Un raggio di sole

Un raggio di sole,
simile allo scarno braccio,
invade,
penetra
l’oscura stanza.
Fuori gli elementi si sono scatenati
in un vigoroso e sinfonico concerto di voci.
L’irregolare picchiare delle gocce,
il furioso martellare della pioggia
è stato simile al cupo
e melanconico rullare del tamburo,
che c’accompagna nell’ultimo viaggio.
Ora il sole ha sconfitto l’oscurità
e gli elementi scatenati.
Dalla strada
un gradevole odore di terra bagnata
riempe le narici dilatate
a cogliere l’attimo fuggente di felicità.
A poco a poco,
a tratti
con lentezza quasi esasperante
il raggio di sole
percorre ed esplora
le pareti della stanza
che proseguono verso l’infinito.
A gara le rondini tornano gaie
a solcare il cielo ancor più terso,
perché invisibili particelle d’acqua
riflettono la luce, impreziosendolo
di un azzurro sempre più bello.
Il tuono, il lampo,
riposto il fragoroso rombo e l’accecante guizzo,
si quietano e osservano tranquilli
preparandosi a portare su nuove terre
altre angosce, altre ansie, altri timori.
Il continuo rinnovarsi incanta il fanciullo,
che impaurito da tanta violenza
stava sbigottito accanto alla madre,
che lo conforta.
E’ attratto da tutto,
ma tutto respinge spaventato
e aspetta fiducioso il sereno
e il ritorno della calma
per riacquistare la fresca baldanza dell’età,
ricca di gioie, povera di amarezze.
L’aria mitigata si prepara
ad accogliere la sera,
che più fresca si avvicina in silenzio alle case.
Calano le tenebre,
scende la notte
salgono le stelle
s’illumina la luna.
Tutto riposa tranquillo
e tutti sognano felici,
mentre compare la gioia ristoratrice del sonno.

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capitolo 28

Arrivato in città, Giacomo passò una magnifica serata con Giulia. Andarono a teatro per presenziare alla recita del Eroticon di Vespasiano Strozzi. Ebbe un grande successo suscitando i desideri dei due amanti. Forse non c’era la necessità di ascoltare quei sonetti ma sicuramente diede un bel impulso alla nottata.

Di buon mattino, salutando con un certo dispiacere la donna, raggiunse la propria abitazione. Non poteva rimandare ulteriormente l’avvio dello studio di quei cunicoli. Ghitta aveva il broncio che crebbe, annusando le vesti del padrone: non avevano il consueto odore, che lei conosceva bene. Giacomo non tentò di rabbonirla, perché doveva imparare che non le doveva spiegazioni.

“Ghitta” le disse con tono serio, quello delle occasioni importanti. “Non desidero essere disturbato per nessun motivo, anche se fosse il nostro amato Duca. Voi, se volete, potete stare ma in silenzio”.

La serva annuì e l’aiutò a dispiegare le carte sul tavolo, mentre osservava con curiosità quei disegni poco familiari. Avrebbe voluto porgli molte domande cosa erano quei tracciati, quei disegni colorati e cosa c’era scritto ma si trattenne per non suscitare la collera del padrone. Erano mappe della città che, per essendo approssimative e quasi ingenue, rappresentavano quanto di meglio esisteva in quell’epoca.

Giacomo tracciò dei segni, seguì l’andamento di una strada, fece più di uno schizzo della sezione di un buco sul retro della mappa. La ragazza scrutava incuriosita e ammirata i disegni il cui significato le era ignoto, mentre il malumore lentamente si scioglieva, lasciando il posto al sereno. Gli portò una brocca di acqua fresca e qualche frutto di stagione sempre senza proferire una parola, finché non ce la fece più a resistere e iniziò a parlare.

“Messere ..” cominciò Ghitta, contravvenendo le disposizioni di Giacomo, rompendo il silenzio assoluto della stanza.

“Ghitta, cosa vi ho chiesto?”.

“Silenzio, Messere”disse sorridente e per nulla impacciata.

“Dunque tacete e non distraetemi” concluse l’uomo.

Aveva un certo impaccio nel mettere le misure. Lui ricordava solo quelle in metri mentre in quest’epoca si usavano altre unità per nulla familiari e senza possibilità di convertirle in qualcosa che conosceva.

“Piede? Braccio? O ..? Ma poi quanto equivalgono in metri. Un uomo armato quanto è alto? Mi sembra di impazzire non riuscire a dimensionare un buco perché non ho un’idea delle misure che si usano”.

Si guardò intorno alla ricerca di un campione ma nella stanza non c’era altro che Ghitta. Sconsolato in mancanza di alternative ripiegò su di lei, che in realtà era bassettina ma che poteva costituire una buona pietra di paragone.

“Ghitta, mi sono sempre chiesto quanto siete alta. Non intendo ironizzare sulla vostra statura ma ..”

“Uffa!” esclamò la ragazza rabbuiando in viso. “Sono piccola, lo so. Mia madre non è riuscita a fare niente di meglio”.

“Non inquietatevi. Mi interessa per certi conti. Ha importanza comprendere la differenza esistente tra voi e un uomo armato”.

“Un abisso! Io si e no gli arrivo alla pancia. Sapete all’altezza giusta per ..” cominciò ridacchiando.

“Ghitta! Non vi ho chiesto di scendere a questi particolari!” l’interruppe prima che concludesse il discorso. “Mi interessa conoscere quanti piedi o braccia siete alta. Poi se vuoi affrontiamo anche questo altro aspetto del problema”.

“Ma non lo so. Nessuno mi ha mai misurata! Un uomo armato sarà un poco più alto di voi” concluse sorniona la ragazza.

“Bell’aiuto mi date! Devo fare tutto da me”.

“Però se vado da Zelinda, lei dovrebbe avere un asta che usa per misurare le dimensioni delle tende” e detto questo sparì velocemente.

Giacomo si rilassò in attesa del ritorno di Ghitta e rifletté sulla costruzione del terzo cunicolo.

“Non è eccessivamente lungo. Ma per chi serve? In quella X chi ci abita?”. Ricordava che nella sua epoca su quel angolo c’era un palazzo rossiccio con un bel parco. “Domani vado a vedere cosa c’è e mi rendo conto bene delle distanze”. Era immerso in queste riflessioni, quando udì la voce della serva che stava rientrando con un bastone nodoso, lucido per essere stato toccato da molte mani.

“E questo cosa sarebbe? La vostra unità di misura?”.

“Penso di sì. Quando viene Abramo, sapete quel commerciante ..”

“Ghitta, ho capito. Quello che mi mette le corna. Non c’è la necessità di spiegarlo ancora una volta” replicò tagliando corto le maldicenze, che lo stavano disturbando non poco. Ironizzare che le figlie non gli assomigliavano poteva starci come battuta spot ma poi gli subentrava una sensazione di fastidio sapere che la moglie lo tradiva. In lui non c’era nessuna forma di gelosia nei confronti di Isabella, che gli era totalmente indifferente, ma il solo pensiero gli causava una percezione di banale seccatura e di malumore che faticava a controllare.

“Dunque questo Abramo usa questo bastone?”

“No, no! Zelinda dice che le serve stoffa per cinque volte il bastone. Ma lui estrae da un fodero di cuoio un po’ consunto un’asta di ferro e ne taglia sei volte. Dice che .. Non ricordo cosa dice, perché l’ho visto solo armeggiare senza udire le parole”.

“Fa niente, Ghitta. Questo bastone è prezioso. Ora vieni qui che ti misuro”. A occhio era poco meno di un metro, circa quattro palmi.

Con buona approssimazione scrisse dei numeri che avevano un significato solo per lui. Il giorno dopo avrebbe ispezionato il cunicolo della Porta degli Angeli e si sarebbe fatta un’idea più precisa.

“Ghitta, questo bastone mi serve nei prossimi giorni. Zelinda ne farà senza ..”

“Ma mi bastonerà se non glielo riporto” esclamò terrorizzata.

“Ah! Ah! Sono o non sono il padrone di casa? Tutto mi appartiene, bastone compreso. Se ha delle rimostranza mandala da me” e il bastone finì sul tavolo.

Erano passate poche ore dalla battaglia con la madre, quando spuntarono puntuali le amiche. Laura le accolse nella bottega e continuò a lavorare. Sperava che la presenza del padre e la scarsa attenzione fiaccasse la loro resistenza ma fu tutto inutile. La bombardarono di domande come se la volessero lapidare. Una sassata dopo l’altra senza sprecare un colpo.

La ragazza si difese con ordine senza perdere mai la pazienza, replicando quando c’erano i motivi, glissando sui quesiti più insidiosi. Poi al tocco se ne andarono per nulla soddisfatte e il martirio finì. Il resto della giornata filò liscio senza altre curiosità morbose da parte di qualcuno.

Nei giorni seguenti non successe nulla di nuovo, togliendo alla notizia quel pizzico di curiosità pruriginosa che c’era stata dopo che la voce sulla mitica carrozza ducale e sulla ragazza si era spara nel rione. Lentamente le chiacchiere si smorzarono mentre si dimenticarono della giornata trascorsa nella delizia di Belfiore.

Laura rifiatò e riprese le consuete attività di levarsi al canto del gallo e di coricarsi dopo l’imbrunire. L’assedio delle amiche divenne più blando, meno ossessivo, mentre lei copriva con la polvere dell’oblio quel piacevole ricordo. Non desiderava cullarsi nelle fantasie di aver centrato il cuore del Duca, per poi riaprire gli occhi e scoprite che era stato un bel sogno.

Erano passate due settimane e qualche giorno, quando un messo ducale le recapitò un nuovo messaggio. Questa volta passò quasi inosservato, perché solo poche persone notarono il suo arrivo senza che la notizia si diffondesse a macchia d’olio in un amen. Non era stato così sfrontato da catturare l’attenzione di tutti, come il precedente ma discreto e felpato, quasi in sordina. Il paggio assomigliava più a un servitore che si recasse dal berrettaio per ordinare un nuovo capello da cerimonia per il padrone che a un messaggero ducale. Senza troppe fanfare consegnò la missiva chiusa dal sigillo ducale direttamente nelle mani di Laura, che casualmente era sola nella bottega.

Con un misto di trepidazione e di curiosità aprì il messaggio senza l’impicciona di Paola dietro le spalle. Poteva leggerlo senza apprensione o sotto le domande incalzanti della madre

“Madonna Laura!

Vi aspetto per rinnovare la piacevole giornata di Belfiore. Questa volta siete attesa ai Giardini del Cavo, nella Pescheria. Domani passerà un messo a raccogliere il vostro messaggio di risposta.

Ditemi dove la carrozza vi dovrà attendere. Circolano molte lingue maligne si voi, si di me e non voglio alimentarle. E’ stato imprudente il mio solerte segretario nell’organizzare l’incontro precedente. E di questo me ne dovrà rendere conto. Avevo richiesto cautela e discrezione ma si è mosso con goffaggine, disattendendo le mie disposizioni.

Vi aspetto.

Vostro Alfonso”

Dunque era lei ad organizzare il punto d’incontro fuori dagli occhi indiscreti delle persone del rione e forse della madre.

“Qual’è un punto sufficientemente vicino da essere raggiunto a piedi e abbastanza lontano per non essere visto da persone del rione? Ma il giardino del Cavo dove si trova con precisione?” si domandava incerta la ragazza.

Porre delle domande poteva suscitare la curiosità di qualcuno. Vagamente aveva sentito dire che era un posto incantevole, parzialmente sotterraneo dove scorrevano acque fresche e corroboranti tra fiori e frutteti. Uno dei posti prediletti dalla Duchessa e la sua corte di dame.

“Non è stato forse imprudente, il nostro amato Duca nel proporre questo nuovo incontro?”.

Scosse la testa mentre stringeva al petto quella missiva come se fosse il suo amore. La felicità cresceva ad ogni istante ma doveva pensare alla risposta.

“In fondo a via della Rotta potrebbe essere una buona locazione. Non dista molto dalla bottega. Difficilmente qualche persona che conosco passa da quelle parti. E poi c’è l’ospedale di Santa Giustina a pochi passi. Mi pare il luogo giusto. Visibile ma sufficientemente anonimo da passare inosservato”.

Laura aveva deciso per la piazzetta antistante la chiesa di Santa Giustina, dove avrebbe acceso un cero per Santa Giustina, la protettrice delle ragazze nubili.

Il problema era scrivere il messaggio per il Duca, perché non aveva un’idea di come impostarlo e metterlo in forma corretta.

“Stasera porto in camera qualche carboncino e qualche pelle per esercitarmi prima di mettere tutto sulla carta in maniera definitiva”.

Allegra e sorridente infilò il messaggio nel corpetto tra la stoffa e la pelle per sentire il calore che emanava.

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Al vento lascio ..

Al vento lascio le mie parole,
perché le disperda fra la gente
quale testamento d’una persona
schiacciata dal dolore umano.
Alla terra lascio le mie spoglie,
perché le riduca e uguagli al nulla.
Il mio spirito lo lascio a te,
perché viva e si perpetui in eterno.
Il vento chi è?
Vuote parole senza costrutto,
che si agitano per il mondo,
sperando che germoglino
altrui esseri inutili come me.
La terra cosa è?
Materia amorfa che vegeta
in un corpo senza vita.
Solo lo spirito vive
e viene ricordato,
finché, travolto dalla dimenticanza umana,
cessa di esistere
e diventa: è stato.
 
Al vento lascio”: qui compare una persona, velata di ricordi e carica di disperazione, che non può esistere temporalmente, perché esiste solo nella fantasia del poeta che è senza spazio e senza tempo.
Ogni cosa passa e va: “tutto scorre”, “tutto è stato” diceva nell’antichità saggiamente Eraclito, intuendo quello che è più labile e fatuo nel destino umano.
Solo e solamente lo spirito può continuare a vivere, può continuare a perpetuarsi, tramandarsi nei secoli, a condizione che in noi esista un “tu” che ricordi, che affidi, al di sopra dello spazio e del tempo, a chi verrà dopo di noi, la nostra eredità.
L’uomo è soprattutto uomo e, come tale, è destinato al nulla, al cessare di essere, a diventare polvere.
Proprio per questo anche lo spirito cessa, non è più: è stato. Perché? Perché fa parte di noi, come noi facciamo parte di questa terra che col tempo non sarà più. Perché noi dimentichiamo e copriamo sotto il velo dell’oblio ogni cosa: tutto si ricopre di polvere e si consuma, non resiste all’usura del tempo.
Viviamo e dimentichiamo, riviviamo e ricordiamo ed infine torniamo a dimenticare ed a vivere ed ancora a coprirsi di polvere e così via: è un gioco incessante di chiaro e di scuro, che è nato con la terra e si perpetuerà nel tempo con l’uomo.

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Capitolo 27

Giacomo aveva lasciato alle spalle la baruffa con Isabella, che aveva minacciato tuoni e fulmini se non avesse messo la testa a posto e ordine alla sua vita, rispettando i doveri coniugali e familiari.

“Siete voi, l’uomo, e dovete dirigere la casa, pagare i fornitori e gestire i contadini. Voi non ci siete mai quando serve. Devo fare tutto io!” attaccò la donna appena lui mise piede nella stanza.

“Ma Madonna Isabella, io sono l’ingegnere del Duca e ..” replicò con soavità.

“Ma quale ingegnere! Voi siete il mio sposo e dovete accudire me e le bambine ..” urlò con quanta voce aveva in corpo.

Giacomo impallidì e stava per esplodere con un «Ho anche delle figlie?», quando, mordendosi le labbra, si trattenne dal dire qualcosa. Cercò vanamente di darsi un contegno, perché erano ormai quasi quattro mesi che frequentava questa casa e nessuno aveva avuto il coraggio di avvertirlo della figliolanza. Come una cipolla si spoglia, levando una buccia dopo l’altra, così scopriva una moltitudine di aspetti che lo coinvolgevano un po’ alla spicciolata.

“Ma loro stanno bene? Non me le mostrate mai e come faccio a seguirle?” disse timidamente per rifilare la patata bollente alla moglie.

“E come? Tornate a ore impossibili oppure vi assentate per giorni. State chiuso nelle vostre stanze con quella Ghitta ..”

“Veramente Ghitta me l’avete assegnata voi! E poi se non ci fosse lei ..”.

“Sì, se non ci fosse lei, ne avreste trovata un’altra di gonna per soddisfare i vostri istinti. Uno sposo così fedifrago, come posso mostrarlo alle mie figlie?” replicò acida.

“Ecco il punto. Sono figlie vostre e ..” incalzò Giacomo. “Voi me le negate e le mettete contro di me come se fossi un mostro”.

L’ultima stoccata aveva colto nel segno e Isabella era a corto di munizioni da sparare, perché colta dall’ira si era tirata la zappa sui piedi.

“Poi” aggiunse trionfante, affondando il coltello nella piaga. “Voi alla notte avete mille mali e non siete mai disponibile. Che devo fare? Una petizione al Duca o una richiesta al Vescovo?”.

La donna aveva perso ogni velleità e riusciva solo a balbettare qualche parola poco coesa, ormai sconfitta sul piano della dialettica.

“Se non avete altro da dirmi, mi ritiro nelle mie stanze a mangiare qualcosa. Ho un lavoro urgente e delicato da svolgere per il Duca e non vorrei perdere tempo in chiacchiere di poco conto. A proposito. Stasera posso passare dalla vostra stanza?”.

“Ma veramente. Non so.. Sarebbe meglio di no. Sapete ..” farfugliò incerta e colta di sorpresa da questa richiesta che era nella carte de dolèance. Negarsi aveva avuto il significato della resa senza condizione ed era un argomento che non poteva più spenderlo.

“Sapete che non avete voglia della mia compagnia” tagliò corto Giacomo e con un inchino la salutò, uscendo dalla stanza.

Chiusa la porta dei suoi appartamenti, chiese a Ghitta se le figlie stavano bene.

“Sì, le ho viste mentre voi eravate da Madonna Isabella. Non so il perché ma vi assomigliano poco. Beatrice ha un curioso naso e una capigliatura ricciolina come quella degli ebrei. Lucrezia è un amore, ma ha un colorito scuro e capelli folti e neri”.

“Volete dire per caso che non sono figlie mie?” chiese burbero, anche se dentro di sé ridacchiava.

“No, messere. Non intendevo dire questo. Non mi piace malignare come una comare. Ma la cuoca dice sempre che ..”

“Cosa dice la cuoca? Mi interessa conoscere il pensiero di chi lavora in questa casa. Dimmi, cosa ha detto la cuoca?”

Ghitta divenne rossa come un pomodoro maturo, poi disse in maniera appena sussurrata. “Dice che Beatrice assomiglia a Abramo ..”

“Abramo? E’ chi è costui?” domandò curioso e inquieto, immaginando già la risposta.

“E’ il commerciante di tessuti, che visita regolarmente la casa” pronunciò tutto d’un fiato la serva, come sgravata da un macigno che le pesava troppo.

“E Lucrezia di chi sarebbe figlia, visto il colorito non pallido?” incalzò Giacomo.

“Ma non so. Però posso sentire da Geltrude ..”.

“E chi sarebbe Geltrude?”

“La cuoca, naturalmente” replicò sorridente.

“Fa la cuoca o la comare?”

“Entrambe le cose!”

“Bene dopo i pettegolezzi, portami qualcosa da mangiare. Queste chiacchiere mi hanno messo appetito. Vorrei fare un riposino prima di riprendere un certo lavoro”.

Mangiò e il riposino fu rimandato ad altro giorno. Ghitta aveva degli argomenti molto persuasivi. Naturalmente anche quel certo lavoro fu spostato al giorno successivo. Adesso doveva tornare in città per l’appuntamento con Giulia. La serva corrugò la fronte e le chiese se sarebbe tornato per la sera.

“Non lo so. Dipende da certi affari” disse Giacomo in maniera enigmatica, prima di allontanarsi con la carrozza.

Il nuovo giorno arrivò soleggiato e caldo ma Laura rimase sepolta da una marea di domande che qualche volta facevano male come sassate.

Quando il cielo cominciò a rischiarare, la ragazza si alzò un po’ intontita per la notte trascorsa agitata e quasi insonne, preparandosi per la nuova giornata di lavoro. La visita alla delizia era stata archiviata come una bella parentesi, di cui ignorava quali sarebbero stati gli sviluppi futuri. Si lavò nella speranza di togliersi la patina dell’insonnia, indossò un comodo camicione di canapa grezza e ruvida e scese in cucina, dove trovò la madre pronta a porle raffiche di domande. Non poteva sottrarsi come la sera precedente e come San Sebastiano si preparò al martirio trafitta dalle frecce delle domande.

“Ieri sera avevo mille quesiti da porvi ma voi li avete scansati con eleganza. Oggi esigo risposte precise e coerenti. Come avete trascorso la giornata? Non mi lascio abbindolare da repliche fumose e incerte. Siete avvertita a rispondere dicendo la verità”.

“Madre, è stata una giornata meravigliosa tra suoni e cibo. Il nostro amatissimo Duca è stato un cavaliere perfetto. Non ne ho mai incontrato uno …”

“Forse volete dire che per l’intero pomeriggio vi siete guardati negli occhi, tenendovi per mano e declamando sonetti d’amore? Ma che figlia ho generato! Il nostro eccellentissimo Duca avrà pensato che siete fredda come il marmo! E così avete sprecato questa nuova occasione. Il destino non bussa più di due volte ..”

“Ma madre, cosa dovevamo fare?” la interruppe, abbassando gli occhi, per non mostrare l’imbarazzo su quello che Paola si aspettava che dicesse.

“Cosa dovevate fare? Devo forse spiegarlo a mia figlia, che pare una vergine Maria votata alla castità? Tra un uomo e una donna cosa si fa? Mi pare una sola cosa e voi niente .. Ci potreste ricavare un bel po’ di fiorini d’oro e forse altro. Prima o poi deve capitare. Ed è meglio con nostro Duca che con un uomo qualsiasi. Fosse capitato a me! Invece ..”.

“Invece cosa, Madre?” domandò Laura che intuiva la risposta.

“Invece mi sono dovuta accontentare di ..”. Fece una pausa e stava per confessare il tradimento con quel conte, quando udì il tossire discreto del marito e si fermò in tempo.

“Ma non sono pentita di averlo fatto con Francesco” aggiunse voltandosi verso di lui.

“Beh, veramente .. forse non era la prima volta” replicò imbarazzato l’uomo.

“Ero illibata quando l’abbiamo fatto la prima volta! Non ricordi le macchie di sangue sul lenzuolo?”.

“In effetti mi sembrava pomodoro ma forse è meglio parlare di questi argomenti intimi e delicati in privato e non di fronte a nostra figlia”.

Paola arrossì violentemente mentre Laura sorrideva compiaciuta per lo scivolone della madre.

“Poi madre, mi racconterete tutto nell’intimità della mia stanza. Ora non mi sembra il momento adatto”. Si sedette e bevette la scodella di latte, ormai tiepido. Doveva imparare ancora molti segreti di come comportarsi con un uomo. Per il momento riteneva che l’atteggiamento assunto fosse quello più fruttifero.

“Aprire le gambe con troppa docilità non mi porta da nessuna parte. Il nostro Duca mi avrebbe liquidato con qualche fiorino, come usa con le donne di malaffare. E mi sarei sentita come loro. Una sottile differenza ci avrebbe diviso: io avrei provato vergogna, loro lo fanno per mestiere. Per contro negarsi con garbo ha suscitato l’interesse verso di me. Aspettiamo e vediamo i risultati” rifletté mentre inzuppava un pezzo di pane nel latte ormai freddo.

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Leggo questo articolo di Grazia Giordani e non posso che trovarmi d’accordo.

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Intervista semiseria sulla poesia

Eccoci alla seconda parte della pseudo intervista. Seconda e ultima, per fortuna.
 
EGO Mi complimento ..
NWB Per cosa, di grazia?
EGO Dovresti essere contento. Nessun buh! Da curva sud verso la squadra ospite ma tanti elogi. Dovresti essere soddisfatto. Che effetto ti fa?
NWB A dire il vero il primo sorpreso sono stato io. Ma i fischi dal loggione sono sempre lì a portata di bocca. A Ferrara, molti anni fa, c’era un cinema, lì adesso c’è la solita banca, dove si programmavano film di terzo o quarto livello. Erano talmente scadenti e consunti che la pellicola si interrompeva inevitabilmente sulla scena cruciale, immaginate già in che punto. Allora il pubblico incattivito cominciava a fischiare e a gridare “Crema, vogliano indietro i nostri soldi!” Ovviamente Crema era il nome del proprietario. Mi sa che stavolta qualche lettore contrariato scriverà “NWB, scrivi qualcosa di decente!”.
EGO Va bene chiudiamo qui la parentesi sul passato e affrontiamo il tema della seconda parte.
NWB Aspetto solo le domande. Mi raccomando non troppo cattive.
EGO Cominciamo con una domanda banale, che non può mancare. Perché scrivi poesie?
NWB Uhm! Domanda banale ma insidiosa. Direi quasi ..
EGO Perché?
NWB Perché? Perché continui a girare il coltello nella piaga. Proseguiamo. Si perde nel tempo, quando avevo sedici anni. Pensavo, incautamente, di diventare uno scrittore famoso. Ovviamente non lo diventai, anche perché non riuscivo a scrivere più di due paragrafi, poi l’inchiostro diventava secco o simpatico. Qualche tentativo lo ho conservato a memoria futura per ricordarmi quanto ero vanitoso. Posso assicurarti che c’è da arrossire per le cretinate che scrivevo.
EGO Cosa c’entra con le poesie?
NWB Se hai pazienza di dico il perché..
EGO Purché non fai il giro del mondo in mille giorni ..
NWB Dicevo dunque. Ero uno scrittore fallito mai nemmeno tentato. C’erano i primi amori, le prime cotte travolgenti. Così scrissi le prime poesie d’amore dedicate a loro. Ci riuscivo perché fino a dieci righe le mettevo insieme.
EGO E loro cosa dicevano?
NWB Nulla.
EGO Come nulla? Scrivi poesie d’amore e loro zitte? Nemmeno un commento del tipo fanno schifo?
NWB Il problema era che le scrivevo e basta. Loro erano all’oscuro di tutto: delle poesie e della passione travolgente che provavo.
EGO Buffo modo di amare. Passioni segrete con tanto di dedica e zero riscontri. Poi immagino che ti sarai stancato di dedicare poesie a dei fantasmi che popolavano i tuoi sogni.
NWB Beh! Non erano proprio dei fantasmi ma delle ragazze in carne e ossa. Solo che ero timido ..
EGO Questa è buona. Me la devo annotare. Poeta timido con dedica d’autore. Però hai continuato a scrivere.
NWB Certamente. Ormai ci avevo preso la mano. Adesso pensavo di oscurare Leopardi, il mio poeta preferito, o Petrarca, altro grande che adoravo.
EGO E come è finita?
NWB Esattamente come per lo scrittore. Non sono diventato famoso ma Leopardi e Petrarca continuano ad essere in cima alle mie preferenze.
EGO Però hai avuto il coraggio di pubblicarle prima su splinder con il blog “Poesie in libertà – ovvero lo specchio dell’anima” e ..
NWB In effetti qualche tentativo timido, con scarsi risultati ovvero nessuno le ha degnate di un commento malevolo o benevolo, l’avevo fatto sulla piattaforma di window. Blog aperto e chiuso nell’arco di due mesi.
EGO Forse perché aveva avuto troppo successo in senso negativo?
NWB No, no! A parte le due o tre poesie, ignorate completamente mi ero spaventato per il seguito che avevo. Diverse decine di commenti per ogni post. Secondo me troppi.
EGO Dunque tornando a splinder hai cominciato con solo poesie.
NWB Si, solo poesie come era il titolo del blog. Poesie con dedica e altre vecchie e nuove, scritte in quel primo periodo felice.
EGO E questa volta come è andata? Meglio credo visto che ne hai proposte un discreto numero.
NWB Non mi lamento. Direi una buona accoglienza..
EGO Sempre modesto..
NWB No, cerco di mantenere i piedi per terra e riporre i sogni nel cassetto.
EGO Però se hai pubblicato le prime poesie dopo tanto tempo, vuol dire che le avevi conservate.
NWB Certamente. Trascritte su un quaderno in bella grafia con la penna stilografica e inchiostro nero di china ..
EGO Ah! Trascritte .. come mai?
NWB Beh! L’idea di diventare famoso non mi ha mai abbandonato. Così riflettevo. Quando sarò morto, prima no, non è possibile, scopriranno il mitico quaderno rosso ..
EGO Come quello di Mao?
NWB Ma quello è il libretto! No. Dunque quando troveranno in fondo al cassetto questo quaderno, allora verranno pubblicate postume e saranno un caso letterario.
EGO Continui a sognare a occhi aperti..
NWB Cosa costa? Nulla! Comunque ora sono pubbliche su internet e il problema non si pone.
EGO Le hai pubblicate tutte?
NWB No, sono una piccola parte. Il resto rimane sul quaderno rosso.
EGO Pensi di pubblicarle?
NWB Va bene sognare una volta, ma due è troppo.
EGO Cosa vuoi dire?
NWB Ho pubblicato quelle che ritenevo meritevoli e qualcuna la sto pubblicando ogni tanto su wordpress per rompere la monotonia dei miei romanzi a puntate. Così..
EGO Così possono dire i suoi lettori che sei molto eclettico?
NWB L’hai detto tu. Io mi sono fermato prima.
EGO Vedo che siamo ormai alle battute finali.
NWB Menomale. Cominciavo già a sudare, visti i 34 gradi e 70% di umidità.
EGO Pensi che possa farti qualche altra intervista. Che ne so, sulle tue letture, su i tuoi autori preferiti ..
NWB Spero proprio di no. Vorrei evitare, a chi mi legge, la penosa lettura dei miei starnazzi. Comunque grazie. Ma direi grazie a chi avrà il coraggio di leggermi ancora.

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Capitolo 26

Laura nei giorni seguenti dovette rispondere a molte domande sia da parte della madre sia delle amiche. Un vero tormento, un autentico incubo.

“Cosa vi ha detto il Duca? Tornerete nella delizia? Quando?”. Erano solo alcuni dei quesiti con cui Paola subissò la figlia al suo rientro a casa sulla carrozza dalle tendine rosse.

Ovviamente la notizia che la ragazza era salita sulla mitica carrozza fece rapidamente il giro della strada di bocca in bocca e ogni volta arricchito con nuovi particolari, frutto dell’immaginazione collettiva.

Subito dopo che si era sparsa la voce che Laura era salita sulla carrozza ducale, le amiche, come il falco si getta sulla preda che si muove ignara della minaccia, così si presentarono per avere ragguagli e informazioni di prima mano dalla madre, senza trovarla disponibile ad aprire il cassetto delle novità.

“Dovete aspettare il rientro di Laura per avere ragguagli freschi”. Così le liquidò Paola.

Quando a pomeriggio inoltrato la carrozza percorse nuovamente Via di Ripa Grande, per depositare sull’uscio della bottega del berrettaio la ragazza, tutta la strada fu un ribollire di curiosi che affollò la strada e non si fecero pregare nel dire la loro: frecciate, neppure troppo velate,

sorrisi maliziosi, commenti acidi.

“E’ andata a letto col Duca e non lo nasconde nemmeno”. “Ha sempre fatto l’altezzosa come se lei fosse diversa. Alla fine è della stessa pasta delle altre”. “Ora non può più permettersi di criticare che lei non sarebbe mai andata a letto con qualcuno prima del matrimonio”. E le parole volavano come macigni. Tutti commentarono poco benevolmente.

Era da poco ritornata, estenuata dalle raffiche di domande di Paola, quando le amiche bussarono alla porta per ricevere le ultime notizie.

“Sono stanca. Stasera non ho nessuna voglia di chiacchierare” disse quando furono ammesse al suo cospetto.

“Stanca?” e un risolino perfido spuntò sulla bocca di Anna. “Io sarei al settimo cielo. Passare la giornata con nostro Duca? Un sogno. Dimmi. E’ stato bello? Che sensazioni hai provato”

“Il nostro Duca è un bell’uomo forte e gagliardo come dicono?” incalzò Beatrice.

“Raccontaci. Moriamo dal desiderio di conoscere tutti i particolari” continuò Isabella.

“Vi prego, andatevene. Domani e nei giorni seguenti, prometto, risponderò a tutte le domande. Ora desidero stare in silenzio nella mia stanza” disse stancamente la ragazza, ben sapendo che non avrebbero mollato la presa con molta facilità.

“Il nostro Duca ti ha prosciugato. Ehm! Ehm! Immagino che il piacere sia stato pari alla passione visto che sei ridotta a uno straccio” aggiunse Ippolita velenosamente. Le domande diventavano sempre più mirate e indiscrete senza che Laura potesse mettervi un argine, finché non intervenne Paola a chiudere la discussione.

“Ora basta! Ho sopportato a sufficienza. O ve ne andate come siete venute oppure mi metto alla porta con questa scopa” disse con un tono che non prometteva nulla di buono, agitando una ramazza minacciosamente.

“Ma Madonna Paola ..” cominciò Anna.

“Niente ma. Ora fuori!” urlò minacciando di abbattere il manico su quella più vicina.

Visto che la situazione sembrava precipitare, Anna e le altre infilarono velocemente la porta abbandonando il campo.

“A domani” urlò Isabella prima di chiudere l’uscio dietro di sé.

“Grazie, madre. Ho la necessità di restare in silenzio e al buio nella mia stanza” disse quietamente Laura, incamminandosi verso le scale.

“Un momento” replicò Paola. “Ditemi. Siete passata dal letto del nostro Duca?”

La ragazza la guardò stranita, scuotendo il capo in segno di diniego e cominciò a salire i gradini, seguita dalla madre, che non mollava la presa, perché voleva sapere.

“E cosa avete fatto in tutte quelle ore? Vi siete guardati negli occhi senza dire o fare nulla? Non abbiate timore di parlare di questo con vostra madre. E’ normale che un uomo e una donna finiscano a letto, soprattutto se l’uomo è il nostro Duca”.

“Madre, vi giuro che il nostro Duca non mi ha nemmeno sfiorato con un dito. Sono ancora illibata. Abbiamo passato un piacevole pomeriggio insieme e nulla più. Ma ora, vi prego, lasciatemi sola. Ho necessità di silenzio e buio”.

Paola, visto che le sue insistenze non riuscivano a scalfire la determinazione della ragazza a voler rimanere sola, scese nuovamente in cucina, scuotendo il capo. Borbottava delle parole sconclusionate, poco convinta che la figlia avesse raccontato la verità. Credeva che Laura si vergognasse nel descrivere che era stata posseduta dal Duca. Non ci trovava nulla di disonorevole, perché le tornavano alla mente due episodi di molti anni prima, quando era giovane e piena di ideali sull’amore e sulla fedeltà coniugale. Questi pensieri tuttavia furono accantonati in due occasioni. Aveva solo diciotto anni ed era bella, una bellezza che piaceva agli uomini, che la corteggiavano assiduamente, come adesso facevano con Laura. Aveva già conosciuto Francesco ed era prossima al matrimonio, quando era passata dal letto di un conte che l’aveva discretamente assillata per molte settimane, finché non aveva ceduto per un paio di incontri né esaltanti né piacevoli. A ripensarci adesso col senno della maturità non ci trovava nulla di disdicevole, perché ne aveva ricavata una discreta somma di fiorini d’oro, che era stata un’autentica manna per la dote. Era tornato poi alla carica con insistenza anche dopo il matrimonio, senza che potesse dire di no: le avevano fatto gola i cinquanta scudi promessi. Così aveva ceduto ancora una volta. Questa volta il marito aveva mangiato la foglia, ma non disse nulla e finse di non accorgersi dei suoi maneggi. Quei soldi che arrivavano inaspettati in casa erano benedetti e avrebbero permesso loro di acquistare la casa dove abitavano adesso. Quella era stata l’ultima volta, anche perché qualche settimana dopo il conte era morto, stroncato dai suoi vizi. Paola si era sempre domandata se Francesco si fosse accorto dei suoi tradimenti col conte per via degli scudi che si erano materializzati dal nulla, senza mai trovare il coraggio di chiederlo apertamente. Pensò di sondare il marito cautamente stasera nell’intimità del letto ma un sussulto di dignità ebbe il sopravento e decise di non indagare oltre. Era meglio non riesumare una vecchia storia, ormai sepolta dall’oblio. Un sospiro di malinconia uscì dalle labbra, perché adesso, passati i quaranta e col fisico appesantito da tre gravidanze, non avrebbe più suscitato i desideri di qualche conte.

“E mia figlia fa la preziosa col nostro Duca. Potrebbe rimediare molti fiorini d’oro e forse anche possedimenti ma si nega come una novizia. Dovrò fare una bella chiacchierata con lei domani e svegliarla un po’”.

Giacomo rientrò all’indomani a metà giornata. Era sul viale d’ingresso, quando arrivò verso di lui una Ghitta po’ agitata. La corsa forsennata della ragazza non preannunciava nulla di buono così che due diversi stati d’animo si facevano strada dentro di lui. Era incuriosito di sapere se dovesse apprendere altri aspetti che non conosceva sulla sua nuova esistenza ma nello stesso tempo avvertiva un senso di inquietudine che cercava di mascherare.

“Messere” disse con la voce rotta per la lunga corsa. “Messere, la sua signora è fuori di sé. Ha urlato e strepitato tutto ieri, perché voi eravate sparito. Nessuno era a conoscenza dove eravate, quando sono giunti i messi del Duca. Ha minacciato di cacciarvi fuori di casa. Stamane era ancora più furiosa, perché siete rimasto fuori anche stanotte. Vuole vedervi subito. Così ha ordinato a tutta la servitù di condurvi da lei senza alcun indugio. Cosa faccio? Annuncio il vostro arrivo?”.

“Calma, Ghitta, calma. Riprendete fiato e vi ringrazio della premura che mi usate. Rientriamo insieme senza fretta. Madonna Isabella aspetterà paziente che mi sia lavato e profumato. Poi ..”.

“Ma ha ordinato ..” tentò di replicare la ragazza.

“Ghitta, niente ma. Prima ho intenzione di fare un bagno e voi mi servite per preparare l’acqua e quant’altro. Poi avrete il mio permesso di annunciare a Madonna Isabella che l’andrò a farle visita prima del desinare. Così ..”

“Così le andrà di traverso il cibo” chiosò garrula.

“Siete impagabile” replicò sorridente Giacomo. “Avete compreso pienamente il mio disegno”.

Camminarono verso l’ingresso, quando all’improvviso la serva sbottò con un’affermazione che fece sorridere Giacomo.

“E’ vero che avete un’amante nella corte del Duca?”

Lui si fermò, corrugò la fronte e poi scoppiò a ridere. Non si aspettava una simile domanda.

“Un’amante? Siete per caso gelosa?”

“No, insomma sì.. Si dà il caso che ..”

“Siete troppo preziosa per me, perché mi possa permettere di farvi ingelosire. Un’amante? Non una ma mille. Una è troppo poco, mille sono troppe da soddisfare tutte. Però sapete come sono le donne. Ogni tanto hanno mal di testa e non sono disponibili. Quindi serve qualcuna di scorta. Contenta?” e una nuova risata risuonò nel viale alberato.

“Chi dice queste sciocchezze?” chiese serio l’uomo.

“Invero non saprei. Ma un’amica che lavora per il conte Costabili afferma che una cameriera di un palazzo di Ferrara vi ha visto entrare e uscire più di una volta dalla camera della sua signora”.

“Magari, Ghitta, magari. Mi devo accontentare di Madonna Isabella e senza di voi cosa farei?” ed entrò decisamente nel palazzo.

Giacomo era un po’ scocciato da queste chiacchiere. Non che gli creasse disturbo, perché definire Giulia un’amante era veramente troppo, anche se aveva passato più di una notte in piacevole compagnia ma essere al centro di pettegolezzi tra la servitù dei signori di Ferrara non gli garbava molto.

“Nel pomeriggio quando rivedrò Giulia gliene parlerò, anche perché le voci sono uscite dai suoi servitori” rifletté mentre entrava nelle sue stanze seguito da Ghitta.

“Ho forse fatto male a chiedervi questo? Avete cambiato umore”.

“No, anzi vi ringrazio per l’informazione”. E aggiunse con tono serio “Sarò più discreto quando frequenterò le camera da letto delle madonne. Ma ora pensiamo al bagno. Sento il bisogno di immergermi nell’acqua fresca e profumata che solo voi sapete preparare con molta abilità”.

La serva lo aiutò a togliersi i vestiti impolverati e sporchi dopo la ricognizione del cunicolo alla Porta degli Angeli.

“Dove siete andato stanotte per sporcare così corsetto e calzamaglia. Dovrò lavarli con molta cura per farli tornare a un aspetto decente. Sembra che ..” cominciò Ghitta riponendo gli abiti che si stava togliendo.

“Non siate impertinente. Sono l’ingegnere del Duca e ho ispezionato certe postazioni. Di notte si fanno altre attività e senza vestiti in dosso” replicò sornione, mentre la ragazza sorrise. Aveva intuito il messaggio piuttosto palese che aveva mandato.

Il bagno ristoratore fu piacevole e rilassante. Giacomo si sentiva rinato e profumava di acqua di rose. La serva era veramente abile nel miscelare gli aromi. Disteso sul letto, Ghitta lo massaggiava con delicatezza in ogni parte del corpo, quando udì un bussare discreto.

“Uffa. Non ci si può nemmeno rilassare che arriva qualcuno a distrarvi. Allungatemi quella tunica. E’ sconveniente farsi sorprendere nudo nel letto con una giovane che lo massaggia” disse indicando una veste da camera di lino bianco appoggiata su una sedia.

Dopo qualche istante la serva ricomparve annunciando che Zelinda, la cameriera personale di Madonna Isabella, aveva un’ambasciata per lui.

“Fattevi riferire cosa vuole. E se desidera una risposta, attenda finché non sono vestito” replicò contrariato.

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Intervista semiseria a se stesso

Poiché non sono famoso, né ho pubblicato nulla di significativo o nemmeno qualcosa di banale, non riceverò mai un invito per un’intervista né adesso né mai.
Mi domando perché perdere tempo con una persona che non darà mai lustro all’intervistatore, che sprecherà solo carta (virtuale) per porre domande e ricevere risposte, che non interessano a nessuno?
Lo so, lo so. Sono vanitoso e sotto sotto un po’ invidioso, quindi mi autointervisterò e così il cerchio si chiude mentre ci faremo due risate insieme. Naturalmente le domande sono funzionali alle risposte che voglio dare.
In conclusione una bella buggerata per chi legge. Almeno siete avvertiti.
 
 
EGO Come sempre, sarò molto diretto. Non hai scritto nulla a parte qualche romanzo (parolone grosso e improbabile) a puntate su splinder e adesso su wordpress, sperando nel buon cuore di chi ti legge. Però scorrendo i titoli di testa si passa dal romanzo pseudo storico, il primo, ad altri non ben classificabili passando da uno pseudo fantasy all’attuale feutilon I tre cunicoli. Mettiamo una pietra tombale sulle poesie, ma di queste ne parliamo dopo. Non pensi di essere dispersivo e presuntuoso?
NWB Dipende da quale buco della serratura si guarda. Le poesie ..
EGO Sorvola sulle poesie, ne discutiamo dopo. Parla invece dei romanzi.
NWB E va bene. Mi adeguo. Nelle mie letture sono sempre stato onnivoro spaziando da autori profondi come Calvino e Pavese a quelli più leggeri come Benni. Dai gialli (la lista sarebbe noiosa) al romanzo rosa (tanto per intenderci alla Judith Krantz), ammesso che esista una letteratura con questo nome. Dai grandi del passato (non ho mai compreso questa definizione né ho mai capito il limite temporale che divide passato da presente) ai piccoli sconosciuti del presente, che non diventeranno mai famosi. Senza voler fare paragoni del tutto gratuiti e presuntuosi ho cercato di rappresentare quest’anima di lettore in quello che scrivo, seguendo sempre un filo istintivo nella narrazione e nella storia. Non esiste una struttura pensata a tavolino ma qualcosa che nasce, vive e muore istante per istante..Sono un curioso per natura e la routine mi sta stretta. Questa è la spinta a diversificare. A ..
EGO Basta, basta. Stai diventando prosaicamente logorroico. Come di consueto divaghi. Stai scrivendo sul tuo blog la storia romanzata di Laura Dianti. Perché?
NWB Ho letto un articolo, scritto male fra le altre cose, su tre mitici cunicoli che partendo dal Castello Estense portano in tre punti della città. Uno di questi sarebbe servito a Alfonso I d’Este per raggiungere l’amante. Ho cominciato per scherzo a raccogliere documentazione e in maniera altrettanto casuale ho cominciato a scrivere. Come vedi ho seguito l’istinto e la curiosità senza nemmeno sapere cosa scrivere e come tradurre in pratica quello che avevo in mente.
EGO Alt! In questi tempi vanno di moda storie romanzate sia pure di un genere diverso. Sembra quasi una storia da Codice da Vinci, con tutto il rispetto ..
NWB Ferma il treno che voglio scendere! E’ di tutt’altro genere questo romanzo! Niente thriller storico! Ormai non se ne può più! C’è un personaggio Giacomo …
EGO Appunto Giacomo. Un arzillo vecchietto del ventunesimo secolo sparato nel cinquecento. Ringiovanisce e pare un rubacuori, arguto e sornione, che si trastulla con la servetta e altre dame ..
NWB Ma quel mondo era molto più libertino di quello attuale, che è ingessato tra pregiudizi e convenzioni, dove le amanti creano crisi di rigetto nella società o il frequentare bordelli la riprovazione di tutti. Basta pensare ai pontefici con amanti e prole, che poi dovevano sistemare Oppure ai vari principi o duchi che tra figli legittimi e illegittimi potevano formare una squadra di calcio. Mi piaceva pensare in che modo poteva reagire una persona di oggi che si trova in un ambiente diverso e sconosciuto. Naturalmente questo non era nell’idea primitiva ma è spuntata per caso strada facendo. L’ho fatto ringiovanire per rendere credibile la figura. Però era Laura il personaggio principale ..
EGO Ecco il punto. Laura. Dovrebbe, uso il condizionale, essere il centro della storia ma è Giacomo che monopolizza l’attenzione E’ corretta questa interpretazione?
NWB Non esattamente. Cerco di essere obiettivo e non lasciarmi trascinare dalla fantasia. L’idea era di scrivere quest’amore tra Alfonso e Laura ma non sapevo come incominciare. Allora mi sono inventato Giacomo che avrebbe dovuto costruire i famosi tre cunicoli. Poi gli schemi sono saltati e tutto è precipitato nel caos con due storie parallele da sostenere e alimentare.
EGO Non essere troppo pessimista. Pare che un gruppo di lettori parteggi per Laura e un altro per Giacomo. Però mi sembra che finora abbiano coesistito egregiamente.
NWB Beh, la figura di Laura è un mix infernale di realtà e fantasia. Non so se effettivamente fosse così. Però a me piace pensarlo. Non esiste documentazione su come si sono conosciuti e quando. Compare all’improvviso dopo la morte di Lucrezia nel 1519, quando doveva avere all’incirca venti o ventuno anni e resterà al fianco di Alfonso fino alla morte di lui. Grosso modo vent’anni. Io ho immaginato la loro conoscenza un anno prima, nel 1518, Un amore clandestino che esploderà nell’anno successivo.
EGO Ma Alfonso com’era?
NWB Era un gran donnaiolo, che ha rischiato la pelle contraendo la sifilide, ma dall’animo semplice, romantico e dotato di grandi ideali..In particolare amante fedele quando trova Laura, la donna giusta per lui. Tratteggiare le loro personalità non è né sarà facile ma ci sto provando.
EGO E’ vero o stai andando a ruota libera?
NWB Ahi! Mi hai colto in castagna. Leggendo quello che scrive la Bellonci non sembrerebbe ma io fatico credere che un uomo che ama il bello, e lui lo amava di sicuro, creativo, e lo era a modo suo, rispettoso dei rapporti umani, basta pensare all’amicizia vera con i Colonna, suoi avversari in battaglia, tutte caratteristiche del suo segno – il cancro – non unisse anche quegli aspetti sopra descritti.
EGO Cambiamo argomento. Su splinder eri seguito da un certo pubblico, qui pare molto variato. Ti dispiace?
NWB Pazienza. Sono cambiati i tempi e il luogo. Non può esserci un valido paragone. Dopo splinder c’è stata una diaspora con conseguente dispersione di persone. Seguirle o essere seguito era diventato obiettivamente difficile, quindi il bacino di persone è variato in maniera radicale. Però trovo questo molto stimolante. Amo le novità e le sfide. Però penso che accanto a questo mondo emerso ci sia anche chi legge senza lasciare necessariamente la propria opinione. Questo valeva anche su splinder.
EGO Hai scritto molti romanzi anche corposi con un discreto intreccio di personaggi e situazioni. Cosa ti manca per fare il salto di qualità?
NWB Stai pensando ai grandi affreschi degli scrittori russi? Mi scappa da ridire! Cosa non possiedo?.Ma diamine:il talento per poterlo fare. Ma non riuscirei a scrivere nemmeno un libro umoristico. Non saprei dove cominciare e poi serve una bella dose di graffiante ironia, che non possiedo. Di certo non mi cimenterei mai in un legal thriller o in quei noir tanto di moda.:Non sono attrezzato con le competenze tecniche indispensabili per tali generi. Un conto è la documentazione su qualcosa che conosci anche in parte. Hai una base di riferimento per partire con le ricerche. Ben più complesso è avventurarsi in un’area totalmente ignota, perché non avresti neanche un’idea di come intraprendere la ricerca. Un romanzo psicologico o un fantasy forse sarei in grado di scriverlo ma ripeto molte volte forse potrei ..
EGO Hai parlato di talento. Ma tu ne hai?
NWB Francamente non credo. E comunque non devo giudicare io le mie capacità.
EGO Sei la solita anguilla! Penso che tu abbia una stima oggettiva delle tue competenze, ma che non vuoi metterla nero su bianco. Qualcuno direbbe falsa modestia per nascondere un po’ di superbia o timidezza per il timore di esporti pubblicamente.
NWB Non aggiungo nulla a quello che hai detto. Domanda con risposta incorporata!
EGO Quali consigli daresti a una persona che desidera cimentarsi nella scrittura?
NWB Io? Sarei presuntuoso se elargissi dei consigli. Tutt’al più qualche ..
EGO Per favore, non menare il can per l’aia!
NWB Bah, tirato per i capelli provo a dare qualche suggerimento per quello che vale. In primo luogo dovrebbe leggere molto e variato senza fossilizzarsi su un genere o un filone. Poi esercitarsi a scrivere molto, tentando di esprimere concetti semplici con parole comprensibili. Non è certamente facile ma provarci non costa nulla. Poi dovrebbe avere l’umiltà di rileggere più volte quello che ha scritto, cercando di comprendere gli errori e di migliorare lo stile. Queste due attività richiedono tempo e concentrazione, quindi deve fare una scelta di campo rinunciare a qualcosa, come gli svaghi oppure a scrivere e leggere. Solo con l’esercizio e l’applicazione costante riesci a migliorare. Se hai predisposizione, purché sia minima, e costanza nella lettura, puoi pensare di scrivere qualcosa di interessante. Se hai pure talento allora sei a cavallo e hai discrete possibilità di emergere.
EGO Quali autori ami?
NWB Sono molto vari e eterogenei. Non sono un esterofilo accanito anche se riconosco la grande varietà di questi rispetto a quelli italiani. Tra gli autori del passato, diciamo dell’ottocento o primi novecento, c’è la grande schiera degli scrittori russi. Rimango sul generico perché non li ho esplorati ancora tutti rischiando le classica figuraccia. Loro sanno unire fantasia e brillantezza nella scrittura, umanità e introspezione psicologica. Poi Wilde e Poe,due autentici maestri nei loro generi. Meyrink con la sua prosa fantastica, semplicemente appassionante e stimolante. Degli italiani di quel periodo direi quasi nessuno. Forse la Deledda e la Serao che hanno costituito la testa di ponte della letteratura sarda. Su gli altri è meglio stendere un velo. Venendo verso i giorni nostri le preferenze cadono su Hemingway, non tutto diciamo quello iniziale, su Tolkien, che non mi stancherei mai di leggere, ovviamente parlo del Signore degli anelli, Cornwell, i primi quattro o cinque episodi di Key Scarpetta, veramente fantastici. Poi VanDine, che ritengo il giallista migliore con Wallace e Agatha Christie.
EGO Ehm, fermiamoci qui.
NWB In effetti la lista sarebbe lunga e dovrei parlare per ore sui generi e sui contenuti..
EGO E gli italiani che ti piacciono di più?
NWB Due su tutti: Calvino e Cassola, anche se dovrei fare qualche distinguo sulla loro produzione. Poi Murgia in Accabadora e Agus in Mal di pietre per i due spaccati di una Sardegna veramente segreta e misteriosa. Poi c’è una marea di scrittori minori che hanno scritto cose veramente interessanti e pregevoli, che hanno il difetto di essere poco o nulla conosciuti. Ah! Dimenticavo Pavese e Rodari, autori diversissimi ma pieni di talento..
EGO E fra i classici?
NWB Mmm… come detto poco sopra non esistono romanzi classici italiani. Anzi sarebbe interessante capire cosa si intende per classico. La mia idea è che sia un romanzo che fa tendenza. Ma forse è troppo sbrigativa come definizione ma non me ne viene una migliore.
EGO “I tre cunicoli” continuerà in agosto?
NWB Si, penso proprio di sì col solito ritmo di una puntata alla settimana, al sabato mattina. Qualche lettore perderà un capitolo ma lo ritroverà facilmente, perché non pubblicherò molto, forse qualche poesia. Buone vacanze a chi parte e buona lettura a chi resta!.
EGO Grazie a te. Dimenticavo le poesie, sarà per la prossima intervista. Con questa hai già steso e messo KO i tuoi potenziali lettori.

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Capitolo 25

Giacomo accompagnò Giulia nella trattoria, che distava cinquanta passi dalla Porta degli Angeli, al fresco sotto un pergolato di uva. Ormai era pomeriggio col sole che allungava le ombre e l’ora del desinare era scaduta da tempo: i tavoli erano quasi tutti vuoti coi resti del pranzo, mentre gli ultimi commensali stavano finendo di pranzare. L’oste, che aveva notato tutte le attenzioni del corpo di guardia verso la coppia, immaginò che fossero importanti personaggi di corte e li accolse con grandi inchini e con un ampio sorriso di circostanza, mentre li faceva accomodare in un tavolo sistemato in un posto di riguardo. Non usò le stesse cortesie verso altre persone che si erano affacciate speranzose di essere accettate per consumare il pranzo.

“E’ un grande onore avervi qui nella mia umile trattoria. Cosa posso servirvi?” chiese con deferenza e falsa umiltà il furbo trattore, mentre dispiegava sul tavolo una ricca tovaglia bianca ricamata.

“Subito una brocca di acqua fresca e del vino. Il migliore che avete e che non sia taroccato” replicò con cipiglio duro Giacomo, che era infastidito dai modi falsamente servili dell’uomo.

“Messere, il nostro vino è genuino. Mi offendete, pensando che sia adulterato” rispose con tono indignato, rabbuiato nel viso.

“Sarà meglio per voi! Abbiamo fame e sete. Portateci quanto di meglio esce dalla vostra cucina. A quest’ora non abbiamo preferenze”.

“Sarà un onore per me farvi assaggiare l’eccellenza dei nostri piatti” replicò asciutto l’oste. Si allontanò in silenzio un po’ scuro in viso, mentre la coppia cominciò a parlare sottovoce tra loro.

“Madonna Giulia. Sono veramente dispiaciuto che abbiate dovuto attendermi così a lungo ma i contadini ingaggiati per asportare la terra volevano essere pagati. Pensate! Non si fidavano delle promesse del nostro eccellentissimo Duca! Una vera mancanza di rispetto!” disse Giacomo accalorandosi un pochino, mentre rifletteva che tutto sommato avevano ragione. La donna gli prese una mano stringendola, mentre annuiva a queste parole, che la lasciavano indifferente. Ben altri pensieri frullavano per la testa, mentre lo osservava con cura. Le piaceva il modo di porgersi, di trattare le persone e lo trovava bello.

“Mio Messere, parliamo di cose più piacevoli. Di noi, di questo fine aprile così luminoso, della carrozza dalle tendine rosse, del nostro beneamato Duca” replicò guardandolo con due occhi ardenti.

“Avete ragione. Perché tediarvi col racconto di questi avvenimenti di così basso livello?” chiosò contento di avviare il discorso su altri binari più familiari e meno scivolosi.

Nell’attesa dei piatti caldi l’oste portò un vassoio finemente decorato, dove sopra stavano salami di porco inuestiti, vari tipi di mortadelle gialle dall’aspetto poco invitante, pezzi di persciutti e sommate con pane bianco di latte intorto e pagnotte nere con lo spacco centrale ancora fumanti. Giacomo osservò il piatto e selezionò con cura qualche tocco di quello che assomigliava vagamente al prosciutto che conosceva. Il profumo non era niente male e il pane appariva appena sfornato. La fame vinse la diffidenza verso quei salumi diversi dai suoi ricordi, mentre cominciava a mangiare.

“Madonna” cominciò aprendo un nuovo fronte di conversazione. “Vi trovo deliziosamente affascinante. Ma ditemi. Avete detto che siete nel cerchio delle dame di Laura d’Este. Vivete a corte? Non riesco a immaginarvi come dama di compagnia. Non so il perché ma vedo per voi un futuro diverso”.

Giulia rise delicatamente mentre spezzava un pezzo di pane bianco.

“No, non vivo a corte anche se qualche volta mi trattengo negli appartamenti di Madonna Laura. Però sono presente alle feste e alle serate organizzate nella sua dimora, mentre nel periodo estivo la seguo in una delle delizie per qualche settimana. Avete ragione, quando affermate che non mi vedete come dama di compagnia. Però la vicinanza presenta qualche vantaggio”.

Mentre parlavano, arrivò un fumante vassoio con pesce di fiume, variamente cotto, accompagnato da verdura fresca di stagione.

Giacomo e Giulia continuarono a conversare su molti argomenti durante il pranzo, finché sul finire non colse l’occasione per parlare sul vero obiettivo della sua venuta fin lì.

“Madonna Giulia, al termine di questo delizioso pranzo. Io mi devo trattenere qui, non prima di avervi accompagnata dove desiderate. Devo visitare le fondamenta della porta, perché qualcuno ha sussurrato che ci sarebbero sorprese. Fa parte delle mie incombenze. Però..”.

“Mio Messere, volentieri vi tengo compagnia nella vostra visita, perché fino a domani sono libera senza nessun impegno. Mi incuriosisce vedere all’opera un ingegnere del Duca, sempre che la mia presenza non vi sia d’impiccio” replicò sorridente, accarezzandogli le mani.

“Non osavo chiedervelo, Madonna Giulia. Sapervi al mio fianco mi fa molto onore e piacere. Siete sicura di volermi seguire? Non vorrei costringervi contro natura” chiese Giacomo con un tono soddisfatto.

“Messere, stare al vostro fianco mi procura gioia. Non avete osservato con quale deferenza le guardie mi hanno trattata? Come se fossi la vostra sposa” replicò con gli occhi luccicanti.

Pagato il pranzo, nonostante le insistenze contrarie dell’oste, la coppia si diresse nuovamente verso la Porta degli Angeli per il sopralluogo alla ricerca del cunicolo segreto.

Non dovete lottare troppo per vincere le resistenze del capitano del corpo di guardia per il permesso di scendere nella zona delle fondazioni. Dotati di una lampada a olio percorsero con cautela una stretta scala a chiocciola fino al punto più basso della porta e da qui cominciarono a esplorare le varie stanze che si aprivano su un lungo corridoio, finché non trovò una porta che dava su un passaggio basso e stretto. Lo percorse per qualche decina di passi ma poi rinunciò. Troppo pericoloso per la donna e per gli spiacevoli incontri che stavano facendo. Mentalmente conteggiò quanti passi lo dividevano dalla scala, imprimendosi la mappa dei locali sotterranei prima di riemergere alla luce del sole, che ormai era basso sull’orizzonte.

“Mio Messere, ora sono io che vi faccio la proposta di rimanere ospite stasera del mio palazzo. Così potete rendervi presentabile” domandò con tono ironico la donna.

“Veramente avrei altri impegni per la sera ..” replicò come per dare un peso maggiore a quello che avrebbe aggiunto dopo la sospensione. “Però rinuncio volentieri a tutto e vi faccio compagnia. A una Madonna come voi non si può negare nulla”.

Giacomo pensò che la notte sarebbe stata calda come il sole di luglio e questo lo intrigava non poco.

Nel padiglione i servitori si affaccendavano per servire il loro signore e la sua ospite. Laura si sentiva frastornata da tutto quell’andirivieni di portate e camerieri, perché non era abituata a essere servita e riverita come una principessa. All’inizio aveva provato una sensazione di disagio che era sparito non troppo in fretta come se il blocco psicologico dentro di lei si fosse sciolto gradualmente. Quel temuto potente sembrava meno orso di quello che si raccontava in giro. Era gentile e premuroso, mentre si adoperava per stemperare la sua sensazione di ansia. Si mostrava anche una persona romantica per come parlava e la trattava. La ragazza rifletté che pochi lo avevano conosciuto bene ma molti ingigantivano dei sentito dire.

Bloccata nel parlare, arrossiva per un nonnulla e il cibo rimaneva in gola, perché si rifiutava di scendere nello stomaco. Solo una cosa non aveva mai smesso di fare: era guardarlo fisso negli occhi senza tentennamenti. Tra una portata e l’altra, tra un segno di incitamento e una carezza Laura aveva trovato l’ardire di pronunciare qualche parola.

“E’ un posto splendido questo. Mi sembra di vivere in mezzo a una bella favola, dove in sogno penso di essere al vostro fianco, mio Illustrissimo Signore. Ma quello che mi darà vertigini è che al risveglio tutto sparirà e mi ritroverò accanto al camino spento”.

Alfonso la guardò, scosse il capo e replicò serio.

“Siete sicura che questo sia un sogno? Voi potete toccare con mano perché non sono un fantasma”.

Poi dopo la risposta esplose in una risata sonora per le affermazioni quasi ingenue di Laura, che gli piaceva sempre di più. Gli pareva che fosse una donna molto più matura della sua età e dotata di uno spirito acuto e osservatore. Però il tratto della personalità che più lo convinceva era quella sensazione di pulito misto a genuina sincerità che metteva nelle parole, pronunciate sempre senza mai distogliere lo sguardo. Era un aspetto che non aveva mai incontrato prima, perché o erano troppo altezzose oppure sembravano servili e dimesse come se avvertissero il peso del potere e del prestigio della sua persona.

“Mio Signore” disse con tono allarmato la donna. “Non volevo dire che voi siete un fantasma ma più sinceramente che non riesco ancora a capacitarmi di essere di fronte a voi, tanto da temere che stia facendo un bellissimo sogno”.

Il Duca rise nuovamente al goffo tentativo della ragazza di spiegare quello che era chiaro senza mezzi termini. Era proprio questa sorta di autentica e fresca ingenuità che lo attraeva sempre di più. Rappresentava una ventata di freschezza nella sua esistenza tanto intensa tanto da rischiare di esserne travolto.

Il suono melodioso di due liuti, invisibili agli occhi accompagnava queste schermaglie come se fossero due giovani amanti.

“Venite, Madonna” disse con gentilezza, prendendole la mano. “Usciamo a fare una passeggiata per il giardino. Ho qualcosa da mostrarvi”.

Si alzarono, uscendo dal padiglione verso il parco ricco di alberi e di laghetti, dove l’acqua scorreva placidamente.

“Non abbiate timore se vedete delle bestie feroci, ghepardi e leopardi. Sono libere di muoversi nel parco”.

Laura aveva sentito delle voci su questi animali dalla pelliccia maculata e dall’andatura flessuosa ma il pensiero di fare un incontro con loro le mise angoscia. Cercò di nascondere il terrore che le piegava le gambe, mostrando un coraggio che non possedeva.

Si fermarono nei pressi di un laghetto dove spuntavano i fiori di una pianta acquatica che non aveva mai visto in precedenza. Alfonso con una verga si divertiva a muovere l’acqua, mentre lei si specchiava tra i gorghi e i cerchi che il Duca si dilettava a produrre.

“E’ un posto delizioso ricco di animali e di fiori” disse con tono entusiasta e quasi sognante. “Un vero ambiente da favola”.

“Ma come ve lo immaginavate questo luogo?”

“Esattamente così. O forse un qualcosa in meno”.

Passeggiarono e conversarono a lungo, finché il sole non cominciò a trasformare il cielo in una tavolozza rossa, quando rientrarono nella delizia.

“Mio Signore, è stata una magnifica giornata” disse con un leggero inchino.

“E voi una deliziosa presenza” rispose garbato mentre faceva un cenno verso la carrozza dalle tendine rosse. “Sarete riaccompagnata alla vostra dimora. Conto di rivedervi presto. E’ stata una piacevole giornata, quella che abbiamo trascorso insieme”.

Al rientro a casa, Laura fu assalita dalla curiosità di Paola che le pose mille domande.

“Madre, è stata una giornata lunga. Vorrei ritirarmi col vostro permesso nella mia stanza. Domani vi risponderò in maniera esaustiva. Ora sono troppo frastornata per parlare con chiarezza”.

Però prima dovette rintuzzare gli attacchi delle amiche e le molte domande di Paola. Salita nella sua stanza, dopo essersi lavata sommariamente per non cancellare il profumo del Duca, si coricò, continuando il sogno interrotto brevemente dalle parole della madre.

La giornata aveva lasciato un segno tangibile.

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La strada pare ..

La strada pare più vuota stasera:
manca qualcosa.
La via pare percorsa da un vento gelido stasera:
soffia con maggiore violenza.
I colori sembrano essere più freddi stasera:
sono come gli esseri di questa terra.
Ho freddo
e cerco riparo in una casa,
senza tetto, senza pareti,
senza te.

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