrato quando lentamente Villa d’Este si andò svuotando dai convitati, mentre Matteo li salutava a uno a uno, dando loro appuntamento al prossimo anno.

Paolo poté conversare con Laura senza il timore di essere interrotto da qualche inopportuno in cerca di nuove conoscenze.

Ti ho cercato in queste settimane“ disse con tono di rimprovero non troppo mascherato, “ma non mi hai mai risposto. Dove sei stata?”

Laura, stanca ma soddisfatta per le due giornate trascorse a Villa d’Este, gli rispose in modo freddo e distaccato, senza mostrare il minimo interesse verso di lui, ignorando le frecciate.

Paolo avvertì che non era cambiato nulla rispetto alla prima volta. Capì che, se voleva conquistarla, doveva sudare la fatidiche sette camicie o sobbarcarsi le mitiche fatiche di Ercole.

‘Pazienza! O divento Ercole oppure resto Paolo’ si disse, sospirando, e cominciò a parlare con Sofia e Matteo, ignorando di proposito Laura, che ascoltò in silenzio senza partecipare alla conversazione. ‘Ho la gola secca per le chiacchiere’ pensò, ‘un po’ di riposo non guasta’. Si sentiva stanca per la tensione e appagata per le nuove conoscenze.

Sofia, vedendo l’amica silenziosa in disparte, la prese a braccetto. “Ragazzi” disse sorridente, “siamo rimasti solo noi. E’ stato un magnifico week end, allietato da tante piccole e graziose sorprese. Che ne direste di salire in camera e di caricare le valigie sulle macchine per rientrare alla base?”.

Invitò tutti a casa sua, precisando che il frigo era vuoto.

Risero e si ritrovarono da Sofia per chiudere le due giornate di svago per le ragazze e di lavoro per Matteo.

non passava giorno – cap. 11

Sofia invitò Laura la sera successiva. Voleva ascoltare la sua opinione sulla relazione con Matteo, sull’invito a Cernobbio e il resoconto della nuova vita che l’amica aveva iniziato da pochi giorni.

Credi che abbia fatto la scelta appropriata con Matteo?” le chiese con un filo di apprensione. “Il nostro rapporto viaggia sul binario giusto oppure sta andando verso uno morto?”

L’amica raccolse le idee prima di risponderle. ‘Dare dei suggerimenti’ pensò Laura, ‘è difficile e complicato. Si rischia sempre di darli sbagliati’.

Ascoltando le tue parole” disse a Sofia, ‘ho percepito che il tono è quello giusto. Tu sei innamorata di Matteo”. Fatta una breve pausa riprese a parlare. “Che altro aggiungere? Le mie sono le sensazioni percepite, se lui non è un farfallone e non mi ha tratto in inganno. Formate una bella coppia. Ti trovo addolcita rispetto l’ultima volta che ci siamo viste. Più tenera e sognante. L’amore ti fa bene” concluse Laura.

Sul viso di Sofia comparve un sorriso di ringraziamento e di sollievo per le parole pronunciate dall’amica.

Rifletteva, indugiando nel formulare la seconda domanda, perché percepiva di essere cambiata dentro e fuori. Si sentiva più calma, serena e tranquilla adesso che frequentava con assiduità Matteo. Vedeva quello che la circondava con occhi diversi, come se avesse cambiato le lenti negli occhiali, adattandole alla nuova visuale.

Ho una seconda questione da affrontare” fece l’amica, “ma non riesco a trovare le parole adatte. Sono incerta come proporla”.

Non ti preoccupare. Tu esponi con chiarezza il problema. Cercherò la risposta migliore, secondo il mio punto di vista” disse Laura. “Non chiedere di mettermi il mondo sulle spalle, perché non lo farò”.

Sorridente aspettò che l’amica cominciasse a parlare. Sofia iniziò titubante e imbarazzata, perché aveva sempre sbandierato ai quattro venti che inviti a cene o pranzi ufficiali o comunque con molti commensali non li gradiva, non riusciva a digerirli. Adesso si trovava nella scomoda posizione di rinnegare le proprie idee, perché quell’invito la stuzzicava non poco. L’argomento era l’invito di Matteo a Cernobbio.

Matteo,“ esordì incerta nel tono, “mi ha invitata a Cernobbio in occasione del meeting organizzato dal suo studio professionale”.

Fece una breve pausa, riprendendo a esporre la questione con più sicurezza. “Come sai, detesto partecipare a cene e pranzi ufficiali, perché non mi sento a mio agio. Però capisco che è l’occasione giusta per presentarmi in modo ufficiale. Sono incerta se accettare oppure no. Secondo te, come mi devo comportare?”.

Laura rifletté sul quesito, prima di rispondere, soppesando i pro e i contro. “Penso che tu faccia bene ad accettare”.

Secondo lei era l’occasione giusta per capire le reali intenzioni di Matteo, che potevano essere serie oppure era una semplice infatuazione, un innamoramento passeggero.

Sarai nel suo mondo” aggiunse. ”Potrai conoscere le persone, che dovrai frequentare, se la relazione si concretizza”.

Sofia non rispose ma continuò a mangiare in silenzio. Stava ragionando attorno a un’idea, che le era spuntata, mentre ascoltava la risposta di Laura. “Avrò una suite tutta per me” disse. “A parte pranzi e cene avrò nella giornata molto tempo libero. Se Matteo è d’accordo, potresti tenermi compagnia durante quel week end”.

Laura rimase con la posata a mezz’aria e la bocca semiaperta come se fosse diventata di sasso, perché non si aspettava minimamente una proposta del genere.

Hai perso la parola? “ chiese allegra Sofia.

No” rispose Laura basita, “ci riesco ancora, nonostante la sorpresa della proposta. Una splendida occasione per due giorni da sogno a Villa d’Este”.

Matteo stava progettando un fine settimana ricco di sorprese per tutti.

Nei giorni successivi al primo incontro con Laura Paolo aveva provato inutilmente a contattarla. Lei l’aveva attratto fin dal primo istante ma visto gli esiti dei contatti decise che era superfluo correrle dietro. ‘Sprecherei il mio tempo’ si disse. ‘Ho un grosso progetto di recupero edilizio da seguire. Non posso permettermi delle distrazioni. Specialmente con una donna che si dimostra refrattaria alle mie avance’.

Immerso nel lavoro si dimenticò di Laura, finché una sera di ottobre non arrivò una chiamata da Matteo.

Ciao,“ esordì allegro, “stai bene? E’ da tempo che non ci sentiamo. Impegnatissimo col tuo lavoro?”

Veramente sei tu che sei sparito dalla circolazione!” rispose Paolo. “Qualche uccellino mi ha sussurrato che sei finito in gabbia. E’ una gabbia dorata ma è pur sempre una gabbia”.

Ah! Ah! Quante malelingue ci sono!“ replicò ridendo Matteo. Secondo lui erano solo degli invidiosi perché aveva trovato un bel passerotto da coccolare. “Hai impegni stasera? Vorrei parlarti di un progetto per un fine settimana, che comprende anche Laura. Ti ricordi quella coi capelli rossi?”

Certo“ disse Paolo. “E chi riesce a dimenticarla! Si dà il caso che l’abbia messa tra le partite perse e non ho molte intenzioni di ripescarla di là”.

Lui non era riuscito a capire l’atteggiamento della ragazza e le motivazioni che l’avevano spinta a comportarsi così. Lei si era mostrata gentile e cortese ma distaccata e formale, come se avesse voluto deliberatamente tenerlo lontano. Non aveva legami sentimentali, a quanto gli risultava, perché si era informato su di lei con discrezione. Tuttavia si era negata in modo vistoso. Più di una volta si domandò se nell’unico incontro avuto avesse tenuto un comportamento da giustificare l’indifferenza di Laura. L’incontro con l’amico rappresentava l’occasione per chiarire i motivi per i quali il rapporto non era mai decollato.

Per stasera ho già un impegno” gli disse. “Domani sono libero. Non contare su di me per i tuoi week end sentimentali! Specialmente se è coinvolta Laura. Non si è mai degnata di rispondere alle mie telefonate”.

L’amico rimase stupito, perché era la prima volta che sentiva delle difficoltà di Paolo a mettersi in contatto con Laura.

Vedrò di raccogliere delle informazioni su di lei” disse Matteo. “A domani sera alle dieci alla Caffetteria del Corso”.

Matteo pensò a come affrontare il problema. Stabilì che non era il momento adatto per sviluppare una strategia, perché doveva concentrarsi sulle pratiche, che affollavano il tavolo. Comprese che Sofia sarebbe stata in grado di dargli tutte le risposte sulla freddezza di Laura. Lo fece all’ora di cena, perché lei non voleva essere disturbata da messaggi privati durante l’orario di lavoro. Aveva stabilito di mantenere separati i due mondi, quello professionale e quello privato.

Con abilità e delicatezza riuscì a ottenere da Sofia le informazioni che chiarivano i motivi dell’atteggiamento di Laura. Dalla relazione con Marco all’addio traumatico fino alla sera in cui si erano conosciuti.

La sera successiva i due amici, seduti a un tavolo, parlarono di quanto era riuscito a ottenere da Sofia. Il quadro era abbastanza preciso nelle linee generali. Tuttavia gli mancavano dei dettagli per sbloccare la situazione di stallo in cui erano caduti i rapporti tra lei e Paolo. Aggiunse che secondo Sofia l’ex era ritornato a Ferrara, dove abitava prima dell’università senza conoscerne i motivi.

É stato un duro colpo per Laura” disse Matteo. “Ancora oggi non ne è uscita completamente. Quella rottura la tormenta ancora”.

Ecco il motivo di tanta freddezza!” esclamò Paolo “L’amica pensa che possa esserci qualche speranza?”

Matteo scosse la testa. “Non lo so. La sera, nella quale le abbiamo conosciute, era la prima volta che usciva dopo l’addio. Secondo me era ancora sotto choc”.

Ho capito tutto. Non risolve il problema. Lo rende solo più chiaro” affermò con amarezza Paolo.

Ho una proposta” disse Matteo cambiando bruscamente argomento. “Un fine settimana in nostra compagnia e di Laura”

Non ci penso minimamente” replicò piccato Paolo. “Basta e avanza quella sera!”

Capisco” fece Matteo in ansia. “Potresti partecipare al pranzo di gala di chiusura”.

Osservò attentamente Paolo, prima di avanzare l’ultima proposta. “Posso mandarti l’invito?”

Mandamelo. Ma ci devo pensare” replicò Paolo. “Possiamo parlare di altri argomenti meno spinosi senza tornare su Laura, l’oggetto dei miei desideri, su week end pasticciati o su altre questioni amorose?”.

Matteo trasse un profondo respiro, perché Paolo non aveva chiuso le porte alle sue proposte. Forse tra qualche giorno avrebbe cambiato idea, accettando l’invito.

Chiuso l’argomento Laura, chiacchierarono sui loro progetti professionali, sullo sport e su altri argomenti.

non passava giorno – cap. 10

foto personale
foto personale

Laura non aveva nessuna intenzione di cominciare una nuova storia. Quella con Marco era finita in malo modo. Era stata una delusione cocente, che aveva lasciato una ferita profonda. Doveva metabolizzare la rottura improvvisa senza spiegazioni. Doveva analizzare gli aspetti, che non avevano funzionato nel loro rapporto, e le motivazioni, che lo avevano fatto sparire dalla sua esistenza. Adesso all’orizzonte era apparso Paolo, che aveva mostrato senza tanti giri di parole un interesse verso di lei.

Decise di cancellare dai suoi pensieri entrambi. Si concentrò su un unico obiettivo senza altre distrazioni: il suo futuro professionale. ‘Per i problemi del cuore c’è tempo’ si disse. ‘Possono aspettare’. Puntò tutta la sua attenzione sulle offerte ricevute, spedì altri curricula. Era alla ricerca di un posto in grado di soddisfarla professionalmente oltre che economicamente. Sul tavolo c’erano diverse proposte in attesa di essere visionate. Non aveva nessuna fretta, perché non aveva problemi finanziari impellenti. Tuttavia desiderava affrancarsi il prima possibile, come aveva fatto Sofia.

Nelle due settimane successive fece molti colloqui al termine dei quali ridusse la scelta fra tre offerte, che aveva trovato interessanti. Prima di prendere una qualsiasi decisione, si concesse una settimana di vacanza in montagna. Il clima era ancora mite e soleggiato. Le giornate erano sufficientemente lunghe. Rimaneva solo la scelta della la località.

Laura amava la montagna con i suoi silenzi, i suoi profumi, i suoi rumori, la trovava più rilassante del mare, che fino a diciotto anni aveva dovuto subire per seguire i genitori sulla Riviera ligure. Era un rito, che tutti i milanesi doc eseguivano nel mese di agosto. Quel mese lei l’avrebbe voluto cancellare dal calendario. Lo odiava. Non sopportava le grida dei bambini, i corpi seminudi, spesso orribili a vedersi, il miscuglio di odori sgradevoli e la sabbia che s’insinuava ovunque.

A diciotto anni si ribellò e decise di non partire con loro. “Se mi date quanto spendete per me, vado in montagna con Sofia e ci rivediamo a casa”. Da quel momento il mese di agosto era trascorso in montagna con l’amica, esplorando anno dopo anno varie località alpine. Il rito agostano proseguì anche dopo avere conosciuto Marco. Lui preferiva tornare a Ferrara. Quel periodo, libero da esami, rappresentò un distacco benefico tra loro e servì a rinsaldare il loro legame.

‘Potrebbe essere il turno della Valtellina, Bormio’ si disse, dopo avere esaminato diverse località. Era una vallata bellissima con il parco dello Stelvio, a portata di mano. Un’occasione per conoscere un angolo di Lombardia, che non conosceva. Senza prenotare partì, sicura di trovare una camera di suo gradimento.

Il viaggio fu un disastro tra strettoie, lavori in corso e deviazioni. Raggiunto Bormio, parcheggiò nella centralissima Via Roma.

Girò a piedi alla ricerca di un hotel. ‘Settembre non è certamente un periodo del tutto esaurito’ pensò. ‘Quindi mi posso permettere di scegliere quello che più mi aggrada’. Camminò nel paese col naso all’insù, valutando con cura alberghi e pensioni. Mentre era impegnata nella selezione, si sentì rinascere. La stanchezza era stata cancellata, le tensioni interne si erano stemperate. Dopo il lungo passeggiare per le vie e le discrete domande poste a passanti optò per l’hotel Posta.

L’esterno appariva moderno. Nascondeva al suo interno una gradita sorpresa: erano stati conservati molti particolari della vecchia struttura, quando nell’ottocento era il posto di scambio dei cavalli. La stanza assegnata era accogliente e aveva servizi eccellenti. ‘É un hotel di prim’ordine’ si disse compiaciuta per la scelta.

Un tempo clemente e soleggiato, abbastanza insolito in montagna nel mese di settembre, allietò il suo soggiorno. La settimana letteralmente volò. Laura si rigenerò tra passeggiate solitarie nei boschi ed escursioni nei dintorni. Prima di cena frequentò le terme, dove la tonificante cascata termale le diede un’ebbrezza mai provata. Si sentì rinascere. Era un’altra persona, quando distesa e rinfrancata riprese la strada per Milano.

Al rientro ebbe chiaro quale offerta avrebbe scelto. Il ricordo di Marco pian piano sbiadiva, anche se rimaneva vivo nel subconscio. La mente non era più un alveare impazzito, dove i pensieri entravano e uscivano vorticosamente. ‘É stata la vacanza che mi serviva’ si disse.

Contattò l’azienda prescelta per l’ultimo e definitivo colloquio. Era una società di rilievo, che produceva linee merceologiche diversificate. Assunta come assistente del product manager per gli articoli da montagna, inizialmente si sarebbe occupata della gestione dei prodotti per rilevare inefficienze e sprechi e per ottimizzare il loro ciclo di produttivo. Dal 10 ottobre avrebbe preso servizio per iniziare una vita diversa da quella vissuta fino a quel momento.

L’ingresso nel mondo del lavoro avvenne per Laura dalla porta principale. Aveva un ufficio luminoso tutto per lei, accanto a quello del diretto superiore. Trattata con deferenza, come se fosse una personaggio importante, Laura ricambiò con l’impegno quotidiano. Fin da subito fu apprezzata per la cordialità, la gentilezza e il sorriso sincero.

Il lavoro impegnativo, la concentrazione sulle mansioni ricevute fecero impallidire il ricordo di Marco e dimenticare la delusione subita. Psicologicamente si sentiva meglio ma la ferita era lungi dall’essere cicatrizzata. Era sufficiente un ricordo o un pensiero per farla sanguinare.

Diversi corteggiatori cercarono di fare breccia nel suo cuore senza successo. Non si sentiva pronta a una relazione stabile.

Erano passate diverse settimane da quella sera di inizio settembre, quando Matteo con tono guardingo esplorò la possibilità di farsi accompagnare da Sofia il 10 novembre a Cernobbio.

Tutti gli anni il suo studio organizzava il primo o il secondo week end di novembre nella prestigiosa Villa d’Este un meeting forum sulla gestione dell’azienda e sulle normative. Quest’anno il tema verteva sulle novità fiscali, introdotte dagli ultimi provvedimenti governativi, e si teneva nel secondo fine settimana del mese. Lo studio lo realizzava per una clientela selezionata. Convegno dopo convegno aveva avuto un successo crescente sia per i temi trattati che per il prestigio della sede prescelta.

Se avesse accettato, avrebbe messo a tacere le malignità che aveva dovuto sopportare negli anni passati. Era un modo per presentarla ufficialmente come la sua ragazza. ‘Un fine settimana con Sofia’ pensò ‘sarebbe stupendo’. Tuttavia conosceva la sua avversione verso questo tipo di mondanità. Per strapparle il consenso doveva agire con molta discrezione e diplomazia. Quindi decise di affrontare l’argomento con tono distaccato e noncurante, partendo da lontano.

Conosci Cernobbio?” le domandò, mentre prendevano un aperitivo in Galleria Vittorio Emanuele.

No” rispose asciutta Sofia. Fu incuriosita dalla strana domanda ma allo stesso tempo era diffidente. ‘Matteo non parla mai a vanvera’ pensò. ‘Dove vuole parare?’

Il ragazzo fece una pausa, come se fosse rimasto soddisfatto dalla risposta.

Non hai mai visto Villa d’Este?” riprese dopo aver addentato un tramezzino. “Quel posto che a settembre per una settimana è al centro del mondo finanziario e politico. Pieno di vip, di capi di stato, di politici influenti”.

Sofia non comprendeva l’obiettivo di Matteo con quelle domande. Rimase in silenzio ma attenta a quello che voleva dirle.

Il mio studio programma da diversi anni a Villa d’Este un meeting per una clientela selezionata” disse il ragazzo con tono distaccato.

La ragazza arricciò il naso. ‘Cosa m’interessa sapere quali eventi organizza il suo studio?’ si disse, acuendo la percezione che presto avrebbe compreso il senso di quelle affermazioni.

Le spiegò come sarebbe stato molto impegnato nel ricevere e salutare i partecipanti, come dovesse presenziare a cene e pranzi, alle presentazioni e tavole rotonde e a tutto quello che ruotava intorno al forum. E concluse che sarebbe stata una fatica tipo quelle mitiche di Ercole e non certamente una passeggiata distensiva.

Sei impegnata il secondo week end di novembre?” le chiese, rompendo gli indugi.

Sofia si irrigidì, mettendosi sulla difensiva. Smise di mangiare le patatine, rimanendo in silenzio.

Si, lo so che non ami cene e pranzi ufficiali” fece Matteo, sorseggiando il suo drink.

Ma perché mi chiedi se sono libera tra due mesi?” domandò Sofia, che stava mettendo insieme i pezzi del puzzle.

Pensavo” proseguì sornione. “Visto che per tre giorni sarò indaffarato senza poterci vedere o quasi, se”. Fece una pausa strategica, aspettando la reazione della ragazza che tardava ad arrivare.

‘No, grazie’ pensò di rispondere di primo acchito. ‘Se non possiamo vederci pazienza, sarà per i giorni successivi’. Si morse la lingua, contò fino a dieci prima di replicare.

Immagino cosa avrai voluto dirmi” gli disse irritata. “Potevi risparmiarti quel lungo giro di parole, andando al concreto della proposta”.

Matteo colse l’occasione per portare l’affondo.

Semplicemente avevo pensato di prenotare una junior suite per te a Villa d’Este per il week end” fece con tono deciso. “Mentre sarò indaffarato coi partecipanti, tu puoi goderti i vantaggi dell’hotel. Dal parco al beauty center, al lago”. Secondo lui era una bella maniera per trascorrere qualche ora insieme durante le cene e nei ritagli di tempo libero. “Inoltre abbiamo tutta la domenica per noi. Cosa ne pensi?”

Sofia perplessa non si aspettava di trovarsi a prendere una decisione senza riflettere. “Mi dai un giorno di tempo per pensarci?” gli chiese.

Sofia, “ riprese con tono calmo e suadente, “anche due o tre giorni! Non c’è fretta. Prenditi tutto il tempo che vuoi per riflettere. Non voglio metterti ansia o forzarti la mano”.

Matteo rimase in silenzio, mentre guardò con intensità la ragazza, che adesso era visibilmente confusa, perché era stata presa in contropiede. ‘Ho corso troppo con la fantasia’ si disse, finendo l’aperitivo. ‘La capisco che non le va di stare con un branco di vecchi, che pensano solo a rimpinzarsi di tartine, pasticcini, caffè e altre cibarie’.

Ora non pensiamoci più” disse per chiudere il discorso e cambiare argomento.

Non passava giorno – cap. 9

Foto personale
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Marco, alzatosi presto dopo la nottata agitata da sogni e rimpianti, aveva deciso di cancellare ogni traccia di Laura sia fisica sia virtuale dalla sua vita. ‘Quando?’ si era chiesto. La risposta non arrivava. Allora puntò a una passeggiata distensiva, mentre la giornata stava muovendo i primi passi.

‘Devo uscire all’aria aperta’ si disse vestendosi. ‘Devo scaricare lo stress, che non mi dà tregua’. Doveva ritrovare quell’equilibrio che si era frantumato attraverso i dubbi, le riflessioni e il rammarico su quella rottura inspiegabile a tutti’. Rischiava di bruciare a fuoco lento.

Guardò fuori dalla finestra. La giornata di inizio settembre, né fredda né afosa, sembrava l’ideale proscenio per una bella pedalata. Amava pedalare sulle strade di campagna. Per lui era un ritorno al passato. La Colnago da passeggio era parcheggiata nel garage di casa. Immaginò che fosse ricoperta da uno bello strato di polvere, perché ben raramente negli ultimi cinque aveva avuto l’opportunità di usarla. Quando veniva a Ferrara, non troppo spesso in verità, doveva ragguagliare i genitori sull’andamento degli studi, sulla relazione con Laura. E non solo quello. Quindi gli rimanevano pochi spiccioli di tempo libero per uscire in bicicletta.

Quando scese nel box, lui non era nella classica tenuta da ciclista. Aveva comode scarpe da ginnastica, pantaloncini corti e una maglietta leggera. Sotto il sellino in una piccola borsa c’era un tubolare di scorta per eventuali forature, sempre in agguato, e alcuni attrezzi di prima emergenza. Sotto la canna della bicicletta stava un contenitore non troppo ingombrante, che conteneva alcuni indumenti, un impermeabile e il telefonino.

Sotto il telo di plastica trasparente stava sonnacchiosa la bicicletta in attesa che Marco la facesse uscire dal letargo. Era tutt’altro che dozzinale, perché aveva un ottimo telaio con accessori di prima qualità. Il padre la teneva in ordine, oliata e pulita, perché fosse sempre pronta per lui.

Tolse il telo, saggiò le gomme che erano gonfie al punto giusto. ‘Papà, sei una persona eccezionale!’ si disse soddisfatto, mentre usciva sulla strada. Dopo le prime pedalate incerte, prese un buon ritmo. La brezza fresca del mattino gli accarezzava il viso, mentre usciva dalla città. Si sentì subito bene, dimenticando Laura, il sogno, i sensi di colpa. Era tornato adolescente, quando per scaricare le delusioni amorose e lo stress della scuola prendeva la bicicletta per un lungo giro su strade poco trafficate. Aveva avuto sempre il potere di fargli dimenticare le preoccupazioni.

Dopo pochi chilometri dalla mura cittadine svoltò a destra, imboccando una strada asfaltata stretta, che costeggiava una campagna curata. Il percorso si snodava tra filari di alberi e di siepi. Salvo le immancabile macchine agricole e qualche rara automobile, che strombazzava per far sentire la loro voce, era l’ideale per pedalare senza troppe ansie o timori.

La campagna riposava in attesa della semina autunnale con qualche campo già arato di fresco. Scoli secchi e canali d’irrigazione, pieni d’acqua verdastra stagnante, facevano da contorno. La vista era rilassante e l’occhio di Marco spaziava libero. Osservava i primi gabbiani e aironi cinerini, le iniziali avanguardie di uccelli acquatici, che si sarebbe installati tra zolle umide, pronte a raccogliere le sementi del frumento.

Percepiva di essere disteso, mentre assaporava delle sensazioni che credeva di avere smarrito. Pedalava di buona lena, quando gli parve di scorgere tra le basse siepi divisorie una figura, seduta sul ciglio erboso. Era ancora distante, un paio di curve più avanti. ‘Forse si sta riposando’ pensò Marco. ‘Oppure ha necessità di aiuto”.

Un paio di pedalate vigorose e qualche curva pennellata l’avvicinò a quella figura, un ciclista, che aveva le sembianze di una ragazza dal volto imbronciato e appoggiato sul palmo delle mani. Al suo occhio esperto non sfuggì che era in attesa del passaggio di qualcuno per farsi aiutare.

Fermatosi a un metro da lei, le rivolse la parole. “Salve, ha necessità di aiuto oppure si sta riposando?” le chiese con gentilezza.

La ragazza alzò lo sguardo per nulla amichevole. Lo squadrò dai piedi alla testa. “Mi serve aiuto” gli rispose secca con la voce acida per la rabbia repressa.

In che modo le posso essere utile?” disse Marco, ignorando il suo tono secco.

Ho forato. Non ho con me il materiale per eseguire la riparazione” affermò, addolcendo la voce. “Nemmeno il telefono mi è stato d’aiuto, perché è ammutolito dopo il primo squillo”.

Marco osservò il pneumatico floscio, sistemandosi accanto a lei. “Avrei un tubolare di scorta” fece con tono cortese, fingendo di non aver udito quel tono insofferente e arrabbiato. “Purtroppo non è adatto alla sua bicicletta. Posso prestarle il telefono, se l’offerta l’interessa”.

La ragazza lo guardò stizzita, quando Marco riprese a parlare senza attendere risposta. “Oh! Sono davvero desolato. Non mi sono presentato” esclamò. “ Marco e possiamo darci del tu”.

La ragazza superò il momento di rabbia e di stizza che l’aveva colta. “Agnese” rispose con tono addolcito. “Grazie per l’aiuto e l’offerta”.

Si sentì in obbligo di mostrarsi cortese, perché, se Marco non fosse passato per quella strada, lei non avrebbe saputo come uscire da quella situazione. Non si vedevano case nelle vicinanze. Solo qualche indistinta forma in lontananza. Inoltre non era pratica della zona, perché era la prima volta che si avventurava da queste parti. Rischiava di vagare alla ricerca di aiuto.

Eseguito il cambio di sim, armeggiò a lungo con il telefono senza risultati apprezzabili, salvo alcune imprecazioni poco consone a una ragazza. Nessuno aveva risposto alle sue chiamate.

Sono desolata,“ disse Agnese sconsolata, “ma non trovo nessuno”.

Si diede della sciocca perché aveva lasciato a casa il tubolare di scorta. “L’esperienza mi sarà utile per la prossima volta” concluse.

Il paese più vicino non dista più di tre o quattro chilometri”. Le spiegò che c’era un vecchio artigiano, che riparava le biciclette, o almeno c’era fino a un anno. Marco le propose di salire sulla canna della sua bicicletta e aggiunse che con una mano potevano portare la sua incidentata.

Non sarà comodissimo. Ma possiamo farcela” concluse, sorridendo.

Agnese, rassegnata, allargò le braccia e si sistemò sulla Colnago di Marco, mentre si avviarono lentamente verso il paese. Rischiarono più di una volta di cadere. L’allegria per l’insolita avventura, che rompeva la monotonia della pedalata in solitario, li aveva contagiati come una malattia infettiva.

Arrivati, trovarono fortunatamente l’officina aperta.

Buongiorno,“ disse Marco, “questa mia compagna di viaggio ha forato, ma non abbiamo niente per ripararla. Lei potrebbe farlo?”

Certamente,“ rispose l’anziano artigiano, “ci sarà un po’ da pazientare”. Nell’attesa li fece accomodare all’ombra di una quercia nella corte. Intuendo che avessero sete fece portare loro qualcosa di fresco. Marco e Agnese si sistemarono su due sedie da bar un po’ sgangherate attorno a un tavolo rotondo di ferro con diverse traccia di ruggine. Una signora dai capelli candidi arrivò poco dopo con una bottiglia di acqua fresca, una birra e due bicchieri.

La ragazza aveva il viso cotto dal sole, come gambe e avambracci, che indicava con chiarezza che era una ciclista. La pelle candida, che faceva capolino dalla maglia intrisa di sudore, contrastava col colore di quella accanto. Aveva una corporatura minuta e ben proporzionata con muscolatura tonica, non troppo appariscente. Un caschetto di capelli scuri incorniciavano il viso dove spiccavano due bellissimi occhi blu, molto vivaci. Il seno sotto la tuta era sodo e non troppo pronunciato, come se fosse un’adolescente. Nel complesso era piacevole da vedersi, perché le forme erano proporzionate e armoniche.

Marco parlò di sé, mentre sorseggiava la birra. “Sono laureato di fresco in ingegneria gestionale” disse. “Al momento sto valutando le offerte ricevute”. Aggiunse che desiderava trovare qualcosa in zona, perché amava troppo Ferrara per lasciarla. “Ho venticinque anni. Tu cosa fai?”.

Agnese, dopo alcuni istanti di silenzio, rispose che era laureata in economia e commercio e lavorava da un paio d’anni nell’area amministrativa del centro commerciale Le Valli. La sua grande passione era la bicicletta, che inforcava ogni volta che gli impegni le lasciavano un po’ di tempo libero.

Oggi è una giornata di ferie non troppo felice per il momento” affermò, facendo un lungo sospiro. “A parte il tuo arrivo provvidenziale”. Ironicamente auto commiserandosi, aggiunse che era vecchia, perché aveva quasi ventinove anni e sarebbe rimasta zitella. Scoppiò in una gran risata. “Chi vuoi che mi prenda?” esclamò, ridendo. “Amo solo la bicicletta! Se potessi andrei a letto con lei”.

Rimasero in silenzio per qualche minuto, come se avessero esaurito le parole per conversare. Agnese osservò Marco attentamente. ‘Mi sembra una persona tranquilla con le idee chiare in testa ma poco pratiche’ rifletté. “Cosa pensi di trovare in zona per sfruttare la tua laurea?” disse per dare corpo alle sue perplessità. “Non mi sembra che ci siano molte possibilità!”

Marco sorrise. “Qualcosa troverò, basta avere pazienza”.

Continuarono a parlare di ciclismo, di libri e di hobby come vecchi amici, mentre si dissetavano senza accorgersi che il sole era alto nel cielo. Il vecchio arrivò con la bicicletta di Agnese, scusandosi di averli fatti attendere più del tempo preventivato.

Ecco la vostra bicicletta, signorina” disse.

Quanto le devo per la riparazione?” gli chiese la ragazza.

Nulla. Ho messo una pezza, che le permetterà di arrivare a casa. Non avevo un tubolare adatto per sostituirlo” rispose.

Nulla?” fece Agnese con tono sconcertato e sorpreso. “Avete lavorato, ci avete offerto da bere e non volete nulla?”

Dal portafoglio nel marsupio tolse venti euro, che cacciò nella tasca del vecchio. “Non so come ringraziarvi perché ero in un bel guaio” gli disse. “Voi mi consentite di tornare a casa!”.

I due ragazzi, dopo aver salutato e ringraziato quella coppia di anziani gentili e simpatici, salirono sulle rispettive biciclette per tornare in città.

Erano ormai prossimi a Ferrara, quando Agnese disse: “Grazie, Marco. Sono stata molto felice d’averti incontrato e senza il tuo opportuno aiuto sarei ancora là sul ciglio della strada a meditare sui miei peccati. Prima di salutarci, possiamo scambiarci i nostri numeri di telefono?”

Eseguito lo scambio, immaginando un improbabile nuovo incontro, Marco salutò Agnese, che prese la prima strada sulla destra.

Ritornato a casa, dimenticò l’episodio e non ci pensò più per molti mesi.

Non passava giorno – cap. 8

 

foto personale
foto personale

Laura attese invano la telefonata di Marco nei giorni seguenti la partenza e ricominciò a vivere faticosamente tra inviti e colloqui di lavoro.

La ferita era aperta e non rimarginava per nulla. Dopo la serata trascorsa insieme cortesemente ma con fermezza si era sottratta alle attenzioni di Paolo. ‘Non è questo il modo per uscire dalla crisi per la rottura con Marco’ si disse. ‘Affrontando un’avventura con lui, so che sarà un’effimera storia’.

Il corteggiamento le faceva piacere, perché la faceva sentire viva. Tuttavia lo percepiva come un errore, perché avrebbe cercato di sostituire Marco con una persona che in questo momento non la stimolava per nulla. Paolo era una persona simpatica e intelligente, gradevole nella compagnia. Questo era insufficiente per trasformarlo in qualcosa di più.

Rifletté che nelle prossime settimane la lista dei pretendenti si sarebbe allungata e di certo non sarebbero mancate occasioni in futuro. Adesso doveva mettere ordine nella testa, che pareva come quella di un pugile groggy, e recuperare un minimo di equilibrio interiore, spezzato dal trauma per la rottura con Marco.

Le due amiche si vedevano e si sentivano, ma le loro strade stavano prendendo due direzioni diverse: Laura da single senza speranze, Sofia in relazione stabile.

Sofia dopo la laurea in matematica aveva trovato lavoro presso una società di consulenza informatica. Ben presto si era conquistata la fiducia dei superiori per le sue capacità professionali e per il carattere deciso e spiccio nell’approccio con la clientela, che era stato apprezzato da tutti. Non aveva avuto storie importanti ma brevi relazioni che morivano da sole per la sua personalità spiccata e forte, che non lasciava spazio al compagno. Lei li annichiliva e li riduceva a comparse. Sofia cercava uomini speciali pronti a raccogliere le sfide, che lanciava, creativi per compensare il senso di routine e di abitudinario del suo carattere, abili nel contrastare il suo decisionismo. Insomma desiderava un uomo che fosse un coacervo di tanti temperamenti diversi e contrastanti. Nessuno andava bene.

Tuttavia una svolta importante nella sua vita era scaturita dopo l’incontro con Matteo. Sofia aveva preso una sbandata paurosa per lui. Faceva coppia fissa, quando era disponibile. Gli effetti si notavano: il suo temperamento spigoloso si era addolcito. Aveva trasformato la sua personalità. Con Matteo era il primo e vero rapporto sentimentale che l’aveva coinvolta, stravolgendo un’esistenza, scandita da ritmi regolari e quasi metodici.

Era ancora vergine. ‘Se devo donare il mio corpo a un uomo,’ si diceva sempre ‘lui dovrà essere per forza il compagno della vita, la persona giusta secondo le mie aspettative’. Questo concetto lo ribadiva con forza anche con Laura. Tuttavia pur sentendo una forte attrazione fisica, evitò di fare sesso con Matteo: voleva essere certa che fosse il partner giusto.

Lui era stato attratto dalla personalità di Sofia, decisa e determinata, e dalla cultura vasta ed enciclopedica, che le consentiva di spaziare su qualsiasi argomento. Sofia era informata su qualsiasi tema, che trattava con proprietà e competenza. Trovava piacevole ascoltarla e dialogare con lei. Per questo motivo l’aspetto fisico era passato in secondo ordine. Matteo si era imbattuto fino a quel momento in ragazze scialbe e scolorite, con le quali faticava a intavolare una conversazione, che non vertesse sul sesso e sul gossip mediatico. Alcune di loro a letto erano delle autentiche bombe atomiche, perché parevano il kamasutra spiegato in pillole per le tecniche che adottavano. Queste relazioni duravano poco, perché, terminata la prima ondata di spinta erotica, non c’erano altri argomenti adatti a far lievitare il rapporto. Arrivato a trenta anni, come Paolo, e inserito come socio senior in uno studio di commercialisti, sentiva la necessità di trovare una donna da amare non solo nel letto ma soprattutto nel tempo libero. Spesso partecipava a cene di lavoro importanti e non poteva permettersi il lusso di trascinarsi dietro delle ragazze appariscenti tanto frivole quanto disinibite. Così agli occhi dei commensali appariva come lo scapolo d’oro impenitente, il single solitario e un po’ snob, poiché era rimasto praticamente l’unico a presentarsi sempre solo. Qualcuno con più malizia diceva: “Non l’ho mai visto con una donna. E’ sempre insieme con l’amico architetto, un altro single d’oro. Che sia gay?”

Questi commenti acidi e maligni lo ferivano a morte ma era impossibilitato a replicare con fatti concreti. ‘Non posso portare ai pranzi la Debby o la Vale’ si diceva amaramente, ‘loro sono capaci di farsi scopare dal primo commensale disponibile sotto il tavolo’. Quindi concludeva, che da gay finiva per diventare cornuto e mazziato.

L’incontro con Sofia sembrò offrirgli la classica scialuppa di salvataggio per mettere a tacere le dicerie. ‘Sofia ha una discreta serie di caratteristiche positive’ rifletté Paolo. ‘É una donna con un bel corpo, modellato dal nuoto, è intelligente quanto basta per di tenere in piedi qualsiasi conversazione. Ha un caratterino niente male che le permetterebbe di farsi un sol boccone di tutti i maligni’.

Non erano solo questi i motivi che lo rallegravano. Dopo quel fortuito incontro alla Caffetteria del Corso rifletté, se quella istintiva simpatia, che era sorta tra di loro, avrebbe potuto tramutarsi in qualcosa di più. Per lui era decisamente bella, una bellezza non vistosa o appariscente ma ricca di concretezza e sostanza. Ne era rimasto colpito fino dal primo istante in maniera non casuale. Era scattata una scintilla che adesso si era trasformata in un vistoso fuocherello, perché gli era piaciuto il modo gradevole di proporsi. Gli sembrava che anche Sofia ricambiasse la simpatia, perché questa era la sensazione ricevuta.

Conoscendola più a fondo, si convinse che sarebbe stata la partner giusta per lui. I loro caratteri era complementari. Sofia aveva una personalità decisa ed era una persona metodica e abitudinaria. Matteo era più timido negli approcci ma amava improvvisare e cercare le novità. Tuttavia non aveva altrettanto sicurezza che sarebbe riuscito a trasformare un’attrazione empatica in amore. Matteo giudicò, qualche settimana dopo il primo incontro, che fosse venuto il momento di uscire allo scoperto per verificare, se la reciproca simpatia era un bluff oppure realtà.

Matteo affrontò l’argomento una sera di fine settembre con l’estate, che tardava a lasciare il posto all’autunno e alle prime nebbie. Stavano sotto il pergolato di una trattoria sul lago di Como a cenare a lume di candela, quando le prese la mano.

Sofia“ cominciò Matteo. “Sento dentro di me una vocina che mi sussurra queste parole. Parlale col cuore in mano. Sarà buffo di questi tempi. Dichiarale il tuo amore. Sembrerà ridicolo e antiquato. Ma man mano che imparo a conoscerti meglio, capisco che ti voglio bene. Non oso dire che sia amore ma lo penso. Mi sento impacciato e un po’ fuori dal mondo di oggi nel pronunciare queste parole”.

Rimase in silenzio in attesa di una risposta.

Sofia deglutì nel tentativo di riacquistare la padronanza dei pensieri. Pensò di rispondergli di essere stata colta di sorpresa e di non essere in grado di affermare che anche lei lo amava. ‘Che parole vuole ascoltare da me?’ si disse in un attimo.

Ti amo” esclamò decisa, dopo aver superato un breve momento di smarrimento. Proseguì affermando che sentiva dentro di lei una strana sensazione che non aveva mai provato.

Dicono che è amore. Se questo è vero, allora è bellissimo!” concluse Sofia, che, alzatasi dalla sedia, diede un bacio sulle labbra a Matteo.

Erano entrambi incuranti degli sguardi maliziosi degli altri avventori, che ascoltarono curiosi le parole che la coppia si scambiava a voce alta.

Aggiunse che al ritorno a Milano lo invitava a casa per il brindisi della staffa a suggello della splendida serata.

Non mettersi in testa idee malsane” lo minacciò. “Il sesso è bandito almeno per questa sera”.

Matteo scoppiò in una risata fragorosa, che fece nuovamente voltare tutti verso di loro. “Di sesso ne ho fatto un’abbuffata talmente grande che ho fatto promessa di castità per i prossimi vent’anni!”.

Se è così” rispose maliziosa Sofia “e meglio chiudere qui la partita!”.

Non fraintendermi” replicò di buon umore Matteo, conscio di avere detto una baggianata. “I vent’anni si possono ridurre a giorni od ore, perché, sia ben chiaro, non è un voto vincolante. Ma una semplice scommessa con me stesso, che sinceramente vorrei perdere!”

Tornati a Milano, Sofia brindò con Matteo per l’inizio di una relazione voluta e sognata da entrambi. Teneva in frigo un Veuve Clicquot Ponsardin da stappare in una occasione speciale. Lei andava pazza per questo champagne dal gusto morbido e delicato con leggere bollicine, che amava regalare agli amici più cari o berlo in loro compagnia.

La voce sesso fu bandita dalle loro conversazioni. Si tenevano per mano come due ragazzini ai primi amori seduti sul divano di pelle azzurro Tahiri di Natuzzi illuminati dalla luce di Parentesi di Flos, mentre la notte avanzava decisa.

Non passava giorno – cap. 7

 

Foto tratta da compagniadelgiardinaggio.it
Foto tratta da compagniadelgiardinaggio.it

Sofia e Laura a Milano si sistemarono nel letto matrimoniale, per parlare di Matteo, delle loro paure e delle loro aspettative, di Marco prima di addormentarsi. La serata era andata in modo diverso da come l’avevano programmata. Ricca di avvenimenti inattesi e per certi versi movimentata.

Sofia era eccitata per avere conosciuto Matteo. Continuava a raccontare quello che si erano detti nella serata. Pareva caricata a molla. Era difficile per l’amica interromperla.

Laura era invece nervosa e depressa. Aveva compreso che Paolo l’avrebbe corteggiata, se lei gli avesse offerto l’opportunità.

Marco a Ferrara stentava ad addormentarsi per il tumulto interiore dopo il suo ritorno da Milano. Si girava nel letto e non riusciva a chiudere gli occhi. I pensieri erano per Laura. Non riusciva a dimenticarla. Era sempre presente nella sua mente. Lei lo guardava coi suoi occhi verdi per rimproverargli la rottura.

La notte finalmente calò nera su tutti, mettendo fine alla giornata, che pareva non finire mai. La stanchezza aveva vinto la battaglia del sonno.

Laura era con Marco. Stavano seduti nel parco dell’università sull’erba tappezzata di margherite bianche, stringendosi le mani. Lei con passione gli parlava dell’amore che provava. Si sentiva forte e senza timori, perché Marco le era vicino. Era felice come mai lo era stata in passato. “Ho passato un momento di incertezza e angoscia per la tua lontananza” gli disse. Le brillavano gli occhi per la presenza inaspettata del suo amore.

Ieri ti ho pensato con un’intensità tale che mi è sembrato che la testa esplodesse. Per magia sei qui con me” fece Laura, guardandosi intorno. “C’è troppa gente. Mi sento osservata, spogliata nel corpo, frugata nell’anima. Voglio stare sola con te”.

Marco raccolse una margherita, che mise tra le ciocche ramate dei capelli, che brillavano sotto il sole. “Vieni, andiamocene” le sussurrò nell’orecchio, mentre l’aiutava ad alzarsi.

Laura aspettava con impazienza che Marco la prendesse tra le braccia per sentirsi stretta forte a lui. Arrivati a casa, si abbracciarono e si baciarono con un’intensità che non ricordava.

Amore,“ gli disse “amore prendimi: sono tua. Dono me stessa a te, affinché i nostri sensi siano appagati”.

Si spogliarono in fretta ansiosi di accontentare il loro desiderio.

Sofia, agitata e appassionata, come una ragazzina al primo amore, smaniava con Matteo. Si trovavano in un giardino sconosciuto, immenso e solitario, con grandi alberi frondosi ed enormi aiuole piene di fiori. Il posto era indefinito, forse una miscela di tante località assortite insieme.

Camminavano lungo un viale, contornato da cespugli di rose canine bianche lievemente rosate. Sembrava che parlassero ma non si udiva nulla.

Sofia lo guardava in estasi, avrebbe voluto dire molte parole. Dalla bocca non usciva alcun suono a rompere il silenzio del posto incantato.

Matteo la conduceva sicuro e deciso all’interno del giardino verso un gazebo rotondo sotto la quale stava una panchina di legno di rovere. Un arco adorno di rose rampicanti e di gelsomino rustico lasciava libero l’ingresso: sembrava un’alcova nascosta, pronta ad accoglierli. Tenendole la mano con dolcezza, la condusse all’interno, che era illuminato da una spira di sole.

Sofia si strinse a lui a cercare protezione, perché soffriva nei luoghi chiusi. Rimasero a lungo sulla panchina strettamente abbracciati, mentre si scambiavano degli intensi baci. Sentiva le mani di Matteo che l’accarezzavano con dolcezza infinita. Le dita leggere esploravano il suo corpo, mentre lei appoggiava le sue sul petto di lui. Sentiva il desiderio crescere, salire dalla mente, esplodere dentro di sé.

Marco era con Laura in un luogo indistinto e sconosciuto. Era agitato e nervoso, mentre scorreva immagini, composte di frammenti e di ricordi, che si alternavano in un turbine vorticoso.

Laura, ho bisogno di sentire la tua voce, il calore delle tue parole” borbottava incerto, come se fosse stata lei ad abbandonarlo.

Per incanto si trovò in un posto sfumato nei contorni e ignoto ai suoi occhi, sembrava uscito dal libro delle favole tanto era affascinante e seducente. Era una città come Milano a misura d’uomo. Strade ampie si aprivano davanti a lui. Le persone camminavamo a piedi o in bicicletta senza fretta e con il sorriso sulle labbra senza nessun timore, perché le auto erano state bandite Qui tutti si conoscevano e si rispettavano. Ebbe un senso di smarrimento. Incredulo e perplesso si chiese, dove fosse. In lontananza una donna dai capelli rossi avanzava e spariva tra raggi di sole e ombre trasparenti, ‘Chi sei?’ si domandò. ‘Laura non abita in questa città misteriosa e straniera’.

Grandi ontani fiancheggiavano la strada. Una siepe di photinia dalle belle foglie verdi e rosse separava la sede stradale dal marciapiede. A destra e a sinistra giardini e abitazioni di modeste dimensioni guardavano Marco, che camminava verso quella donna misteriosa.

‘Si, è lei, Laura! La donna che sogno tutte le notti’ si disse Marco sorridendo. ‘L’ho abbandonata piangente su una panchina qualche giorno fa’. La ragazza appariva radiosa, bella come mai l’aveva vista prima.

Laura, “ sussurrò Marco “Laura sei tornata! Ti sto aspettando”.

Aspettava un suono, che non arrivava. Voleva cogliere un suo segno, mentre il silenzio, che rimbombava nella sua mente, lo tormentava.

Ora ti vedo, ti sento, ti tocco” le disse deciso e sincero “dammi la mano ed entriamo nel giardino d’inverno”.

La strinse con dolcezza e la condusse nel giardino d’inverno. Era un posto fatato, ammantato di pulviscolo bianco. Una panchina appena imbiancata di polvere, che sembrava neve, li aspettava, impaziente di ascoltare i loro segreti. Una brezza fresca tolse il bianco candore, lasciando nudo il legno di rovere. Questo era il posto magico, dove si rifugiavano gli innamorati in cerca di pace e silenzio.

Laura, “ bisbigliava Marco all’amata, “dove sei stata?”.

La guardò con gli occhi dell’innamorato. Tuttavia lei continuava a tacere.

Ti ho attesa” le disse “ho aspettato dal giorno nel quale ti ho lasciato sotto il cedro del Libano. Non sei venuta, perché sei irritata con me?”

Marco,“ rispose con un sussurro Laura, “sei tu che devi chiarirmi perché mi hai abbandonata. Sei tu, che dovevi chiamarmi e dirmi ‘Amore, perdonami! Ritorno da te.‘. Io ti avrei perdonato”.

Il sogno svanì. Marco a fatica aprì gli occhi. Sapeva di avere sbagliato.

Non trovo la forza di telefonarti per dire ‘Amore, perdonami!‘”.

Non poteva farlo, perché la sua esistenza era qui per sempre.

Amore, perdonami!”

Sofia e Laura si svegliarono con un sussulto con le mani e la bocca che cercavano gli amanti.

Laura, “ disse ridendo Sofia, “perché mi stai baciando? Io non sono Marco!”

E tu, “ rispose lei assorta e insonnolita, “ mi hai scambiata per Matteo! Mi hai sfiorati seni e sesso!”

Oh, no. Facevo questo? Perdonami. Stavo sognando Matteo. Eravamo in un posto incantato e mi sono lasciata trasportare” replicò Sofia non troppo imbarazzata.

Anch’io ho reso troppo realistico il mio sogno e ti ho scambiata per Marco” aggiunse Laura con le guance imporporate dalla vergogna.

Risero a lungo e si lasciarono cullare nuovamente dal sonno.

Non passava giorno – cap. 6

dal web
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Marco adesso ricordava, perché quella busta era finita nel cassetto. Era appena tornato dalla casa di campagna. Voleva mettere ordine nella sua stanza, ingombra di libri, che aveva portato da Milano. Si lamentava che ne aveva troppi per la libreria, diventata di colpo troppo angusta.

‘Dove li metto questi?’ borbottò infastidito. Teneva faticosamente in mano due grossi tomi di organizzazione aziendale. Mentre li maneggiava, scivolarono fuori dei fogli ingialliti e una busta bianca.

Ebbe un moto di stizza, perché ne conosceva il contenuto. Li raccolse da terra. “Devo buttarli!” ringhiò contrariato. La vista della busta lo mise di pessimo umore, perché gli ricordava Laura e l’amore che provava per lei. Non li gettò, perché erano un pezzo della sua vita. Così li infilò nel terzo cassetto dello scrittoio per nasconderli.

Dopo il suo ritorno Marco provò a dimenticarla, a cancellarla dalla mente senza successo. Era sempre presente per rammentargli i cinque anni di Milano.

Due anni prima era arrivato a Ferrara con Laura con l’intenzione di presentarla ai genitori. Loro erano rimasti affascinati dalla bellezza unitamente alle sue doti di intelligenza e cordialità. Sarebbero stati felici, se la relazione fosse sfociata in qualcosa di più di una calorosa amicizia, perché erano convinti che fosse la donna giusta per il loro Marco. Ci sperarono finché quel lunedì di fine agosto non era giunto senza preavviso con la macchina piena di valigie, libri e borsoni. Intuirono che c’era stata una rottura irreparabile tra loro e non chiesero nulla di Laura.

Marco si rese conto in quel frangente di non essere in grado di controllare il suo umore, nero come l’inchiostro di china. Era furioso con se stesso, perché da codardo scappava dai suoi fantasmi. Rispose con monosillabi appena accennati alle domande dei genitori, che furono più intelligenti di lui. Capirono che non era il momento adatto per conoscere i reali motivi del rientro. Tuttavia lui continuò a fuggire. Non desiderava confrontarsi con la realtà. Si trasferì nella casa di campagna, dove sperava di ritrovare la tranquillità e la serenità interiore smarrita. Si sentiva naufrago in isola sperduta dell’oceano, avendo come riferimento quell’immensa distesa di acqua che si confondeva col cielo.

Ai suoi genitori dispiacque che quella ragazza dai capelli rossi simpatica, riservata e gentile non fosse più la compagna di Marco. Lei aveva compiuto il miracolo di trasformarlo giorno dopo giorno da introverso e taciturno a sereno e loquace. Dovevano rassegnarsi, perché conoscevano quanto Marco fosse ostinato e testardo nelle scelte. Lui ammetteva di aver commesso degli errori nelle sue decisioni. Tuttavia guardava avanti alla ricerca di nuove soluzioni senza nutrire rimpianti per il passato.

Dopo diversi giorni di eremitaggio nella casa di campagna ritornò in città senza che l’umore fosse migliorato di molto, anzi tendeva a chiudersi sempre di più su se stesso. Faticava a uscire, a incontrare i vecchi amici, a riprendere la solita vita, se ne stava chiuso nella stanza come un orso incupito. Marco imbronciato cercava disperatamente di scacciare quel viso pallido e quegli occhi mobili e vivaci senza riuscirci. Erano sempre lì, presenti giorno e notte. Questa situazione durava ormai da otto mesi.

‘Fortunatamente tra poco avrò altro a cui pensare’ si disse, mentre si distese sul letto. Marco aveva paura a chiudere gli occhi, perché immediatamente si cristallizzava l’immagine di Laura. Era da tempo che trascorreva insonne le notti. Faticava sempre di più a tenerli aperti.

‘Devo chiamarla per spiegare con chiarezza le motivazioni della rottura’ si disse nel dormiveglia, ‘oppure vado a Milano e ci parliamo di persona?’

Marco si poneva questa domanda da tempo, senza mai prendere la decisione di farlo. Anche questa indecisione non apparteneva al suo carattere e rimandava al giorno dopo la decisione di procedere al chiarimento. Il sonno arretrato e lo stress accumulato ebbero il sopravvento. Si addormentò, mentre il volto di lei lo osservava con severità come rimprovero del suo comportamento.

Matteo e Paolo sollevarono delle obiezioni a trasferirsi nella casa di Sofia. “É meglio passare la serata in trattoria. Hai meno da lavorare e possiamo chiacchierare con più tranquillità” disse Paolo, spalleggiato dall’amico. I quattro ragazzi si diressero verso una trattoria in Brianza.

Laura si sentiva triste e depressa col pensiero fisso per Marco. ‘Perché ha rotto? Perché ha detto quelle parole?’ Percepiva che non le aveva detto la verità. Si domandò quali reali motivi l’avevano indotto a ritornare a Ferrara, abbandonando Milano, rinunciando a quella proposta di lavoro interessante già pronta e solo da sottoscrivere. ‘Ne abbiamo discusso. Sembrava d’accordo nell’accettare, ma invece’ rifletteva, rannicchiata in un angolo della macchina di Sofia. Non parlava e non partecipava alla conversazione. Pareva un corpo estraneo, presente solo fisicamente.

Paolo, sempre più indispettito dal suo comportamento, prevedeva che sarebbe stata una serata inutile e irritante. ‘Sono qui e non posso fare nulla’ pensò. ‘Non ho altra alternativa che accettare l’assenza di dialogo e fare da compagno a un fantasma melanconico e triste’. Rifletteva in silenzio sulla strana situazione che si era creata. Se fosse stato per lui, le avrebbe salutate alla Pasticceria del Corso, chiudendo una serata poco stimolante. ‘Non potevo costringere Matteo a rifiutare’ si disse ‘visto che tra lui e Sofia c’era stato fin da subito un buon feeling’. Era uscito con l’amico per dimenticare un recente episodio, che l’aveva molto distratto e depresso. Paolo era da poco uscito da un’esperienza non proprio edificante con Roberta, una donna separata, possessiva e assillante. Aveva capito troppo tardi, perché il marito l’avesse piantata in asso. La donna sosteneva il contrario che era stata lei a mollarlo. Tuttavia, anche se lei aveva spergiurato di avere deciso in autonomia di lasciarlo, adesso capiva che non era la verità. Di questa relazione aveva un solo buon ricordo: l’unico aspetto piacevole era stato il sesso. Il resto era stato una frana.

Confrontando le due donne, trovò che Laura appariva dolce, tranquilla e senza tanti grilli per la testa. Era l’esatto opposto di Roberta. Due personalità differenti.

Paolo ammise che Laura si era sforzata di essere gentile con lui. Tuttavia il distacco e la freddezza delle parole era stata fin troppo evidente da poter essere ignorata. Lei era assente nelle conversazioni, vi partecipava svogliatamente, rispondendo a qualche domanda più per educazione che desiderio di scambiare due parole. Loro restavano muti, immersi nei loro pensieri, mentre Matteo e Sofia chiacchieravano allegri e distesi.

Paolo tra uan riflessione e un’altra osservò che Matteo era euforico per l’incontro con Sofia. Lui era alla ricerca di una donna, che sapesse donare se stessa e dominare le sue incertezze. Fin dal primo approccio aveva trovato Sofia rispondente all’identikit, che aveva pensato.

La sera si concluse a mezzanotte col rientro in città. Finalmente Laura e Paolo poterono salutarsi senza dirsi arrivederci. Erano ansiosi di andarsene coi loro pensieri, i loro problemi, con i loro sentimenti calpestati.

Laura e Sofia, l’una accigliata, l’altra euforica, potevano parlare di loro e dei loro dilemmi senza la presenza di Matteo e Paolo.

non passava giorno – cap. 5

dal web
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Le due amiche stavano attorno a un tavolo della Caffetteria del Corso con due uomini incontrati per caso a prendere l’aperitivo. Sofia era scatenata e sembrava un fiume in piena, mentre Laura partecipava alla conversazione senza entusiasmi. Pareva l’acqua immota dello stagno, agitata ogni tanto da qualche sassata maliziosa.

Pensierosa e priva di stimoli osservò Sofia ‘É una ragazza impulsiva’ ragionò Laura. ‘Si lascia trasportare dalla sua vivacità e agisce senza riflettere troppo’. Lei aveva sperato in una serata tranquilla per ragionare sulla rottura con Marco. ‘Forse ho preteso troppo’ concluse in silenzio. ‘Pazienza’. Si rassegnò a trascorrerla con questi due sconosciuti.

Laura valutò i due uomini. Dovendo effettuare una scelta, le sue preferenze cadevano su Paolo, che le appariva più posato e tranquillo. Era un bel uomo alto e dai lineamenti delicati. Parlava in modo misurato e riflessivo. Matteo le apparve più spontaneo nei gesti e nelle parole ma anche meno attento nell’esprimere giudizi, che creavano scompiglio.

L’uomo, captando i pensieri di Laura che fluivano liberi nell’aria viziata del locale, le domandò, perché fosse poco presente nella conversazione. “Forse la nostra compagnia ha scombussolato i tuoi piani?” s’informò in modo discreto, avvicinandosi al suo viso. Paolo voleva abbattere quel muro di silenzio che si frapponeva fra loro, visto che avrebbe fatto coppia forzosamente con Laura, la quale non rispose.

La tua amica è una fiumara gonfia d’acqua” continuò con tono ironico e pacato. “Pare una massa liquida, che travolge quello che incontra sul suo cammino verso il mare. Parla in continuazione. Senza un attimo di pausa”.

Laura accennò col capo che era d’accordo con le sue parole.

E’ veramente simpatica e piena di brio” concluse Paolo, prima di rilanciare la domanda ‘Cosa fai? Studi o lavori?’. Tacque, aspettando le risposte, che tardavano ad arrivare.

Laura si trovò in difficoltà, perché le risposte erano difficili da formulare. ‘Non studio, né lavoro’ avrebbe potuto tranquillamente rispondere. Tuttavia preferì soppesare con cura le parole. Non era sua intenzione svelare i dettagli della sua vita. Stava cercando di capire l’atteggiamento da tenere. ‘É meglio aprirsi completamente oppure lasciare zone d’ombra?’ Scandendo con lentezza le parole, rispose cauta. “Avevamo deciso di prendere un aperitivo. Il fortuito e fortunato incontro con voi ci ha scompigliato piacevolmente i programmi” disse con un sorriso pallido. “Siete due persone simpatiche. É gradevole stare in vostra compagnia”.

La risposta generica non soddisfaceva le attese di Paolo, che le tornò a chiedere sommessamente. “Ma cosa fai?”

Non lavoro” iniziò Laura, senza rivelare che aveva terminato gli studi. “Sul mio futuro professionale non ho le idee chiare o, meglio, non ho deciso. Per il momento sto alla finestra e mi prendo una pausa distensiva”.

La risposta sobria di Laura rendeva enigmatica la sua figura, senza che Paolo avesse capito molto di lei. Si stava ponendo l’interrogativo, se fosse il caso di avviare un discreto corteggiamento oppure di prendere quello che la serata avrebbe riservato. A suoi occhi Laura appariva come una ragazza intelligente, dotata di fascino e di personalità decisa e matura. Doti non facili da rintracciare insieme. Quello, che lo rendeva perplesso, erano i suoi atteggiamenti difensivi e guardinghi. Pareva più una donna in relazione che single. Questo pensiero gli procurò dei fastidi.

Paolo non aveva ancora assorbito il burrascoso rapporto con una donna separata, più vecchia di lui, che era finito in malo modo. Non era sua intenzione ripetere l’errore. ‘É meglio rimanere single piuttosto che avere per compagna una donna separata o divorziata e più anziana per giunta!’ rifletté amaramente, mentre pensava alla prossima mossa. Laura gli piaceva. Gli sembrava adatta alla sua personalità. Trovava gradevole il modo con il quale lei conduceva la conversazione. ‘Chissà se ha un compagno?’ si domandò. ‘Sta sulla difensiva e non lascia trapelare nulla’.

Bene“ cominciò Paolo con pacatezza “ho trenta anni e lavoro in uno studio di architetti, come socio junior. Voglio crescere in fretta professionalmente, perché la mia aspirazione è di aprire uno studio tutto mio”. Fece una breve pausa e riprese. “Non ho capito quanti anni hai. Ma forse non me l’hai detto”.

Laura si sentì in trappola, perché non poteva eludere a queste domande dirette ed esplicite. Non poteva nascondersi dietro a quesiti non posti.

Hai ragione“ rispose, “non te l’ho detto. Ho venticinque anni e sono laureata da poco in ingegneria gestionale”.

Dopo una breve pausa Laura ricominciò. ‘Non ho le idee ben chiare sul mio futuro. Per il momento preferisco vagliare con attenzione le diverse proposte ricevute, alcune interessanti, altre meno. Le opportunità non mancano. Anzi sono fin troppo numerose. Le scelte possono aspettare alcune settimane. Non ho fretta, né necessità pressanti di iniziare un lavoro qualsiasi’.

Laura tacque guardando fisso negli occhi Paolo senza timori reverenziali, come le avevano insegnato nel corso sulla tecnica della comunicazione.

Paolo capì che questa donna dai capelli ramati e dal fascino discreto e avvolgente sarebbe stata un osso duro da conquistare, ammesso che fosse single e disponibile a essere corteggiata

Pur essendo più giovane di lui, pensava ‘Ha idee precise su cosa desidera da sé e dagli altri. Si muove con perizia e abilità nell’evitare trappole e insidie’. Man mano che lui conosceva qualche nuovo pezzetto della sua personalità, sentì crescere l’attrazione verso Laura. Nonostante queste sensazioni era arrivato alla conclusione che in lei non era scoccata nessuna scintilla o empatia verso di lui. Laura rimaneva fredda e distaccata, rassegnata a trascorrere malvolentieri con lui la serata

Per Paolo era chiaro che Sofia aveva accalappiato Matteo, che si era lasciato irretire dalla parlantina sciolta ed efficace della ragazza.

Laura sentiva crescere dentro di sé il fastidio di parlare controvoglia con una persona che al momento non provava nulla. Quello, che la frenava, era il pensiero di Marco. Era stato troppo importante per lei per relegarlo così in fretta tra ricordi remoti, perché era fresca la ferita della rottura. Non riusciva a immaginare di sostituirlo con Paolo. Sperava sempre che Marco si materializzi dinnanzi a lei da un momento all’altro.

‘Sarà anche un bel ragazzo, dai modi gentili e. affabili, colto e con le idee precise sul suo futuro’ rifletté Laura, mentre sorseggiava l’aperitivo ‘ma mi rimane un estraneo. Speriamo che la serata termini in fretta’. Voleva rimanere con i suoi pensieri e dubbi. ‘Accidenti!’ concluse amareggiata ‘Perché mi sono lasciata convincere a uscire?’

Sofia, come un fiume in piena che esonda nella campagna, traboccava di parole, di sorrisi, di risate. “Ragazzi,” cominciò “io e Laura avevamo deciso di trascorrere la serata attorno a un tavolo. Volete unirvi a noi per suggellare il nostro incontro?”

Laura disperata pensò che la frittata era fatta e che difficilmente si sarebbero levate dai piedi questi due uomini. ‘Speriamo che Paolo capisca e dica di no’ rifletté poco convinta.

A Matteo brillarono gli occhi. Avrebbe accettato senza proferire alcuna parola, mentre Paolo stava ragionando sulla risposta da dare. Non le piaceva la prospettiva di passare la serata in compagnia di una splendida donna, algida e distaccata, che assomigliava più a un manichino che a una persona. Sarebbe stato come entrare in un ristorante affamato senza poter mangiare nulla. Pur combattuto da mille dubbi, decise di rispondere positivamente. ‘Per stasera non ho impegni’ si disse. ‘Piuttosto che passarla annoiato davanti alla TV, è preferibile la loro compagnia. So di avere reso un grosso favore a Matteo’.

Non possiamo lasciarci sfuggire l’occasione di cenare con due splendide ragazze” affermò Paolo galante. L’amico era raggiante, perché Sofia gli piaceva decisamente.

Dove?” chiese Paolo.

A casa mia” rispose una Sofia sorridente.

Non passava giorno – cap. 4

foto personale
foto personale

La sera precedente Marco aveva offerto una cena a tutto il gruppo per festeggiare la laurea conseguita con tanta fatica a luglio, party rimandato più volte, perché non tutti gli amici non erano disponibili. Era stata una serata allegra e gaia con Marco e Laura al centro della festa.

Lui rideva e scherzava con la morte nel cuore, perché sapeva che questa sarebbe stata la cena dell’addio.

Lei era raggiante, mentre si stringeva al suo uomo, ignorando la tempesta che si sarebbe abbattuta la mattina seguente.

Marco a notte inoltrata la riaccompagnò a casa, anche se Laura avrebbe voluto trascorrere il resto della nottata con lui per completare i festeggiamenti. Lui si scusò. “Mi sento stanco con la testa pesante per il troppo bere” le aveva detto sulla porta di casa. Le diede un bacio appassionato, prima di lasciarla. “Alle dieci al solito posto sotto il cedro del Libano. Notte!”

Alle dieci, amore mio”, rispose la ragazza con un tono triste quasi presagendo quello che sarebbe successo tra poche ore.

Non aveva sonno, non sentiva la stanchezza della giornata convulsa. Nell’appartamento per terra valigie e borsoni, pacchi e pacchetti erano pronti per essere caricati sulla macchina. Il resto degli oggetti, quelli più ingombranti e non indispensabili, sarebbero rimasti nell’abitazione. ‘L’affitto è pagato fino a fine anno. Non c’è fretta’ si disse. ‘C’è tutto il tempo per organizzare con calma il trasloco definitivo’.

Marco abitava in un bilocale grazioso e soleggiato nella periferia di Milano, che occupava da cinque anni. Per Marco e Laura era diventata la loro casa, riempita giorno dopo giorno coi ricordi della loro presenza.

Si era sentito prosciugato nello spirito e privo di energie, perché l’euforia iniziale del ritorno a Ferrara stava scemando, mentre si aggirava per le stanze semi vuote. I dubbi avevano fatto capolino minacciosi e avevano oscurato la gioia della decisione. Aveva creduto di averli disciolti. Adesso erano tornati a galla. Motivazioni e dilemmi si erano presentati sempre uguali. L’amore verso Laura, l’impossibilità della ragazza di adattarsi a un’esistenza diversa da quella attuale. Per lei era come iniziare una nuova vita con nuove amicizie e nuovi ritmi, chiudendo un libro per iniziarne un altro completamente differente.

‘Amo Laura, ma non posso trascinarla a Ferrara” si era detto per rafforzare la convinzione che la scelta operata fosse stata quella giusta. Lei aveva idee grandiose sulla futura professione con molte e ottime offerte. Aveva solo l’imbarazzo della scelta.

‘Non posso chiedere di sacrificare le sue aspirazioni e se stessa per seguirmi e per seppellirsi in una città di provincia’ si era detto più volte. ‘Ferrara non può offrirle interessanti prospettive professionali’. Secondo la sua visione della vita il lavoro avrebbe dovuto essere vicino a casa. ‘Posso offrirle solo il mio amore, che difficilmente avrebbe compensato quello che manca’.

Per lui questi cinque anni a Milano erano stati una tortura. Non si riconosceva più. Aveva perso la capacità di decidere rapidamente e bene. Si sentiva molle e indeciso. La sua fortuna era stata quella di aver incontrato Laura e un gruppo di persone eccezionali che gli avevano dato la forza per superare i momenti di crisi più acuti.

Marco continuò a divagare nel suo muoversi per casa agitato e angosciato. Il flusso dei flashback sembrava un torrente in piena, spumeggiante e tumultuoso, pronto a dilagare nelle aree circostanti.

Passò una notte insonne, popolata da incubi e pensieri, da dilemmi e pentimenti. Erano le otto, quando Marco si riscosse dal penoso dormiveglia inquieto e affannato. Impacchettò gli ultimi oggetti prima di uscire.

L’aria fresca del mattino aveva alleviato in parte le difficoltà della mente a mantenersi lucida, aveva spazzato via la stanchezza. Si sentiva pronto ad affrontare la prova più difficile della giornata: Laura.

Si fermò al solito bar per il primo caffè della giornata. Lo sorseggiò con lentezza senza avvertirne il sapore amaro. Mentre sbocconcellava svogliatamente la brioche integrale calda, pensò che tra poco avrebbe salutato per sempre Laura. Camminò con lentezza, perché non desiderava arrivare in largo anticipo all’appuntamento, per ridurre al minimo l’angoscia dell’attesa.

Il tarlo del dubbio aveva continuato incessante il suo lavorio dentro la mente. Si era chiesto, se fosse giusto chiudere il rapporto con lei e quali probabilità avrebbe avuto di trovare una donna dolce e sensibile come lei.

‘Devo mostrarmi deciso nel troncare’ si era detto, avvicinandosi al parco. ‘La decisione di tornare a Ferrara è presa. Non posso tornare sui miei passi. Ogni domanda alimenta i dubbi’. Era lacerato dall’indecisione ed era timoroso di non riuscire a trovare parole e tono giusti.

Alle dieci in punto era sotto il secolare cedro del Libano su quella panchina che consideravano di loro proprietà. Qui avevano tante volte parlato del loro futuro, mentre si tenevano per mano.

Laura, come al solito, era in ritardo.

Fu spiccio. Dopo i saluti le disse semplicemente ‘addio’. Si allontanò senza mai voltarsi, perché un groppo gli serrava la gola e le lacrime erano pronte a scendere impietose.

Partì senza indugi per Ferrara. Giunto a casa dei genitori, sorpresi dall’arrivo inaspettato, Marco si rifugiò nella casa di campagna. Come un eremita rimase lì per diversi giorni nel tentativo di dimenticare Laura, godendosi gli ultimi scampoli di una estate, che non voleva cedere il passo all’autunno. Nonostante fosse lontano da tutti, dalle maldicenze e dalle domande pettegole dei conoscenti, non ci riuscì. Cercò di stemperare l’amarezza del vuoto che Laura aveva lasciato dentro di lui, ascoltando il silenzio dei campi, interrotto dal cinguettio degli uccelli. L’ansia di dimenticare quel volto lo svuotò. Tutte le certezze, che avevano corazzato la sua mente fino a quel momento, si dissolsero. L’incapacità di superare questo frangente mise a nudo la sua fragilità emotiva. Percepì che era giunto il momento di tornare in città per affrontare le domande scomode, alle quali non avrebbe saputo rispondere con precisione. Doveva giustificare delle scelte, che apparivano incongruenti e illogiche. Se non lo faceva adesso, non ci sarebbe più riuscito. Rischiava di avvitarsi su se stesso.

I genitori cercarono di capire i motivi del ritorno improvviso e senza preavviso. Ottennero solo risposte vaghe ed evasive, che percepirono come un alibi. Nonostante tutti gli sforzi avvertirono l’inutilità di conoscere i reali motivi e ci rinunciarono. Erano infastiditi dai commenti maligni degli amici e conoscenti, che avevano accompagnato il rientro di Marco dopo gli anni vissuti a Milano. Tuttavia speravano col passare dei giorni di venire a capo delle motivazioni concrete.

Non passava giorno – cap. 3

 

Foto personale
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Marco stava riordinando cassetti della sua scrivania. Era tempo che lo facesse. Nel frattempo doveva mettere ordine nei flashback, che si erano accavallati confusi nella memoria. Non sapeva neppure lui cosa stesse cercando. In realtà ne era perfettamente consapevole ma pensava di ingannare se stesso. Era un ricordo del liceo. Seduto, vuotò sul piano del tavolo il contenuto del cassetto.

Era un ragazzo, alto dal corpo muscoloso forgiato dalla pallacanestro che aveva praticato al liceo con discreto successo, mettendo a frutto un fisico robusto e una tecnica più che pregevole. La statura non gli aveva garantito di giocare a livelli superiori. Quindi al termine del liceo abbandonò questa pratica sportiva, che in compenso aveva fatto sbocciare alcuni tratti del suo carattere. La prontezza nel prendere le decisioni, la lucida calma per fronteggiare i frangenti più concitati, una visione d’insieme a tutto tondo nell’affrontare i problemi.

Superata la maturità con una discreta votazione, si era iscritto all’università a Milano, dove si era trasferito dalla sua città natale. Qui aveva fatto sognare diverse ragazze con il suo viso da bravo ragazzo pulito e sorridente. Tuttavia la scelta era finita su Laura, con la quale aveva fatto coppia fissa per tutta la durata degli anni universitari. Dopo la laurea non aveva voluto rimanere in una città, che non percepiva come sua. Aveva avuto la sensazione di essere rinchiuso in gabbia. Lui amava gli spazi aperti della campagna, il ritmo lento della vita. Nonostante tutti gli sforzi profusi non era riuscito a superare questa percezione negativa. Aveva preferito tornare a Ferrara.

Apparentemente questa decisione agli occhi di amici e conoscenti sembrava assurda per le prospettive future che la città gli poteva offrire. Qualcuno azzardò l’ipotesi che lui fosse un perdente, perché non era stato in grado di vincere nostalgia e paure. Più volte aveva riflettuto, se avesse operato una scelta consapevole e ragionata. La risposta era sempre stata affermativa, perché aveva privilegiato la sua vita futura all’immediato presente. Era stato per lui un passo doloroso, perché aveva avuto come contropartita la rinuncia a Laura, che amava e che avrebbe voluto come compagna di vita. Anche in quel momento si diceva che non avrebbe potuto costringerla a finire in una città, come Ferrara, piccola e provinciale, sonnacchiosa e chiusa alle novità. Sapeva perfettamente che lei non concepiva un posto, dove vivere e lavorare, diverso da Milano. Qui era nata e cresciuta, seguendo i suoi ritmi frenetici e stressanti. ‘Quali prospettive di lavoro può offrirle Ferrara?’ si disse, nel momento che maturò la scelta tornare. La risposta non poteva che essere una: avrebbero avuto molte difficoltà nel trovare qualcosa di professionalmente valido. Questo per lui sarebbe stato insopportabilmente troppo forte nei confronti della ragazza, perché ne avrebbe minato i loro rapporti.

L’alternativa era che lui rimanesse a Milano definitivamente. Una prospettiva che gli aveva creato molti dubbi e incertezze. Una vita di corsa non era quello che aveva immaginato per sé e l’eventuale famiglia. Se era sopportabile, vivendo da studente universitario, non lo riteneva tale nell’affrontare la quotidianità, costituita da lavoro, moglie e figli.

La decisione fu rapida e drastica. Un taglio netto senza ripensamenti.

Dal giorno del rientro aveva fatto piccoli lavoretti precari e saltuari, rinunciando a proposte professionalmente interessanti, che avevano il grave difetto di essere lontane da Ferrara. Dopo otto mesi era riuscito a trovare il posto che desiderava a Bologna. Era felice come un bambino al quale era stato regalato un nuovo gioco. Finalmente non sarebbe stato più di peso per i genitori. Aveva ragionato il giorno precedente che era giunto il momento di pensare seriamente a una ragazza, con la quale condividere le gioie e i dolori dell’esistenza futura.

Ancora poco, appena tre giorni lo dividevano dal nuovo lavoro. Poi avrebbe iniziato una nuova vita, scandita da levate mattutine, da treni di pendolari e perennemente in ritardo, dai ritmi del lavoro e da nuove amicizie. Era impaziente di esplorare questo aspetto ignoto del vivere quotidiano, di comprendere quali prospettive gli avrebbero riservato il futuro.

Marco era alla ricerca del vecchio quaderno di poesie, scritte durante gli anni del liceo. Era rimasto abbandonato, quando aveva iniziato l’università a Milano. Sul tavolo sparpagliati c’erano vecchie lettere sgualcite, fogli ingialliti di appunti scolastici, disegni e schizzi appena abbozzati, diverse fotografie a colori rovinate dal tempo.

Sotto stava una busta bianca, che pareva incitarlo ad aprirla. La prese in mano titubante, scostandone il lembo superiore libero.

Il cuore si fermò per un istante, quando ne vide il contenuto. Avrebbe voluto non notarla ma la mano aveva estratto le fotografie di Laura. Ricordi dolorosi, che in questi mesi aveva cercato di cancellare. Insieme alle istantanee c’erano un paio di fogli sciupati, vergati a mano con la scrittura minuta e senza fronzoli di lei. Erano le poche lettere che aveva conservato, mentre il resto era stato distrutto.

Il cuore prese a battere a mille, mentre un groppo gli bloccava la gola. ‘Perché ho conservato fotografie e lettere?’ pensò. ‘Non ricordo, quando le ho infilate nella busta. Pensavo di aver bruciato tutto per rimuovere le tracce di Laura’. Nella busta c’erano anche altri oggetti, che gli ricordavano i momenti felici della loro relazione ma implacabili riaprivano un capitolo doloroso, che credeva chiuso per sempre.

Si appoggiò allo schienale della sedia. Lasciò la busta sul piano del tavolo, carica di ricordi piacevoli e amari, dopo aver riposto il resto nel cassetto.

Temeva il riaffiorare di un fantasma, che pensava d’avere sepolto definitivamente otto mesi prima. Tuttavia adesso si stava materializzando sotto i suoi occhi. Immagini, parole e sensazioni si addensavano, come nuvole impazzite nella testa.

La mente tornò al 25 agosto dell’anno precedente. Stava nel parco nei pressi dell’università sulla panchina posta sotto il secolare cedro del Libano, che era stato il muto custode dei loro segreti.

‘Ho detto un addio senza spiegazioni, perché non volevo prolungare l’agonia della nostra relazione’ pensò. ‘Sono partito subito per Ferrara’.

I giorni successivi furono terribili perché la sensazione dello strappo aveva lacerato i pensieri e le azioni con mille tagli dolorosi. ‘Sono stato male’ ricordò. ‘La visione di Laura piangente e sconvolta mi ha perseguitato di giorno e di notte’.

Mentre scorrevano le immagini un po’ sfocate del film di quei giorni pieni di angosce e di sensi di colpa, si ricordò di aver deciso la distruzione di tutto quello che potevano rammentargli Laura. Le lettere, le istantanee e altri mille segni della loro relazione. Solo i regali aveva nascosto in cantina. Non aveva avuto il coraggio di gettarli. Per un motivo imperscrutabile aveva invece conservato la busta e il suo contenuto.

A distanza di otto mesi capì di essere stato un codardo, perché non aveva voluto affrontare i sentimenti, gli occhi e le parole di Laura. Fissò la grande busta bianca, senza avere la forza di toccarla, di aprirla per riesumare il dolore del distacco.

‘Avrò il coraggio di guardare di nuovo il contenuto?’ si domandò muto e angosciato. ‘Sarò capace di andare in cantina a cercare gli altri oggetti che mi ricordano Laura?’ Continuò a osservarla incapace di muovere le mani. Non si riconosceva. Incerto e confuso non voleva prendere una decisione. Lentamente prese fra le dita quel frammento di vita, determinato a scacciare i fantasmi e affrontare le sue paure. La mente tornò ai giorni dopo la laurea, perché rammentava con precisione ogni istante, ogni pensiero, ogni azione di quei momenti.

Era una fresca mattina di fine agosto, quando decise che era giunto il momento di rompere e di tornare a casa. Si era spento l’eco festoso della laurea, che avevano conseguito insieme a fine luglio. Non aveva ottenuto il massimo dei voti, ma il professore l’aveva elogiato pubblicamente per l’ottimo lavoro presentato. Si era laureato in Ingegneria Gestionale con la tesi ‘Come valorizzare gli asset di un’azienda editoriale in liquidazione coatta’.

Per scriverla era stato aggregato come stagista a una società di consulenza, incaricata di valorizzare e vendere gli asset di una casa editrice commissariata. Aveva lavorato duramente per oltre nove mesi, aveva imparato diversi aspetti di un’attività difficile, era maturato nel carattere.

Ne era uscito un lavoro pregevole. La società gli aveva offerto di entrare come consulente junior. Marco avvertiva dentro di sé che non sarebbe stato felice a Milano, perché non la sentiva sua. Preferiva la sua città, piccola a misura di uomo, dai ritmi lenti e tranquilli, piena di ricordi e monumenti antichi. Prese tempo per riflettere sulla proposta. Non si riconosceva nella persona che prendeva rapide decisioni sul campo di basket. Era tentennante e indeciso. Alla fine rifiutò, lasciando perplessi e delusi i componenti del team. Come se si fosse scrollato da dosso la paura, che l’aveva reso titubante, decise che era il momento di consumare l’addio.

Su questa proposta di lavoro era stato generico e reticente con Laura, perché temeva che lei avrebbe cercato di convincerlo a non rinunciare all’offerta allettante. Se lui l’avesse ascoltata, il tarlo del dubbio avrebbe ricominciato a lavorare dentro di lui. Il progetto del ritorno a Ferrara doveva decollare senza se e senza ma. Non doveva sfogliare la margherita del ‘parto’ o ‘non parto’. ‘Non potevo macerarmi in altre esitazioni, in nuove valutazioni dall’esito incerto’ rifletté Marco, ripensando a quei giorni.

Preso tra due fuochi, l’amore verso di lei e la sirena del ritorno, aveva trascorso gli ultimi mesi tra titubanze e incertezze.

‘Ho avvertito crescere dentro di me un astio ingiustificato e irrazionale verso Laura, che aveva un’unica colpa. Quella di amarmi’ concluse amaramente