Il mazzo di fiori – parte trentesima

Lopapa rilegge gli appunti di quanto ha dichiarato Ludmilla. C’è qualche spiraglio per arrivare alla soluzione ma non riesce a coglierlo completamente.

“Dunque il killer è ancora a Ferrara” esordisce il magistrato.

“Avevi ragione. Non si è mai allontanato. Mi domando il perché” dice Ricardo.

Lopapa si gratta la guancia, ricoperta di peli ispidi e neri per la barba che è cresciuta. Questa mattina non ha potuto rasarsi come il solito, essendo venuto direttamente in ufficio. Gli prude come le domande che vorrebbe fare ma non può. Riflette su un punto e lo espone al commissario.

“Dobbiamo rintracciare a tutti i costi Antonio Lopiccolo. Penso, anzi ne sono quasi certo, che darebbe la spinta definitiva alla soluzione dei due omicidi” dice riprendendo il foglio che qualche ora prima Ricardo ha preparato e ci aggiunge un nome.

“Sì. Credo che ci porterebbe sulla strada maestra. Ma dove lo cerchiamo?” domanda il commissario con fare dubbioso.

“Dobbiamo interrogare Maria Russo. Hai detto che un’agente le fa compagnia?”

“Sì”.

“Telefonale e dille di accompagnarla nel mio ufficio” aggiunge chiudendo l’argomento.

Lopapa si concentra su un’informazione che Ludmilla ha detto nella lunga deposizione ‘sei anni prima la madre è tornata a Lecce e la figlia è rimasta a Ferrara. Per quattro anni non si sa come abbia vissuto prima di essere assunta nella finanziaria…. La madre l’ha definita zoccola‘. Qualcosa non gli torna. Una madre, che dà della puttana alla figlia solo perché vive da sola lontano dai famigliari, non è plausibile, né credibile. Scuote il capo. Gli appare strano questo epiteto di Maria nei confronti di Teresa. Ci dev’essere qualcosa d’altro che le suggerisce di disprezzarla così ma per il momento è solo un’idea. Dovrà verificarla.

Al termine della telefonata, mentre Lopapa riflette, Ricardo si concentra sul killer. “Ferrara tutto sommato è una città sufficientemente tranquilla. Tanti piccoli pusher, una banda che sta dando del filo da torcere coi botti del bancomat e poco altro. Infiltrazioni malavitose basse, anche perché il tessuto economico è talmente liso, che si legge la trama!” si dice ridendo. “Potrebbe essere il posto ideale per rimanere anonimi. Non sarebbe la prima volta. Qui ognuno pensa ai fatti suoi. I miei informatori non segnalano nulla di anomalo. Quindi il killer deve essere passato inosservato. Gli alberghi non sono moltissimi. Quindi dovrei fare in fretta a rintracciarlo, se è ancora in città, come sostiene Carmelo”.

“Ho riflettuto” inizia Lopapa. “E sono giunto alla conclusione che la Russo non ha chiamato la figlia zoccola tanto per dire qualcosa di spregiativo”.

“Stai dicendo che la Lopiccolo esercita o ha esercitato il mestiere più vecchio della terra?” chiede Ricardo, strizzando gli occhi.

“Precisamente” chiosa il magistrato, sorridendo.

“E come lo possiamo provare?” domanda curioso il commissario.

“Al momento non lo so. Di certo non a casa sua ma altrove”.

“E’ come cercare un ago nel pagliaio” esclama Ricardo.

“Ma tu sei abilissimo nel trovarlo” si burla di lui Lopapa.

Una franca risata accompagna l’ultima battuta. Stanno per aggiungere qualcosa, quando sentono bussare alla porta.

“Avanti” urla il magistrato che si è ricomposto.

Maria Russo entra, accompagnata da un’agente, che rimane in silenzio, attendendo le nuove istruzioni.

“Aspetta la signora, quando avrà finito con noi. Poi la accompagnerai dove vuole” le dice Ricardo, mentre fa accomodare la donna.

“Si è trovata bene con la signorina Presente?” le domanda Lopapa.

“Sì. E’ una ragazza eccezionale” risponde Maria con tono gelido.

Il magistrato avverte una chiusura verso di loro e percepisce che sarà difficile ottenere delle risposte sensate. Si concentra per dare alla voce un tono di cordialità nel tentativo di abbattere le difese della donna.

“Ludmilla sarebbe una poliziotta coi fiocchi. Riesce ad avere quelle confidenze che ci sono negate” si dice, ascoltando la risposta di Maria.

“Ha ragione. La ragazza infonde fiducia e serenità, quando parla. E’ un vero peccato che non ci sia” precisa Lopapa.

“Ci dispiace averla disturbata stamattina” interviene Ricardo. “Ma avevamo la necessità di porle un paio di domande, poi la lasceremo libera di andarsene dove vuole”.

“Non posso” replica Maria stizzita.

“Perché?” domanda il magistrato.

“Mi avete appiccicato un angelo custode, che mi segue come un’ombra” risponde la donna, visibilmente alterata.

“E’ una necessità. Lei è in pericolo come la signorina Presente. Un killer si aggira per la città e ha già ucciso una seconda persona” precisa Ricardo, parlando lentamente nel tentativo di farsi dare fiducia dalla donna.

“Se muoio, non sarebbe una grossa perdita” replica acidamente.

“Ma il nostro compito è proprio quello: evitare un evento del genere” aggiunge il commissario, sfoggiando un gran sorriso.

Maria scuote il capo. Non è convinta per nulla delle affermazioni di Ricardo.

“Ieri sera è stato ucciso un uomo, forse poteva condurci all’assassino di sua figlia” interviene Lopapa, moderando la voce.

“Io non ho più una figlia” dice ad alta voce Maria.

“Lo sappiamo. E’ morta” replica il commissario.

“No, non avete capito. Sei anni fa ho perso mia figlia” aggiunge scura in volto la donna.

“Ci potrebbe spiegare perché sei anni fa ha perso sua figlia?” chiede Ricardo, cogliendo l’opportunità offerta.

Maria stringe le labbra, come se avesse paura che le parole potessero uscire contro la sua volontà, e rimane muta.

“Nessuno la vuole costringere a rispondere” aggiunge Lopapa. “Lei è sposata?”

“Sì”.

“E’ vedova?”

“No. Ma è come lo fossi”.

“Ah! Dunque è separata” precisa Ricardo.

“No” risponde Maria.

“Ah! No? E suo marito dove si trova ora?” le domanda il commissario, che già conosce la possibile risposta.

“No sacciu”.

“Ci potrebbe spiegare cosa è successo?” le dice Ricardo. “Poi è libera di andarsene”.

Lopapa lo fulmina con uno sguardo incendiario, perché ha preso una decisione senza il suo assenso. Lui la vorrebbe torchiare per bene, mentre il commissario con fare molle la lascia andare via. “Non è il momento di sconfessarlo” riflette il magistrato. “Però non ci sarà una seconda volta!”

“Se ne è andato senza salutare, lasciandoci sole” precisa Maria.

“Da solo o con qualcuno?” la incalza Ricardo.

“Con una zoccola, che diceva di essere l’amica del cuore di Teresa” aggiunge con tono pieno di astio.

“Ah! Ho capito. Con una ragazzina”.

“Sì, proprio così”.

“Ha un’idea dove possa essersi nascosto?” domanda il commissario, che ha preso le redini dell’interrogatorio.

“No sacciu” risponde asciutta.

“Ricorda il nome della ragazza?” le chiede Lopapa, che è rimasto in silenzio fino a quel momento.

“Certo che lo ricordo. Anna Inzoli” afferma Maria.

I due si guardano sorpresi. Non si aspettavano quel nome.

“E’ sicura, signora Russo?” le domanda Ricardo.

“Come potrei dimenticarla! Era sempre a casa nostra, quella zoccola e trescava con Antonio”.

“Mi perdoni se glielo chiedo. Ma Antonio chi è?”

“Ntuninu è mio marito” esclama sorpresa la donna.

“Dunque Ntuninu la tradiva con questa Anna e poi è fuggito con lei”.

“Sì”.

“Per caso” continua Ricardo con tono dolce. “Per caso non ha una foto di Ntuninu?”

“No. Le ho gettate tutte nel fuoco”.

“Ultima domanda. E’ proprio l’ultima” precisa il commissario. “Quanti anni ha Ntuninu?”

“55” precisa subito Maria.

“Li ha ora oppure li aveva al momento della sparizione?” chiede Ricardo.

“Li ha ora”.

Grazie, signora Russo, per la collaborazione. Se per caso le viene in mente qualche altro particolare mi può chiamare in qualsiasi ora del giorno” le dice il commissario, che chiama l’agente di scorta che attendeva paziente fuori dell’ufficio.

“Quando posso tornare a Lecce?” chiede Maria, alzandosi.

“Tra qualche giorno” risponde sollecito Lopapa. “Il tempo di completare alcune indagini sul corpo di sua figlia”.

La donna esce dall’ufficio senza salutare.

“E tu cosa ne pensi?” gli domanda Ricardo.

“Non lo so! Però ora ho la necessità di un buon caffè” risponde.

“Ottima idea. Caffè del Corso?”

“Sì”.

E si avviano verso corso Giovecca.

Il mazzo di fiori – parte ventinovesima

La Nuova FerraraNOTIZIE DELL’ULTIMA ORA – 28 settembre 2013

Al momento di andare in stampa ci giunge notizia di un nuovo omicidio avvenuto intorno alle 23 in Via Frescobaldi. Non si conosce il nome della vittima, né come sia avvenuto. E’ preoccupante che nel giro di 10 giorni ci siano stati due omicidi. Forse un serial killer gira per la città? Per avere ulteriori ragguagli potete seguirci su Twitter e FB oppure dal vostro smartphone e tablet.

Ludmilla, accompagnata da un agente, raggiunge Lopapa e Ricardo negli uffici della Procura. E’ nera e inviperita, perché perderà un’altra giornata. Il giorno prima una di lavoro, adesso il sabato dedicato alle spese e al relax.

Ciao” le dice Ricardo alzandosi per farla accomodare davanti al magistrato.

La ragazza risponde con suoni più simili a un grugnito che a un saluto.

Mi spiace disturbarti anche nella tua giornata di riposo ma le ultime novità non sono piacevoli e abbiamo la necessità di farti qualche domanda” prosegue il commissario che ha intuito l’umore nero della ragazza.

Ludmilla si siede dinnanzi a Lopapa e aspetta in silenzio che le pongano i quesiti. Intuisce che ci sono notizie poco simpatiche ma confida che non la riguardino da vicino.

Dunque, come ha detto Ricardo, ci sono dei nuovi eventi assai spiacevoli e confidiamo che tu possa contribuire a chiarire alcuni aspetti” comincia il magistrato. “Conosce un certo Carlo Inzoli?”

La ragazza ha un sussulto. Non si aspettava il suo coinvolgimento in questa vicenda.

Sì, lo conosco da una vita. E’ un caro amico” risponde con cautela. “E’ successo qualcosa?”

E’ stato ucciso ieri sera intorno alle dieci e trenta” spara senza troppe delicatezze Lopapa.

Ludmilla sbianca. Ha uno sbandamento. Pensava a tutto fuorché a questa evenienza.

Ucciso?” dice con voce flebile. “Ucciso? E si sa da chi?”

No. Non sappiamo nulla. Solo che è stato trovato morto sull’ingresso di casa” aggiunge piatto Ricardo.

Non posso crederci” esclama, quasi urlando, mentre gli occhi si riempiono di lacrime. “Ho ricevuto un sms proprio ieri…”.

Proprio di questo volevo parlare. Abbiamo trovato l’originale sul telefono di Inzoli. Era quello del mazzo di fiori?” domanda Lopapa.

No. Quello era di tutt’altro genere…”.

Te lo ricordi?” chiede Ricardo, che fino a quel momento era stato in silenzio.

No ma se lo volete leggere eccolo qui. E’ la copia esatta di quello originale” risponde Ludmilla con un groppo alla gola, porgendo un cartoncino al magistrato.

Lui lo osserva per bene e poi lo allunga a Ricardo, che lo esamina con attenzione, prima di restituirlo.

Hai detto copia esatta dell’originale?”

Sì” replica la ragazza. “Non ho fatto una fotocopia ma l’ho ricalcato dal biglietto che accompagnava il mazzo di fiori. Però quello inviato da Carlo faceva pensare a un altro mazzo di fiori, che non ho ricevuto”.

Lopapa si gratta il mento e riflette su quanto la ragazza ha detto.

Come mai l’hai ricalcato?” domanda curioso.

Ho provato a fare l’identikit grafologico del possibile mittente. Come vedi, non è firmato e non sono riuscita a comprendere chi ha avuto quel pensiero. Però è qualcuno che conosce le mie inclinazioni. Per me resta un mistero sia la persona sia il sesso” conclude, mentre con le mani asciuga le lacrime che hanno rigato le guance.

Ricardo riprende il biglietto e lo esamina.

In effetti potrebbe essere chiunque. E’ stato scritto in maniera anonima. Quasi perfetto nelle proporzioni e nelle lettere. Si direbbe che possa essere stato usato un normografo per comporlo. Possiamo tenerlo?” chiede rivolgendosi alla ragazza.

Sì. Io ci ho rinunciato a comprendere chi possa essere stato l’autore”.

Lopapa aggiunge alcune frecce e piccole note sul foglio che ha sulla scrivania.

Signorina Presente, Maria Russo le ha confidato qualche segreto?” domanda cambiando radicalmente argomento.

Sì e no. Posso dire che ha parlato di più di quanto ha fatto ieri”.

Tu che impressione hai ricavato?” le domanda Ricardo.

Beh! Se le mie sensazioni hanno valore, ho percepito che Maria odia sia la figlia che il marito. Quale ne sia il motivo, non mi è stato chiaro. Ha accennato genericamente a comportamenti non proprio ortodossi di entrambi”.

Ma cosa ti ha raccontato in dettaglio” chiede Lopapa.

Il marito le ha costrette oltre venticinque anni fa a scappare da Lecce. Non ha detto in dettaglio le motivazioni. Ha parlato di sgarbi in maniera vaga e fumosa. Sono partiti in fretta e furia senza avere una meta precisa, finché non sono arrivati a Ferrara, dove si sono fermati. Non ha precisato le motivazioni della scelta. Forse Antonio Lopiccolo si sentiva sicuro. Poi sette anni fa il padre di Teresa ha abbandonato la famiglia, sparendo con un’amica della figlia”.

Non mi risulta che ci siano state denunce di sparizione ancora pendenti e irrisolte” la interrompe Ricardo.

In realtà Maria ha affermato che il marito prestava attenzione alle amiche della figlia, finché non è sparito con l’amica del cuore” replica Ludmilla.

Non ha un’idea dove possa essersi nascosto?”

No”.

E lei cosa ha fatto?” domanda Lopapa.

E’ restata per un anno a Ferrara e poi è ritornata a Lecce, quando ha compreso che il marito non sarebbe più ricomparso”.

Ha spiegato perché ha rotto con la figlia?” le chiede il magistrato.

No. Non ne ha voluto parlare. Ha detto solo che Teresa è come il padre. Una zoccola, come l’ha definita. C’era molto astio nelle sue parole”.

I due rimangono in silenzio e si cercano con gli occhi, come per trasmettersi un misterioso messaggio.

Ludmilla guarda l’ora e comprende che la mattinata è persa.

Pensi che possa esserci un collegamento tra la morte della Lopiccolo e quella di Inzoli?” le domanda a bruciapelo il magistrato.

La ragazza sussulta come se fosse stata colta di sorpresa.

No. Nel modo più assoluto!” dice con veemenza. “Non si conoscevano nemmeno. Perché ti è venuta in mente questa affermazione?”

Così. Mi è apparso strano che dopo la visita del misterioso uomo ieri sera a casa tua, sia stato ucciso un uomo che apparentemente ha in te l’unico punto in comune. Prova a pensarci bene. Esiste un collegamento tra le due vittime?” replica Lopapa, che è tornato sull’argomento iniziale.

Ludmilla prova a riflettere ma per quello che ricorda non ha mai parlato a Teresa di Carlo. Si domanda come abbiamo potuto incontrarsi e conoscersi. Continua ad avere un vuoto nella memoria.

Ho riflettuto ma Teresa in teoria non avrebbe dovuto conoscere Carlo. Se per qualche motivo c’è stata frequentazione tra I due, stranamente lui non me ne ha mai parlato. Avrebbe fatto carte false pur di avermi come compagna” risponde la ragazza.

Perché non hai accettato il suo corteggiamento?” le chiede Ricardo.

Ludmilla è incerta se parlare o meno. Capisce che, se dice qualcosa, rischia di innescare una serie di domande su suoi rapporti con Carlo. Però se depista corre pericoli maggiori del tutto ingiustificati. Riflette e alla fine decide di spiegare I motivi del suo rifiuto.

Per me Carlo era come un fratello. Non lo vedevo come compagno di vita. Era dolce e romantico ma del tutto inadeguato a vivere accanto a me. A essere sinceri, non ho trovato ancora un uomo che sia riuscito ad accendere quel qualcosa che si chiama innamoramento”.

Lopapa e Ricardo si guardano in silenzio, perché non si aspettavano una confessione così franca. Hanno compreso anche il senso del sms.

Sei stata chiara” afferma il magistrato. “Dunque c’è un secondo mazzo di fiori non ancora recapitato?”

Direi di sì, se il messaggio ha un significato” risponde la ragazza.

Il commissario ragiona sul collegamento tra la Lopiccolo e Inzoli. L’intuito gli suggerisce che l’uomo è stato ucciso dalla stessa persona che ha sparato a Teresa, perché avrebbe potuto metterlo in pericolo. Quello che non riesce a inquadrare è il passaggio a casa della Presente, perché ha rischiato di farsi sorprendere, se la pattuglia avesse osservato le sue istruzioni. Però potrebbe avere avuto un atteggiamento di sfida nei confronti della polizia, perché si era accorto che I due poliziotti se ne stavano al caldo in macchina.

Credo” comincia Ricardo, rivolgendosi a Ludmilla “che dovrai fare molta attenzione a dove vai e come ti muovi. Un mio uomo sarà sempre alle tue costole per proteggerti. L’assassino è ancora in circolazione”.

Uffa! Non ne posso più! Non posso fare un passo senza sentire il fiato sul collo di una tua persona”.

Ci dispiacerebbe se tu facessi una brutta fine” conclude il commissario.

Ludmilla esce sbuffando dalla stanza, accompagnata dall’agente.

Penso che dobbiamo rileggere tutto con altri occhi” afferma Ricardo, dopo che la ragazza se ne è andata.

Sono d’accordo”.

Il mazzo di fiori – parte ventottesima

Lopapa getta lo spolverino sull’appendiabiti. Le donne delle pulizie stanno sistemando l’ufficio e rimangono sorprese dal suo arrivo mattiniero.
“Continuate tranquillamente” le incita Lopapa. “Noi andiamo a prenderci un caffè nel frattempo”.
Poi si rivolge a Ricardo, mentre apre un armadio blindato, dove depone alcuni oggetti che aveva in tasca. “Devi lasciare qualcosa?” chiede al commissario, che risponde di no.
“Che ne dici, se facciamo la colazione come si deve al bar?” gli domanda il magistrato, appena usciti dalla stanza. Osserva l’orologio digitale, che segna le sei e trequarti e aggiunge: “Di sicuro un bar aperto a quest’ora si trova ed è meglio del distributore automatico”.
“Ottima idea” risponde pronto Ricardo.
“Dove?”
“Per le brioche preferisco il Caffè del Corso ma per parlare in santa pace l’Europa va meglio”.
“Allora Europa” dice Lopapa, ridendo.
Si sistemano in una saletta interna. A quell’ora il bar è praticamente vuoto, salvo qualche avventore mattiniero, ma tra non molto si riempirà di clienti.  Ordinano la colazione a base di caffè e brioche. Mangiano in silenzio, come se non volessero profanare un rito.
“Bene” comincia Lopapa. “Rifocillati e ritemprati da un caffè con annesso cioccolatino fondente, ora possiamo parlare con calma”.
“Dopo che ci siamo lasciati ieri sera, mi sono fermato in ufficio per analizzare lo schema che mi avevi proposto…” comincia Ricardo.
“Ti è venuta qualche idea?” lo interrompe il magistrato.
“Veramente ho provato a pensarlo diversamente. Tu hai messo al centro Teresa Lopiccolo e intorno i possibili autori dell’omicidio. Io invece ho provato a pensare all’assassino e a ricavarne un profilo…”.
“Interessante prospettiva. A quali conclusioni sei arrivato?”
“Quello è un killer professionista. Dunque i tuoi nomi possono essere solo i possibili mandanti”.
“Perché pensi che sia un professionista?” domanda curioso Lopapa, che ha avuto il medesimo pensiero.
“Professionista di prima qualità senza ombre di dubbio! Perché? Ha organizzato tutto con cura meticolosa, senza tralasciare un particolare. Ha scelto il posto giusto per sparare, ha simulato un incidente per potersi allontanare senza destare sospetti, ha usato un fucile di precisione non facile da reperire e estremamente costoso, ha colpito con una precisione da cecchino. Ma soprattutto ha guadagnato almeno 24 ore per andarsene indisturbato…”.
“Non sono convinto che se ne sia andato. Anzi secondo me è ancora in città” esclama Lopapa.
“E perché?” chiede Ricardo. “Potrebbe essere sceso in un albergo delle vicinanze. Che ne so… a Bologna per esempio”.
“No. Se è come hai detto tu, e ci credo, è alloggiato in città e lo è tuttora. Ma come sapeva che Teresa Lopiccolo sarebbe passata proprio lì? E come avrebbe potuto individuarla con certezza?” si domanda Lopapa, che ha avuto gli stessi pensieri frenati da questi dubbi.
“Come? La Lopiccolo era a bordo di una Smart…” comincia Ricardo.
“Chissà quante Smart sono passate da lì…” ironizza il magistrato.
“Ricordi il colore dell’auto?” gli chiede il commissario.
“No!”
“Prova a pensarci…”.
“Mi arrendo. Non lo ricordo proprio!” esclama Lopapa, allargando le braccia.
“Giallo. Una Smart gialla! Non credo che sia un colore usuale! E’ inoltre facilmente riconoscibile da lontano!”
“Lo ammetto. Si distingue nettamente” ammette il magistrato. “Ora il tunisino diventa il maggior indiziato…”.
“Non credo che sia il mandante. Al massimo è un complice, un fiancheggiatore. Se fosse colui che ha commissionato il delitto, sarebbe da ricoverare in psichiatria! Fornisce al killer un modo certo di identificare la vittima! Sarebbe il primo indiziato. No, il tunisino al massimo ha fiancheggiato il killer”.
“Ma perché la Lopiccolo avrebbe dovuto passare di lì?” domanda Lopapa.
“Credo ma non ne sono certo che seguisse la Presente. Il motivo non lo conosco. Forse è legato al famoso mazzo di fiori. La ragazza percorre invariabilmente quel tragitto da una vita, come mi ha detto la prima volta. Quindi se la Lopiccolo le era alle costole, doveva per forza passare per di lì. Poi la Smart gialla sarebbe stato un punto di riferimento strepitoso” conclude Ricardo.
Lopapa rimane in silenzio come se dovesse metabolizzare la ricostruzione del commissario. Nel mentre Ricardo riprende a parlare.
“C’è un particolare che non sono riuscito fissare o ipotizzare…”.
“Quale?” domanda il magistrato.
“Chi ha convinto la Lopiccolo a prendere la Smart del tunisino e seguire la collega?” risponde il commissario con una domanda.
“Ma oltre a quello manca anche il movente, che il mandante doveva avere per commissionare il delitto a un killer professionista” dice Lopapa, come se parlasse tra sé.
“Beh! Questo ci permette di depennare il tunisino tra i possibili mandanti. Rimangono Maria, Alex e Felix e aggiungo anche un misterioso Mister X, del quale non conosciamo nulla. Io escluderei Alex e Felix dalla lista…”.
“Perché? Avrebbero un forte movente: la minaccia di uno scandalo…”.
“Sì, hai ragione su questo punto” ammette Ricardo “ma se lo fossero avrebbero dovuto avere dei forti agganci con il sottobosco dei killer. Altrimenti i miei informatori mi avrebbero avvertito. Una persona fuori dal giro, che cerca un killer professionista, produrrebbe agitazione. Dovrebbe domandare, fare offerte, parlare con chi conta. Insomma difficilmente sarebbe passato inosservato”.
“Ammettiamo che sia così. Ma potrebbe essere che uno dei due è un pezzo grosso della mala” afferma Lopapa poco convinto dalle parole di Ricardo.
“E quello si lascia ricattare da una donna? E lei sarebbe così stupida di prestarsi a pedinare la Presente? Oppure di spedire una lettera così minacciosa a un boss? Non mi convince la tua tesi” conclude il commissario.
“Quasi quasi mi hai convinto. Quindi rimangono Maria Russo e Mister X come possibili mandanti. La donna è un osso duro. L’altro è uno sconosciuto. Non male come prospettiva” esclama ridendo Lopapa.
“Concordo” replica Ricardo. “Però lasciami fare una telefonata. Un mio uomo dovrebbe scortare la Presente lunedì in ufficio. Lo mando stamattina a prenderla per accompagnarla nel tuo ufficio. Vorrei farle alcune domande”.
Il magistrato annuisce in silenzio e aspetta la fine della telefonata, prima di ricominciare a parlare.
“Però mi sembra che siamo in alto mare. Un killer dal volto sconosciuto, uno o più mandanti che difficilmente riusciremo a incastrare con gli elementi attuali in nostro possesso.
Il commissario conferma col capo d’essere d’accordo con Lopapa. Estrae il taccuino e comincia a scrivere.
Teresa Lopiccolo
LUOGO DEL DELITTO: pubblica via (Corso della Giovecca altezza Parco Pareschi)
CAUSA DELLA MORTE: un colpo di fucile alla testa.
MOVENTE: sconosciuto
ASSASSINO: Killer professionista
COMPLICI: Tarek Ben Hamman e forse un altro.
MANDANTE: Maria Russo/Mister X
ARMA DEL DELITTO: fucile di precisione
PARTICOLARI:  Guidava una Smart gialla.
TESTIMONI: nessuno
PERSONE DA INTERROGARE: Presente, vicini di casa, Tarek Ben Hamman
NOTE: la vittima stava seguendo una collega senza apparente motivo. Non possiede una macchina propria. Era priva di documenti di identificazione. Viveva da sola. Un mazzo di fiori con biglietto misterioso è collegato alla morte della vittima?
Poi prende un altro foglio bianco e comincia a scrivere, mentre Lopapa legge il primo.
Carlo Inzoli
LUOGO DEL DELITTO: abitazione della vittima – Via Frescobaldi
CAUSA DELLA MORTE: un colpo di pistola al cuore
MOVENTE: sconosciuto
ASSASSINO: sconosciuto
COMPLICI: nessuno
MANDANTE: nessuno
ARMA DEL DELITTO: pistola con silenziatore
PARTICOLARI: ha aperto la porta d’ingresso al suo assassino
TESTIMONI: nessuno
PERSONE DA INTERROGARE: Presente, vicini di casa, amici
NOTE: collegato a Teresa Lopiccolo? Un mazzo di fiori con annesso biglietto pare non essere stato recapitato. Dove è finito?
Passa anche il secondo appunto al magistrato.
“Ho dimenticato qualcosa?” domanda Ricardo.
“A spanne, direi di no. Se manca qualcosa, lo aggiungiamo” risponde Lopapa. “E’ tempo di tornare. Aspettiamo la Presente in ufficio”.
Pagata la colazione, si incamminano per rientrare in ufficio.

Il mazzo di fiori – parte ventisettesima

Ricardo guida con calma verso Piazza Ariostea, da dove imboccherà via Frescobaldi.

“I morti non scappano. Quindi inutile affrettarsi” si dice, riflettendo sui possibili motivi che hanno suggerito a Lopapa di convocarlo in piena notte.

Non ha chiesto il civico al centralinista della questura, perché sicuramente non ce ne sarà necessità. Lo troverà senza dubbio.

Percorsi pochi metri, nota a metà della via un caos indescrivibile. Polizia coi lampeggianti, un assembramento di curiosi, tv locali con il corredo di giornalisti. Tutta via Frescobaldi è sveglia. Se non sono in strada, stanno alla finestra. Il commissario accosta la macchina in un punto poco distante dalla folla e si avvicina ai poliziotti che la tengono a bada.

“Commissario Ricardo” dice, anche se sa che è già stato riconosciuto. Lo fanno passare e gli danno le indicazioni per raggiungere il magistrato.

“Basta lasciarti solo un attimo e ti cacci in un nuovo casino” chiosa, ridendo il commissario.

“Non fare lo spiritoso. C’è lavoro anche per te” replica infastidito Lopapa.

“Perché?”

“Credo che sia il famoso amico della Presente. Quel tale Carlo di cui ci ha parlato la prima volta” dice serio il magistrato.

“Uhm!” grugnisce Ricardo, aggrottando la fronte. “Come fai a dirlo?”

“Dal telefono. C’è un sms diretto alla Presente vecchio di qualche giorno. Si chiama Carlo Inzoli ed è stato ammazzato da qualcuno che conosceva, visto la posizione, dove è stato trovato”.

“Raccontami” lo esorta il commissario.

“Tre ore fa un vicino ha chiamato il 113 segnalando che c’era un morto, probabilmente ucciso. L’ispettore Princigalli è intervenuto e mi ha chiamato. Ero di turno…”.

“…Porti sfiga, quando sei di turno!” dice ridendo Ricardo.

“Non sfottere!” replica indispettito Lopapa. “Arrivato ho notato il telefono acceso sul divano. Una rapida scorsa e ho visto il messaggio associato al nome della Presente…”.

“Cosa diceva?” chiede curioso.

“’Il bianco del giglio è la purezza del tuo comportamento. Il giallo degli aster sono per l’intelligenza dimostrata. Il rosso delle rose per la passione negata‘. Come se fosse un biglietto di un mazzo di fiori. Potrebbe anche essere una semplice metafora ma l’intuito mi dice che è il secondo mazzo di fiori, recapitato alla Presente. Dobbiamo convocarla immediatamente”.

“D’accordo. Tra qualche ora un mio uomo la va a prendere e gli dico di portarla nel tuo ufficio. Come è stato ucciso l’uomo?” domanda Ricardo.

“La scientifica parla di un solo colpo al cuore. Visto che nessuno della casa ha sentito nulla, probabilmente è stato usato il silenziatore. Mi chiedo quale movente potrebbe avere avuto per ucciderlo” conclude Lopapa.

“Qualsiasi ipotesi può essere valida. Non sappiamo neppure se c’è un collegamento col caso di Teresa Lopiccolo. Lasciamo lavorare i colleghi della scientifica e andiamo ad ascoltare la persona che ha trovato Carlo…” conclude Ricardo, che ha già dimenticato il nome del morto.

“Carlo Inzoli” precisa Lopapa.

Suonano alla porta accanto e vengono fatti entrare in un bilocale ben arredato.

“Ricardo” dice il commissario allungando la mano.

“Giuseppe Brigante” risponde un uomo di circa quarant’anni. “Accomodatevi”.

Si sistemano nella sala attorno a un tavolo di acciaio e cristallo.

“Posso farvi un caffè?” chiede con tono gentile.

“Per me, no. Grazie” risponde il magistrato.

“Grazie. Neppure per me” aggiunge Ricardo a malincuore, perché avrebbe gradito una tazza di caffè.

“Può raccontarci come ha trovato il corpo del signor Inzoli?” domanda Lopapa.

L’uomo fa un profondo respiro prima di cominciare a parlare.

“Erano all’incirca le dieci e trequarti, quando sono rientrato dopo un aperitivo con gli amici. Aperto il portone d’ingresso ho notato una luce al nostro pianerottolo e ho pensato subito alla presenza di un ladro…”.

“Non ha avuto paura?” gli domanda Ricardo.

“Sì, in effetti. Al buio ho predisposto la chiamata al 113, prima di cominciare a salire…”.

“Continui” lo sollecita Lopapa.

“Non capivo se la luce proveniva dal mio o da quello di Carlo… Come avete visto i due ingressi sono molto vicini”.

Entrambi annuiscono senza dire nulla.

“Arrivato a metà delle scale ho capito che era aperta la porta di Carlo. Ho tirato un sospiro di sollievo. Giunto al piano l’ho visto a terra in un lago di sangue. L’ho chiamato ma non ho ottenuto risposta. Allora ho telefonato al 113. Il resto lo conoscete bene” conclude la lunga dichiarazione.

“Ha toccato nulla?” chiede cautamente Ricardo.

“No. Ho capito che era meglio non avvicinarmi al corpo. Ho chiamato gli altri condomini per metterli al corrente dell’accaduto” risponde con calma Giuseppe.

“Quando è arrivato non ha notato nulla di strano. Tipo una persona sconosciuta uscire dal portone?” domanda Ricardo, che continua a prendere appunti.

“No. Assolutamente no. Tutto tranquillo. Veramente ora che me lo chiede…” risponde l’uomo aggrottando la fronte.

“Ci dica quale ricordo sta affiorando” dice Lopapa.

“Una macchina di grossa cilindrata, parcheggiata cinquanta metri dopo il nostro ingresso si è mossa per andarsene”.

“Saprebbe dirci che auto era?” chiede Ricardo, sollevando il viso.

“No. Di preciso no. La strada non è ben illuminata ed era di colore scuro. Blu notte o nero. A spanne direi un BMW X3 ma avrebbe potuto essere la Classe B del Mercedes. Gli ultimi modelli visti da dietro e al buio assomigliano terribilmente!”

“Ha visto dove si è diretto? Verso la prospettiva o verso il Castello?” incalza il commissario.

“No. Nel modo più assoluto non lo so. Non mi interessava e poi stavo facendo manovra per parcheggiare la Bravo” conclude scuotendo il capo.

“Il signor Inzoli lo conosce bene?” chiede Ricardo cambiando argomento.

Certamente. Siamo stati i primi ad abitare questa casa dopo la sua ristrutturazione. Amici forse no. Entrambi siamo riservati e non abbiamo frequentazioni comuni ma quando ce ne è stato bisogno ci siamo dati una mano a vicenda”.

“Mi dica, signor Brigante. L’appartamento del signor Inzoli era frequentato da molte persone?” prosegue il commissario nell’interrogatorio.

“Di giorno non lo so. Esco prima delle otto e rientro quasi sempre dopo cena. Alla sera direi di no, salvo qualche rara eccezione ma Carlo era una persona discreta e non faceva rumore. Le pareti sono di carta velina e se faceva casino l’avrei sentito chiaramente”.

“Donne o uomini?” lo incalza Ricardo.

“Direi uomini. Ragazzi della nostra età. Ma come le ho detto era un evento raro”.

Lopapa ascolta in silenzio le domande e le risposte, cercando di captare le sfumature della voce di Brigante. Gli sembra che sia sincero e non crede di ricavarci nulla di buono. Sta per dire a Ricardo che è giunto il momento di levare l’ancora, quando l’ennesimo quesito posto dal commissario attira la sua attenzione.

“Sa se il signor Inzoli aveva una ragazza?”

“Direi di no, di primo acchito. Però l’ho visto in centro più di una volta con una stangona bionda. Lui sbavava ma lei lo snobbava”.

“E’ in grado di descriverla?” chiede Ricardo.

“Si e no. Ricordo che era alta più di Carlo. Bionda con i capelli lunghi e lisci. Non si può dire che fosse una donna appariscente. Praticamente senza seno. Io preferisco quelle più floride e dotate di attributi” conclude ridendo.

“Grazie, signor Brigante. Se passa in giornata dal mio ufficio le faccio leggere e firmare quello che ci ha detto. Notte o forse sarebbe meglio dire buona giornata, visto l’orario” dice Ricardo alzandosi dalla sedia, imitato da Lopapa.

Usciti scendono di un piano per sentire le altre persone, che non aggiungono nulla a quanto non conoscevano già.

Il cielo cominciava a tingersi di rosa, quando Ricardo e Lopapa si ritrovano nell’ufficio del magistrato dopo una notte insonne.

Il mazzo di fiori – parte ventiseiesima

Felice si domanda cosa sa la ragazza di lui. L’ha seguita più volte ma lei non ha mai dato segno di conoscerlo. Pensa che questo sia un buon segno.

“Più resto anonimo, più tengo lontano i guai” riflette, mentre nel letto finge di vedere la televisione.

E’ single ma gli piacciono le donne e Teresa era un bocconcino niente male. Scuote la testa perché questa sua passione sta rischiando di travolgerlo.

“Mi ha accusato di essere il padre di suo figlio! Ma non è vero assolutamente! Ho usato tutte le precauzioni del caso, anche se lei rideva di questo! Ma ero il solo uomo che frequentava?” si chiede, spegnendo la TV.

“L’avrei anche sposata ma lei mi prendeva in giro. Mi diceva che non era una donna da mettere in gabbia! Forse aveva ragione ma me ne ero innamorato. Avevo perso la testa”.

Però adesso trema per il timore di essere coinvolto in questa brutta storia. Sa che ne uscirebbe bene. E’ in grado di giustificare tutto ma finire sulle cronache cittadine proprio non gli garba.

“E’ meglio starne fuori” dice, spegnendo la luce nel tentativo di dormire un po’.

Chiumento si gira nel letto, incurante degli sbuffi della moglie.

“Cos’hai?” gli chiede infastidita la donna. “Non stai fermo un attimo!”

Lui non risponde. E’ inquieto. La vicenda di Teresa l’ha messo in apprensione. Deve fingere sia in ufficio sia a casa. Lo stress lo sta divorando.

“Si può sapere cos’hai?” domanda sbuffando irritata. Prende il cuscino e scende dal letto per dirigersi verso la camera degli ospiti.

“E vattene” si dice in silenzio Chiumento, per nulla addolorato dalla defezione della moglie. Si sopportano a vicenda da anni. Ognuno conduce la propria vita fregandosene dell’altro ma non pensano minimamente a divorziare. “Troppe grane, troppo gossip. Meglio fingere di essere una coppia unita” convengono entrambi. Le due figlie sono grandi e tra non molto se ne andranno, lasciandoli soli con la loro insofferenza reciproca.

“Quella strega di Teresa ha tessuto bene la sua tela. Mi ha impietosito per farsi assumere. Si è dimostrata disponibile al sesso. Anzi l’ha proposto lei esplicitamente. Io come un tordo ci sono cascato. Non chiedeva nulla, anzi era riservata più che mai. In ufficio mi dava del lei. Mi chiamava dottor Chiumento. Nessuno ha mai sospettato che ci fosse qualcosa tra noi. Sembrava una situazione ideale, finché… non è uscita con quella richiesta. Una barcata di soldi per stare zitta oppure avrebbe spifferato ai quattro venti che era incinta per colpa mia! Una puttana altro che donna innamorata!”

Si interroga se Teresa non ha lasciato documenti compromettenti per lui. Scuote la testa incredulo, pensando che lui, un uomo di cinquant’anni, stava con una ragazzina che avrebbe potuto essere sua figlia. Però lo aveva fatto ringiovanire nello spirito e dimenticare quella vecchia frigida di sua moglie. Erano lustri che non faceva più sesso con lei. “Per la precisione dopo la nascita di Lorenza, la secondogenita” conferma ripensando ai momenti di piacevoli sensazioni trascorsi con Teresa.

“Avrei voluto ucciderla, dopo che aveva minacciato lo scandalo. Sarei stato disponibile ad assoldare un killer per farla fuori ma…” riflette mentre scivola in un sonno agitato e poco ristoratore.

Carlo, seduto sul divano, sorseggia una Heiniken ghiacciata. E’ tranquillo anche se un po’ amareggiato perché Ludmilla non ha risposto al suo sms. Sorride sornione e ne conosce i motivi.

“Come poteva rispondere, se ho nascosto il numero?” dice ridendo.

Poi un’ombra passa davanti ai suoi occhi. Posa la bottiglia di birra sul pavimento e riflette sugli ultimi avvenimenti. Qualcuno lo aveva invitato a inviarle un mazzo di fiori e scriverle un biglietto enigmatico. “Lei è perdutamente innamorata di te” gli aveva suggerito subdolamente. E lui aveva abboccato. “Perché uno solo?” si era detto. Così aveva deciso di mandarle ben due mazzi assieme a frasi intriganti. Non ci aveva riflettuto neppure un attimo su quell’invito. Non si era posto neppure una domanda, perché uno sconosciuto, o quasi, lo spingeva a quel gesto d’amore tanto folle, quanto inutile.

“Sì, inutile” afferma, riafferrando la bottiglia. “Lei non mi ama, né credo che lo farà in futuro”.

Dopo una lunga sorsata posa nuovamente la Heiniken sul pavimento.

“Chi è veramente quel tizio? Perché ha affermato che lei mi ama alla follia? Come fa a conoscerla e a sapere questi particolari?”

Si abbandona sullo schienale del divano e chiude gli occhi. L’innamoramento gli ha giocato un pessimo scherzo, facendo perdere la razionalità di cui è dotato. Si interroga quali obiettivi in realtà nascondeva quel suggerimento. Quella persona conosciuta quasi casualmente al bar di fronte al Castello sembrava invece ben informata su di lui.

“Devo chiamarla” si dice, afferrando il telefono. “Voglio chiarire un particolare, perché un dubbio sta affiorando nella mente”.

Sta componendo il numero di Ludmilla, quando sente suonare alla porta. Lascia il telefono sul divano e va al videocitofono. Ha un motto di sorpresa.

“Ciao” dice un volto conosciuto. “Posso salire un attimo?”

“Sì” risponde Carlo, colto in contropiede da quella apparizione, e apre il portone.

Sull’uscio di casa riflette per quale motivo è venuto a trovarlo. Da oltre una settimana non l’aveva visto né sentito.

“Ciao, accomodati” gli dice, mettendosi da parte.

L’uomo entra e poi si gira verso Carlo.

Flop! E Carlo si affloscia sul pavimento.

Ricardo è inquieto. Gli ultimi eventi non gli piacciono. “Ne devo parlare con Carmelo domani. E’ meglio fare chiarezza su alcuni particolari” mormora nel dormiveglia.

Dorme vestito, perché ha la sensazione che possa succedere qualcosa di strano. La telefonata di Ludmilla è stato un campanello d’allarme, le riflessioni in ufficio gli hanno messo fretta di approfondire alcuni aspetti che sono stati sottovalutati.

Ricardo occupa un bel bilocale luminoso non molto lontano dalla questura. E’ single e finora non ha pensato a farsi una famiglia. “Questo mestiere è faticoso e non consente molti svaghi. Non ci sono orari, feste comandate e ferie. Di sicuro non sarei in grado di stare molto insieme a loro. Quindi…” aveva detto più volte a chi gli chiedeva perché non aveva preso moglie. Una donna a ore gli tiene in ordine l’appartamento, lava e stira camice e indumenti intimi. Il resto lo porta nella tintoria sotto casa, con la quale ha stipulato una specie di contratto. Per il mangiare si arrangia. Se non ha voglia di prepararsi qualcosa, fa un salto in una trattoria vicino alla questura oppure in pizzeria da Pulcinella.

Ricardo continua a girarsi inquieto nel letto, mormora parole sconclusionate e pensa a Ludmilla. Gli piace la ragazza e avverte che anche lei prova qualcosa verso di lui. Ricaccia indietro questo pensiero ma il viso liscio e quegli occhi azzurri ritornano sempre lì, davanti a lui.

Sbuffa, scalcia le coperte, non riesce a dormire, quando un trillo insistente mette fine al suo non sonno.

“Chi è che rompe?” si chiede mentre osserva le luci della radiosveglia.

“Pronto” dice, rispondendo al telefono.

“Ah! Commisa’, t’ho svegliato?”

“No, no! Facevo quattro passi per il letto. Svelto dimmi, perché altrimenti mi riaddormento” esclama il commissario alquanto infastidito.

“Hanno trovato un morto ammazzato”.

“E mi chiami per questo alle due di notte?” replica inferocito Ricardo. “Chi è di turno stanotte?”

“Princigalli, commisà…”.

“…allora che muova il culo lui” esclama ancor più infuriato per la telefonata.

“S’è mosso ma il dottor Lopapa ha chiesto esplicitamente di lei” risponde con tono sommesso il centralinista della questura.

“Potevi dirlo subito” dice Ricardo stupito.

“Non ce l’ho fatta…”.

“…e il morto ammazzato dov’è?” domanda, interrompendo le giustificazioni.

“E’ in via Frescobaldi…”.

“Ho capito. Avverti il magistrato che tra dieci minuti arrivo” dice chiudendo la conversazione.

Impreca sommessamente, mentre infila le scarpe e prende le chiavi della macchina.

“Me lo sentivo che sarebbe stata una brutta notte. Chissà perché Carmelo vuole proprio me. Ora volo là e lo imparerò” borbotta, mentre chiude la porta del bilocale.

Il mazzo di fiori – parte venticinquesima

Ricardo è nel suo ufficio dopo la lunga chiacchierata con Lopapa. Analizza gli schemi del procuratore. Qualcosa non gli torna.

“Ha ragione, Carmelo. Il killer ha usato i fiori come esca. Ma non è sufficiente. Manca qualche tassello” ragiona il commissario.

Riguarda lo schema e scuote il capo perplesso. Riflette provando di crearne uno nuovo.

“Il killer sicuramente è stato ingaggiato dall’esterno. Ma da chi?”

Prova a mettere al centro il sicario e intorno i nomi.

“Tarek, il tunisino. Certamente no. Si è già esposto con la Smart… sarebbe autolesionismo puro. E poi… lo dovrò interrogare. La sua versione zoppica e non è credibile”.

Fruga tra le carte e osserva la fotografia della carcassa dell’auto. Un particolare lo colpisce: il colore. Prende l’immagine e la mette in evidenza. Un primo tassello va a posto. Riprende l’esame delle persone.

“Ludmilla… no. E’ l’esca involontaria con il suo mazzo di fiori. Ma non sono riuscito ancora a collocarlo nel punto giusto. Alex e Felix potrebbero essere ma di loro non conosco nulla. Forse uno di loro è il padre del bimbo che Teresa aspettava”.

Fa una pausa su questi nomi. Si domanda se sono di fantasia oppure sono reali. Scuote il capo. Li accantona per il momento, prima di riprendere l’analisi.

“Maria Russo è una donna enigmatica, fredda. Per quali motivi avrebbe ingaggiato un sicario per uccidere la figlia? Perché è rimasta a Ferrara? Non mi sembra un movente valido. Ci dev’essere qualcosa sotto che ancora non abbiamo scoperto. Carmelo è stato abile nel bloccarla in città e affidarla a Ludmilla senza manifestare il proprio interessamento e renderla diffidente e guardinga nelle risposte”.

Si appoggia allo schienale e intreccia le mani dietro la nuca. Sente squillare il telefono, quello delle emergenze. Lo afferra, presagendo delle nuove rogne.

“Pronto”.

“Ricardo? Ludmilla…”

Sente una voce agitata e immediatamente spinge un pulsante.

“Problemi?” chiede Ricardo, tentando di dare un tono normale alla risposta.

“Problemi? Se telefono vuol dire che ci sono e anche grossi..” dice la ragazza tutta agitata.

“Calmati. E racconta cosa è successo” replica il commissario col tono sicuro di chi ha in pugno l’intera vicenda.

Mentre dice queste parole, un ispettore mette la testa dentro.

“Aspetta a raccontare” le intima Ricardo, mettendo in mute il telefono. “Contatta la pattuglia 103” dice al nuovo arrivato. “Chiedi se hanno notato qualcosa di strano nell’ultima mezz’ora e di’ loro di stare in allerta. Manda un’altra squadra a rinforzo. Non devono usare avvisatori acustici o visivi. Tutto chiaro?”

“Sì”.

“Sono pronto ad ascoltarti, Ludmilla”.

“Mezz’ora fa qualcuno ha suonato alla porta ma abbiamo finto di non esserci. Eravamo impaurite ma sufficientemente tranquille, perché in strada c’è una vostra pattuglia. Poi circa cinque minuti fa ho ricevuto una telefonata anonima inquietante ‘Lo so che sei in casa. Non mi sfuggirai‘. A questo punto sono stata presa dal panico e mi sono messa in contatto con te”.

“Hai fatto benissimo!” risponde Ricardo. “Ora tranquillizzati. La pattuglia sotto casa è stata messa in allarme. State lontane dalle finestre. Anzi se puoi tira giù le serrande senza esporti. Domani verrà a prenderti un paio di agenti in borghese per andare in ufficio. Un’agente in borghese prenderà la tua Bianchi e farà il solito percorso. Notte e stai serena”.

Il commissario riflette sugli ultimi avvenimenti e si chiede il motivo della telefonata, che gli pare ambigua. Prima di proseguire nei ragionamenti, si attiva per avere i tabulati delle ultime telefonate ricevute e fatte da Ludmilla. Spera di ricavare delle utili informazioni. Si interroga se lui e Carmelo non abbiano per caso preso delle strade sbagliate nelle indagini.

“Quali misteri ha nascosto Teresa? Devo scavare più a fondo nella vita della ragazza. E’ rimasta per quattro anni tra il momento della partenza della madre e l’impiego presso R&S senza sostegno economica in apparenza. Come ha vissuto questi anni?”

Prende degli appunti: anagrafe civile, contratto dell’ultima casa, interrogatori dei vicini di casa, esame dei conti correnti. “Ne parlerò con Carmelo” si dice. “Poi valuteremo come procedere”.

Squilla di nuovo il telefono: sono quelli della squadra 103.

“Dimmi, Antonio” risponde sconsolato, perché ipotizza già la risposta.

“Sì, un uomo ha suonato al portone ma non abbiamo compreso quale campanello abbia premuto. Ci siamo messi in allerta…” racconta il poliziotto.

“Ma non avete fatto nulla, immagino! Suppongo anche che non siate in grado di descriverlo, perché c’era buio o eravate troppo distanti?”

“Sì” ammette con voce moscia Antonio.

“Quali erano le istruzioni?”

“Tutte le situazioni sospette devono essere verificate” risponde il poliziotto.

“Invece di starvene al calduccio in macchina, dove sicuramente siete stati già individuati, dovevate pattugliare le vie intorno a turno, cercando di non farvi notare. Sta arrivando una seconda pattuglia. Voi vi spostate dopo l’incrocio e loro faranno quello che non avete fatto voi. Domani mi farete rapporto” dice, chiudendo la telefonata.

Ricardo è di malumore. Una giornata lunga e snervante, senza approdare a nulla di concreto. Si appresta a tornarsene a casa con la speranza che non ci siano altri intoppi prima di domani. Da’ le ultime istruzioni per il giorno successivo. Si domanda se non sta impiegando troppo personale per un caso che non è stato preso in considerazioni dai giornali nazionali. Spera di riuscire a risolverlo, prima che arrivi alle orecchie del questore, col quale ha qualche ruggine in sospeso.

Ludmilla è nervosa. La telefonata con Ricardo non l’ha tranquillizzata per nulla. Avverte un senso di minaccia non ben definito. Si domanda come poteva quell’uomo conoscere due aspetti della sua esistenza: dove abita e il numero di telefono. La voce era sconosciuta e priva di inflessioni dialettali. Fredda come il marmo, precisa come un raggio laser, anonima come buio.

Decide di porre qualche domanda a Maria. E’ rimasta sempre impassibile, né un sussulto di paura, come se si aspettasse quell’intrusione. Ancora una volta percepiva una nota stonata nel comportamento della donna.

“Maria” comincia Ludmilla “quando ha sentito per l’ultima volta Teresa?”

“Non ricordo ma anni fa” risponde atona senza modificare l’espressione del viso.

“Uno, due, tre anni?” insiste la ragazza.

“No sacciu” dice la donna.

Ludmilla abbozza. “Sto fresca se comincia a parlare in dialetto” si dice pensierosa. “Su questo versante trovo un muro invalicabile. Devo cambiare argomento”.

Riflette ma trova solo domande scontate e risposte scontate. Decide di parlare di Lecce, San Cataldo, delle Puglie in generale. Il ghiaccio tende a diventare acqua, l’espressione del viso della donna si distende. Parla volentieri della sua terra.

“Non ho mai visitato la Puglia. La conosco per quanto letto sui giornali e nulla più” dice Ludmilla.

“Vieni a trovarmi il prossimo mese. Ti ospito a casa mia. Non è grande ma è comoda” replica Maria.

“Potrebbe essere una buona idea. Le giornate sono ancora lunghe e soleggiate in generale”.

L’atmosfera è mutata: da gelida a calda. La ragazza ritiene prematuro affrontare l’argomento marito, non la sente pronta a rispondere. L’intuito le suggerisce che forse capire, come l’ex marito le ha lasciate, possa risolvere qualche mistero. Niente di certo, solo sensazioni.

“Se la stagione è buona, puoi ancora fare il bagno e prendere il sole” prosegue Maria.

“Il mare l’ho visto sempre in estate. Qui a Ferrara in ottobre le giornate sono fredde e talvolta c’è nebbia”.

“Sì, lo so. Ho rimpianto tante volte il sole di Puglia” ammette con un filo di malinconia.

“Mi domando il motivo per il quale avete lasciato una terra generosa come la Puglia per finire a Ferrara, più chiusa e poco permeabile ai forestieri” le dice sorniona, cogliendo un attimo di ricordi tristi.

Ffanculo! Quiδδu cchillu de Ntuninu1!” esclama arrabbiata Maria.

“Quindi è stata colpa di tuo marito, se vi siete trasferiti a Ferrara” dice fingendo di aver capito l’imprecazione. In effetti non compreso nulla ma solo intuito il senso dell’imprecazione.

“Sì! Io non volevo ma lui ha deciso così”.

“Ma Tonino…”.

“No, Antonio”.

“Antonio è morto, dunque?” prosegue la ragazza.

“Macari!”

Ludmilla intuisce che non è morto ma è scappato di casa.

“Mi spiace che sia morto, lasciandovi in un mare di guai!”.

Figghia mia, non hai capito nulla. Non è morto! E’ scappato con una ragazzina. Cu mmuèri moi moi2!” esclama arrabbiata.

“Oh!” dice fingendo dispiacere. “E’ un vero mascalzone!”

“Anche di peggio! Sapessi dove si trova lo ucciderei con le mie mani!”

Ludmilla le stringe le mani per dimostrare la sua solidarietà. Però non comprende l’astio verso la figlia. “Non può essere solo il fatto che si sia rifiutata di tornare a Lecce. Il motivo deve essere un altro ma credo che sia inutile insistere. E’ già molto che abbia detto questo del marito” ragiona in silenzio, continuando a tenerle le mani.

“Non è mai piacevole essere abbandonati” aggiunge la ragazza.

Quella spudorata di Teresa è come lui! Crapazzoppa, curciperta e zoccula3. Solo pianti mi ha riservato” esclama, alzandosi.

Ormai è un fiume in piena, pronto a straripare da un momento all’altro. Ludmilla fa un viso triste di circostanza ma in cuor suo spera di capire l’astio della madre verso la figlia.

Ntuninu è un figghiu de puttana! Ha combinato solo casini e creato dei problemi. Quando doveva essere presente, non c’era mai! Maledetto il giorno che l’ho conosciuto. Sembrava un dio in terra, tanto era bello! E io sono caduto come un fico maturo ai suoi piedi!”

Maria è diventata paonazza per l’ira, mentre la voce si altera su toni striduli.

Calmati, Maria!” le dice dolce Ludmilla. “Antonio è un uomo da scartare, perché ti ha dato solo grattacapi”.

Teresa, quella spudorata, è come lui. Solo piangere mi ha fatto!” riprende come se gli inviti della ragazza non li avesse sentiti.

Ludmilla vuole conoscere qualcosa di più di Antonio. Intuisce che è un punto dolente e importante per comprendere qualcosa di più della situazione.

Ma perché avete lasciato Lecce?” le chiede.

Siamo scappati! Ecco perché ho dovuto abbandonare la mia casa!” replica stizzita.

Scappati?”

Sì, come dei ladri. Vent’anni fa! Scappati di notte!” urla arrabbiata.

Ludmilla le stringe la mano come per farle sentire la sua vicinanza.

Poi” riprende la donna, “è scappato di nuovo con una ragazzina, una compagna di Teresa! Stu puercu stia cu spia sempre le caruse4! Ci ha abbandonate in un mare di guai. Io sono tornata ma lei ha voluto rimanere. Aveva sempre degli uomini intorno. Una zoccula! Ecco come è vissuta!”

Poi si accascia sul divano, piangendo.

1Trad. Che si faccia fottere, quello stupido di Antonio

2Trad. Che possa morire all’istante

3Trad. Testarda, donna di facili costumi e puttana

4Trad, Quel porco stava sempre a insidiare le ragazzine

Il mazzo di fiori – parte ventitreesima

La Nuova Ferrara del 27 settembre 2013

L’incidente di venerdì scorso è stato un omicidio. Colpo di scena durante le indagini

Dal nostro inviato

Un autentico coupe de theatre è stato rivelato nella conferenza stampa di ieri sera dal procuratore Lopapa, che coordina le indagini sull’incidente di venerdì scorso in corso Giovecca. Quello, che rimaneva singolare e incomprensibile, è adesso chiarissimo. Teresa Lopiccolo è stata uccisa da un colpo di fucile sparato da una finestra di un palazzo posto di fronte al Parco Pareschi. Quindi i piccoli misteri, che avvolgevano l’episodio, sono più chiari a cominciare dallo strano interessamento del magistrato di turno, alle indagini del commissario Ricardo, dall’alone misterioso che ha avvolto l’identificazione della donna. Ricordiamo che era priva di documenti e guidava una macchina non sua. Secondo una sommaria ricostruzione dei fatti Teresa Lopiccolo è stata raggiunta alla testa da un proiettile. Nonostante le insistenti domande di noi giornalisti, il magistrato non ha lasciato trapelare molti particolari. Ha glissato sul nome della ragazza bionda che per prima ha identificato la morta. Non ha spiegato quale movente sia alla base dell’assassinio e come l’assassino abbia colpito la ragazza. In conclusioni molte ombre avvolgono ancora il fatto. La reticenza di Carmelo Lopapa ha fatto balenare l’ipotesi che sia un assassinio analogo a quello famoso di Marta Russo. Per chiarezza dei lettori si riassumono in breve gli avvenimenti. Fu un caso che monopolizzò i media nazionali e nonostante l’iter giudiziario sia stato concluso con delle condanne definitive, già scontate, qualche dubbio è rimasto sia nella conduzione delle indagini sia nelle conclusioni. Una giovane donna, Marta Russo, una studentessa di giurisprudenza de La Sapienza di Roma, fu uccisa da un colpo di pistola, mentre camminava con un’amica in un vialetto interno alla Città Universitaria il 9 maggio 1997. Il proiettile fu sparato da una finestra dell’ateneo e si disse che il motivo era stato di simulare un delitto perfetto. Le indagini furono complesse e con parecchi colpi di scena per l’assenza di un movente certo. Solo dopo testimonianze, ritrattazioni e coinvolgimento di professori, usciere e segretaria si arrivò all’incriminazione di due giovani assistenti e alla loro condanna. I processi furono esplosivi fino alla conferma definitiva della pena in Cassazione nel 2003. Ci si domanda se il magistrato facesse riferimento al quel famoso caso, mentre esponeva i fatti. Adesso aspettiamo gli sviluppi o nuovi colpi di scena. Per il momento tutto è avvolto nella nebbia.

Il commissario accompagna Ludmilla e Maria Russo nell’abitazione della ragazza. Il tragitto si svolge in silenzio. Si ascolta solo il respiro delle due donne e il rombo della potente Alfa.

Arrivati sotto casa, Ludmilla, giocando d’anticipo, invita Ricardo a salire. “Sali” gli dice. “Ti offro un aperitivo”.

Il commissario annuisce e le segue. Il procuratore gli aveva suggerito di visitare l’appartamento ma la ragazza gli ha agevolato il compito. Aperta la porta, si fermano presso un basso muretto di pietra a vista, che separa la sala da pranzo dal minuscolo ingresso.

“Venite avanti” dice Ludmilla, facendo strada verso il divano. “Questa è sala, salotto, studio. Insomma dove vivo praticamente, quando sono in casa. Lì c’è la cucina. Non è grande ma vivibile. E là camera da letto e bagno. Quella porta finestra conduce a un ampio balcone”.

“Piccola ma confortevole” precisa Ricardo, che osserva con occhio professionale tutto quanto. Nota una stampante HP Officejet in un angolo e riflette che non può averla usata per fotocopiare le pagine del taccuino di Teresa. I suoi uomini lo avrebbero scoperto immediatamente ma hanno confermato che apparentemente le pagine non sono state aperte e poste su una fotocopiatrice. “O le ha fotografate oppure le ha ricopiate manualmente. Oppure le ha semplicemente lette. Quindi ha fatto bene Carmelo a non accettare la sfida della perquisizione” ragiona alla vista della stampante.

“Prendi qualcosa?” si informa premurosa Ludmilla, che ha osservato con attenzione dove si posa lo sguardo del commissario.

No. Devo tornare in ufficio. Per qualsiasi evenienza mi potete contattare a questo numero” dice, porgendo un biglietto da visita. “Giorno e notte. Qualsiasi volto sospetto o persona sconosciuta, che vedete aggirarsi nei paraggi, me li dovete segnalare. Niente colpi di testa o indagini personali. Per precauzione una squadra in borghese sarà sempre appostata nei paraggi e vi seguiranno come ombre”.

Ludmilla rabbrividisce, perché intuisce di essere in pericolo.

“Ma perché?” domanda, conoscendo già la risposta.

“C’è un pericoloso killer in libertà e prendiamo tutte le cautele possibili. Non aprite la porta senza accertarvi che sia una persona nota. Ti consiglio di cambiare strada per recarti al lavoro e le abitudini mattutine per qualche giorno”.

Poi rivolgendosi a Maria Russo, le dice: “Signora, domani verrà un’agente in borghese a prenderla. Sarà il suo angelo custode. La segua senza timore. La accompagnerà ovunque lei voglia recarsi”.

Dette queste parole Ricardo prende la strada del ritorno, lasciando sole le due donne.

“Signora…” comincia Ludmilla.

“Mi chiami Maria” replica decisa.

“Maria, venga. Le mostro la camera dove riposerà”.

“Ma no!” esclama. “Mi basta quel divano. Non voglio disturbarla oltre misura, cambiando le sue abitudini. E’ già stata fin troppo gentile ospitarmi”.

“Nemmeno per sogno! E’ ospite e gli ospiti vanno trattati con tutti i riguardi” si schernisce la ragazza. “Se ha necessità del bagno per darsi una rinfrescata, le porto asciugamani e accappatoio puliti. Faccia come se fosse a casa sua”.

“E’ molto gentile. Spero di sdebitarmi con lei, se mi viene a trovare a San Cataldo”.

Ludmilla sorride, mentre va a prendere il necessario per il bagno.

Mentre Maria si dà una rinfrescata, la ragazza è in cucina a preparare qualcosa per la cena.

“E’ presto. Lo so” borbotta mentre è affaccendata ai fornelli. “Ma oggi ho saltato il pranzo e lo stomaco reclama cibo. Mi domando perché lunedì scorso la madre di Teresa abbia mentito, affermando di non conoscerla. Devo capirlo. E’ un atteggiamento strano e incongruente”.

Sente la donna uscire dal bagno e la chiama in cucina.

“Io ho fame. Oggi ho saltato il pranzo. Ho preparato qualcosa di veloce. Spaghetti aglio e olio, formaggi freschi e stagionati, insalatina da taglio con rucola e olive verdi. Il pane è quello di ieri, che ho riscaldato nel microonde”.

“Grazie” mormora Maria, sedendosi a tavola.

Parlano poco, qualche battuta. Pensano a rifocillarsi. Entrambe sono da molte ore a digiuno e, calato lo stress, avvertono i morsi della fame.

“Prende un caffè?” le domanda Ludmilla, che, placati i crampi allo stomaco, ha ritrovato la parola.

“No, grazie” risponde pronta.

“D’accordo” dice, mentre inizia a riempire la moka. Deve trovare il modo di introdurre gradualmente la domanda che ha in mente dal pomeriggio. Non vuole sprecare il momento di rilassamento della donna.

“Ha abitato a Ferrara. Dove?” le chiede Ludmilla, dopo aver acceso il fornello.

“Sì. In Carlo Mayr” risponde con un sospiro.

“In pieno centro!” esclama sorpresa la ragazza. “Anch’io avrei voluto stare in centro ma era tutto terribilmente caro!”

“Era una vecchia abitazione, umida e poco confortevole. Fredda d’inverno e rovente d’estate. La sua è calda e accogliente e non dista troppo dal centro”.

Ludmilla le scocca un bel sorriso. “Un piccolo condominio con sei appartamenti” riflette pensando a dove abita. “Tre per piano. Un po’ di verde comune ma molta tranquillità. Poche macchine in transito. Solo quelle dei residenti nella zona ma appena due chilometri per arrivare al Castello. Non posso lamentarmi”.

La conversazione langue tra parole banali e frasi scontate. Ludmilla non riesce a dirigere il dialogo verso la domanda che la sta assillando. Maria Russo si tiene distante dall’argomento Teresa. La ragazza si pone qualche quesito. “Non pare addolorata dalla morte della figlia, anzi tutt’altro. E’ come se si fosse liberata da un peso. Un atteggiamento ambiguo e poco consono alle circostanze. Poi parla come se non fosse mai stata sposata oppure fosse vedova. Dal poco che si era lasciata sfuggire Teresa, mi pare di ricordare che il padre se ne è andato di casa poco prima che la madre facesse ritorno al paese di origine. Anche questo è un comportamento che lascia perplessi. Ne devo parlare con Ricardo. Non mi sembra in linea con il naturale dolore per la perdita di una figlia”.

Sono rimaste in silenzio, mentre Ludmilla rifletteva su Maria. Poi decide di rompere gli indugi.

“Lunedì, quando le ho telefonato, mi ha riconosciuto come la collega di Teresa?” domanda senza troppi giri di parole.

“Sì” risponde asciutta.

“Eppure mi ha dato una risposta negativa” insiste la ragazza.

“No. Ho detto semplicemente che non c’era nessuna Teresa a casa mia” replica con durezza.

“D’accordo ma poteva chiedermi il motivo della telefonata”.

“Per me Teresa non esiste più da sei anni” dice con voce indurita dall’odio.

Ludmilla sussulta. Non si aspettava quel tono di astio nei confronti della figlia. Tace e non riesce a reggere lo sguardo carico di rabbia della donna. Le fa paura.

“Capisco” afferma la ragazza, che adesso si spiega l’assenza di dolore in Maria.

“Se non le dispiace, io mi ritirerei in camera. Sono molta stanca” esterna con tono imperioso.

“Certamente. Il viaggio, lo stress della giornata odierna taglierebbero le gambe a chiunque” risponde, alzandosi per accompagnarla nella stanza da letto.

Prende la camicia da notte, un cuscino e plaid da usare per la notte e ritorna sul divano. Riflette e ragiona su l’ultimo scambio di battute. Pensa di essere stata troppo diretta nelle domande ma le risposte sono state illuminanti.

“E’ una donna fredda e rancorosa. Anzi vendicativa nei confronti di chi le usa degli sgarbi o che pensa che siano tali” si dice in silenzio, fingendo di osservare il televisore acceso ma muto. “Quando ha deciso di tornare a Lecce e Teresa non l’ha seguita sei anni fa, l’ha cancellata. E’ vero che non ha detto questo esplicitamente ma ‘Per me Teresa non esiste più da sei anni‘ è troppo eloquente per essere interpretato in maniera differente. Credo che ne debba parlare con Ricardo. Non so cosa abbia detto a Lopapa ma la durezza del tono metteva più di un brivido. Posso fidarmi di lei oppure rischio qualcosa?”

Osserva l’ora. Sono le dieci di sera e decide di mettersi a dormire.

“Magari!” riflette. “Magari se riuscirò a prendere sonno!”

Spegne le luci ad esclusione di una lampada da pavimento. Cerca di dormire, si agita, si sveglia. E’ un’agitazione continua tra incubi e sogni, tra risvegli e e brevi sonni. Guarda l’ora. “Appena mezzanotte” borbotta assonnata, quando sente squillare il campanello di ingresso.

Si sveglia completamente in preda all’ansia. Accende la luce e si guarda intorno smarrita. “Aveva ragione Ricardo!” esclama angosciata. “Chi sarà? Chiedo chi è oppure fingo di non aver sentito?”

Afferra il telefono e il biglietto col numero da chiamare. Non fa in tempo a leggerlo che squilla minaccioso. Risponde.

“Lo so che sei in casa. Non mi sfuggirai” dice una voce dalla chiara inflessione meridionale.

Il sangue gela nelle vene, mentre osserva sgomenta il display.

Il mazzo di fiori – parte ventiduesima

“Signorina Presente può attendere in questa stanza?” le dice Lopapa con un tono, che non ammette repliche, indicando un porta scura a fianco del suo ufficio.

Ludmilla annuisce. “Se anche avessi detto di no, mi avrebbe comunque costretto a restare lì” riflette, aprendo la porta. E’ angusta e buia, appena rischiarata da una lampada, che emette una luce giallastra, nel centro. L’arredo è ancora più misero con solo una sedia per nulla stabile. Sembra più un archivio che un salotto di attesa. La richiude alle sue spalle e si siede, dopo avere levato via un sottile strato di polvere dal sedile. Riprende il telefono e rilegge il misterioso messaggio. Non riesce a comprendere chi glielo avrebbe potuto inviare.

“Non ho amicizie maschili ma a dire il vero nemmeno femminili. L’unico maschio, che conosco, è Carlo ma non è nel suo stile scrivere queste parole. E’ sciatto e per nulla romantico. E’ un bel ragazzo senza dubbio ma non è il mio tipo. Troppo possessivo, troppo geloso, troppo… Insomma non mi attrae. Quando una ragazza trova troppi difetti, vuol dire che proprio non è il principe azzurro sognato. E poi perché avrebbe dovuto restare anonimo, se mi volesse fare la corte? Non mi pare timido o pieno di complessi”.

Scuote il capo. Si domanda, tenendo in mano il telefono, se non possa essere lo stesso dell’altro mazzo di fiori.

“Due messaggi ed entrambi anonimi. Uno che fa riferimento alla mia passioni per i libri, questo al rifiuto di avviare una relazione. Che rapporto c’è tra loro?” si domanda senza trovare un multiplo comune che li metta in correlazione. “Hanno un collegamento con la morte di Teresa?” E’ il pensiero improvviso che le viene in mente.

Stringe le labbra e prova a ripercorrere la storia alla ricerca di una luce sugli eventi che sono successi nel corso di pochi giorni.

“Stranamente” si dice, assorta, osservando la parete ricoperta da armadi chiusi “con l’arrivo del primo mazzo Teresa è stata uccisa da un colpo di arma da fuoco, probabilmente un fucile. Lei mi stava seguendo. Per quale motivo? Sapeva perfettamente dove abito. Non avrebbe faticato a raggiungermi a casa. Eppure era dietro di me, invisibile ma presente. Perché? Che relazione c’era tra lei e il mazzo di fiori? Perché questo secondo mazzo non è arrivato? E’ connesso alla sua morte?”

Ludmilla è talmente assorta nei suoi pensieri e con lo sguardo perduto nel vuoto da non accorgersi che Ricardo è nella stanza. Il commissario si ferma dinnanzi a lei, la osserva e sorride, senza che la ragazza reagisca alla sua presenza. La trova bella, affascinante e, se non fosse che è coinvolta in un’inchiesta per omicidio, la corteggerebbe senza finzioni. Però si trattiene e mantiene quell’aplomb di distacco che i superiori hanno apprezzato.

“Signorina Presente… Ludmilla” sussurra per non farla sobbalzare per la paura. “Il procuratore Lopapa desidera farti qualche domanda”.

La ragazza lo guarda con aria assente. Si alza senza rispondere, mentre ripone il telefono nella borsa.

“Sono pronta”.

Ricardo è stupito ma non lo dimostra. Accompagna la ragazza nell’ufficio del procuratore.

“Siediti” le dice indicando una sedia dinnanzi alla scrivania.

Ludmilla si osserva intorno e non vede la madre di Teresa. Sta per chiedere qualcosa ma viene preceduta da Ricardo.

“La signora Russo ti aspetta nel salottino verde”.

La ragazza è calma e rilassata. Non sorride ma aspetta di conoscere le domande. Lopapa prende due oggetti dal cassetto e li pone sulla scrivania. Lei ha un lieve sobbalzo ma si riprende subito, mascherando l’ansia interna. Li ha riconosciuti ma finge di vederli per la prima volta.

“Li ha mai visti?” domanda con tono inquisitorio e professionale, abbandonando il familiare tu per un più distaccato lei.

“No!” afferma con voce decisa e priva di timore.

“E’ sicura? Sa di cosa si tratta?”

“Vedo una moleskine dalla copertina rossa e un’agenda, di quelle che la nostra compagnia regala per Natale” risponde con un sorriso un po’ beffardo.

“Lo vedo anch’io cosa sono” replica infastidito. “Le chiedo ancora se li riconosce”.

“No. E’ la prima volta che li vedo” risponde sicura senza tentennamenti.

Ricardo fatica a trattenere una risata. Riconosce lo spirito e il carattere della ragazza che aveva incontrato la prima volta.

“Mai presi in mano? Mai letto il contenuto?” insiste Lopapa spazientito. “Non ci agevola le indagini col suo atteggiamento. Devo ordinare al commissario di eseguire una perquisizione del suo appartamento?”

“Lo può fare tranquillamente” dice Ludmilla, mentre afferra le chiavi di casa per porgergliele. “Non ho nulla da nascondere. Sono tranquilla”.

Mentre pronuncia queste parole, ha un brivido e un pensiero ‘se mi prende in parola, sono fritta!‘.

Il procuratore tace, indeciso se accettare la sfida oppure credere alla ragazza. Riflette che potrebbe anche aver letto le pagine, preso qualche appunto, fatte delle fotografie delle pagine più interessanti e tenere tutto dentro la sua borsa. Poi ci ripensa sulla minaccia di perquisizione, perché non esistono riferimenti a lei ma a due uomini. Rischia solo un flop senza avanzare nelle indagini. “E’ troppo sicura di sé” riflette. “In più non avrebbe movente per l’uccisione della Lopiccolo. Quale motivazione avrebbe avuto? E’ single e non risulta che abbia un compagno o l’abbia avuto nel passato. La descrivono come una ragazza indipendente e con pochissime frequentazioni sia maschili sia femminili. E poi perché avrebbe chiamato il numero della Lopiccolo lunedì scorso? No, no! La devo depennare dalla lista degli indagati. Devo convincerla a dirmi tutto quello che sa sulla ragazza morta. E’ molto più utile se collabora anziché averla contro”.

Ludmilla continua a mantenere un atteggiamento di sfida ma percepisce che ha vinto questa battaglia, anche se Lopapa non ha creduto alle sue affermazioni. Si interroga su cosa rischia se perquisiscono la sua abitazione. “Non ho giurato di dire la verità. Non ho mentito, affermando di ignorare cosa c’è scritto. In realtà ho solo fotocopiato alcune pagine senza leggerle, quindi non ne conosco il contenuto. Ho detto solo una bugia, affermando di non avere mai visto agenda e moleskine” riflette in silenzio aspettando con calma la prossima raffica di domande.

Ricardo la guarda ammirato per il sangue freddo dimostrato e per la grinta da giocatrice, che non esita a bluffare pur di scoraggiare l’avversario a vedere le sue carte. “Sono certo, anzi sicurissimo che ha letto tutto quello che ha scritto la Lopiccolo. Sa che era incinta o almeno ha guardato il referto. Inoltre potrebbe conoscere l’identità dei due uomini citati. Se Carmelo insiste nelle domande sulle agende, non ne cava un ragno dal buco. Ludmilla è furba e eventuali documenti compromettenti li ha messi al sicuro. Quindi è inutile battersi su questo argomento”.

Lopapa, dopo una lunga pausa di riflessione, riprende a porre domande. Cambia argomento per rompere il muro difensivo di Ludmilla.

“Ha conosciuto prima di oggi la signora Russo?” le chiede, appoggiandosi coi gomiti alla scrivania.

“No. Mai vista prima ma l’ho sentita al telefono” dice la ragazza, giocando d’anticipo. Sa che, se verificano i tabulati del telefono, scoprono con facilità la chiamata di lunedì. Quindi non vuole rischiare mentendo sul contatto.

“Quando?” domanda sorpreso. Non si aspettava questa ammissione, perché pensava che avesse continuato sulla linea della negazione.

“Lunedì scorso” risponde con calma la ragazza. “Avevo un numero di telefono del quale ignoravo l’identità. Solo un nome: Maria”.

“E dove lo teneva?”

“Era un postit di Teresa. Era sul suo monitor” dice prontamente, sapendo di mentire. Aveva pronta anche una scusa plausibile, se Ricardo avesse detto qualcosa.

Il commissario non ricorda di aver notato nessun biglietto appiccicato allo schermo, quando aveva ispezionato l’ufficio due giorni dopo. Però poteva essergli sfuggito oppure essere stato rimosso da qualcuno. Preferisce rimanere in silenzio.

“E perché non l’ha detto?” domanda un po’ incattivito Lopapa.

“Non sapevo che fosse la madre di Teresa. Quando l’ho chiamata, mi sono presentata come la collega di Teresa e ho chiesto se c’era. Lei mi ha risposto che non ci stava nessuna Teresa. La risposta era come se lei non conoscesse nessuna ragazza con quel nome. Una qualsiasi madre avrebbe posto delle domande ma lei ha chiuso la conversazione. Quindi ho dedotto che non ci fosse rapporto tra le due donne. Per me l’episodio si è chiuso lì”.

“Come logica conclusione è perfetta. Perché ha curiosamente chiamato quel numero?”

“Lunedì mattina Teresa non si era presentata al lavoro. Tutti ignoravano dove fosse e il motivo per il quale non aveva avvertito dell’assenza. Di solito era molto scrupolosa o mi chiamava a casa o avvertiva l’ufficio del personale. Quella mattina non aveva rispettato le consuetudini. Quindi ho provato a chiamare il suo telefono ma la risposta era sempre quella ‘il cliente non era raggiungibile‘, finché non ha risposto il commissario Ricardo”. Anche lei rimarca le distanze. “Allora ho visto quel numero sul postit con un prefisso dell’Italia meridionale. Ho pensato che potesse essere un familiare ma ho ricevuto una risposta negativa”.

“Mi sembra una ragazza curiosa” afferma il procuratore, distendendo l’espressione del viso.

“No, no! Ero in ansia per Teresa. Sono rimasta sorpresa quando, dopo diversi tentativi, ha risposto il commissario Ricardo e il resto lo conosce bene”.

“Non si è domandata successivamente, perché abbia risposto così?” le chiede Lopapa.

“No. Ho dimenticato l’episodio. E poi chi mi poteva garantire che quel numero corrispondeva alla madre di Teresa?”

“Se però ce ne accennava…”.

“Per quale motivo?” esclama Ludmilla, interrompendolo.

“Ha un atteggiamento incoerente. Dimostra curiosità per conoscere a chi corrispondeva quel numero. Poi non verifica nulla e si accontenta della prima risposta”.

“Per quale motivo avrei dovuto verificare chi chiamavo? Ero preoccupata per la collega! Cercavo di comprendere il comportamento non abituale!” si difende Ludmilla con vigore.

“D’accordo. La sua versione collima con quella di Maria Russo. Era a conoscenza che la Lopiccolo era incinta?”

“No!” esclama mostrando sorpresa. “Teresa incinta? Non ha detto nulla. Di quanti mesi?”

“Di due mesi. E lei non se ne è accorta?”

“Assolutamente no! Come le ho già detto in precedenza, non si parlava in ufficio di questioni personali”.

“Ha un’idea di chi potesse essere il padre?”

“Lo ignoro e non sapevo che Teresa avesse un fidanzato!” dice, fingendo sorpresa e incredulità.

“Felix o Alex non le dicono niente?”

“Direi proprio di no. Nessun collega si chiama così. Ma chi sono?” domanda, mostrando curiosità. La ragazza cerca di non calcare troppo sulla voce, manifestando curiosità e sorpresa troppo smaccate.

Il procuratore non risponde. Poi si rivolge a Ricardo.

“Potresti accompagnarle a casa?”

“Sì. Con piacere. Subito?” domanda il poliziotto.

“Io ho finito con loro”.

Il commissario si alza e si avvia verso la porta seguito da Ludmilla.

Il mazzo di fiori – parte ventunesima

Chiumento è chiuso nel suo ufficio. E’ di pessimo umore. La storia di Teresa non le piace e non gli dà pace. Si sente come braccato, anche se è certo che sia solo una sensazione.

“Quella ragazza mi ha fatto tenerezza, quando due anni fa si è presentata nel mio ufficio, implorando un lavoro. Mi ha detto che era allo stremo delle forze economiche e che non voleva tornare a Lecce. Mi sono impietosito e l’ho fatta assumere. Tutto sommato è stato un buon acquisto. Ma…” ragiona sulle sue angosce.

Il dubbio, se ha fatto bene quella volta, aleggia nella sua mente, perché poi ha iniziato una relazione pericolosa. Lui è sposato con due figli e quell’amante stava diventando sempre più ingombrante.

“Mi hai ingravidata” gli aveva detto ai primi di settembre. “Devi rimediare!” Le aveva proposto di abortire ma lei non aveva nessuna intenzione di farlo. Si sentiva prigioniero in una cella senza finestre e con la porta sprangata. Provava un senso di claustrofobia che gli metteva angoscia.

“Ho avuto un moto di sollievo, quando ho saputo che era morta. Però in fondo mi dispiace. Teresa era una fanciulla dolce e dal sangue caldo. A letto era una furia incontenibile e mi ha donato livelli di piacere da incorniciare. Però quella minaccia di scandalo è stata una mazzata”.

Si domanda se Teresa ha lasciato dei documenti che possono comprometterlo, anche se nessuno degli inquirenti si è fatto vivo. Aspettare lo snerva. Muoversi c’è il rischio di fare mosse avventate. Così si cuoce a fuoco lento.

“Ci avevo pensato di verificare tra le carte d’ufficio, se c’era qualcosa che mi riguardava ma rischiavo di farmi sorprendere dalla Presente. Lei è una ragazza sveglia e avrebbe capito tutto immediatamente. Per fortuna non l’ho fatto, perché poi è arrivata la polizia. Chissà cosa hanno sequestrato” pensa Chiumento, sospirando.

Si alza e guarda fuori dalla finestra. Ha un sussulto: la Presente in bicicletta ha imboccato la strada della questura.

“Ha mentito a Sara, dicendo che sarebbe andata a casa per i tecnici del telefono. Sta andando ancora dal quel commissario, che mi pare un mastino con il fiuto del miglior cane da caccia”.

Questa nuova visita gli desta qualche preoccupazione. Sa di non avere la coscienza a posto, di aver mentito, fingendo di conoscere solo professionalmente Teresa.

“Ma cosa dovevo fare o dire? Ammettere col commissario che avevo una relazione? Sicuramente sanno che la ragazza era incinta, anche se sul giornale non è apparso nulla. Confessare questo rapporto sarebbe stato per me un incubo di sospetti, di domande imbarazzanti. Avrebbero puntato sicuramente su di me come principale indiziato di averla uccisa. Convengo che forse non sarà stato il modo migliore per allontanare i sospetti, perché ai loro occhi avrebbe rappresentato un’ammissione di colpa. Sono tra l’incudine e il martello. Una posizione scomoda e pericolosa”.

Mentre riflette su questi dettagli, osserva Ludmilla e nota l’uomo appostato sull’angolo e la donna che la segue a piedi.

“Chi sono quei due?” si domanda inquieto. “Poliziotti oppure…”. Lascia cadere la riflessione, perché si concentra su una terza persona che sembra interessato alla direzione che ha preso la ragazza.

Non riesce a scorgerlo con nitidezza. Ne intravvede solo le spalle. Ha un qualcosa di familiare nella figura senza che riesca a mettere a fuoco chi sia. L’uomo sull’angolo va verso il Castello, almeno questa è l’intuizione di Chiumento che ha una visuale non perfetta e ridotta. Prima di sparire dalla sua vista, lancia un’occhiata verso quella figura, che sembra curiosa di conoscere dove è diretta Ludmilla. Poi dopo quei movimenti di persone interessate alla ragazza la strada riprende l’aspetto abituale della pausa pranzo. Qualche macchina in transito, impiegati che raggiungono un bar per un breve break, gente frettolosa di tornare a casa.

Chiumento torna a sedersi alla sua scrivania e prende la testa fra le mani. Ha l’impressione che la polizia sappia molto di più di quello che filtra sui giornali.

“Devo stare attento” si ripete l’uomo.

Carlo si domanda le motivazioni che hanno scatenato tutto quel casino. Ludmilla gli piace e farebbe carte false perché diventasse la sua compagna. Però lei non ne vuole sapere. Lo ignora. Questo lo ferisce molto.

Seduto sulla poltrona in casa legge le ultime notizie sul caso di Teresa Lopiccolo. Immagina che anche Ludmilla sia coinvolta, anche se il suo nome non compare. Le descrizioni sono il suo perfetto identikit.

“Non mi posso sbagliare!” dice, sorseggiando una birra fresca dalla bottiglia. “E’ sicuramente lei, la bionda alta, slanciata che gira su una Bianchi azzurra. In città non sono molte le donne che la usano. Preferiscono vecchie bici per il timore che vengano rubate”.

Scuote il capo e sospira.

“Chissà che fine hanno fatto i miei fiori! E il biglietto… è stato tanto sofferto scriverlo”.

Vorrebbe chiamarla al telefono ma non vuole rischiare che glielo sbatta giù. Pensa che sarebbe una ferita quasi mortale.

Finisce la sua birra, che è diventata calda e poi se ne va a letto.

Lopapa e gli altri arrivano all’Istituto di Medicina Legale per identificare con certezza la donna morta.

Sono rimasti in silenzio durante il viaggio. Maria Lopiccolo stretta nel suo dolore. Ludmilla percepisce di essere di troppo. Lopapa sta mentalmente preparando i piani di come indirizzare le indagini. Ricardo trova la ragazza di suo gradimento ma il dovere gli impone di restare fedele ai valori nei quali crede.

“Io vi aspetto qui” afferma Ludmilla, quando gli altri scendono dalla macchina. “Quel posto mi fa venire i brividi. E poi non servo a nulla”.

Il commissario fa un cenno di assenso. Il magistrato pare non accorgersi della ragazza e si avvia deciso verso l’ingresso, trascinando con sé la madre di Teresa. Lei si sistema in macchina e comincia a leggere i messaggi arrivati sul telefono per ingannare il tempo.

“Uffa!” esclama cancellandone un bel po’. “Solo spam!”

Si ferma. Lo legge una volta, due volte. Spalanca gli occhi: non è può crederci.

Il bianco del giglio è la purezza del tuo comportamento. Il giallo degli aster sono per l’intelligenza dimostrata. Il rosso delle rose per la passione negata‘.

Chi mi ha mandato questo sms?” si domanda, soffermandosi ancora una volta sul messaggio. “Sembrerebbe un biglietto per un mazzo di fiori ma non ho ricevuto gigli, aster e rose rosse! E poi perché oscurare il numero mittente? Forse aveva timore di essere scoperto? Non riesco a comprendere cosa stia succedendo”.

Le verrebbe voglia di ridere al pensiero di questo biglietto virtuale, se non le ricordasse l’altro reale e quel mazzo di fiori del quale non ha individuato l’autore. Un mazzo di fiori che è costato la vita a Teresa. Abbandona questo pensiero, mentre un sorriso forzato si nota sulle labbra contratte.

“Per trent’anni mai un fiore! Nemmeno per sbaglio. In una settimana due mazzi con due biglietti intriganti! Sì, perché questo arriverà quanto prima”.

E’ immersa nei suoi pensieri e non si accorge che sono tornati. Sobbalza per lo spavento. Fa un timido sorriso di scuse.

“Spaventata?” le chiede cortese Ricardo.

“No…sì. Ero talmente concentrata che non vi ho sentiti giungere e mi sono spaventata” risponde con sincerità Ludmilla.

Il commissario sorride, mentre Lopapa sembra in un altro mondo. La madre di Teresa è sempre una sfinge impenetrabile.

“Signora Lopiccolo” inizia il magistrato “la devo pregare di rimanere in città. Ho la necessità di porle diverse domande. E poi deve sbrigare le formalità per sua figlia. Ha un recapito per questi giorni?”

“No” risponde asciutta.

“Pensa di sistemarsi in albergo?” insiste Lopapa, che comincia a spazientirsi nel sentirsi rispondere a monosillabi.

“No” replica secca.

“E dove pensa di dormire?”

“Non lo so. Voglio tornarmene a Lecce”.

“Mi spiace ma non è possibile prima di due o tre giorni” afferma deciso il procuratore.

Ludmilla è rimasta in silenzio ma comprende che è diventato un dialogo tra sordi. Decide di parlare. Le è venuto in mente una soluzione.

“Signora, mi farebbe piacere se lei accettasse l’ospitalità nel mio appartamento. Non è grande ma ci possiamo stare bene tutte e due. Io dormo sul divano letto in sala e le cedo la mia camera”.

Ricardo rimane a bocca aperta. E’ stato spiazzato da questa sortita della ragazza. Sta per dire la sua, perché non è molto d’accordo su questa sistemazione ma viene preceduto da Lopapa.

“Mi sembra ragionevole la proposta della signorina Presente”.

Maria alza le spalle e non dice nulla.

“Adesso tutti nel mio ufficio” esclama il procuratore salendo in macchina.

Il commissario non è d’accordo e diplomaticamente mostra il suo dissenso.

“E’ sicura, signora Lopiccolo…” comincia, mentre avvia il motore.

“Sono Maria Russo” afferma con tono deciso.

“Mi scusi, signora Russo. Non preferisce che le procuri una stanza d’albergo?”

“No. Accetto l’ospitalità della signorina Presente” taglia corto la donna.

Il silenzio cala tra loro. Si ascolta solo il rumore del motore.

Il Mazzo di fiori – parte ventesima

Ludmilla ha il viso in fiamme. E’ irritata, furiosa con se stessa per essere caduta nei tranelli di Ricardo. Si gira. Osserva la persona che viene introdotta nell’ufficio. E’ una figura fragile, vestita di scuro, che tiene stretto una borsa come se fosse tutta la sua ricchezza. Non vede nel viso nessuna ombra di tristezza o di dolore. Si stupisce.

“Perché?” si domanda. “E’ morta la figlia. Eppure nessun segno sul suo volto, come se fosse sollevata per l’accadimento”.

Ricorda la telefonata di lunedì, perché è sicura che era lei a rispondere. Aveva percepito una freddezza quasi crudele nella risposta e a negare di conoscere Teresa. Eppure era sua figlia. Nota come incede con gelida fierezza, mentre si avvicina alla scrivania. Trova spiazzante il comportamento. La segue con gli occhi, mentre si accomoda di fianco.

Non riesce a definire l’età. Sembra vecchia dal comportamento ma ha una figura giovanile. Si sente in confusione. Cerca di mantenere la calma. “Potrebbe avere all’incirca cinquant’anni, visto che Teresa ne aveva trenta. Ma è talmente anonima che anche gli anni lo sono” riflette, osservando il viso e le mani, le uniche parti del corpo che sono in evidenza.

“Buon giorno signora Lopiccolo. Fatto buon viaggio?” domanda cortese Ricardo.

“Sì” è l’unica risposta.

“Desidera qualcosa?”

“No”.

Ludmilla rimane a bocca aperta, perché le sembra che risponda a monosillabi ‘sì, no’, come se non conoscesse altri vocaboli.

“E’ pronta a venire con me e il dottor Lopapa, il magistrato che segue il caso, per identificare il cadavere? Oppure…”

“Sì!” afferma la donna chiudendo il discorso del commissario.

“Ci fai compagnia oppure ci aspetti qui?” domanda Ricardo, rivolgendosi alla ragazza.

“Vengo con voi” risponde prontamente.

Il commissario batte la mano sulla fronte come se si fosse dimenticato qualcosa.

“Che sbadato! Mi dovrete scusare ma mi sono dimenticato di fare le presentazioni. Signora Lopiccolo questa è Ludmilla Presente” dice indicando col gesto della mano la ragazza accanto alla quale è seduta.

La donna si gira e l’osserva in silenzio senza cambiare espressione del viso.

“La signorina Presente era la collega con la quale sua figlia divideva l’ufficio” precisa, nonostante Maria abbia lo sguardo assente.

Ludmilla borbotta qualcosa di vagamente assomigliante a un ‘piacere’, mentre Maria nemmeno quello.

Ricardo comprende che difficilmente riuscirà a farla parlare. Afferra il telefono e chiama Lopapa.

“Carmelo? Sono Paolo…Ricardo” esordisce. Ascolta in silenzio prima di riprendere a parlare. “E’ arrivata or ora la signora Lopiccolo. Tempo di prendere la macchina e siamo lì da te”.

Ancora silenzi seguono le sue ultime parole.

“D’accordo. Viene con noi anche la signorina Presente. A tra poco”.

Si alza e invita le due donne a seguirlo.

Lopapa è seduto nel suo ufficio e sta riordinando le carte con cura meticolosa. Legge il rapporto dei vigili, che è arrivato da poco sulla sua scrivania.

‘…nessun segno di frenata sull’asfalto. L’impatto è avvenuto a metà tra l’angolo di via Coramari e l’arco d’ingresso al parco Pareschi. La Smart ha deviato dalla sua traiettoria bruscamente. Ha sormontato il marciapiede e ha finito la sua corsa contro il muro di cinta del parco Pareschi. Inspiegabili i motivi della deviazione. Forse ha avuto un mancamento. In allegato ci sono fotografie e la pianta in scala del luogo dell’incidente…

Osserva con cura gli allegati. Non gli dicono nulla di nuovo. Sa il motivo di quello che a prima vista ai vigili è apparso strano. La ragazza al volante è morta istantaneamente per un colpo di fucile. Lo sbandamento inspiegabile è da imputare al suo accasciarsi sul volante.

Il commissario ha fatto un censimento delle telecamere in corso Giovecca. Apparentemente le ultime sono all’altezza della sede centrale della Cassa di Risparmio. Forse ce ne una anche qualche decina di metri più avanti. Si ripromette di contattare il comando dei carabinieri, perché appartiene a loro.

Impreca e sbotta con una parolaccia, perché non possono essere di grande aiuto nel ricostruire l’accaduto. “Quando servono, non ci sono mai!”

Le altre carte sono vecchie. Aspetta il responso del perito balistico, del medico legale. Suona il telefono. Sbuffa infastidito.

“Lopapa”.

Ascolta chi lo chiama.

“Ciao, Paolo. Novità? Stavo riordinando le carte. Non riesco a fare un passo avanti. Quando credo di aver capito la dinamica dell’incidente, appare qualcosa che scombussola le certezze. Scusa lo sfogo ma mi sembra di girare a vuoto. Dimmi tutto”.

Rimane in ascolto di quello che Ricardo gli dice.

“D’accordo. Allora ti aspetto qui. Al ritorno vorrei fare due chiacchiere con la signora Lopiccolo. C’è qualcosa che non quadra”.

Con la penna disegna dei cerchi e dei triangoli, mentre ascolta il commissario.

“Non sono molto contento ma va bene lo stesso. A tra poco. Ciao”.

Chiude la conversazione e prova a ricapitolare gli avvenimenti. Su un foglio di carta scrive dei nomi.

Felix con un punto di domanda accanto. Pure di fianco a Alex mette un interrogativo. Presente ‘potrebbe essere un mandante’.

Maria Lopiccolo ‘altro possibile mandante’

Killer ‘chi potrebbe essere?”

Ben Tarek ‘da approfondire’

Mister X ‘ da individuare’

Fa del foglio una pallottola di carta che butta nel cestino.

“Troppi interrogativi. Chi avrebbe avuto interesse a uccidere la Lopiccolo? Bella domanda. Conoscendo la risposta, potrei mettere le mani sull’assassino ed eventuali mandanti”.

Si prepara per uscire e si avvia verso l’ingresso.

Felice impreca per la sua dabbenaggine. Ha rischiato di palesarsi e di finire sotto inchiesta.

“Teresa, quella piccola puttanella, per poco non mi inguaiava con le sue continue richieste di soldi. Minacciava di dire tutto a mia moglie. Affermava che ero il padre del bambino che aveva in grembo. Un’autentica troia! Per fortuna che ora non c’è più”.

Ricorda come la ragazza l’aveva agganciato al bar e come si fosse dimostrata sfrontata.

“Sono uno stronzo patentato! Ci sono cascato come un tordo! Dovevo fare più attenzione! Una, che ti rimorchia al bar e che ti propone di passare la notte da lei, doveva farti scattare qualche campanello d’allarme. Invece, io no! Una, due, tre notti di passione in una casa che ora scopro non era la sua abitazione. Questo mi dà molto da pensare. Perché spacciare per casa sua qualcosa che non era sua?”

Scuote il capo e non riesce a darsi pace. Il suo timore adesso è che possano apparire dei video compromettenti. Sa che non potrebbe fare nulla. Ha lasciato troppe tracce per smentire un suo coinvolgimento nella faccenda.

Sarebbe per lui un disastro. Rischierebbe il posto nell’azienda della moglie, che chiederebbe subito la separazione.

“E’ lei, la megera, che ha i soldi. Se mi lascia, devo andare a dormire sotto i ponti e mangiare alla mensa della Caritas! Addio vestiti eleganti, macchine di lusso e vacanze da nababbo! Però quella ragazzotta dai capelli ricci ci sapeva fare! Altro che quel manichino freddo di mia moglie!”.

Felice riflette amaramente, mentre passeggia nervosamente intorno al castello Estense. Adesso la sua preoccupazione è la collega, quella bionda cavallona che lavorava con Teresa. Gliela aveva indicato l’amante ai primi di settembre. “Quella è …” gli aveva detto, mentre erano al bar a prendere un aperitivo. Il nome era insolito ma l’aveva scordato quasi subito. Il viso, invece, no, quello non poteva dimenticarlo. Un ovale incorniciato da stupendi capelli del colore del grano maturo. “No, l’ho vista molte volte. Quegli occhi chiari, credo azzurri, mi hanno colpito” riflette, mentre attraversa il Castello per l’ennesima volta. La figura non era il massimo per lui. A lui piacevano le donne in carne, dalle curve generose, mentre quella pareva più ossa che altro, a parte il fondoschiena sodo e bello da vedere. Anche le gambe ben tornite e slanciate l’avevano attratto. Però era Teresa la donna che è entrata prepotentemente nella sua vita e ha maledetto quel giorno di marzo, quando l’ha conosciuta.

“Se per caso la troietta si è confidata con lei, sarei fottuto. Sono molto sospette queste lunghe permanenze in questura. Cosa avranno da chiederle?” si domanda, mentre si siede su una panchina dei giardini accanto al Castello.

“Fermarla non posso. Mi tradirei. Se però…”.

Un pensiero gli balena nella testa.